17 luglio 2009 – Senza sicurezza: la paura sale al colle? – 6

Un messaggio da un’amica

Ricevo:
“Io ho scritto oggi: PRESIDENTE, SI VERGOGNI! Spero che lo farai anche tu e tanti altri.
Un caro saluto AR”

Cara AR,
non lo farò ma cercherò di concludere la mia serie – credimi disperata- di ”Una sola sicurezza: l’infamia” con una sesta puntata in cui proverò a spiegare, almeno a me perché non mi riesce facile, le ragioni del mio diniego, che non vorrebbe essere un farsi da parte, ma forse lo è. Come posso saperlo?
Altri mi hanno detto, a seguito dell’invio dei miei scritti, di considerarmi ridicola, polemica, incapace di correggermi quando propongo e ripropongo (ho cominciato a parlare di tutto ciò lo scorso mese di ottobre nel mio vecchio blog e in questo sito da marzo) idee sbagliate e tali da poter ostacolare l’azione di lotta contro chi fa leva sulle pulsioni razziste che anche questo mio corrispondente considera alquanto diffuse tra gli italiani.
Sono valutazioni che addolorano, soprattutto perché vengono da amici e anche da persone con ruoli istituzionali.
La pervasività della cultura della Lega – che da anni fa con successo un accurato lavoro inteso a creare paura – è ormai inarrestabile?
Non lo so. Io cerco di comportarmi come se non lo fosse, convinta tra l’altro che opporre a un’emozione un’emozione speculare e contraria non sia utile.
Perciò, stimolata dal tuo invito, tento un ragionamento che ti invierò
augusta

Il messaggio del Presidente: una cattiva modalità di legiferare.
Sarebbe necessaria prima di tutto un’analisi puntuale del messaggio del Presidente della Repubblica. Non l’affronto in questo scritto; mi limito a registrare il link per la lettura integrale, e aggiungo qualche mia osservazione su pochi punti specifici.

Innanzitutto il presiedente rileva la pessima qualità della legislazione che ha creato una norma per molti incomprensibile e – aggiungo io- i cui criteri di comprensione, quando non faceva comodo, sono stati occultati, a mio parere con malizia intesa a conseguire finalità criminose di cui io ho esaminato una soltanto: l’impossibilità di registrare la nascita dei figli per chi non sia in grado di presentare il permesso di soggiorno.

Su questo punto é stato inviato al presidente un messaggio di parecchie associazioni che di occupano di diritti dei minori.
Se ne può leggere il testo integrale nel sito dell’ASGI. Io ne riporto pochi passi.

”A nostro avviso, saranno molto gravi gli effetti del previsto reato di clandestinità che spingerà, di fatto, la popolazione straniera, oggetto del provvedimento, a non avere alcun contatto con le istituzioni ne’ con alcun tipo di servizio pubblico, relegando alla marginalità non solo gli adulti ma anche i loro figli, rendendo la loro presenza assolutamente invisibile con conseguenze sociali gravi e difficilmente prevedibili.
La conseguente esclusione dai servizi scolastici e sociali così come dalle prestazioni sanitarie, per il timore di un genitore di essere segnalato all’autorità’, viola diritti fondamentali dei bambini e dei ragazzi quali il diritto all’istruzione e alle cure sanitarie. Mentre e’ obbligo dello Stato – uno Stato responsabile di fronte ai propri doveri – riconoscere a tutti i minorenni pari trattamento senza alcuna discriminazione.
Serissime saranno altresì le conseguenze della mancata registrazione alla nascita dei nati da genitori “irregolari”, in aperta violazione del diritto fondamentale ad un nome, previsto dalla Convenzione, nonché notevoli gli ostacoli che i minori stranieri non accompagnati arrivati da adolescenti in Italia incontreranno al compimento della maggiore età, non potendo di fatto regolarizzare la loro permanenza nel nostro Paese”.

Il messaggio del Presidente: il reato di immigrazione clandestina.
Nel suo messaggio il presidente rileva la centralità delle “disposizioni che hanno introdotto il reato di immigrazione clandestina (art. 1 commi 16 e 17). Esso punisce non il solo ingresso, ma anche il trattenimento nel territorio dello Stato. La norma e’ perciò applicabile a tutti i cittadini extracomunitari illegalmente presenti nel territorio dello Stato al momento della entrata in vigore della legge. Il dettato normativo non consente interpretazioni diverse: allo stato, esso apre la strada a effetti difficilmente prevedibili”.
Mi sembra una risposta indiretta, ma importante, al tentativo di salvare colf e badanti: uno strumento opportunistico, e certamente efficace, per zittire italiche proteste e nello stesso tempo uno strumento rispondente a bisogni reali di assistenza.
Ne ho scritto nel mio precedente intervento (12 luglio) e finisco qui.
Mi limito ad indicare il modo per raggiungere testo della legge approvata e non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (il testo approvato in senato é identico a quello votato alla camera – colonna destra)

La paura sale al colle?
Non so quali fossero i timori del presidente quando ha scelto di promulgare il ‘pacchetto sicurezza’. Io tento un’ipotesi.
Dice l’art. 74 della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata”.
E’ possibile che l’on. Napolitano, convinto che il parlamento avrebbe approvato senza alcuna modifica la legge già votata, abbia voluto evitare il braccio di ferro istituzionale che l’avrebbe portato a dover scegliere fra l’obbedienza alla decisione parlamentare e le dimissioni.
Cosa ne sarebbe seguito? Una guerra civile che avrebbe potuto trasformare l’Italia in una diffusa caserma di Bolzaneto?
Non sono domande retoriche. Io non lo so: so però che se la paura presidenziale può essere giudicata con un ragionevole dubbio io, come cittadina, non me la posso permettere.

La disobbedienza civile
Il Direttivo regionale della Federazione dei Lavoratori della Conoscenza – Cgil della Toscana, riunitosi a Firenze in data 14 luglio 2009 scrive tra l’altro: “Il nostro sindacato, la Cgil, intende rappresentare queste lavoratrici e questi lavoratori e intende difendere i loro diritti di cittadinanza. Intendiamo essere al loro fianco nella campagna di disobbedienza civile contro queste nuove vergognose leggi razziali – nelle scuole e nelle università, negli ambulatori e nelle ospedali, ovunque sia necessario”.
Ma la disobbedienza civile è una strada, ma non è una strada che garantirà tutti gli irregolari, né tutti i loro figli e comunque il suo successo è legato alla quantità delle adesioni.

Fra due settimane
Dice l’art. 73 della Costituzione: “Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso”.
Quindi fra due settimane molti italiani, in diverse situazioni professionali, si troveranno davanti al dovere di attuare obblighi di legge che possono confliggere con la loro coscienza.
Io affronto, a modo mio, una sola situazione.
Vorrei ci fosse un modo per proporre una procedura tale per cui quando un impiegato dell’ufficio anagrafe di un qualsiasi comune riceva la richiesta di registrare un atto di nascita non sia ridotto a comportarsi da ultimo anello della catena della paura, ma sia lo stesso sindaco a dire alla mamma ‘irregolare’, in presenza del neonato, che quel piccolo non può avere un nome, se non quello con cui l’amore dei genitori vorrà chiamarlo, e che non può essere riconosciuto, forse addirittura che alla mamma sarà sottratto.
E rifiutiamoci almeno di credere che i sei mesi post partum, durante i quali una puerpera non può essere espulsa, possono sanare l’orrore come molti vanno raccontando.
Nella migliore delle ipotesi a quella mamma sarà concesso di allattare un fantasma
Anche in questo caso la storia, che non é maestra ma testimone di vita, ci offre utili precedenti.

L’art. 5 del decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n.1728 (Provvedimenti per la difesa della razza italiana) diceva “L’ufficiale dello stato civile, richiesto di pubblicazioni di matrimonio, è obbligato ad accertare, indipendentemente dalle dichiarazioni delle parti, la razza e lo stato di cittadinanza di entrambi i richiedenti. Nel caso previsto dall’art. 1, non procederà né alle pubblicazioni né alla celebrazione del matrimonio. L’ufficiale dello stato civile che trasgredisce al disposto del presente articolo è punito con l’ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila”.

Allora ci si limitava ai matrimoni, il trascorrere del tempo ci ha insegnato ad andare oltre.

E quando un bimbo nascesse ‘irregolare’ qualcuno andrà a chiedere al sindaco del proprio comune se riuscità a guardarlo in faccia senza arrossire? L’indifferenza degli italiani alle procedure (che non li riguardino personalmente) può ridurre il loro rifarsi ai principi e chiudere lì come un rifugio per coscienze disorientate.

PS.: In questi giorni ho chiesto tre volte di parlare a Prima Pagina (radio 3) e non sono stata ammessa in trasmissione.
Alcuni giorni fa ho inviato al quotidiano locale Messaggero Veneto la lettera di Bruno Segre -pubblicata nel mio articolo dell’otto luglio- facendo presente che si trattava di persona che più volte aveva parlato nelle scuole udinesi in occasione della giornata della memoria.
Non è stata (ancora) pubblicata.

17 Luglio 2009Permalink