9 febbraio 2013 – Una firma per un caso

Ho firmato e chiesto ad alcuni amici di firmare (pubblicando anche su facebook la mia adesione) la petizione che potete raggiungere facendo clic sull’indicazione che segue. Visualizza la petizione: |
Poi ho ricevuto di nuovo il testo della petizione che ora non voglio trascurare. Eccolo:

Sono la mamma di Cristian, un ragazzo con sindrome di Down che, pur essendo nato in Italia non è italiano, perché io sono cittadina colombiana e il padre italiano non lo ha riconosciuto.

Al compimento della maggiore età Cristian ha provato a inoltrare la richiesta di cittadinanza italiana (come prevede la legge n. 91/92 l’istanza può essere presentata, per i nati in Italia, fino al compimento del 19mo anno di età). Ma ancora prima di entrare nel merito della questione, è bastato alla prefettura sapere che Cristian è persona con sindrome di Down per ritenerlo non idoneo a prestare il giuramento di fedeltà alla Repubblica, atto necessario per la convalida del decreto di cittadinanza.
Sia all’anagrafe che in prefettura, mi hanno detto: secondo la legislazione italiana, può ottenere la cittadinanza solo chi sia in grado di manifestare «autonomamente la propria volontà e il desiderio di diventare cittadino».

Se è certamente possibile che alcune persone con sindrome di Down, o con altra disabilità intellettiva, non comprendano il senso di quanto devono giurare, è altrettanto vero che tale incapacità non può essere presunta a priori per tutti.
Impedire a Cristian di accedere a tale diritto si traduce in un atto di discriminazione basata sul suo stato di persona con disabilità, violando l’art. 18 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge n. 18/2009.

Cristian è nato nel nostro Paese e vorrebbe che il suo essere cittadino italiano di fatto fosse riconosciuto a livello giuridico, cosa che sarebbe possibile semplicemente prevedendo l’acquisizione per “ius soli” cioè per nascita nel territorio italiano.

Nonostante sia uscita la notizia che il Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri abbia richiesto una risoluzione del mio caso, a tutt’oggi non ho ricevuto alcuna comunicazione ufficiale. Chiedo pertanto che venga risolto il caso di mio figlio e che l’ufficio legislativo del Viminale lavori alla stesura di un disegno di legge, da lasciare pronto per l’avvio della prossima legislatura, che eviti per il futuro il ripetersi di casi simili.

Questo messaggio è di Gloria Ramos, il creatore della petizione Cittadinanza per Cristian, discriminato in quanto disabile che hai firmato su Change.org.

Non solo un caso

La signora Ramos, mamma di Cristian, dice una cosa importantissima “Chiedo pertanto <…> che l’ufficio legislativo del Viminale lavori alla stesura di un disegno di legge, da lasciare pronto per l’avvio della prossima legislatura, che eviti per il futuro il ripetersi di casi simili”.
E’ emozionante trovare una cittadina (in questo caso non italiana ma residente in Italia) che ha capito quello che sfugge a politici, aspiranti a un seggio al Parlamento e, se non al Parlamento, a una qualche regione o comune e persino a esponenti della società civile. Risolvere un caso è un atto riparatorio di giustizia negata ma UN CASO può essere una spia di pessima, confusa legislazione costruita (da incompetenti o irresponsabili) su spinte di lobbies e non sul rispetto di norme fondanti la nostra convivenza che pur ci vincolano.
Purtroppo ho verificato molti esempi di questa malinconica deriva che ci umilia tutti.
La signora Ramos richiama tutti alla responsabilità, all’etica e alla competenza necessarie a chi ci rappresenta e ci rappresenterà.
Il mio commosso grazie alla mamma di Cristian.

E voglio proseguire

Chi legge il mio blog sa bene come da anni io mi occupi della registrazione anagrafica negata in legge a chi non ha il permesso di soggiorno.
Il mio è un chiaro fallimento, ma nella mia etica ci sono impegni che prescindono dal successo e perciò mi ostino e ora voglio leggere le mie considerazioni in parallelo a quanto scrive la signora Ramos, sostenendo – da cittadina che sa leggere i segni positivi che il nostro tempo riesce ancora ad offrire – la causa di suo figlio.

Scrive la signora Ramos: che suo figlio ‘pur essendo nato in Italia non è italiano, perché io sono cittadina colombiana e il padre italiano non lo ha riconosciuto’.
Sorvolo sul ‘padre italiano’ (la cui scelta di negarsi a un figlio è legittima per quanto ripugnante) e ricordo che – in parallelo – ci sono padri che vorrebbero registrare all’anagrafe i propri figli, sottraendoli così al destino di apolidi. Questi padri però (e madri evidentemente la cui condizione è in qualche modo e per un certo tempo meglio protetta) al momento della richiesta di registrazione in comune devono presentare il permesso di soggiorno e, se non ce l’hanno (quale che sia la ragione), rischiano l’espulsione e quindi l’abbandono coatto del figlio. E’ vero che la madre potrebbe tenerlo con sé ma se la coppia volesse restare unita (sostenitori della famiglia procreativa dove siete?) e portare il figlio con sé, nonostante l’assenza di qualsiasi registrazione che testimoniasse la loro genitorialità, potrebbero trovarsi nella condizione di rapitori di bambini. Quindi si nascondono e nascondono il piccolo se non è stato loro possibile giovarsi della volatile circolare che consente la registrazione del nuovo nato.
Questa infamia (ha altre definizioni la negazione di paternità e maternità riconosciute e certificate come si conviene nella società civile?) funziona dal 2009, da quando cioè fu approvato il cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’. Prima sia la legge Turco Napolitano, sia la Bossi Fini non richiedevano l’esibizione del permesso di soggiorno per la registrazione delle nascite. Rinvio, per altre informazioni, al tag anagrafe.
Naturalmente le mie sono ipotesi relative a una non remota possibilità.
Casi concreti non ne conosco e se li conoscessi non li dichiarerei
Testimonianze della situazione si possono trovare nella documentazione del gruppo CRC che qui collego (si veda il cap. 3.1)

Io spero che ci sia un intervento efficace per il figlio della signora Ramos ma so che i rappresentanti politici da me interpellati e i rappresentanti di quella che viene ancora chiamata – chissà perché – società civile hanno negato qualsiasi attenzione al problema della mancata registrazione anagrafica, pur prevista per tutti dalla legge 176/1991 (legge di ratifica alla Convenzione di New York sui diritti dei minori).

9 Febbraio 2013Permalink