18 settembre 2010 – Lombardia: Una scuola insozzata e forse ripulita – Friuli: un sindaco saggio.

Una ministra, autorità scolastiche e poteri locali.

Adro (Brescia) è un paese diventato famoso per una iniziativa ignobile: una scuola pubblica è stata insozzata con simboli leghisti inseriti ovunque, e non disegnati sui muri per iniziativa di ragazzini maleducati, ma ufficialmente rappresentati sugli arredi dell’edificio. Ora la ministra Gelmini ne ha ordinato la rimozione per via gerarchica, facendo inviare dal direttore dell’ufficio scolastico della Lombardia una lettera con cui viene richiesto al sindaco di Adro di «adoperarsi per la rimozione dal polo scolastico del simbolo» noto come il «sole delle Alpi».
A questo punto, secondo me, dovrebbe essere rimosso – insieme ai simboli- il suddetto direttore, ma la cosa più importante è che a tanto si è arrivati in seguito a una motivata protesta popolare.
Anch’io ho firmato uno degli appelli che circolavano sul web ricordando uno degli scontri – seguito per punizione dal lavaggio dell’aula- con i miei studenti che avevano disegnato una svastica sulla lavagna.
I simboli sono carichi di significati ed è indecente che si inquini la mente dei bambini con la trasmissione dei pregiudizi che hanno inquinato quella di molti genitori. 

A questo punto trascrivo un mio piccolo articolo, pubblicati su Ho un Sogno, un bollettino mensile che testardamente pubblichiamo a Udine da 19 anni.
Non ha molti lettori ma consente di dire e dirsi a chi, in questo paese di lingue tagliate, non ne avrebbe altrimenti la possibilità.
Ho scelto di intervistare un sindaco che fa il suo lavoro con dignità e intelligenza, una voce che non si adegua alla deriva podestarile che umilia il ruolo di molti suoi colleghi, più intesi ad occupare seggiole che a governare un territorio.

Ma su questo ritornerò. 

Da Ho un sogno n.191

Chi, forse nel ricordo della prima guerra mondiale, volesse visitare Caporetto (oggi Kobarid, Slovenia) si inoltrerebbe, superata Cividale, nel territorio delle Valli del Natisone, attraversando, prima di arrivare al confine, il comune di Pulfero, il maggiore della zona per estensione di territorio. E in quel passaggio vedrebbe numerosi cartelli indicanti le varie frazioni, alcune piccolissime, abitate da un paio di famiglie soltanto, altre ormai disabitate o praticate da chi, vivendo altrove ma non lontano, torna nei fine settimana.
Il Sindaco di Pulfero, con cui abbiamo avuto una lunga chiacchierata, puntualizza che la popolazione del comune, un tempo la più numerosa del territorio, oggi si é ridotta a 1150 residenti e, precisa con la dignità di chi conosce il significato del ruolo che ricopre, di averne l’evidenza per ‘dovere di anagrafe’.
La riduzione della popolazione si lega a una storia di migrazioni.
Fra le due guerre mondiali i pulferesi (allora i residenti erano circa 4000) che emigravano in Belgio, Germania, Francia e nell’America latina e del Nord, al momento del pensionamento tornavano e costruivano o ristrutturavano la loro abitazione. Nemmeno l’emigrazione stagionale in Svizzera, tipica degli anno ’60, aveva modificato significativamente la situazione.
Solo dopo il terremoto del 1976, l’emigrazione è diventata, come dice il Sindaco, ‘esodo definitivo’. La mancanza, allora, di un piano regolatore, e conseguentemente di una adeguata viabilità, l’assenza di una organizzazione che assicurasse opportunità di lavoro in loco, spinse molti pulferesi a risiedere nei comuni, spesso poco lontani, dove lavoravano e dove si erano definitivamente stabiliti come gli emigrati che si integrano là dove lavorano e dove i loro figli sono nati e cresciuti.
Le crisi balcaniche degli anni ’90 portarono nelle Valli – e anche a Pulfero – profughi di guerra e così il fenomeno migratorio si è rovesciato: ora il 15% dei residenti sono immigrati (nel 2007 costituivano il 12%), in prevalenza bosniaci e serbi che, veniamo informati, disponibili a qualsiasi tipo di lavoro, si sono pienamente integrati delle comunità locali.
Fanno quello che gli italiani non vogliono o non ‘sanno’ (precisa ancora il Sindaco) più fare. Hanno creato soprattutto piccole imprese edilizie e possiedono quelle competenze che appartenevano ai vecchi muratori e che ora è difficile ritrovare in imprese italiane.
Nelle Valli – e non solo a Pulfero- si sono sistemati per il basso costo degli affitti e qui sono nati i loro figli.
La presenza di bambini e ragazzi a Pulfero è minima e con l’anno scolastico trascorso si è chiuso il servizio di scuola elementare- Non così la scuola dell’infanzia: le iscrizioni per il prossimo anno oscillano fra i 15 e i 17 piccoli di cui 9 figli di immigrati. 
Le scuole elementare e media si trovano nel vicino comune di San Pietro al Natisone e agli spostamenti dei ragazzi possono provvedere anche i normali servizi di trasporto urbano.
E’ una realtà che si modifica. E a una modificazione positiva pensa anche il Sindaco la cui amministrazione ha scommesso –dice- sulla valorizzazione di un turismo ‘di nicchia’ –come lo definisce – che, sempre più diffuso, potrebbe sostenere anche la rinascita di un mercato locale di prodotti caseari e salumi della zona. E non solo questi: potrebbe risultarne favorita la rinascita di quella agricoltura che implica per sé la cura dell’ambiente e che in passato interessava la maggior parte del territorio (in alcune frazioni anche l’80%) e oggi si è ridotta a valori minimi. ‘Non ci sono più le pesche prelibate di un tempo, oggi dominano i meleti’ ricorda il sindaco con il rimpianto di un attimo che non soffoca la determinazione di un impegno che vuol farsi progetto. 

 

Comune di Pulfero
Territorio 48 kmq
Frazioni 59 p   parecchie disabitate;
Abitanti 1.150
Scuole elementari Nell’anno scolastico 2009 – 10
é stata attiva una pluriclasse
di 6 bambini che costituiva
il servizio di scuola
elementare,  ora chiuso. 
Scuola dell’infanzia  –
 statale
15/17 bambini iscritti per il prossimo anno scolastico, di cui 9 ‘extracomunitari’. 
 
18 Settembre 2010Permalink

One thought on “18 settembre 2010 – Lombardia: Una scuola insozzata e forse ripulita – Friuli: un sindaco saggio.

  1. non sapevo che nelle Valli ci fossero tanti serbi. Qui a Trieste ce ne sono moltissimi, impegnati perlopiù nell’edilizia (i maschi) e nei servizi interni della ristorazione o nelle case private (le donne). Ne ho conosciuti/e molti/e e senza eccezioni non posso che dirne bene. Dato che amo molto le Valli mi rende felice sapere che offrano casa e lavoro a delle brave persone.

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