25 maggio 2014 – Lettera all’on. Kyenge

 

Ho inviato questa lettera aperta alla destinataria e la pubblicherò su facebook.
Servirà a qualche cosa?
Vista la mia esperienza temo di no ma non mi sento di lasciar perdere.

Gentile on. Cécile Kyenge,

Le scrivo a elezioni concluse per spiegarle le ragioni per cui ho dato il mio voto solo a lei, ragioni che non ho scritto prima perché non volevo entrare nel bailamme della propaganda elettorale secondo me malissimo giocata negli argomenti e nei modi.
Per essere comprensibile devo inserire le storie che mi hanno condotto alla scelta che ho dichiarato.

Prima storia
Delusa dall’atteggiamento del Pd su molte questioni e in particolare su un problema di cui dirò più avanti (le poche persone che so essere state capaci di una propria ragionata consapevolezza non hanno riscattato l’atteggiamento omissivo del Pd in quanto tale) avevo pensato a un voto per Tsipras, attratta dalla presenza di due persone che vorrei vedere nel Parlamento europeo, l’una – Barbara Spinelli – per la sua eccezionale competenza nella istituzione europee e nei Trattati firmati nel corso degli anni, l’altro – Adriano Prosperi – come storico di cui ho grande stima e soprattutto lo ritengo persona cui avrei affidato la mia speranza di poter leggere, nei fondamenti dell’agire del Parlamento Europeo, la consapevolezza delle  speranze di pace che, nell’immediato secondo dopoguerra – e se pensiamo al Manifesto di Ventotene – anche durante, avevano acceso l’idea dell’unità del vecchio continente.
Quella unità era sperata in un fondamento politico nato dalla lettura consapevole e responsabile di una storia drammatica e porterebbe fino al significato di scelte politiche quotidiane che non vogliano (e dalle proposte che ho sentito mi sembra invece lo vogliano) affidarsi all’occasionalità, eventualmente sostenuta da brandelli di ideologie più o meno metabolizzate.
Adriano Prosperi è candidato nella mia circoscrizione e mi sarebbe piaciuto votarlo affiancandolo a una candidata locale di cui ho stima.
E invece è arrivato lo schiaffo: Spinelli e Prosperi hanno dichiarato che, se eletti, si ritireranno per dar posto ad altri.
Vogliono ridursi a specchietti per le allodole? Non sono affari miei, non sono un’allodola.
E così, caduta la speranza Tsipras, sono tornata alla mia originaria ipotesi di scheda bianca.
Poi le cose sono cambiate.
Ma, per spigargliene la ragione devo passare alla

Seconda storia

Cinque anni fa l’allora ministro Maroni (era in carica il quarto governo di un tale già cav., già on. già molte altre cose) impose il voto di fiducia sulla legge che prese il numero 94/2009 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica). Ora la Corte Costituzionale la sta facendo a pezzi ma non si è occupata dell’aspetto che mi sta a cuore e su cui cerco di documentarmi: la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 che impone la presentazione del permesso di soggiorno ai non comunitari che vogliano assicurare ai figli un certificato di nascita, come la legge di ratifica della Convenzione  di New York impone invece per ogni bambino (legge 176/1991).
La Corte non se ne è occupata perché nessuno ne ha messo in moto il meccanismo nelle forme dovute ma tanto non servirebbe se fosse discussa e approvata una semplice modifica già formulata in proposta di legge n.740, affidata alla commissione Affari Costituzionali e di cui non sembrano occuparsi più nemmeno i 104 proponenti.

Ora dobbiamo collegarci alla storia europea.
Ho scritto sopra di storia drammatica. Appunto
Il nazismo voleva che certe persone, interi popoli fossero Untermenschen, sotto uomini e dovessero scomparire dopo che tutta la loro capacità lavorativa, i loro corpi stessi fossero stati messi a disposizione del grande reich.
La burocrazia tedesca creò le condizioni perché i lager potessero esistere e prosperare e sappiamo cosa furono.
Non vennero calati dal cielo compiuti e prefabbricati nella soluzione finale: crebbero un po’ alla volta, nel diffuso consenso popolare.
Il fascismo rivendicò orgogliosamente la stessa dottrina e il popolo italiano aderì.
Si faccia predisporre, on. Kyenge,  una rassegna stampa dei giornali italiani del 1938.
Cominci dal discorso a Trieste di Mussolini (cav. pure lui e pure lui capo dell’allora governo). Era il 1938, se non erro il mese di ottobre … ma non le sarà difficile trovare la registrazione di quell’infame discorso. Lo ascolti.
E nessuno o quasi (e molto dovremmo ragionare su quel ‘quasi’) protestò, anzi ..
Legga (io l’ho fatto) gli articoletti dei giornali locali di allora con cui direttori didattici, preside, insegnanti  plaudono ufficialmente alla scomparsa dei loro colleghi e dei loro studenti cacciati da scuola perché ebrei.
Oggi il popolo italiano subisce una legge che caccia neonati dal consorzio civile negando loro il certificato di nascita e tutti – o quasi – stanno buoni e zitti. Tacciono anche i parlamentari e io non mi sento rappresentata da chi digerisce tranquillo un’infamia del genere. E’ una norma che mi offende per il fatto di essere stata scritta e votata a prescindere dai danni che può provocare.
Certo i neonati che la legge vuole fantasmi sono probabilmente pochi ma, fermo restando che il diritto ad esistere non si pesa né a quintali né a chili, ci sono.
Ce lo dice un complesso di 80 associazioni che fanno parte del Gruppo Convention on the Rights of the Child (che ha il compito di monitorare la Convenzione di New York):
«Il timore, quindi, di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori».

«Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno. Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare»..

Ho parlato con  parecchi rappresentati del Pd (e salvo un consenso di alcuni a titolo personale e la predisposizione della negletta proposta di legge 740) ho capito che l’estraneità del problema per il Pd (e anche per Tsipras) è totale.
Ci si intestardisce ad affermare che la cittadinanza jus soli quando sarà sanerà tutto e a trasformare quel pur condivisibile obiettivo in un alibi per tacere sulla realtà che – solo in parte – le ho esposto.
Nel consenso diffuso (condito di finta inconsapevolezza intenzionalmente giustificante) abbiamo cominciato a creare i sotto bambini come il nazismo aveva creato i sotto uomini.

E allora perché le ho dato il mio voto?

Quando la settimana scorsa ci siamo incontrate a Udine in piazza San Giacomo io, a seguito del suo discorso per molti aspetti condivisibile ma non accettabile nell’omissione, sono intervenuta  e so che poi è stata avvicinata da due esponenti del Pd che hanno capito il problema.
Così il giorno successivo ho avuto la convincente sorpresa.
Sul più diffuso quotidiano locale ho letto, a seguito della proposta dei tre punti forti del suo programma in caso di elezione, «Giovani, donne, lavoro e integrazione», una precisazione che trascrivo: «La registrazione all’anagrafe italiana  per tutti i nuovi nati sul territorio in modo che a scuola non ci siano distinzioni, perché quella è la prima pietra di integrazione»
Aveva ascoltato, aveva capito, aveva superato l’omissione.
Io non so, on Kyenge, se sarà eletta al Parlamento Europe (spero di sì e che anche a Bruxelles resti capace di ascoltare, capire, rafforzare la sua determinazione e, se il caso, correggersi).
Lei è comunque parlamentare italiana. Quindi le faccio, con attenzione alla responsabilità che le spetta in entrambi i ruoli, quello che riveste e quello che forse rivestirà

due modeste proposte

Il 23 aprile nel corso della trasmissione di radio 3 (RAI – Tutta la città ne parla ore 10) un avvocato componente dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione  dichiarò (trascrivo dalla trasmissione ascoltabile in podcast):
«c’è un problema relativo a una questione  molto più grave.  Cioè la possibilità da parte di due persone che senza permesso di soggiorno, ma anche senza un documento di identità (la donna che è priva di un passaporto) di poter riconoscere il proprio figlio. Nel senso che sicuramente la normativa nazionale e internazionale le  riconosce questo diritto. Però questo diritto è stato posto in discussione più volte».
E ancora:
«  non è raro – purtroppo non è raro – il fatto che al momento del parto venga negata alla persona, alla donna che ha partorito in ospedale, la possibilità di riconoscere il figlio senza documento di identità, per cui una serie di strutture mediche trovano escamotage tipo per esempio la richiesta di testimoni che possano testimoniare che quella donna ha partorito quel figlio o anche altri stratagemmi assolutamente stravaganti»
Quindi i nostri sotto bambini non resterebbero, se ciò che ha detto l’avvocato dell’ASGI è vero, privi solo di certificato di nascita ma sarebbe negato persino il diritto naturale della madre che precede ogni burocrazia.
La mia proposta? Inviti il ministro della salute a verificare il fondamento di questa negazione della maternità  che a me sembra un crimine.

E ancora l’ASGI afferma (e sostiene tale affermazione con una lettera al MIUR del suo stesso presidente):
«Nelle indicazioni operative contenute nel testo del Ministero si trovano le indicazioni dirette alle segreterie scolastiche di richiedere ai genitori degli alunni stranieri, ai fini dell’iscrizione dei figli, l’allegazione alla domanda di copia del proprio permesso di soggiorno.»
Come nel caso precedente le chiedo di promuovere una verifica di questa procedura che paradossalmente contraddice addirittura la legge 94 che ho citato.

Cordiali saluti e auguri di buon lavoro ovunque si troverà ad operare.

Augusta De Piero  –  Udine

25 Maggio 2014Permalink

30 marzo 2014 – Interferenze da rifiutare

Segreteria tecnica nazionale delle Comunità cristiane di base
c/o CdB di San Paolo     Via Ostiense, 152/B – 00155 – Roma segreteria@cdbitalia.it – www.cdbitalia.it

L’intervento del cardinale Bagnasco, che critica l’iniziativa promossa dal Ministero dell’istruzione (Miur) per sensibilizzare le scuole a promuovere un’azione informativa ed educativa per il rispetto delle diversità di genere e di orientamento sessuale e contro l’omofobia ed il conseguente bullismo, ripropone ancora una volta il problema delle interferenze del potere ecclesiastico nella vita politica italiana.

E’, infatti, legittimo in regime democratico che parlamentari e genitori cattolici contestino la diffusione dei tre volumetti destinati agli insegnanti per realizzare quell’iniziativa che, a loro parere, metterebbe in discussione la famiglia “naturale” e incoraggerebbe i ragazzi all’omosessualità.

E’, invece, inammissibile che il Miur, dopo quell’intervento, abbia rinviato «a data da destinarsi» la due giorni di corso di formazione per i docenti prevista per questa settimana mettendo al bando, di fatto, il materiale informativo ‘Educare alla diversità’ curato dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali che rientrava nel piano Strategia nazionale Lgbt 2013-2015, lanciato due anni fa dal governo Monti e confermata dal governo Letta.

È evidente che, da un lato la Cei non intende rinunciare al connubio concordatario e, dall’altro, che la nostra rappresentanza politica continui ad essere ossequiente alle prese di posizione delle gerarchie della chiesa cattolica romana, come la ampia partecipazione dei nostri parlamentari e membri del governo alla messa papale odierna sembra dare segno.

Le Comunità cristiane di base

Roma, 27 marzo 2014

30 Marzo 2014Permalink

12 giugno 2013 – Obiezione di coscienza?

Riporto per intero anche se molto lungo il testo della mozione presentata in parlamento da un deputato di Sinistra Ecologia e Libertà, su cui il Partito Democratico si è astenuto.
Io sono senza parole o meglio al momento quelle che mi verrebbero spontanee è preferibile non vengano scritte. In un messaggio alla deputata che ne ha dato notizia su facebook ho chiesto maggiori precisazioni sull’esito di questa votazione e sul futuro di un dibattito in merito.
Ne parleranno o no? E se in questo caso i deputati del Pd facessero un piccolo ragionamento sulla loro obiezione di coscienza a fronte di una indicazione che ha tutto il sapore della più vecchia – ma non dimenticata (almeno da me) – DC?
Se riceverò o troverò altre informazioni ne darò notizia.

 Mozione 1-00045 presentato da MIGLIORE Gennaro
testo di Giovedì 6 giugno 2013, seduta n. 30

La Camera, premesso che:
nel nostro Paese, in ambito medico sanitario il diritto all’obiezione di coscienza è espressamente codificato e disciplinato per legge riguardo: all’interruzione della gravidanza, laddove l’obiezione è riconosciuta dall’articolo 9 della legge n. 194 del 1978; alla sperimentazione animale, dove l’obiezione di coscienza è disciplinata dalla legge n. 413 del 1993; alla procreazione medicalmente assistita, dove l’obiezione di coscienza viene prevista e disciplinata dall’articolo 16 della legge n. 40 del 2004;
l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza da parte del personale sanitario in relazione all’interruzione volontaria di gravidanza riveste particolare importanza, per le sue ricadute socio-sanitarie sulle donne, e sulla stessa funzionalità del servizio sanitario nazionale;
ultima relazione sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 presentata al Parlamento dal Ministro della salute il 9 ottobre 2012 riporta – tra l’altro – i dati definitivi sull’obiezione di coscienza esercitata da ginecologi, anestesisti e personale non medico nel 2010. I dati che emergono sono molto eloquenti e impongono ancora una volta, e con forza, una seria riflessione sulla garanzia e la qualità del servizio per l’interruzione della gravidanza disciplinata dalla legge n. 194 del 1978;
la relazione dice che in Italia ben il 69,3 per cento dei ginecologi, del servizio pubblico è obiettore di coscienza. In pratica quasi sette medici ginecologi su dieci è obiettore. Se si analizzano i dati su base territoriale, si trova che, ad eccezione della Valle d’Aosta, dove i ginecologi obiettori sono solamente il 16,7 per cento, le percentuali regionali non scendono mai al di sotto del 51,5 per cento. I dati medi aggregati per Nord, Centro, Sud e Isole indicano percentuali di ginecologi obiettori di coscienza pari rispettivamente al 65,4 per cento; 68,7 per cento; 76,9 per cento; 71,3 per cento. Il maggior numero di ginecologi obiettori si trova al Sud, con la punta più alta in Molise, dove si raggiunge l’85 per cento;
i dati della relazione al Parlamento in realtà non riescono a fotografare lo stato reale della sua applicazione sul territorio nazionale, che risulta ben più grave di quella riferita dal Ministro pro tempore;
si ricordano, in tal senso, i dati resi noti da LAIGA (Libera associazione italiana dei ginecologi per l’applicazione della legge 194) il 14 giugno 2012, e risultanti da un attento monitoraggio dello stato di attuazione della legge nella regione Lazio dai quali emerge una situazione reale ben più grave di quanto riportato nella relazione del Ministro pro tempore: nel Lazio in 10 strutture pubbliche su 31 (esclusi gli ospedali religiosi che invocano una obiezione «di struttura» e le cliniche accreditate, la maggior parte delle quali ignora semplicemente il problema) non si eseguono interruzioni di gravidanza. Nella medesima regione ha posto obiezione di coscienza il 91,3 per cento dei ginecologi ospedalieri. In 3 province su 5 (Frosinone, Rieti, Viterbo) non è possibile eseguire aborti terapeutici, il che costringe le donne alla triste migrazione verso i pochi centri della capitale, sempre più congestionati, o in altre regioni, o all’estero;
molte strutture ospedaliere, per garantire l’applicazione della legge, ricorrono a specialisti esterni convenzionati con il sistema sanitario ed assunti esclusivamente per le interruzioni di gravidanza (medici SUMAI), o a medici «a gettone», con un significativo aggravio per il Sistema sanitario nazionale;
a livello nazionale, la principale conseguenza di un numero così elevato di obiettori di coscienza è quella di rendere sempre più difficoltosa la stessa applicazione della legge n. 194 del 1978, con effetti negativi sia per la funzionalità dei vari enti ospedalieri e quindi del sistema sanitario nazionale, sia per le donne che ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza;
la drammaticità dello stato di applicazione della legge comporta l’allungamento dei tempi di attesa, con maggiori rischi per la salute delle donne e maggiori rischi professionali per i pochi non obiettori, costretti loro malgrado ad una cattiva pratica clinica;
a fronte di questo stato «di emergenza» le donne devono spesso migrare da una regione all’altra o addirittura all’estero, e, soprattutto tra le immigrate, risulta necessario il ricorso all’aborto clandestino;
il diritto all’obiezione di coscienza in materia di aborto per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie, è sancito dall’articolo 9 della suddetta legge n. 194 del 1978, che allo stesso tempo prevede che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate siano «tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale»;
la legge n. 194 prevede quindi scelte individuali e responsabilità pubbliche. L’obiezione di coscienza è infatti un diritto della persona ma non della struttura;
al personale sanitario viene garantito di poter sollevare l’obiezione di coscienza. Ma quel che è un diritto del singolo non è diritto della struttura sanitaria nel suo complesso, che ha anzi l’obbligo di garantire l’erogazione delle prestazioni sanitarie;
i dati suindicati sulle percentuali molto elevate di obiettori, comportano oltre che evidenti ricadute negative sulla stessa effettiva attuazione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e quindi sulle donne che rivendicano l’inviolabile libera scelta a farne ricorso, anche conseguenze oggettivamente pesanti sui sempre più pochi medici non obiettori, che spesso si ritrovano relegati a occuparsi quasi esclusivamente di interruzioni di gravidanza con il rischio più che concreto di una dequalificazione professionale, e conseguenti effetti penalizzanti sulle loro stesse possibilità di carriera;
il diritto della donna ad interrompere una gravidanza indesiderata, e quello del personale sanitario a sollevare obiezione di coscienza dovrebbero poter convivere affinché nessun soggetto veda negata la propria libertà. Di fatto, tale ipotesi, trova estrema difficoltà nel realizzarsi per i numeri esorbitanti dei medici obiettori che spesso si rifiutano anche di segnalare alle pazienti un medico non obiettore o un’altra struttura sanitaria autorizzata alla interruzione volontaria di gravidanza;
dal 2009 l’AIFA ha autorizzato l’immissione in commercio del mifepristone, o Ru486, per l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica, nel rispetto dei precetti normativi previsti dall’articolo 8 della legge n. 194 del 1978; tale articolo prevede che l’interruzione volontaria di gravidanza possa essere praticata in ospedali pubblici generali e specializzati, e «case di cura autorizzate e presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati». L’articolo 8 non precisa il regime in cui deve essere praticata l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica (ricovero ordinario, DH, prestazione ambulatoriale). Il Ministro della salute pro tempore, in data 24 febbraio 2010, ha chiesto in proposito il parere del Consiglio superiore di sanità; il Consiglio superiore di sanità, nella seduta del 18 marzo, ha individuato il ricovero ordinario come il regime più idoneo per l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica;
i dati riportati dalla letteratura internazionale, nonché i dati della regione Emilia Romagna che ha adottato il regime di day hospital, non confermano la scelta e le raccomandazioni del Consiglio superiore di sanità; gli stessi dati del Ministero della salute sull’interruzione volontaria di gravidanza medica dicono che dal 2005 al 2011 circa 15mila donne hanno scelto il metodo farmacologico, e che il 76 per cento delle pazienti ha scelto la dimissione volontaria dopo la somministrazione del mifepristone, senza che vi siano state complicazioni maggiori rispetto alle donne che sono state ricoverate fino all’espulsione;
risulta improrogabile la necessità di valorizzare e ridare piena centralità ai consultori, quale servizio per la rete di sostegno alla sessualità libera e alla procreazione responsabile. Come conferma anche l’ultima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978, «nel tempo i Consultori familiari non sono stati, nella maggior parte dei casi, potenziati né adeguatamente valorizzati. In diversi casi l’interesse intorno al loro operato è stato scarso ed ha avuto come conseguenza il mancato adeguamento delle risorse, della rete di servizi, degli organici, delle sedi»,

impegna il Governo:

a garantire il rispetto e la piena applicazione della legge n. 194 del 1978 su tutto il territorio nazionale nel pieno riconoscimento della libera scelta e del diritto alla salute delle donne, assumendo tutte le iniziative, nell’ambito delle proprie competenze, finalizzate all’assunzione di personale non obiettore al fine di garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza;
ad attivarsi, nell’ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare, come prevede la legge, il reale ed efficiente espletamento da parte di tutti gli enti ospedalieri e delle strutture private accreditate, delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza chirurgica e farmacologica;
a garantire il pieno rispetto della legge da parte di ogni struttura pubblica o del privato accreditato (sia essa un ospedale o un consultorio), posto che solo a fronte di questo impegno può essere concesso l’accreditamento;
ad attivarsi perché l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica sia offerta come opzione a tutte le donne, che, entro i limiti di età gestazionale imposti dalla metodica, devono poter scegliere;
ad attivarsi perché l’interruzione volontaria di gravidanza medica possa essere praticata in regime di day hospital, che non comporta, come evidenziato dalla letteratura scientifica internazionale e dalla stessa relazione del Ministero della salute pro tempore, maggiori rischi per la salute, e che costa meno, considerato che l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica viene da tempo praticata in regime ambulatoriale o di day hospital negli altri Paesi europei e nella stessa regione Emilia Romagna;
ad assumere ogni iniziativa di competenza, affinché la gestione organizzativa e del personale delle strutture ospedaliere sia realizzata in modo da evitare che vi siano presìdi con oltre il 30 per cento di obiettori di coscienza, anche attraverso un controllo più stringente sull’attuazione delle previste procedure di mobilità del personale sanitario;
ad assumere iniziative per prevedere che il requisito della non obiezione sia introdotto per chi deve essere assunto o trasferito in presìdi, fissando la percentuale di personale sanitario non obiettore al fine di garantire la piena applicazione della legge n. 194 del 1978;
ad assumere iniziative finalizzate a prevedere che il requisito della non obiezione sia condizione all’espletamento delle funzioni apicali nelle strutture di ostetricia e ginecologia dei presidi ospedalieri;
ad assumere iniziative volte a prevedere – anche ai fini di una maggiore trasparenza nel rapporto tra cittadini e medici di base – che i medici di famiglia siano tenuti a comunicare agli ordini provinciali dei medici chirurghi e odontoiatri ai quali sono iscritti, se intendono esercitare il loro diritto all’obiezione di coscienza, facendo si che da dette comunicazioni i suddetti ordini ricavino un apposito elenco pubblico;
ad assumere iniziative per valorizzare e ridare piena centralità ai consultori familiari, quale servizio fondamentale nell’attivare la rete di sostegno per la sessualità libera e la procreazione responsabile, nonché strutture essenziali per l’attivazione del percorso per l’interruzione volontaria di gravidanza;
a confermare e diffondere la conoscenza dei diritti in tema di contraccezione di emergenza, anche tramite adeguate azioni informative sull’esclusione del diritto all’obiezione di coscienza per i farmacisti.

12 Giugno 2013Permalink

9 giugno 2013 – Miscellanea: dalla legge suina ai bimbi fantasma

Libertà e giustizia

Ricevo dalla coordinatrice del circolo locale libertà e Giustizia un volantino da cui traggo una citazione per me importantissima sia per chi ne è l’autore sia per i contenuti..
“Possiamo confidare d’avere una legge elettorale conforme alla democrazia, per quando si sarà chiamati a votare?
Un Parlamento di nominati non dispiace affatto a chi li può nominare, distribuendo favori e, al contempo, assicurandosi fedeltà incrollabili. Gli accoliti possono essere più utili di rappresentanti della Nazione. E anch’essi possono riporre nel sistema delle nomine dall’alto la speranza di “rielezione”, in cambio della fedeltà ai capi”. Gustavo Zagrebelsky

Avevo sperato che il governo Letta si adoperasse per portarci subito fuori dai meandri della legge suina. Non è così. Come voteremo la prossima volta e quando sarà?
Mentre scrivo sento le notizie relative alla non affluenza ai seggi elettorali.
Ma cosa si aspettavano? Non capiscono che siamo stanchi di uomini dalla fedeltà che quando non è complice (non credo all’equazione politico-delinquente, che però è diffusa) è incompetente e inconcludente?

Monitorare una Convenzione ONU

In Italia la convenzione Onu sui diritti dei minori è legge (n.176/1991) e la sua attuazione viene monitorata dal Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) che presenterà domani al Parlamento il suo sesto  rapporto annuale.
E’ un testo molto chiaro e documentato che, attraverso le raccomandazioni poste alla fine di ogni paragrafo, fornisce alle istituzioni competenti indicazioni concrete e soprattutto attuabili per promuovere un cambiamento.
Chi volesse leggere l’intero documento (più di 160 pagine) può accedervi da vari siti,
Al momento quello dell’Asgi di cui di solito mi servo non funziona, ma potete farlo da qui.

Domani, lunedì, il Rapporto Annuale dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza verrà presentato al Parlamento.
Nella speranza che qualche parlamentare ascolti e ne tragga efficaci indicazioni per il suo lavoro ho scritto la lettera che ricopio e che ho inviato a parlamentari eletti in Friuli Venezia Giulia (cui ho aggiunto l’on. Khalid  Chaouki che mi hanno detto essere persona attenta a questo tipo di problemi).

Ai signori senatori Francesco Russo, Isabella De Monte, Carlo Pegorer, Lodovico Sonego,
Ai signori deputati Gianna Malisani, Giorgio Zanin; Ettore Rosato, Giorgio Brandolin,  Tamara Blazina,  Serena Pellegrino

Vi scrivo come cittadina italiana preoccupata dal fatto che in Italia nascano bambini cui è negata la registrazione anagrafica preoccupazione confermata dal documento che vi sarà presentato lunedì 10 giugno, secondo quanto ho ricavato dal sito del Parlamento e di cui trascrivo il riferimento.

Vicepresidente Di Maio lunedì a Presentazione Rapporto Autorità Garante Infanzia e Adolescenza
Il Vicepresidente della Camera dei deputati, Luigi Di Maio, lunedì 10 giugno, alle ore 11.00, parteciperà alla Presentazione del Rapporto Annuale dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Vincenzo Spadafora, presso Palazzo Giustiniani – nella Sala Zuccari del Senato (Via della Dogana Vecchia, 29).


Sono pienamente a conoscenza dell’ampiezza del documento citato nel comunicato e vi prego pertanto di fare efficace attenzione a quanto raccomandato e ampiamente descritto al punto 1 del cap. III e che, per quanto di competenza del Parlamento, trascrivo.

Capitolo III  1. Diritto registrazione e cittadinanza
Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC raccomanda:

1. Al Parlamento di attuare una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori;
2. Al Parlamento di attuare una riforma della Legge 91/1992 che garantisca percorsi agevolati di acquisizione della cittadinanza italiana per i minori stranieri nati in Italia e per i minori arrivati nel nostro Paese in tenera età;

Ringrazio per l’attenzione  Augusta De Piero – Udine

Nella lettera ho fatto riferimento solo al problema della registrazione anagrafica dei figli degli immigrati senza permesso di soggiorno di cui ho parlato tante volte (si attivi il tag anagrafe e in particolare il mio pezzo del 20 giugno 2012 ) sorpresa dal fatto che il Gruppo CRC raccomandi al punto 1 quello che io chiedo dal 2009. (Per saperne di più si vedano i punti 28 e 29 del capitolo citato sopra)

Cristian cittadino italiano   
Ne ho scritto il 5 giugno, riportando un articolo del Corriere della Sera dove c’erano anche dei link relativi alla pregressa attività del ministro Cancellieri (ieri interni, oggi giustizia). L’articolo, facendo riferimento alla disabilità del ragazzo che gli avrebbe impedito di diventare cittadino italiano perché non in grado di capire il senso del giuramento sulla Costituzione  affermava correttamente : “C’è, però, e prevale sulle norme nazionali, la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia, che stabilisce esplicitamente: il diritto di cittadinanza non può essere negato”.
Tutto chiaro? Non troppo perché l’osservazione che segue è molto preoccupante.
Trascrivo: “La materia diventa allora complessa e delicata, come osserva il ministro, e potrebbe riguardare molti casi, finora rimasti in ombra. Nei dati dell’Istruzione relativi all’anno scolastico 2009-10, riportati dall’Agenzia Redattore sociale, si calcolano nelle classi italiane oltre 10.500 alunni immigrati con disabilità intellettiva”.
I 10.500 disabili segnalati sono tali per patologie o per difficoltà intercorse  nel processo di integrazione e in particolare nell’apprendimento della lingua italiana?

No, tu no … né libero né giusto

Fra le tante contraddizioni del coacervo di norme che trattano della condizione dei minori ricordo (e non sarà l’ultima volta. Magari lo fosse!) la condizione dei bambini non registrati all’anagrafe, il cui processo di integrazione è impedito per legge all’origine.
Tutti condannanti al destino di disabili certificati?
E se si troveranno in una scuola dove i disabili vengono picchiati e insultati (la documentazione del caso che collego dei carabinieri) chi potrà difenderli dato che non esistono e che i loro genitori tali non sono? Dove mai è scritto? Ma è possibile che parlamentari, sindaci e opinione pubblica se ne infischino?

9 Giugno 2013Permalink

28 aprile 2013 — Boldrineide e non solo

Torno a sentire un linguaggio politico vero?
E’ un linguaggio su cui chi ne avesse competenza e sapienza potrebbe costruire politiche più efficaci e degne.
Trascrivo perciò i link di due discorsi importanti di Laura Boldrini, ricordando anche il suo primo intervento parlamentare, come l’ho riportato insieme a quello di Pietro Grasso, il 17 marzo
https://diariealtro.it/?p=2175

Manifestazione in occasione del 68° Anniversario della Liberazione
http://presidente.camera.it/5?evento=60

10 aprile Torino- Teatro Regio – Lezione inaugurale della Biennale Democrazia 2013 “Utopico. Possibile”
http://presidente.camera.it/5?evento=37

Proverò a creare un tag Boldrini sperando di collegarvi molti interventi

Non solo boldrineide.

Devo al contatto con insegnanti del Centro Territoriale Permanente per l’istruzione e la formazione in età adulta (CTP) la conoscenza del PROGETTO FORMATIVO INTERISTITUZIONALE

CITTADINANZA E COSTITUZIONE
 “IL PIACERE DELLA LEGALITÀ?  MONDI A CONFRONTO”ETICA INDIVIDUALE – ETICA PUBBLICA

Sono stata coinvolta già due volte, lo considero un grande onore e ne sono stata molto emozionata.
Della prima volta ho dato relazione ieri https://diariealtro.it/?p=2272

C’è una seconda volta

Il CTP (insisto braccio operativo di un’iniziativa che fa capo alla scuola pubblica italiana;
so che il linguaggio è improprio ma per rendermi conto della realtà devo smaltire l’effetto del burocratese) assicura tra l’altro l’organizzazione di corsi per il raggiungimento del titolo di studio che segnala il completamento della scuola dell’obbligo.
In questo contesto vengo invitata a parlare del razzismo. L’insegnante mi avverte che hanno già parlato dell’antisemitismo, letto alcune pagine di Primo Levi e del diario di Anna Frank e, spontaneamente, durante quel lavoro alcuni di loro hanno posto il problema del bullismo. Il bullismo è razzismo?
Devo incontrare nove studenti  stranieri immigrati (di cui tre ragazze). Cerco di prepararmi con qualche difficoltà: quando insegnavo ero abituata a far lezione nel contesto di un programma che proponevo, aggiornavo, modulavo …La lezione estemporanea mi preoccupa un po’.
E invece l’esperienza si rivela non solo molto interessante ma addirittura piacevole.
Gli studenti raccontano di sé, delle loro opinioni sul razzismo e di esperienze (in qualità di vittime) di bullismo. Raccogliamo le storie, le analizziamo e le ritroviamo ben definite dall’elenco che ci propone l’art. 3 della Costituzione: “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
A un ragazzo sfugge la parola ‘stronzo’, ride e si giustifica. Sa che non è termine da usare in quel contesto. Per quanto discutibile sia la sua capacità di espressione verbale conosce i meccanismi del codice linguistico. E un bel passo avanti.
Guardo con ammirazione l’insegnante.
Quando arriviamo ad analizzare l’esperienza di bullismo un ragazzo mi chiede di precisare il significato della parola. Forte di una previa consultazione di vocabolari, comincio da ‘bullo’ e, mentre mi destreggio fra sinonimi e aggettivi, lo studente esplode: ‘allora è come figo’. Ha trovato un sinonimo che entusiasma il gruppo perché trasferisce il concetto un po’ astratto alla loro esperienza. E così elaboriamo quella scoperta ‘Uno che si ritiene bullo mentre…’
E i racconti ricominciano, emergono altri particolari della loro vita, prima della migrazione e dopo (per la verità due sono nati in Italia ma non hanno potuto praticare fin da piccoli un italiano corretto).
La scuola si svolge di pomeriggio e al mattino alcuni lavorano, altri (e ‘altre’ in particolare) frequentano la scuola superiore in classi corrispondenti a quelle di cui facevano parte nel paese d’origine ma, senza il diploma di terza media, non potranno sostenere l’esame di maturità.
Non mi sento di commentare: le poche cose che ho scritto, fra le tante vissute in quell’aula, parlano da sé.

 Elenco finale dei soggetti coinvolti nel progetto del CTP di Udine.

E infine riporto l’elenco dei soggetti istituzionali coinvolti nel progetto:
Istituto Comprensivo II Udine Sede Valussi, Centro Territoriale Permanente  e CC, ISIS “Caterina Percoto”, ISIS “Bonaldo Stringher”. Presidio Rita Atria Libera contro le mafie Udine, Direzione della Casa Circondariale di Udine, Direzione della Casa Circondariale di Tolmezzo, Ufficio Esecuzione Penale Esterna di UD-PN-GO

27 Aprile 2013Permalink

25 gennaio 2013 – Un po’ di sintesi e un manifesto

Il sonno della ragione genera mostri

‘Il sonno della ragione genera mostri’, così nel 1797 Francisco Goya intitolava una sua acquaforte e tanto gli abbiamo dato ragione che potremmo anche sospendere  questa azione di postuma solidarietà. Poiché parecchi tentativi di inserirmi in un collettivo ragionare sono falliti assicuro almeno a me stessa uno spazio per far sintesi delle notizie che ho raccolto e che mi hanno costretta a qualche non occasionale riflessione.

La scuola dell’obbligo senza permesso di soggiorno?

Così raccontava la lettera g) del comma 22 della legge 94/2009 (nota come ‘pacchetto sicurezza’) e, per la cronaca, l’eccezione relativa alla scuola dell’obbligo era stata frutto di un emendamento presentato dalla on. Mussolini, ispirata dal presidente della Camera on. Fini. Questa eccezione risolveva solo un frammento del problema (più a discutibile onore dei proponenti che a garanzia dei soggetti interessati) perché restavano del tutto scoperti gli asili nido, le scuole dell’infanzia e, posto che fosse possibile l’accesso alla scuola superiore, c’era il rischio che al compimento dei 18 anni lo studente non potesse essere ammesso all’esame di maturità. Problemi emersi, fallimenti, circolari occasionali … un caos e una perdita di tempo dovuti a una pessima modalità di legiferare.

Ora anche quel frammento crolla perché

1) chi iscrive i figli alla scuola pubblica, con le modalità previste per la metodologia elettronica, anche se non possiede un PC – e la scuola stessa lo soccorre- deve però disporre di un indirizzo e-mail.
Che se ne fa uno senza computer di un indirizzo di posta elettronica? Credo siamo nello spazio culturale della regina Maria Antonietta: “Se non hanno pane mangino brioches”;

2) Nella documentazione da proporre per l’iscrizione alla scuola ci deve essere il codice fiscale di cui, chi non ha il permesso di soggiorno, non dispone. Fantastico!
Adesso capisco perché un destino ironico e amaro ha fatto sì che tutto questo pastrocchio facesse capo a un comma 22! Joseph Heller era stato profeta e oggi potrebbe riscrivere il suo cerchio indistruttibile così:
‘Chi non ha il permesso di soggiorno può iscrivere i propri figli alla scuola dell’obbligo
ma chi iscrive i propri figli alla scuola dell’obbligo deve avere il permesso di soggiorno’.

Il Manifesto dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI) per riformare la legislazione sull’immigrazione

Il Manifesto si sostanzia in dieci punti che non trascrivo. Sono indicazioni preziose e chi vorrà potrà andarsele a leggere nel sito che ho collegato all’acronimo ASGI, sperando che chi lo praticherà non si fermi all’enunciazione ma entri, secondo le proprie competenze e interessi, nelle singole voci.
E’ un’operazione che ho fatto anch’io e mi limito a un punto che è strettamente connesso a quello che scrivo inutilmente da anni:
Ricopio dal paragrafo 3 del Manifesto ASGI:

I minori stranieri devono essere trattati, in primo luogo, come minori.
La
Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con legge n. 176/91, stabilisce che i diritti da essa sanciti devono essere riconosciuti a tutti i minori che rientrano nella giurisdizione dello Stato, senza alcuna discriminazione, indipendentemente dalla loro nazionalità, regolarità del soggiorno o apolidia. Ai sensi della Convenzione, inoltre, in tutte le decisioni che riguardano i minori, il superiore interesse del minore deve essere una considerazione preminente. Tali principi sono già previsti nel testo unico delle leggi sull’immigrazione, ma spesso, nella prassi, sono disapplicati o non attuati.
Per garantire i diritti dei minori stranieri è dunque necessario che:
1) si affermi inequivocabilmente che ai minori stranieri presenti sul territorio nazionale, indipendentemente dal possesso di un permesso di soggiorno da parte loro o dei genitori, sono riconosciuti in via generale pari diritti rispetto ai minori italiani, inclusi i diritti inerenti gli atti di stato civile, il diritto all’iscrizione al servizio sanitario nazionale, l’accesso agli interventi di sostegno al nucleo familiare finalizzati a consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia, il diritto all’istruzione e alla formazione fino al conseguimento del titolo finale del corso iniziato durante la minore età;

Come rendere operativi i principi del manifesto ASGI?

Per me gli ostacoli sono due e mi limito ad enunciarli

1) nei parlamentari, senatori o deputati che siano, o aspiranti tali, l’incapacità a considerare i diritti fondamentali al di fuori di una logica di voto di scambio e la determinazione a dare risposte occasionali con un occhio di riguardo alle lobbies e quindi al numero e alla visibilità di chi si rivolge loro con qualche proposta. Di recente una persona, che è ben emersa alle primarie e quindi si proporrà al nostro acritico voto (condizionato dalla scelta del partito a norma di legge suina) mi ha detto: ‘ma a queste cose penseremo in un futuro con una nuova legge sull’immigrazione!” E io parlavo di registrazione anagrafica! Possibile che non riescano a capire che i diritti fondamentali non sono beneficenza, per quanto nobile, ma garanzie universali?!

2) nella società civile, l’arroccamento attorno al proprio ‘particulare’, nobile o ignobile che sia (provate a rileggere Guicciardini!) che riduce il rapporto politico se non a un voto di scambio alle sue premesse e l’incapacità –per paura di perdere simpatie calate dall’alto – a farsi propositivi. Non diverso danno viene da coloro che limitano la propria partecipazione a un urlo contro, tanto appagante se collettivamente esercitato, quanto inutile.

C’è il rischio che i principi ASGI, sventolati come bandiere, vengano vanificati nel loro significato e non si sostanzino in leggi di cui abbiamo bisogno. Che fare?

La prima cosa che faccio io

Trascrivo l’art. 1 della legge in vigore sulla cittadinanza e l’art. 1 della proposta di legge a iniziativa popolare con cui dovrebbe confrontarsi anche il futuro parlamento (se mai lo farà).

Legge n. 91/1992   Art. 1

1. È cittadino per nascita:
a) il figlio di padre o di madre cittadini;
b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.
2. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza
.

Proposta di legge a iniziativa popolare:

Art. 1. (Nascita)

1. Al comma 1 dell’articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:
b-bis).Chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia legalmente soggiornante in Italia da almeno un anno.”

“b-ter). Chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia.”

Ultima domanda:
perché quando pongo il problema della registrazione anagrafica dei sans papier molti mi dicono che l’accoglimento della proposta  di legge a iniziativa popolare risolverà il problema?
Pensano di tranquillizzarmi?
Signori miei, essere vecchie non significa essere sceme e comunque non fa perdere il diritto di voto, anche se vale uno e non si unisce a lobbies da sondaggio.

25 Gennaio 2013Permalink

15 novembre 2012 – Il mio parziale accordo con il Ministro della salute

Il 26 ottobre l’agenzia Adkronos  pubblicava un  comunicato che diceva:

“A tutti i bambini spetta il pediatra, con o senza permesso di soggiorno. Grazie alla proposta avanzata dal ministro della Salute Renato Balduzzi. Un’altra vittoria a favore del diritto alla salute per tutti”. Ad affermarlo in una nota è Foad Aodi, presidente dell’Associazione medici stranieri in Italia (Amsi). Ad eliminare la discriminazione per i figli di immigrati irregolari è un documento di indirizzo sull’assistenza ai cittadini stranieri che, una volta approvato in Conferenza Stato-Regioni, avrà applicazione immediata”.

Ho verificato sul sito dell’Amsi e ho trovato conferma con una precisazione importante
«Finalmente vengono rispettate la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la Convenzione sui Diritti del Fanciullo e si definisce un obbligo morale e materiale l’assistenza pediatrica per tutti i bambini immigrati, senza distinzioni tra chi ha il permesso e chi no».

Il testo, che porta la stessa data della comunicazione d’agenzia, si può raggiungere anche da qui.

Se ne trova un riferimento anche nelle raccomandazioni finali del XII congresso della Società italiana di medicina delle migrazioni (SIMM Viterbo, 10-12 ottobre 2012) raggiungibile anche da qui.
Ne ho già scritto il 21 ottobre

Stabilito che non farnetico, cosa che ormai molti sospettano anche se –con educata ipocrisia non me lo dicono – vediamo di analizzare la sintetica espressione del Balduzzi pensiero.

Il ministro e i pediatri (e, forse, i neonati)

Prima significativa notizia: “A tutti i bambini spetta il pediatra, con o senza permesso di soggiorno” dice il ministro (sempre che l’agenzia adkronos lo abbia correttamente citato, ma non mi constano smentite e, tra l’altro, la tutela della salute del minore è legge in Italia dal 1991 con il provvedimento che ratifica la relativa convenzione ONU).
Quindi esistono, almeno come autorevolmente contemplata possibilità, bambini figli di immigrati senza permesso di soggiorno e perciò non registrabili (è chiaro che non considero quelli che arrivano ‘non accompagnati’ perché vengono identificata all’arrivo e la legge impone di provvedere con le tutele specificatamente previste, per quanto operativamente sgradite siano anche ai cittadini consapevolmente o inconsapevolmente legadipendenti).
Il ministro lo sa e, almeno in questa battuta, non fa menzione della famosa circolare che – Ministro Maroni regnante – pretese sanarne la situazione.
In ogni caso, anche se rispettata, la circolare, ammesso che non si frappongano ostacoli alla sua applicazione, non è fonte primaria del diritto è di conseguenza può essere modificata o revocata dal potere esecutivo senza bisogno di alcun passaggio parlamentare.
Inoltre la circolare, per il fatto stesso di esistere, indica una voragine della legge italiana che – come espressione di una cultura razzista in quanto prevede di produrre ineguaglianza alla nascita – dovrebbe offenderci tutti a prescindere dal fatto che i neonati danneggiati o minacciati siano tanti o pochi (si veda il mio pezzo del 15 marzo 2011, raggiungibile anche da qui, o si evidenzi il tag anagrafe).

Seconda significativa notizia: ‘A tutti i bambini spetta il pediatra’.
Sembra una limpida certezza, ma proviamo ad analizzarla.
Il pediatra è un diritto dei bambini fino ai sei anni, poi – su richiesta dei genitori che non vogliano affidare il bambino al medico di famiglia (che i sans papier non hanno –  tale garanzia può essere estesa fino ai 12 anni (o 14, non mi ricordo bene ma non ha grande importanza).
Quando il bambino compie sei anni il pediatra che l’assiste – che a questo punto non è un volontario ma un medico pagato, come è giusto, dal servizio sanitario anche per questa specifica funzione –  cessa dalle sue funzioni se un genitore non ne chiede il prolungamento. Ma come può farlo un genitore senza permesso di soggiorno?
Non dubito che un regolamento possa risolvere questo problema, ma vorrei conoscerlo.
Due anni fa il Gruppo Immigrazione e Salute del Friuli Venezia Giulia (GrIS) aveva detto una cosa molto chiara che ricopio dal mio blog (testo raggiungibile anche da qui).
«La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 del 2009 (cd. pacchetto sicurezza)
».

Allora ho atteso con molta speranza il successivo Congresso Simm: pensavo avrebbe avvolto la richiesta del GrIS, ma così non è stato.
Nel recente Congresso SIMM di Viterbo è apparsa solo la raccomandazione e il riferimento alla posizione ministeriale come ho riferito sopra.
Come cittadina italiana – consapevole che è proprio all’impegno di questa organizzazione di operatori di settore che dobbiamo il mantenimento del segreto sanitario in legge (durante il regno Maroni lo si voleva sopprimere)– spero che la proposta Balduzzi sia accolta dalla Conferenza stato regioni e stimoli il parlamento a una modifica della legge che discrimina i neonati (non più gli sposi che, fino all’intervento della Corte Costituzionale,  subivano la stessa sorte (si veda il mio pezzo del 2 dicembre 2011, raggiungibile anche da qui

Un promemoria

  1. Rinvio quanto vorrei scrivere a proposito dei sindaci (che in questo campo hanno tradito il loro ruolo) costruendo un piccolo promemoria su ciò che è garantito ancora per legge in merito al diritto alla scuola e alla salute:
    1. scuola – E’ possibile accedere alla scuola dell’obbligo senza presentare il permesso di soggiorno (si veda la lettera g del comma 22 dell’art. 1). Per dovere, ma con molta tristezza, segnalo che questa affermazione è dovuta a un emendamento voluto dal presidente della Camera dei Deputati e presentato dall’on. Mussolini. Questi signori non si sono accorti che esiste un periodo fondamentale per la crescita di un bambino che è quello della scuola dell’infanzia, preceduta, se c’è, dal nido. Ai senza permesso di soggiorno sono evidentemente negati. E poi blaterano di integrazione!
    2. salute – Alle persone prive di permesso di soggiorno sono comunque dovuti (e protetti dal segreto sanitario) i seguenti interventi; (già previsti e non cancellati dalla legge 6 marzo 1998 n. 40 art. 33):
    – le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare, garantiti:

    1. la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane;
    2. la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;
    3. le vaccinazioni secondo la normativa e nell’ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
    4. gli interventi di profilassi internazionale, .la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai

Dice l’art. 32 della Costituzione:  La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Considerazione finale (per oggi): Se un bambino che abbia compiuto i sei anni e vada a scuola (è suo diritto) privo di assistenza pediatrica (cessata per età senza che sia potuta intervenire la normale assistenza medica)  prenda una qualsiasi della malattie tipiche dell’età infantile e della fanciullezza (gli orecchioni!), fermo restando l’assoluta priorità del suo diritto alla tutela della salute, come si tutela l’interesse della collettività (nel caso specifico classe scolastica) se nessuno è abilitato a produrre una diagnosi?

 

15 Novembre 2012Permalink

29 ottobre 2012 – Tracce d’Europa

Ancora dal mensile Ho un sogno.
Ho pubblicato il testo precedente il 31 settembre sotto il titolo: Testimonianze di donne. Avevo iniziato con questo impegno molto tempo fa e lo scorso settembre ho scoperto, attraverso il racconto di Laura, giovani che si comportano già da cittadini europei. Ora ho trovato una consapevolezza di sapore europeo in un sindaco, anzi due. Mi piace registrarlo.
La nota finale appartiene alla redazione di Ho un sogno
.
Ottobre 2012_ Ho un sogno n. 212: Condividere da buoni vicini
Persino i documenti burocratici possono riservare rasserenanti soprese svelandoci l’immagine rinnovata di un confine – che si voleva chiuso e impenetrabile – trasformato in un luogo di cooperazione e di incontro.
E’ il caso della lettera d’intenti firmata dai sindaci dei comuni di Pulfero (Italia ) e Caporetto (Slovenia) il 18 luglio 2012 che si impegnano ad offrire ai bimbi dei loro territori uno strumento per crescere insieme, superando la pesantezza dell’ideologia che fino a pochi anni fa li voleva estranei riducendo la loro identità alla divisione reciproca.
Così hanno scritto i due sindaci proponendo la “realizzazione, in Comune di Pulfero, di un asilo nido che possa costituire punto di riferimento sia per le famiglie delle Valli del Natisone che dei territori contermini oltreconfine” e impegnandosi quindi “ad attuare una collaborazione istituzionale per il raggiungimento dell’obiettivo della indicata proposta progettuale, qualora la stessa venga ammessa a finanziamento”.
Da anni nelle Valli del Natisone la diminuzione della popolazione ha avuto i suoi effetti anche sulle scuole che, nel comune di Pulfero, si riducono ormai ad una scuola dell’infanzia la cui funzionalità è resa possibile dalla frequenza dei figli degli immigrati, mentre nella vicina (ma ‘straniera’) Caporetto le domande di iscrizione al nido eccedono la misura dei posti previsti.
La risorsa della cooperazione potrebbe consentire un servizio altrimenti forse non realizzabile dimostrando che molto si può fare per trasformare un confine e non solo abbattendo le sbarre che lo caratterizzavano.
I due sindaci sanno che le istituzioni locali possono offrire, nel proprio operare e nelle norme che via via vi corrispondano, quella certezza e quella continuità cui i diversi soggetti che agiscono nella società civile si riconoscono e si appoggiano. E in questo caso eviteranno di implodere nel localismo per aprirsi naturalmente a una dimensione europea.
Anni fa una legge regionale (1987 n.15) che sia la giunta in carica che la precedente – con l’efficace appoggio del consiglio – hanno semplicemente ignorato senza neppure porsi lo sforzo di una abrogazione, diceva: “Al fine di concorrere alla promozione e alla diffusione della cultura della pace e della cooperazione tra i popoli, la regione Friuli – Venezia Giulia, nei limiti delle proprie competenze, favorisce e realizza gli interventi” … “per iniziative intese a promuovere la cultura della pace e della convivenza tra i popoli” ..cui possono concorrere anche enti locali..
L’iniziativa dei due sindaci rinnova lo spirito che ispirò allora la norma e offre al tipo di cultura “di pace e di cooperazione tra i popoli” che quella legge intendeva promuovere uno spazio operativo importante per i soggetti cui fa riferimento e per i luoghi in cui si realizza. E le novità non finiscono qui: già si pensa anche all’età avanzata prevedendo una Casa di riposo (questa volta in comune di Caporetto) dove gli anziani potrebbero godere, insieme a un servizio utile, il piacere della comunicazione in una lingua che, pur nella sua forma dialettale, li accomuna.

N.d.R.: L’iniziativa dei Comuni di Pulfero e di Caporetto esprime anche il significato profondo dei Programmi di cooperazione transfrontaliera finanziati dall’Unione Europea attraverso l’Iniziativa Interreg. In questo ambito, dal 2007 ad oggi, una decina di milioni l’anno sono andati a finanziare progetti presentati congiuntamente da partner italiani e sloveni. A nessuno può sfuggire che questi fondi dovrebbero sostenere prioritariamente iniziative concrete come quella dei due Comuni. Per verificarlo: www.ita-slo.eu.
associazioni, donne, Europa, informazione cronache

29 Ottobre 2012Permalink

12 ottobre 2012 – Come sottrarre legalmente un bambino alla scuola

Violenza contro i minori nelle (e delle) istituzioni

Sembra che il mio desiderio di pubblicare il testo di un articolo di Barbara Spinelli (finalmente una sintesi intelligente della situazione politica!) slitti … ma la realtà mi impone più urgenti attenzioni.
Oggi la carta stampata, ieri radio e TV ci hanno imposto le immagini strazianti di un bambino fisicamente strappato alla sua scuola da padre e poliziotti (i cui modi non posso non associare agli orrori della scuola Diaz ai tempi del G8) per sottrarlo alla madre.
Non so nulla, né qui mi interessa, del conflitto che ha portato i genitori a fare questo uso del figlio.
Per informazione collego questo testo a un articolo di Repubblica che descrive ciò che è successo.
Altri sono i punti su cui desidero soffermarmi e provo a schematizzarli per me:
1. Il magistrato che ha deciso la misura di affidamento al padre ha sentito il bambino?
2. E se ha maturato la decisione con tutte le cautele dovute quali sono le sue responsabilità in ciò che è avvenuto il 10 ottobre? La polizia ha scavalcato le sue indicazioni o c’è un concorso di responsabilità?
3. E se concorso di responsabilità non c’è, chi ha deciso quel modo di agire della polizia?
4. E in particolare chi ha deciso il luogo in cui tutto ciò è avvenuto, dove si è fatta violenza a un bambino e a tutti i suoi compagni che hanno imparato che la scuola non li protegge dalla violenza e non può difenderli (come a Beslan)?
5. A mio parere la scuola dovrebbe chiedere alla polizia i danni per ciò che è avvenuto a carico di tutti i bambini. Capisco che in una simile situazione affrontare il problema dei danni materiali possa sembrare riduttivo e grottesco ma forse è l’unico argomento che può suscitare attenzione in menti intorpidite e cuori assenti. Qualcuno ci penserà?

Protagonisti ipocriti

Parlamentari assortiti, un ministro e il presidente del Senato chiedono e attendono inchieste.
E io, nella consapevolezza dell’inutilità della mia domanda, chiedo a loro: sanno di avere una legge che, negando la podestà genitoriale agli immigrati irregolari che non possono –se non a rischio di espulsione- provvedere alla registrazione anagrafica dei propri figli, può promuovere situazioni simili a quella di Cittadella di Padova? Si veda per maggiori particolari il mio articolo del 15 marzo 2011 o si attivi il tag anagrafe in questo blog.
Quando venisse sottratto un bimbo a genitori che tali non si sono potuti dichiarare, pur desiderandolo, non ci saranno zie con cellulari: tutto accadrà nell’indifferenza del più sordido dei silenzi.
Certo i parlamentari hanno ampia possibilità di nascondersi dietro la foglia di fico di una circolare che consente di fare ciò che la legge nega ma di fatto accettano un principio di diseguaglianza che, soprattutto se pensato a fronte di bambini istituzionalmente violati, suona infamia.
Perché parlamentari e sindaci non chiedono una modifica della norma in questione?
Mie ipotesi:
1) per non scontentare la Lega che quella norma aveva voluto e di cui anche coloro che se ne dichiarano lontani hanno paure e invidia;
2) per soddisfare l’opinione pubblica a cui in tempi di crisi è utile gettare l’osso da spolpare (o almeno da rosicchiare) che ha sempre funzionato: il nemico.
E quale nemico più comodo dei bambini che non hanno la forza della ribellione?
Una preghiera: ci risparmino almeno lo squallore della loro meraviglia e l’ipocrisia delle loro proteste quando la violenza si fa così visibile da urtare il loro buon gusto.
Non tutti gli italiani hanno una mente tanto corrotta da sopportarlo.
Ed è difficile anche sopportare l’ipocrisia della chiesa cattolica quando di famiglia strilla, dimenticando che ad alcuni ‘innocenti’ la famiglia è negata dalla nascita. E poiché sulla legislazione relativa alla famiglia ficca il naso senza pudore perché non si occupa anche di loro?

 

 

12 Ottobre 2012Permalink

20 ottobre 2011: Donne sotto traccia 6

MAJDA: COSTRUIRE RELAZIONI.

Il colloquio con Majda (proveniente dal Marocco e ormai cittadina italiana, mediatrice culturale e di comunità) che avevamo iniziato in settembre è approdato fatalmente alla condizione delle donne.
Ci riferiamo in particolare a quelle che arrivano tramite i ricongiungimenti familiari.
Per loro vale in particolare ciò che Majda ci ha confermato a proposito di un’immigrazione che in Italia non attrae emigranti laureati o con un alto livello di scolarizzazione ma spesso (soprattutto fra coloro che vengono dall’Africa subsahariana) persone non scolarizzate, anche totalmente analfabete. Braccia per pesantissimi lavori controllati dal ‘capolarato’ (si pensi alla raccolta dei pomodori) se uomini, se donne invece si trovano chiuse in una vita familiare dai cui ristretti legami non possono uscire, sole, disorientate e impaurite come sono. Persino il mondo dei consumi  – che in tanti considerano centrale nella nostra organizzazione sociale ed economica – è luogo di isolamento e paura.
Al supermercato devono andare con il marito perché non sono in grado di scegliere merce loro ignota, a volte neppure di leggere le indicazioni che vi si trovano scritte accanto e può capitare che quando si trovano a camminare senza aiuto fra gli scaffali escano dal negozio senza comperare nulla.
E il loro isolamento  compromette le relazioni che la vita familiare loro impone.
Difficilmente possono frequentare corsi di lingua italiana, non sono evidentemente in grado di leggere né di firmare le note e gli avvisi che vengono dalla scuola frequentata dai figli e non si recano ai colloqui con gli insegnanti perché non li capiscono e non sono capite. Anche nelle nostre scuole l’altrui scolarizzazione è data per scontata, senza verifiche. Il risultato è il luogo comune che le vuole disinteressate allo studio dei figli e che spesso penalizza le famiglie migranti con una tanto sommaria quanto crudele valutazione di inadeguatezza.
Alla solitudine delle madri fa seguito quella dei figli costretti, ancor piccoli, a destreggiarsi fra due mondi fra loro estranei. Majda mi dice del  silenzio con cui spesso si difendono bambini appena arrivati e mi racconta del radicale rifiuto alla parola di due piccoli che, pur conoscendo l’italiano, per tre anni lo hanno parlato solo fra loro e con la mediatrice, negandosi a ogni altro contatto linguistico.
Ci vorrebbe una attività intensa di mediazione a scuola ma … e qui è inutile continuare: basterebbe sfogliare la nostra stampa per costruire un’antologia di nocivi luoghi comuni che spesso  bloccano ogni ragionevole possibilità di relazione.
Apriamo anche la pagina assai problematica, e di cui abbiamo più volte scritto su Ho un Sogno, del disagio delle seconde generazioni.
E infine mi permetto una domanda: ‘Potrebbe essere d’aiuto il consultorio familiare?’
Potrebbe, conferma Majda, se improvvide scelte organizzative non ne avessero ristretto il funzionamento a problematiche strettamente sanitarie, coartando anche operatori consapevoli e capaci.
Chi scrive appartiene a una generazione che per la costruzione di efficaci servizi consultoriali si era molto spesa: il fallimento del nostro lavoro di allora è assicurato dal trionfo di troppi, influenti  pregiudizi e di scelte politiche conseguenti.

20 Ottobre 2011Permalink