27 dicembre 2013 – La Repubblica intervista il ministro Alfano

Come il solito l’intervista (che in ogni caso tocca più temi) si gioca fra il pressapochismo, i luoghi comuni e sfugge ai problemi che non  fanno opinione, di cui non si fanno carico lobbies utili e anche opportunisticamente attive.
Così ho deciso di scrivere al ministro.
So che non serve ma è l’unico modo che ho per far conoscere (se qualcuno mi legge) ciò che penso.

Lettera aperta al ministro Alfano

Egregio Ministro Alfano
leggo su La Repubblica di oggi, 27 gennaio, la sua intervista e spero riconosca il diritto a una cittadina italiana di farle conoscere un parere su un paio di punti precisi in merito alle opinioni che ha espresso.
Su un punto sono perfettamente d’accordo, quando lei afferma che “La Bossi Fini non può essere liquidata con uno slogan”.
La Bossi Fini è espressione di una cultura che  va ben oltre quel testo e in molte altre norme si esprime e provoca i suoi effetti. Mi soffermerò su uno soltanto ma prima le ricordo un altro passo delle  sue dichiarazioni:  “
ma davvero con la crisi che attanaglia migliaia di famiglie, il Pd ritiene che la proprietà debba essere quella di dare la cittadinanza a chi semplicemente è nato in Italia oppure la cancellazione della Bossi Fini? Per noi invece la priorità è il lavoro”.
Non riesco a capire perché occuparsi della cittadinanza jus soli anziché jus sanguinis  ostacoli l’espressione del dovuto interesse del governo e del parlamento per il problema del lavoro.

Ma lascio perdere anche questo e vengo al punto.
Dopo la Bossi Fini fu approvata nel 2009 la legge 94 (il cd pacchetto sicurezza, fortemente voluto dall’allora ministro Maroni) che contiene altre norme anche indipendenti dalla Bossi Fini. Fra queste norme c’è la negazione della trascrizione degli atti di stato civile a chi non disponga del permesso di soggiorno. Per i matrimoni ha rimediato la Corte Costituzionale, modificando la legge con sentenza  245/2011.
Nessuno invece si però voluto occupare dei neonati, il cui diritto venne così descritto nel 2010 con la risposta dell’allora sottosegretario Davico ad una interrogazione dell’allora on Leoluca Orlando: “E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico”.
Senonché questo diritto, così accuratamente descritto anche nelle sue drammatiche  conseguenze, fu affidato a una circolare  (n.19/2009) emanata a pochi giorni dalla legge, una circolare che potreste rimuovere senza scomodare il Parlamento all’espressione di un parere.

Ora disponete di una proposta di legge (n.740, primo firmatario on. Rosato) che, se avesse il consenso del governo, potrebbe venir discussa e sperabilmente dar luogo per le nascita allo stesso rimedio assicurato dall’Alta Corte per i matrimoni senza imporre dibattiti troppo impegnativi.
Mentre mi piacerebbe capire perché costruire persone prive di ogni diritto ad avere dei diritti sia un sostegno alla sicurezza degli italiani e faciliti l’impegno sul problema del lavoro mancante, Le porgo distinti saluti.
Augusta De Piero

27 Dicembre 2013Permalink