5 dicembre 2014 – Scrive L’Osservatore romano

27 novembre 2014
Sono minori un terzo delle vittime del traffico di esseri umani

La tratta dei bambini

Indetta per l’8 febbraio una giornata di preghiera

VIENNA, 26. Un terzo delle vittime della tratta di esseri umani è rappresentato da bambini. Lo rivela un rapporto pubblicato ieri a Vienna dall’Unodoc, l’agenzia dell’O nu contro la droga e il crimine e riferito al triennio 2010-2012, precisando che si tratta di una quota in aumento del cinque per cento rispetto al 2007-2009. Il rapporto sottolinea che questo aspetto è particolarmente accentuato in Africa e in Medio oriente dove i bambini sono il 62 per cento delle vittime della tratta. Ma nessun Paese è immune: sono almeno 152 quelli di origine e di destinazione del traffico di esseri umani.

La tratta si verifica soprattutto all’interno dei confini nazionali o della stessa regione, mentre il traffico transcontinentale si dirige soprattutto verso i Paesi ricchi. «Purtroppo, non c’è posto al mondo nel quale i bambini, le donne e gli uomini siano al sicuro da questo pericolo», ha detto il direttore esecutivo dell’Unodc, Yury Fedotov, presentando il rapporto. «I dati ufficiali riferiti dalle autorità nazionali rappresentano ciò che è rilevabile. Ma è chiaro che si tratta solo della parte emersa dell’iceberg», ha aggiunto. L’Unodoc parla di 21 milioni di vittime, che ogni anno aumentano di due milioni e mezzo. In più della metà dei casi, il 53 per cento, il traffico ha finalità di sfruttamento sessuale. Ciò accade specialmente nei Paesi di destinazione in Europa e in Asia centrale. In Asia orientale e nel Pacifico la destinazione delle vittime è invece soprattutto il mercato del lavoro forzato. A questa si aggiungono altre forme di sfruttamento, dalla servitù domestica, al matrimonio forzato, alle adozioni illegali, fino a quella atroce dell’espianto di organi per i trapianti. La stragrande maggioranza dei trafficanti condannati, il 72 per cento, sono maschi e cittadini del Paese in cui operano. Si tratta comunque di successi limitati contro un fenomeno che rappresenta, con un fatturato stimato a 32 miliardi di dollari l’anno, la terza voce dell’economia criminale, dopo il traffico d’armi e quello di droga. Il rapporto ricorda che l’impunità resta un problema grave: il 40 per cento dei Paesi ha registrato poche o nessuna condanna, e nel corso degli ultimi 10 anni non vi è stato alcun aumento percepibile delle pene contro questo crimine. Per sensibilizzare maggiormente le coscienze su questa drammatica realtà, il prossimo 8 febbraio si celebrerà la prima Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. L’iniziativa è stata promossa dai Pontifici consigli della pastorale per i Migranti e gli itineranti e della Giustizia e della pace e dalle Unioni internazionali femminili e maschili dei superiori e superiore generali.

Vuole essere una risposta all’appello di Papa Francesco a combattere il fenomeno della tratta e a prendersi cura delle vittime. Fin dall’inizio del suo pontificato, il Papa ha più volte denunciato con forza questo traffico come un crimine contro l’umanità. La scelta della data è significativa: l’8 febbraio, infatti, è la memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, schiava sudanese, liberata e divenuta religiosa canossiana, canonizzata nel 2000. La prima Giornata sarà celebrata in tutte le diocesi e le parrocchie del mondo, nei gruppi e nelle scuole e vedrà l’adesione di numerose associazioni e istituzioni, tra le quali: Pontificia accademia delle scienze sociali, Caritas internationalis, Talitha kum, Ufficio “Tratta donne e minori” Usmi, Slaves no more, Unione mondiale associazioni femminili cattoliche, Comunità Papa Giovanni XXIII, Jesuit refugee service (Jrs), International catholic migration commission, International forum catholic action, Congregazione figlie della carità canossiane.

La mia lettera al direttore de l’Osservatore romano

 Udine 27 novembre 2014
Al direttore de L’Osservatore Romano dr. Giovanni Maria Vian
Sua Sede

Ho letto sul giornale da lei diretto l’intervento a proposito della istituzione della giornata di preghiera contro la tratta e la sottolineatura della tratta dei bambini. Trovo però singolare che ci sia un  problema di cui non si parla mai: quello dei bambini condannati per legge dal 2009 a non avere una famiglia perché privati per legge del certificato di nascita e cui perciò è negata un’esistenza giuridicamente riconosciuta. Ne ho cercato traccia nel documento conclusivo del recente Sinodo e nella prolusione del card. Bagnasco all’Assemblea dei Vescovi italiani. Nulla Mi spiego: nel 2009 fu approvato con voto di fiducia il cd pacchetto sicurezza (legge 94) che alla lettera g del comma 22 dell’art. 1 richiede la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione degli atti di stato civile. E’ evidente che -‘per contraddizion che nol consente’ – gli immigrati irregolari non hanno il permesso di soggiorno altrimenti irregolari non sarebbero. Lo stesso governo di allora (quarto Berlusconi, ministro interno Maroni) realizzò l’enormità della cosa ed emanò nel giro di pochi giorni una circolare che dice il contrario della legge per ciò che concerne le nascite. Nel 2011 la Corte Costituzionale cancellò questa stortura legislativa (sentenza 245) per ciò che concerne i matrimoni. Nessuno si fece parte diligente per le nascite. Nel corso dell’attuale legislatura sono state presentate due proposte di legge (n. 740 alla camera, n.1562 al senato) che, se approvate, rimedierebbero al problema ma non vengono neppure calendarizzate. Il gruppo Convention on the Rights of the Child presenta annualmente un documento in cui reiteratamente richiama il problema nei termini che traggo dal Quinto rapporto (2011-2912): “Il timore di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori.

Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno . Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare”. Il rapporto è firmato anche dalla Caritas italiana *

Mi sembra che il rischio di facilitare l’esposizione di bambini nati in Italia alla tratta sia evidente: chi potrebbe denunciarne la scomparsa dato che giuridicamente non esistono e la loro reale famiglia non risulta esserlo? Mi occupo da cinque anni della questione senza risultato alcuno (sono praticamente sola e il mio impegno è dettato solo da una coscienza che pretende di essere vigile). C’è modo di fare qualche cosa perché la questione sia autorevolmente proposta nel mondo cattolico in modo da facilitare il percorso di una norma di legge che corregga questa ferita?
Grazie
Augusta De Piero

* Fonte: Dossier Statistico immigrazione 2011Caritas/Migrantes

continua  – i miei commenti ai prossimi post

Trovare il testo integrale dell’articolo non è stato facile ma – dato l’atteggiamento omertoso e irresponsabile del mondo cattolico, laico, clericale, anticlericale ecc. ecc. sul problema – non ho mollato finché ci sono riuscita e l’ho manualmente copiato.
Preciso che l’edizione a stampa, e quindi completa, dell’articolo non è possibile con il copia-incolla, le edicole di Udine non lo ricevono e la Biblioteca del Seminario Arcivescovile, pur essendo abbonata, lo riceve in ritardo (non so se dipenda dalle poste italiane o dalle poste vaticane).

 

 

 

5 Dicembre 2014Permalink