3 agosto 2013 – Le vittime sono scomode

Ho  ripreso nel titolo la citazione di un passaggio del discorso pronunciato ieri a Bologna da Laura Boldrini.
Si trova nella pagina della Presidente nel sito del Parlamento

Buon giorno a tutte e a tutti. Ringrazio il Sindaco Virginio Merola e l’onorevole Paolo Bolognesi, Presidente dell’Associazione dei Familiari, per l’invito che mi è stato rivolto a partecipare a questo incontro. Rivolgo un caloroso saluto al Ministro Delrio, al Presidente Errani, alla Presidente della Provincia Beatrice Draghetti, alle altre autorità presenti e a tutti voi che avete scelto di partecipare a questo momento di ricordo. Voglio dire subito che non sono venuta qui, oggi, per offrire parole di circostanza. Sono qui per esprimere la mia solidarietà e la mia vicinanza alle vittime, alle loro famiglie, ai sopravvissuti, all’intera comunità bolognese.

E voi sapete bene che per me la parola solidarietà ha un significato vero e profondo.

Fin dai primi giorni di lavoro come Presidente della Camera dei deputati, ho cercato di farmi interprete della domanda di giustizia che sale da tanti luoghi che nel nostro Paese sono stati feriti dalla strategia del terrore.

L’ho fatto celebrando il 25 Aprile a Milano e il Primo Maggio a Portella della Ginestra, l’ho fatto a Palermo in occasione dell’anniversario della strage di Ustica.

Dopo tanti anni, e con il sangue versato di centinaia di persone, siamo ancora costretti a chiedere che sia rimosso ogni velo su quegli eventi e sui registi di quella strategia. Sembra incredibile. Eppure è così.

E’ così anche per Bologna. La giustizia ha individuato e condannato gli esecutori. Non ancora i mandanti, i burattinai, gli strateghi, quelli che hanno pensato la carneficina.

La strage di Bologna fu un evento terribile, che ha sconvolto la vita delle centinaia di persone che ne soffrirono in modo diretto.

Ma è stato un evento che ha lacerato in profondità anche le istituzioni democratiche, portandone alla luce ancora una volta le inadeguatezze, le inadempienze, le debolezze, la pervasività di zone oscure, infiltrazioni, ambiguità, doppiezze.

Una ferita ancora aperta e dolorosa per coloro che hanno a cuore la vita democratica di questo paese.

Questo vale certamente per tutti, senza distinzioni di età, ma é soprattutto vero per la mia generazione, per tutti coloro che vennero colti da questo evento proprio all’inizio della loro vita adulta, quando le esperienze lasciano tracce più profonde.

Quella mattina ero qui a Bologna. Giovane studentessa marchigiana in cerca di un alloggio in affitto. E ricordo lo sgomento e il dolore della città.

Eravamo forse ancora troppo giovani per comprendere appieno il significato di Piazza Fontana (1969), dell’Italicus (1974) o di Piazza della Loggia (1974), e fummo trascinati a forza dentro l’età della consapevolezza da tre eventi tragici e ancora oggi circondati da ombre e misteri: il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro (1978), la strage di Ustica (1980) e quella di Bologna.

Penso che tra le tante ragioni che hanno portato alla attuale crisi di legittimità delle nostre istituzioni e al distacco crescente di gran parte dei cittadini dalla partecipazione democratica attiva, ci sia anche questa incapacità di fare chiarezza fino in fondo, di dirsi tutto, di produrre verità e quindi di restituire completa giustizia, la giustizia che ancora non abbiamo. Come si fa, in queste condizioni, a innamorarsi delle istituzioni?

Chiarezza, trasparenza, in primo luogo per le vittime, per gli 85 innocenti ai quali è stata troncata la vita. Per i loro familiari e per i feriti sopravvissuti, che negli anni non hanno smesso di chiedersi che senso dare alla loro sofferenza – poco fa ho visto una ragazza che piange in silenzio dall’inizio della cerimonia.

Ma anche per noi, come cittadini responsabili di questa Repubblica democratica.

Per questo vorrei ringraziare l’Associazione dei familiari delle vittime – grazie, on. Bolognesi, per l’impegno incessante profuso in tutti questi anni – e garantire che continuerò a seguire, come ho fatto fin qui, l’obiettivo della piena attuazione della legge 206 a favore delle vittime del terrorismo e delle stragi. Considero molto positivo, a questo proposito, il chiaro impegno assunto poco fa in Consiglio Comunale dal Ministro Delrio. Grazie Ministro, grazie dell’impegno, perché i risultati si ottengono in sinergia.

Lidia Secci, la moglie di Torquato, primo presidente dell’Associazione, ha detto in una intervista che “Le vittime sono scomode”.

E’ vero, signora Secci – venga qui vicino a me – le verità sono scomode per tutti coloro che preferirebbero voltar pagina e rifugiarsi nell’indifferenza.

Scomodi sono i morti che, con la brutalità irrevocabile della loro stessa morte, non smettono di chiederne ragione a noi vivi.

Scomodi i sopravvissuti, i familiari, gli amici, che danno voce alla loro domanda di verità.

A loro dico : grazie per essere così scomodi! Continuate ad essere scomodi, dobbiamo tutti essere scomodi!

Grazie per aver convertito il vostro dolore in responsabilità, passione civile, vigilanza democratica. Grazie per aiutarci a non dimenticare. Potevate chiudervi nell’odio, e non l’avete fatto.

La storia di questa tragica vicenda rende difficile e scomodo il mio ruolo, salire su questo palco per rappresentare istituzioni che molti dei presenti percepiscono come una “controparte inadempiente”. Sarebbe strano il contrario. Non mi scandalizza, né potrei dar loro torto.

Per me, deve essere chiaro, aver ricevuto il vostro invito è stato un grande onore, un attestato di stima di cui vi sono profondamente grata. È cosa diversa dal dover andare. Sono orgogliosa di essere qui, e ora non ho più paura di questa piazza.

Nel rileggere le parole pronunciate da Torquato Secci e Paolo Bolognesi nelle 32 commemorazioni che hanno preceduto quella di oggi, si ritrovano, anno dopo anno, forti critiche alle istituzioni: la denuncia incessante di inefficienze, ritardi, silenzi, depistaggi, di promesse incompiute, di falsità e di inaccettabili inviti a “portare pazienza”.

Ma è altrettanto doveroso ricordare che nelle istituzioni vi sono state anche persone che hanno lottato con forza per aprire il cammino alla verità.

Voglio ricordare qui l’opera meritoria svolta per oltre 13 anni, a partire dal 1988, dalla Commissione Stragi sotto la presidenza di Libero Gualtieri e poi di Giovanni Pellegrino, che hanno indagato, hanno aperto la strada.

Non possiamo inoltre dimenticare il lavoro di magistrati rigorosi ai quali dobbiamo i risultati fin qui raggiunti per accertare le responsabilità. Uno per tutti: il giudice Mario Amato, ucciso dai Nar proprio perché aveva svelato trame e misteri dell’eversione nera.

E c’è un altro nome che voglio fare oggi, quello di Tina Anselmi, una donna tenace e coraggiosa che diresse con grande impegno, senza riguardi per nessuno se non per il suo senso delle istituzioni, la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, voluta da un’altra donna, l’allora Presidente della Camera Nilde Iotti.

Dobbiamo essere obiettivi, dobbiamo dire che anche il lavoro compiuto da queste commissioni parlamentari ha dato un grande contribuito ad avvicinare la verità, e merita il nostro più alto riconoscimento.

Ma che cosa ci hanno detto queste inchieste parlamentari?

Ci hanno detto che fin dalla fine degli anni sessanta, e poi per tutto il decennio successivo e ancora oltre, l’eversione neofascista organizzò, con la complicità di settori deviati degv cc c li apparati dello Stato, una vera e propria strategia con l’obiettivo di terrorizzare la popolazione italiana e suscitare così una domanda d’ordine e di svolta autoritaria, perché se c’è caos si richiede più ordine!

Temevano la vittoria delle istanze di progresso e di libertà che proprio in quegli anni spingevano alla partecipazione attiva migliaia di giovani, di donne e di lavoratori. Io me la ricordo Bologna, in quegli anni si scendeva in piazza. E questo metteva paura: bisognava metterci un punto, bisognava bloccare quella spinta libertaria.

La strage di Bologna fu l’evento forse più drammatico di questa strategia. Per il numero dei morti e dei feriti e per le modalità spietate con cui fu messa in atto.

Ma Bologna è anche il racconto di Milano, di Brescia, dei cieli di Ustica, di Capaci e di via D’Amelio, della strage del rapido 904. Ma guardatele, queste vicende! Sono tutte legate, sullo sfondo c’è sempre la paura.

E’ la storia di un Paese che ha collezionato molte colpe ma ha conosciuto pochi, pochissimi colpevoli. Dove, dove sono?

Ecco, a questa impunità non possiamo, non dobbiamo rassegnarci.

Non possiamo accettare che su questi 85 morti, e sugli 81 dell’aereo precipitato a Ustica, sui 17 morti di piazza Fontana, gli otto di piazza della Loggia, i dodici del treno Italicus… non possiamo accettare che su questo elenco lunghissimo, su questo “saldo di dolore” – potremmo chiamarlo così – ci sia sempre stato qualcuno che sapeva ma ha preferito tacere; sapeva, ma non ha parlato.

Perché non esiste lutto più inconsolabile di una verità negata, quando al dolore per i propri morti si unisce l’umiliazione delle menzogne.

Ma Bologna non si è lasciata piegare. Non si è arresa. Ha continuato a lottare e ad andare avanti.

Anche l’Italia è andata avanti.

Ma la nostra democrazia va sempre custodita come un dono prezioso, così come vanno tutelati i valori della nostra Costituzione. Non diamoli per scontati. Dobbiamo essere vigili, dobbiamo esserne le sentinelle.

Possiamo ricordare i morti di Bologna e tacere sulle svastiche comparse a Roma qualche giorno fa per festeggiare i cento anni del criminale nazista Priebke? Come possiamo farlo?

Possiamo pensare che questo paese sia davvero pacificato con se stesso, con la propria storia se ancora oggi ci sono rappresentanti delle istituzioni che offendono e deridono una donna nera che fa bene il suo mestiere di ministra?

L’intolleranza genera mostri: e a quei mostri dobbiamo sempre saper opporre il senso alto della nostra civiltà, rifiutando la provocazione e dimostrando che c’è sempre un’alternativa all’odio, nel rispetto della lunga strada che abbiamo percorso fin qui. Andiamo avanti con la nostra civiltà, con la nostra Costituzione. Lasciamo stare quelli che alimentano la fabbrica dell’odio. Il Paese ha bisogno di più coesione.

Ecco perché è attuale e necessario il dovere della memoria.

Bene ha fatto il Sindaco di Bologna a proporre di consegnare ai propri cittadini questa memoria, decidendo di intitolare 16 strade della città ai morti nella strage del 1980. Perché passando per quelle vie ci chiediamo sempre: chi era? Chi era?

Quei nomi saranno ricordati ogni giorno, come un giuramento solenne che non dobbiamo smarrire mai. Saranno il segno di una ferita ancora aperta ma anche il segno che non ci siamo fatti fermare, il segno di una nostra pretesa di verità che il tempo non può e non potrà mai fiaccare. Lo dico soprattutto ai più giovani. Mi raccomando: non dimenticate mai.

3 Agosto 2013Permalink