6_gennaio_2023 – In morte di Benedetto XVI: il comunicato di Noi Siamo Chiesa

Noi Siamo Chiesa: Ratzinger, un papa controverso, che si è dimesso per il bene della Chiesa

Redazione 01/01/2023, 18:52

ROMA-ADISTA: «Ratzinger, un papa controverso, che si è dimesso per il bene della Chiesa» è la valutazione del movimento Noi Siamo Chiesa su Benedetto XVI.

«Noi Siamo Chiesa partecipa al lutto della Chiesa per la morte di Joseph Ratzinger, teologo ed uomo di fede, che è stato come vescovo di Roma segno dell’unità della Chiesa e della continuazione della predicazione dell’Evangelo secondo il messaggio di Gesù (Mt, 21,15)», si legge nella nota del movimento..

«Questa partecipazione di NSC è molto consapevole che la sua fu una guida che ha creato divisioni e sofferenze, da noi più volte sottolineate con franchezza, che hanno compromesso la piena accettazione del Concilio Vaticano II – prosegue la nota –.  Ma la sua decisione di lasciare il ministero ha testimoniato una concezione evangelica e profetica del ruolo e dei compiti del papato che resterà nella storia della Chiesa. Noi Siamo Chiesa auspica che le esequie settimana prossima siano ispirate a sobrietà, senza accenti enfatici e trionfalisti. Ed anche spera che i media sappiano riflettere in modo corretto ed equilibrato su questo lutto».

6 Gennaio 2023Permalink

6 gennaio 2023 – Grazie a Vito Mancuso e al mio vecchio blog

 

NEL TESTAMENTO DI BENEDETTO QUELLA PAURA CATTIVA CONSIGLIERA Un testo pieno di timori per una società che si lascia confondere e non è salda nella fede. L’articolo del prof.#VitoMancuso su #LaStampa di martedì 3 gennaio 2023

 

Il testamento spirituale di Joseph Ratzinger diffuso dopo la sua morte, ma composto nel 2006, è molto istruttivo per comprenderne l’anima, direi più precisamente la psiche, cioè quella dimensione interiore in cui il pensiero di un essere umano si mescola alle emozioni e crea quel coacervo di razionalità e di irrazionalità in cui ognuno di noi propriamente consiste.

Il breve testo si divide in quattro parti: ringraziamenti, richiesta di perdono, esortazioni, richiesta di preghiera. Senza sminuire i ringraziamenti e le richieste, belle dal punto di vista umano ma prevedibili quanto ai ringraziamenti e convenzionali quanto alle richieste, la parte decisamente più interessante è la terza delle esortazioni a tutti i cattolici. Scrivendo egli sapeva che questo testo sarebbe stato letto all’indomani della sua morte con la massima attenzione da parte di tutti, il che significa che, se aveva un asso da giocare, era proprio quello il luogo per farlo. E infatti Ratzinger lo giocò.

Dapprima rivolto ai soli bavaresi: “Non lasciatevi distogliere dalla fede”. Poi rivolto a tutti e rafforzando con due punti esclamativi l’invito: “Rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere!”. Ecco la sua più grande esortazione, l’obiettivo per cui spese la vita, il suo asso: la conservazione la fede. Prova ne sia che nel 2016, quando già da tre aveva rinunciato al papato, conversando con il giornalista tedesco Peter Seewald per quella che è stata la sua ultima pubblicazione intitolata proprio “Ultime conversazioni”, affermerà: “Oggi l’importante è preservare la fede. Io considero questo il compito centrale”. Ma ora si faccia attenzione ai verbi usati: non lasciarsi distogliere, rimanere, non lasciarsi confondere, preservare. Chi parla così? Chi sente di essere al cospetto di una grave minaccia e ne ha paura. Il messaggio conclusivo e sintetico di Joseph Ratzinger, quindi, è nella sua essenza profonda un grido d’allarme. La sua ragione era quella di un uomo sicuro, ma la sua psiche, al contrario, quella di un uomo impaurito.

Di cosa aveva paura? Lo si comprende dalle “Ultime conversazioni” quando afferma che oggi prevale “una cultura positivista e agnostica che si mostra sempre più intollerante verso il cristianesimo”, con la conseguenza che “la società occidentale, in ogni caso in Europa, non sarà una società cristiana”. Idea ribadita poco dopo: “La scristianizzazione dell’Europa progredisce, l’elemento cristiano scompare sempre più dal tessuto della società”.

Ma occorre proseguire l’analisi del testamento spirituale perché in esso Ratzinger entra ancor più nello specifico e mette in guardia i cattolici dal pericolo a suo avviso più minaccioso: “Spesso sembra che la scienza – le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro – siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica”. Il pericolo quindi è la scienza? Il testo parla di due forme di scienza: le scienze naturali e le scienze storico-bibliche. Per le prime alla domanda sollevata occorre rispondere di no: la scienza per Ratzinger non è un pericolo, lo sono semmai alcune “interpretazione filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza”. Anzi, la pura scienza può risultare persino utile alla fede, perché “nel dialogo con le scienze naturali la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità”. Immagino che qui Ratzinger pensasse al caso Galileo e al fatto che oggi un episodio del genere non è neppure lontanamente concepibile. Per la fede quindi le scienze naturali non sono un pericolo, anzi talora sono persino un aiuto.

Le cose stanno in modo diverso per le scienze bibliche, al cui riguardo ecco le precise parole di Ratzinger: “Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista”. Fa un certo effetto ritrovare in un testamento spirituale, accanto ai ringraziamenti più belli a Dio e ai familiari e alle richieste più intime di perdono e di preghiera, la menzione di scuole esegetiche con tanto di nomi.

Ma fa ancora più effetto non ritrovare nessuna parola di apprezzamento per le scienze bibliche, contrariamente a quanto avvenuto per le scienze naturali. Di esse Ratzinger dice solo di aver visto crollare tesi, quasi che nulla sia rimasto in piedi del lavoro svolto, per cui non rimarrebbe altro che affidarsi alla lettura tradizionale della Bibbia promossa dalla Chiesa per riscoprire sempre “la ragionevolezza della fede” e che “Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita”. Le cose però non stanno per nulla così. Come le scienze naturali, anche le scienze bibliche hanno contribuito notevolmente ad approfondire e a purificare la fede mettendo in condizione di interpretare in modo adulto i testi biblici. Nel 2008, mentre papa Benedetto regnava, il cardinal Martini insigne studioso della Bibbia pubblicò un testo che fece scalpore, “Conversazioni notturne a Gerusalemme”, dove giunse a parlare di vere e proprie scuole bibliche per “rendere indipendenti i cristiani” perché, a suo avviso, “ogni cristiano che vive con la Bibbia dovrebbe trovare risposte personali alle domande fondamentali”. Trovare risposte personali. Per Martini infatti la Chiesa deve essere più “un contesto che procura stimoli e supporto, che non un magistero da cui il cristiano dipende”. La meta non è l’obbedienza alla Chiesa continuando a credere come si credeva nei secoli passati; è piuttosto la libertà della mente al fine di verificare in prima persona la “ragionevolezza della fede”, nel caso purificarla, vivendo così la vita autentica di chi è se stesso e non un portavoce di pensieri altrui.

La sfiducia di Ratzinger nei confronti delle scienze bibliche emerge in modo clamoroso nella sua opera su Gesù in tre volumi, dove per centinaia di pagine egli prescinde quasi totalmente dai secoli di esegesi scientifica sul testo dei Vangeli, evita le domande scomode e finisce per presentare una figura di Gesù ai limiti del devozionismo. E se questo è un problema che riguarda solo lui e la statura scientifica di questo suo lavoro, quello che invece riguarda tutti è il modo con cui egli da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (carica mantenuta per 23 anni) esercitò il suo potere disciplinare contro quei biblisti e quei teologi che, come auspicava il cardinal Martini, pensavano in prima persona rielaborando la teologia. Mi riferisco alle decine e decine di teologi a cui venne tolta la cattedra, tra cui ricordo Leonardo Boff, José Maria Castillo, Charles Curran, Jacques Dupuis, Matthew Fox, Ion Sobrino e la condanna post mortem di Anthony De Mello. La teologia della liberazione venne perseguitata in tutte le sue forme e il vescovo martire Oscar Romero dovette attendere papa Francesco per essere elevato agli onori degli altari.

Come ho scritto all’inizio, il problema di Ratzinger è stato a mio avviso la paura. Lo si capisce dai verbi usati nel testamento spirituale tutti sulla difensiva. E dalla paura nasce l’aggressività. Egli è stato un uomo sinceramente devoto al suo Signore, il grande teologo francese Yves Congar nel suo diario del Concilio lo ricorda come “ragionevole, modesto, disinteressato, di buon animo”, e io credo che egli sia stato proprio così. Ma la paura è sempre una cattiva consigliera.

Vito Mancuso, La Stampa 3 gennaio 2023

 

Mio  commento

 

Ho condiviso questo pezzo di Mancuso perché l’ho profondamente apprezzato.

In particolare mi ha convinto la citazione del nome di Romero, la cui vicenda (associata a quella dell’avvocata Marianela Garcia Vilas di cui non si parla mai) seguo dal tempo della morte del vescovo di San Salvador

Ne ho scritto nel mio blog (che costituisce la mia memoria storica che non voglio perdere) e si può leggere con il link che trascrivo nella seconda parte del vecchio post

quella che inizia con il titolo

“Il ricordo di un’altra donna che mise la sua professione a disposizione dell’umanità”

https://diariealtro.it/?p=6386

6 Gennaio 2023Permalink

5 gennaio 2023 – Nel giorno dei funerali di Joseph Ratzinger

Benedetto XVI è stato il più grande interprete del cristianesimo del Novecento. L’ultimo grande difensore della civiltà occidentale. Colui che meglio di tutti ha svegliato i laici mostrando con chiarezza che i valori di cui si dicono orgogliosi e che sono iscritti nelle nostre carte fondamentali sono in realtà quelli cristiani. E infine il grande intellettuale che sapeva coniugare fede e ragione”. Lo afferma l’ex presidente del Senato, Marcello Pera.

Morte del papa emerito Joseph Ratzinger, Marcello Pera: “Ultimo grande difensore della civiltà occidentale” – Il Fatto Quotidiano

Nota biografica:
Marcello Pera , professore di filosofia della scienza all’Università di Pisa,
Senatore della Repubblica nella XIII, XIV, XV e XVI legislatura
Nella XIV legislatura (2001-2006) è stato presidente del senato

È di nuovo presente in Senato nella XIX legislatura, proclamato l’1 ottobre 2022 .

Potremmo anche chiudere con la nota biografica a seguito della prima paginetta ma desidero assicurarmi un  riferimento per me importante

14 dicembre 2021-  Copio un solo passo ma il link può garantire a chiunque l’intero articolo
“Pera era il candidato patriota del centro destra, ateo devoto a Ratzinger”
L’editoriale del direttore Nico Perrone

 L’ateo devoto Marcello Pera è molto vicino a Benedetto XVI, e lo ha sempre difeso nei confronti degli attacchi degli estremisti islamici dopo il suo discorso di Ratisbona, dove lanciò un allarme sull’Islam. Ma non venne ascoltato… “Lei è buono, perché non solo non venne ascoltato, ma persino insultato. Quel discorso – disse Pera intervistato da la Fede quotidiana.it – andrebbe studiato, fu profetico. Venne duramente attaccato dal mondo islamico con violenti proteste e questo era prevedibile. Ma ci fu un vergognoso silenzio da parte di chi conta in Europa, lo lasciarono solo e sconcerta un certo basso profilo della Chiesa cattolica che non lo difese come sarebbe stato giusto. Insomma, Ratzinger non venne tutelato”.

Pera il candidato patriota del centrodestra, ateo devoto a Ratzinger – DIRE.it

Quando gli eventi si rincorrono e l’accostamento, pur casuale, può avere un significato –  oppure  no

23 GIUGNO 2021

Questo è il documento recapitato all’ambasciatore italiano presso la Santa Sede Sebastiani per chiedere al governo italiano di modificare il ddl contro l’omofobia perché violerebbe il Concordato

La Segreteria di Stato, sezione per i Rapporti con gli Stati, porge distinti ossequi all’Ecc.ma Ambasciata d’Italia e ha l’onore di fare riferimento al disegno di legge N.2005, recante “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale,
sull’identità di genere e sulla disabilità”, il cui testo è stato già approvato dalla Camera dei Deputati il 4 novembre 2020 ed è attualmente all’esame del Senato della Repubblica.

Al riguardo la Segreteria di Stato rileva che alcuni contenuti dell’iniziativa legislativa – particolarmente nella parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere” – avrebbero l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario. Ci sono espressioni della Sacra Scrittura e delle tradizioni ecclesiastiche del magistero autentico del Papa e dei vescovi, che considerano la differenza sessuale, secondo una prospettiva antropologica  che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa Rivelazione divina.
Tale prospettiva è infatti garantita dall’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana di Revisione del concordato lateranense, sottoscritto il 18 febbraio 1984.
Nello specifico, all’articolo 2, comma 1, si afferma che “la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale, nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”. All’articolo 2, comma 3, si afferma ancora che “è garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
La Segreteria di Stato auspica pertanto che la Parte italiana possa tenere in debita considerazione le suddette argomentazioni e trovare una diversa modulazione del testo normativo in base agli accordi che regolano i rapporti tra Stato e Chiesa e ai quali la stessa Costituzione Repubblicana riserva una speciale menzione.

Allora il testo venne riportato da Repubblica . Immediatamente mi diedi da fare
per trovare il link all’originale secondo la mia abitudine  e lo trascrivo

Testo integrale della Nota Verbale – Vatican News

Il ddl Zan venne  bocciato in senato il 28  ottobre 2021  –  Stato Laico?  BOH

Ripresentato nel mese di maggio 2022 fu nuovamente bocciato in prossimità del 17 maggio, quando si celebra la giornata mondiale contro l’omotransfobia.
Questa data è stata scelta perché è l’anniversario della decisione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) si rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella Classificazione internazionale delle Malattie.
La decisione  risale al 17 maggio 1990.

Fra laici devoti e credenti succubi del senso comune

3  dicembre 2022
In Friuli  Venezia Giulia si boccia l’ultimo tentativo di cancellare la legge che dal 2009 ostacola , con un  efficace raggiro, la registrazione anagrafica dei nati in Italia, se figli di migranti irregolari.  Ne tace anche un gruppo di sacerdoti nella consueta Lettera di Natale .
Forse era loro nota la storia del DDL Zan?

Nulla da dire – almeno di pubblico – da parte di cattolici obbedienti, tutti insieme – laici e chierici – a silenziare  il cap.1, 20-22 del Vangelo secondo Matteo c he quest’anno è lettura  liturgica della  chiesa cattolica.
“Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù”.
In un territorio che conosceva la feroce occupazione romana era pur possibile riconoscere un figlio. Oggi basterebbe assicurare  il funzionamento corretto dello sportello dei comuni , dove si registrano le nascite MA…

5 Gennaio 2023Permalink

3 gennaio 2023 – Morto un papa … ce n’è un altro

Alberto Melloni “Benedetto XVI, il coraggio di un Papa conservatore”

La lunga vecchiaia di Joseph Ratzinger ha dimostrato quanto sia stata coraggiosa e tempestiva la scelta di rinunciare al papato il 12 febbraio del 2013. Perché quel passo indietro, che richiedeva forza d’animo intatta e perfetta lucidità, non avrebbe potuto essere fatto quando la debolezza dell’uno o dell’altra lo avrebbe reso necessario. E gli anni che hanno separato quella rinuncia dalla scomparsa dell’ex papa ormai vegliardo, dicono che senza quelle dimissioni, la chiesa cattolico-romana avrebbe avuto al suo vertice un uomo riluttante al governo, trovatosi al centro di una fase di disordine sistemico nella chiesa cattolica che non aveva precedenti dall’inizio del Cinquecento e che nel 2013 aveva visto solo l’inizio della tempesta.

Benedetto XVI – prete immacolato, teologo timido e vendicativo – era salito al papato per un accordo di un blocco conservatore di cui s’era fatto garante lo stesso Giovanni Paolo II il 6 gennaio del 2005: aveva accettato di correre per vincere e aveva vinto (contro Bergoglio). Persuaso dal Sessantotto che i mali della chiesa e del mondo venissero da quell’anno-cerniera, papa Ratzinger aveva perfetta coscienza dei processi degenerativi cresciuti nella chiesa wojtyliana. Ma era convinto di poterli dominare con i propri strumenti intellettuali: e se necessario di intimidirli, ritraendosi con lo sdegno di uno uomo candido davanti alle turpitudini, al malaffare, alle miserie morali del clero, dell’episcopato, dei movimenti, della curia. Mali che anziché spaventarsi dall’arretrare del papa, invece tendevano ad allargarsi ovunque si lasciasse loro spazio – giungendo così fino all’appartamento pontificio, dove un cameriere rubava carte e le vendeva a ricettatori protetti dalla dicitura benevola di “giornalismo d’inchiesta” e parte di un indebolimento della voce internazionale della chiesa cattolica.

In più lo scandalo dei vescovi omertosi davanti a crimini pedofili commessi da chierici poneva un problema specifico a Ratzinger. Giacché nel 1996, quando era prefetto della congregazione per la dottrina della fede, era stato lui a bloccare il tentativo dei vescovi americani di fissare delle Guidelines comuni sugli abusi, per difendere il cardinale Law che, prima di Spotlight, rivendicava il diritto del singolo vescovo di decidere il da farsi (sic!). Quel veto, motivato teologicamente da una tesi sulla antecedenza ontologica della chiesa universale sulla chiesa particolare, si era rivelato tragicamente sbagliato da tutti i punti di vista: e divenuto papa, Benedetto XVI si rendeva conto che l’omertà episcopale – durata pochi decenni in più rispetto a quella della cultura borghese e di molte legislazioni novecentesche – aveva distrutto la credibilità di intere diocesi e di intere chiese in un disastro di cui il pontefice assumeva pubblicamente una responsabilità che ricadeva sul papato ed esprimeva una “vergogna” tanto sincera, quanto antipodica rispetto alla ricerca di cause che non potevano essere ritrovate, come invece credeva lui, nel Sessantotto.

Stretto dalla morsa fra la sua riluttanza al governo e il disdoro di cui la sua cultura conservatrice non vedeva l’uscita, Benedetto XVI aveva così deciso di rinunciare al ministero petrino, coprendo con l’enormità della sua fine un papato nel quale aveva ripreso un dialogo con la chiesa in Cina e nutrito una cultura conservatrice a corto di idee proprie. E poi nei dieci anni del suo emeritato ha creato, senza bisogno di norme, una prassi perfetta per l’ex-papa: si è consegnato in una forma di arresto volontario nei domini temporali del successore, s’è imposto un silenzio a cui non era tenuto, non ha scritto se non cose brevissime e sostanzialmente ripetitive di quanto aveva già detto, ha respinto ogni tentativo di usarlo contro Francesco.

Tuttavia, tanto quanto il papato del successore è stato da subito un papato del “primo” – primo uomo dell’emisfero sud salito ad un posto di rango mondiale, primo papa gesuita, primo papa figlio di migranti, primo papa mai liberato dagli Alleati, primo ragazzo nato in una metropoli, primo papa diventato prete dopo il concilio, primo papa con una sorella divorziata, ecc. – quello di Ratzinger è stato un papato “ultimo”.

Ultimo papa ad aver sognato una centralità intellettuale dell’Europa nel mondo; ultimo papa ad aver respirato da dentro l’aria del Vaticano II e cresciuto in un sistema teologico strutturato come quello tedesco; ultimo papa ad aver indossato una divisa della Seconda Guerra mondiale; ultimo papa con una relazione personale con un partito democratico-cristiano al potere. L’ultimo papa a non aver respinto l’idea di dimettersi…

Nel mondo post-bipolare l’utopia conservatrice ratzingeriana – un cattolicesimo di minoranza creativa che prepara una rinascita cristiana conservatrice per il momento in cui crollerà la dittatura del relativismo e la tirannia del desiderio – non ha trovato successo. Ma non perché un pensiero progressista lo abbia battuto in breccia, ma perché quella destra di cui sottovalutava i rancori animali, ha preso forza con i populismi e i nazional-populismi ben oltre i ricami del suo moderatismo stile CSU.

Ratzinger vedeva nelle legislazioni sui diritti LGBT una cultura anti-cattolica e nelle mille teorie sul gender una ideologia unitaria: ma senza rendersi conto che la “culture war” che lui disegnava sulla carta, diventava un vero disegno di potere con varianti sostanziali nell’America di Trump, nella Germania dell’Afd, nella Francia di Le Pen, nella Russia di Putin: e il fondamentalismo familista che dopo l’elezione di Bergoglio assumerà toni sedevacantisti (un leader politico italiano indossò la maglietta “il mio papa è Benedetto”) avrebbe usato quelle sue posizioni con un piglio che non avrebbe saputo governare.

Alberto Melloni “Benedetto XVI, il coraggio di un Papa conservatore” (alzogliocchiversoilcielo.com)

NOTA:
Questa volta le evidenziazioni in grassetto appartengono all’articolo  come l’ho trascritto non sono mie.
Nel caos delle informazioni , non tutte adeguate al significato del momento e  capaci di collocarsi in un contesto storico politico di grande complessità, mi fa piacere far memoria di un articolo che  condivido e apprezzo profondamente
L’autore, Alberto Melloni,   nato a Reggio Emilia6 gennaio 1959, è uno storico delle religioni italiano, ordinario di storia del cristianesimo nell’Università di Modena-Reggio Emilia.
Si è dedicato in particolare allo studio del Concilio Vaticano II. Titolare della Cattedra UNESCO sul pluralismo religioso e la pace dell’Università di Bologna, è socio dell’Accademia dei Lincei e segretario della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII.

 

3 Gennaio 2023Permalink

11 settembre 2022 – Sicurezze: i bambini garantiti invisibili alla prossima legislatura

Premessa / Sfogo

Quando mi capita di svegliarmi di notte  –  e capita tutte le notti – ho imparato a non affannarmi.
Guardo il cellulare  vado sulla G che presumo indichi google e, fra tante scemenze,  trovo cose interessanti. Poi torno a dormire.
Questa notte ho trovato un articolo del giornalista Marco Politi, tratto da Il Fatto Quotidiano.
Invita all’abbonamento  – tutti i quotidiani ormai invitano all’abbonamento on line,  capita che lo facciano con offerte accattivanti  che non accetto per paura di trovarmi in trappola quando cesserà il tempo del vantaggio proposto. Così cerco di esercitare l’arte piratesca della copia.
Questa notte un conforto enorme.  Parecchie delle  osservazioni  autorevoli che trovo nell’articolo del vaticanista Marco Politi corrispondono ad osservazioni mie che avevo fatto ragionando sulla legge che nega il certificato di nascita ai figli dei sans papier . (Grazie in particolare al riferimento di Hitler – 1933, me lo tengo –mia certezza  ignorata – da qualche anno).
Tentando di comunicare con chi si dice attento ai diritti – e aver constatato che sono i diritti di chi si vede da cui è escluso chi è occultato – mi sono presa sberle varie a partire dal ridicolo del testo da scartare perché troppo lungo a .. ma lasciamo perdere.
Io mi aggrappo alla mia doverosa utopia che vuole  sostenere il diritto degli invisibili per legge per constatare che fra scemenze, sostegni impropri  anche a on. furbastri  caratterizzati da silenzi colpevoli e parole ambigue che piacciono, di fatto la legge infame che nel 2009 ha insozzato  il nostro panorama di regole democraticamente  inaccettabili passa alla prossima legislatura intatta,  beffarda  e indiscussa.
E’ una certezza  che non viene incrinata  neppure   da un lavoro critico che pure nella società civile c’è stato ma è stato soffocato, messo in disparte, estraniato dal dibattito  politico e dall’informazione che conta.
Così i bambini invisibili si fanno innominabili nella beffa sostenuta da chi se lo permettere  e asservisce altri a  scelte crudeli.
Così alla copia dell’articolo di Marco Politi premetto  l’articolo 6/2 del  Testo Unico sull’immigrazione  (dlgs 286/1998) dove i nati in Italia che non possono essere registrati nei registri di stato civ ile brillano per la loro assenza fra le eccezioni  previste per la presentazione del permesso di soggiorno 

  1. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie,(2) i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.
    (2) Parole inserite dalla Legge 15 luglio 2009, n. 94.

E ORA FINALMENTE L’ARTICOLO DI MARCO POLITI

Marco Politi  Scrittore e giornalista

Papa Francesco e l’allarme contro i sovranisti: così ha scelto di non restare a guardare

E’ una stagione di elezioni cruciali in varie parti del mondo, una stagione di scelte radicali, e papa Bergoglio lancia l’allarme contro i “salvatori” sovranisti. Il pontefice argentino, contrariamente a quanto affermato nel comunicato emesso per rabbonire il governo ucraino, continua a produrre messaggi politici, a fare politica, perché come molti suoi illustri predecessori (da Paolo VI a Giovanni Paolo II) è consapevole che la Santa Sede non vive in un vuoto pneumatico e i suoi moniti etici – si tratti della decolonizzazione o dell’invasione americana dell’Iraq – riguardano situazioni geopolitiche o sociali precise.

Si profilano importanti appuntamenti elettorali in Italia, Brasile e Stati Uniti. In tutti e tre i paesi i sovranisti autoritari sono all’attacco: la Lega di Salvini e l’aspirante premier neofascista Meloni in Italia, il presidente reazionario Bolsonaro che cerca la rielezione in Brasile, il fronte sovranista e suprematista di Trump mobilitato in America per le elezioni midterm con la speranza di controllare il Congresso. Francesco non resta a guardare passivamente l’evolversi della situazione.

La sua messa in guardia l’ha infilata nell’omelia per la beatificazione di Giovanni Paolo I e lì per lì pochi se ne sono accorti. Di papa Luciani Francesco ha lodato un pontificato, che ha presentato una Chiesa dal volto sorridente, non arcigno, non lamentosa. Ma spiegando il Vangelo il pontefice argentino è entrato nel vivo dell’attuale stagione politica. “Gesù – ha detto – attirava una folla numerosa ma non si comportava da astuto leader manipolatore”. Capita invece oggi, “specialmente nei momenti di crisi personale e sociale, quando siamo più esposti a sentimenti di rabbia o siamo impauriti da qualcosa che minaccia il nostro futuro”. E’ il momento in cui si diventa più vulnerabili, “e così, sull’onda dell’emozione, ci affidiamo a chi con destrezza e furbizia sa cavalcare questa situazione…”. In questa congiuntura – ammonisce Bergoglio – qualcuno si presenta “promettendoci di essere il ‘salvatore’ che risolverà i problemi mentre in realtà vuole accrescere… il proprio potere… la propria capacità di avere le cose in pugno”.

Da tempo Francesco ha colto il pericolo di crisi delle democrazie nell’emisfero occidentale. Era il 32 febbraio 2020, la pandemia del Covid si stava rapidamente espandendo, e a Bari – al convegno dei vescovi cattolici del Mediterraneo – il pontefice esclamava di ascoltare con paura gli slogan del populismo reazionario così simili “ai discorsi che seminavano paura e odio nel decennio ’30 del secolo scorso”. Cambiano i capri espiatori, ieri ebrei e rom, oggi i migranti o gli islamici. Il segno distintivo del populismo sovranista è di spaccare la società e indicare obiettivi di odio.

E’ da cinque anni che Bergoglio denuncia l’onda nera del sovranismo populista. Nel 2017, in un’intervista al quotidiano spagnolo Pais ammonì a non trascurare gli effetti dei messaggi di paura diffusi nelle società ad opera di partiti e movimenti. Negli anni Trenta del Novecento, sottolinea, di fronte alla crisi sociale e psicologica della società tedesca si presenta Adolf Hitler e proclama “Io posso”. E succede che coglie la vittoria alle elezioni del 1933. Hitler – ricorda Bergoglio – non rubò il potere, fu votato dal suo popolo… (e poi) distrusse il suo popolo”.

Parve a tanti uomini di Chiesa e del mondo politico che l’allarme lanciato da Francesco
a  Bari fosse una riflessione solitaria, tanto che nessun cardinale o arcivescovo tornò sull’argomento in appoggio al papa.

Poi, neanche un anno dopo, il presidente Trump aizzò la folla a Washington agitando la grande menzogna della “vittoria elettorale” rubata e si vide l’assalto brutale a Capitol Hill per impedire la proclamazione del nuovo presidente Biden. L’impensabile – nella più antica democrazia dell’Occidente – era accaduto. E improvvisamente si capì che nulla era al sicuro per sempre. Non si tratta dell’avvento di camicie nere o brune, ma di classi dirigenti che distorcono la democrazie.

L’Unione europea, negli ultimi anni, ha già conosciuto l’avvento di democrazie illiberali e nazional-clericali: Polonia e Ungheria. Ora in Italia, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale – unico caso in Europa – sta per affacciarsi al governo un partito (FdI) impregnato di cultura neofascista. Messa sotto schiaffo dalla stampa straniera Giorgia Meloni ha condannato da “soppressione della democrazia” durante il Ventennio, ma non ha ripudiato il simbolo della fiamma che scaturisce dalla tomba di Mussolini. Né ha avuto il coraggio di dichiarare che tra la Repubblica sociale e la rivolta partigiana, la parte giusta era dalla parte dei partigiani. Per non parlare della cultura dell’odio che traspare da molti suoi interventi.

Draghi, nel suo discorso al Meeting di Cl, è sembrato disinteressarsi della questione. Gli interessa solo l’allineamento atlantico e il rispetto dei patti economici europei. Francesco guarda più lontano. Parlando per grandi linee, avverte che i “salvatori”, di qua e di là dell’Atlantico, vogliono solo afferrare il potere. Bartolomeo Sorge, un celebre gesuita che ha segnato il cattolicesimo postconciliare italiano, rimarcava che il populismo – e specie il populismo sovranista – mitizza e idolatra il popolo ma in realtà cela il “dominio dei pochi” e non tutela affatto il bene comune. Peggio di tutti, nell’ottica bergogliana, è il “teopopulismo” che ammanta di religiosità la voglia di dominio. I crocifissi branditi da Salvini come l’aggressiva proclamazione di “cristiana” da parte di Meloni sono segnali evidenti.

 

11 Settembre 2022Permalink

2 agosto 2022 _ Fra violenza agita e violenza parlata.

L’orrore che non vorremmo vedere

Alika, nigeriano venditore ambulante cammina appoggiandosi a una stampella.
Si apre un diverbio con un italiano che gli prende la stampella, lo getta a terra e – con quella – lo ammazza di botte. La scena è documentata dalle solite foto dei telefonini
Non voglio associarmi alle descrizioni. Inserirò alla fine alcun i link che mi consentiranno di ricordare un episodio che difficilmente dimenticherò.

Voglio invece trascrivere  subito ciò che la moglie ha detto.
Lo  riprendo da un  post su facebook che aggiunge un commento che mi interroga:
« L’avevo visto uscire di casa la mattina. Nel pomeriggio mi ha chiamato una persona, mi ha detto che un uomo di colore era stato appena ucciso a bastonate e che aveva una stampella. Ho collegato subito la descrizione ad Alika e purtroppo ho avuto conferma che era lui.
Voglio guardare quell’uomo negli occhi e chiedergli perché l’ha fatto. Perché ha ucciso mio marito? Perché? »
“Da ore non riesco a scrollarmi di dosso le parole fortissime di questa donna, Charity Oriachi, moglie di Alika. La sua profonda dignità.
Vorrei solo che in tanti guardassero negli occhi questa donna, non solo chi ha ammazzato Alika con una stampella.
Anche chi lo ha ammazzato, per anni, a parole. Chi lo ha ammazzato con l’indifferenza.
Chi lo ha ammazzato con l’omertà. Chi lo ha ammazzato col silenzio”.

Voglio segnalare ancora una reazione inusuale da non ignorare:
« Non ci sarà nessuna omelia alla Messa domenicale, domani, nelle chiese dell’arcidiocesi di Fermo, nel cui territorio è avvenuto ieri il delitto di Alika, ambulante di origini nigeriane ucciso a bastonate per un diverbio in strada. La nostra Chiesa locale e le parrocchie di Civitanova – si legge nel comunicato dell’arcidiocesi, guidata da monsignor Rocco Pennacchio – di fronte all’uccisione di Alika scelgono l’atteggiamento del silenzio per lasciarci ferire il cuore e sconvolgere dell’accaduto».
Nella arcidiocesi di Fermo si è voluto scavare nella violenza riconoscendola in qualche modo un male radicato in una profondità indicibile e, a fronte di questo silenzio dal significato penitenziale,  mi preoccupa il tentativo immediato e diffuso di presentare l’assassino come un caso psichiatrico.
Anche se lo fosse  c’è il rischio che assumere questa ipotesi  come chiave di lettura  esclusiva del massacro di Alika possa farne strumento per  trasferire  la violenza in una dimensione altra, che non ci appartiene. E se non ci appartiene  possiamo anche non vederla.

Ci appartiene invece, senza riserve né dubbi,  la violenza di un silenzio che si fa elemento di continuità nella Fine (indecente) della 19ma legislatura della Repubblica.

Mi astengo da considerazioni generali, che ci  verranno sbattute  addosso in un tempo di campagna elettorale breve ma che non è difficile supporre feroce e volgare, per concentrarmi sui bambini  fantasma , riconosciuti anche nel volume collettaneo   Lessico della Dignità (Forum 2021 Editrice Universitaria Udinese) . Così ne scrive Francesco Bilotta nel saggio Responsabilità (pag. 242):
«Si pensi alla totale negazione della dignità (umana, personale e sociale) che subiscono i c.d. ‘bambini fantasma’ , ossia quei bambini nati in Italia da genitori che, non essendo in possesso del permesso di soggiorno, non si recano presso gli uffici anagrafici a denunciarne la nascita per timore di ritorsioni nei propri confronti. La mancata iscrizione nei registri di stato civ ile determina una condizione di invisibilità giuridica con ricadute gravi sulla possibilità per quei bambini di godere dei loro diritti fondamentali»

Potrebbero essere riconosciuti in  dignità e uguaglianza con una semplice legge che qualcuno ha auspicato ma la società organizzata  per essere solidale, almeno quella che sono riuscita a raggiungere, si è ben guardata dal volerlo e dal dirlo  con forza e determinazione consapevole.
E’ senza dubbio significativo  il silenzio ufficiale della  dalla Conferenza Episcopale Italiana che nel 2015   aveva indetto il  Sinodo  “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. Il Sinodo si concluse  con la relazione finale “al Santo Padre Francesco” che, segnalando le più varie criticità per le più varie situazioni , quando si trattò dei bambini riuscì a non nominare quelli che, senza registrazione, famiglia non potevano e non  possono avere.
E devo purtroppo riconoscere il peso dell’autorevolezza della CEI anche sulla società politica.
(in calce il link  press vatican ecc_ il punto relativo ai bambini è il n. 26)

Così il silenziatore legale dei bambini  passerà dalla 18ma  alla prossima legislatura e sarà ancora la condanna alla non esistenza giuridica delle piccole vittime della ‘violenza legislativa’, efficace violenza della parola apparentemente neutra  e del silenzio che non è rispetto ma censura.

Quel silenziatore  si legge nel Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 . Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. (Entrata in vigore del decreto: 2-9-1998  Ultimo aggiornamento all’atto pubblicato il 20/05/2022)
Così si esprime all’art. 6/2

«Fatta  eccezione  per  i  provvedimenti  riguardanti  attività sportive e ricreative a carattere temporaneo ,  per  quelli  inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35  e  per quelli  attinenti  alle  prestazioni  scolastiche   obbligatorie,   i documenti inerenti al soggiorno  di  cui  all’articolo  5,  comma  8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica  amministrazione  ai fini del rilascio di licenze,  autorizzazioni,  iscrizioni  ed  altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati»

Fra chi è  ‘eccezione’ cui non è chiesto di presentare “i documenti inerenti al soggiorno  di  cui  all’articolo  5,  comma  8” – non ci sono i non comunitari che si rechino in comune a registrare la nascita di un figlio per assicurargli l’iscrizione nei registri di stato  civ ile.
E questo dall’entrata in vigore della legge 94/2009, 8 agosto 2009.

La morte che ha  cancellato la vita di  Alika può disturbare,  e  chiamare caso psichiatrico il suo massacratore può rappresentare un tentativo  di renderci estranea la violenza visibile che ci sconvolge, mentre la cancellazione  di questi piccoli sembra invece non essere elemento di disturbo.
Purtroppo i vescovi italiani uniti nella CEI nel 2015 non solo li hanno silenziati ma ne hanno anche rinnovato il silenziatore strumentalizzandoli ad altri scopi.
Ne ho scritto nel mio blog il  13 giugno 2022

La società civile (nel caso assumendo anche la propria responsabilità politica) ha trovato finalmente voce nel coraggioso tentativo finale del consigliere regionale Honsell di presentare una legge nazionale nella forma inconsueta di testo da approvarsi al consiglio regionale.
Non so che ne sarà: temo sia reso vano dalla scomparsa per fine legislatura del destinatario ,
il confuso e confusionario parlamento italiano, ma voglio segnalare una voce  finalmente responsabile.
Riporto il titolo della Proposta di Legge Nazionale N. 16
<<Modifica all’articolo 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno>>

CEI_bambini esclusi

https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2015/10/24/0816/01825.html

E ancora nel mio blog diariealtro
13 giugno 2020 – Quando i Vescovi non dicono il vero (diariealtro.it)

Due link che descrivono la morte di Alika

AVVENIRE
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/alika-ucciso-a-bastonate-in-centro-civitanova-marche-aggressione-choc

AGENSIR  _  don ALBANESE, comunità di Capodarco
https://www.agensir.it/italia/2022/07/30/nigeriano-aggredito-a-morte-a-civitanova-marche-don-albanesi-ucciso-da-una-rabbia-ancestrale-e-trattato-peggio-di-un-animale/

2 Agosto 2022Permalink

29 luglio 2022 – La dottrina della Scoperta. Una ‘scoperta’ del Papa in Canada

Con il mio grazie ad Adista, prima di ricopiare la notizia annunciata  copio una citazione dalla Pacem in Terris
di papa Giovanni 23mo. L’enciclica  è del 1963.precede di pochi mesi la morte del papa.
“Segni dei tempi.  46….. gli esseri umani, nell’epoca moderna, hanno acquistato una coscienza
più viva della propria dignità: coscienza che, mentre li sospinge a prendere parte attiva
alla vita pubblica, esige pure che i diritti della persona — diritti inalienabili e inviolabili —
siano riaffermati negli ordinamenti giuridici positivi;  ed esige inoltre che i poteri pubblici
siano formati con procedimenti stabiliti da norme costituzionali, ed esercitino
le loro specifiche funzioni nell’ambito di quadri giuridici”.

Se evessimo l’attenzione dovuta

Willy-Brandt_davanti-al-monumento-che-ricorda-la-rivolta-del-Ghetto-diVarsavia

(che appartiene a tutti, soprattutto
quando i  fatti sono  in essere
ma anche quando ci accostiamo
con rispetto alla storia  liberata
dai luoghi comuni)
forse faremmo altre ‘scoperte’
di quelle che comportano una volontà
operativa che non può essere scaricata
(con comodo di deresponsabilizzazione )
al papa..
Ricordo Wlly Brandt , cancelliere tedesco
e uomo della Resistenza, inginocchiato
a Varsavia davanti al monunento che ricorda
il ghetto della città e la sua tragedia.
Ne avevo già scritto in questo blog
il 2 novembre 2019)
https://diariealtro.it/?p=6963

 

La dottrina della scoperta.

I vescovi canadesi vogliono che il Vaticano emetta una dichiarazione di condanna della Dottrina della Scoperta

Redazione 28/07/2022, 15:12

I vescovi canadesi vogliono che la Chiesa cattolica rilasci una dichiarazione che prenda le distanze dalla cosiddetta Dottrina della Scoperta e per questo stanno «lavorando in Vaticano», riferisce nationalpost.com il 27 luglio. La Dottrina della Scoperta, una sorta di patrimonio giuridico di princìpi discriminatori basati su bolle papali risalenti al XV secolo, è stata in uso presso i poteri europei per centinaia di anni per giustificare l’occupazione, il saccheggio e l’espansione nelle terre colonizzate. Nata con la bolla Romanus pontifex del 1455, questa dottrina ha dato vita al concetto di terra nullius, sancendo il principio secondo cui ogni monarca cristiano che scopriva terre non cristiane aveva il diritto di proclamarle sue perché non appartengono a nessuno. In Canada, leader cattolici, comunità religiose, indigeni e laici hanno pubblicato documenti di ripudio della dottrina, anche in sostegno della “Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni” adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il13 settembre 2007 in cui si riconosce che le «scuole residenziali» erano «vettori essenziali della riduzione in schiavitù dei primi popoli».

La notizia del passo dei vescovi canadesi emerge mentre è ancora in atto la visita di papa Francesco in Canada presso le popolazioni indigene (24-30 luglio). Il pontefice, pur chiedendo ripetutamente perdono per la deprecabile politica assimilazionista messa in atto da molte scuole residenziali cattoliche, non ha menzionato direttamente la Dottrina della Scoperta, suscitando molte critiche. Leader indigeni e sopravvissuti alle scuole residenziali avevano sperato che papa Francesco condannasse apertamente tale Dottrina.

In soccorso al pontefice, Laryssa Waler, portavoce della visita papale, ha affermato che il Vaticano ha già affermato che le bolle papali legate alla dottrina «non hanno autorità legale o morale» all’interno della chiesa. «Tuttavia, comprendiamo – ha scritto in una e-mail il 27 luglio – il desiderio che parli di questi testi, che si riconosca il loro impatto negativo e si rinunci ai concetti ad essi associati», ha scritto in una e-mail. «Galvanizzati dagli appelli dei nostri partner indigeni e dalle osservazioni del Santo Padre, i vescovi canadesi stanno lavorando con il Vaticano e con coloro che hanno studiato questo problema, con l’obiettivo di rilasciare una nuova dichiarazione della Chiesa», ha aggiunto. Waler ha sostenuto che, nelle sue richieste di perdono, il papa ha affermato di «condannare direttamente» le politiche legate alla Dottrina della Scoperta. Per esempio, secondo Waler, quando ha detto che «molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno collaborato, anche con la loro indifferenza, a progetti di distruzione culturale e di assimilazione forzata promossi dai governi».

Adista News – I vescovi canadesi vogliono che il Vaticano emetta una dichiarazione di condanna della Dottrina della Scoperta

 

 

 

 

29 Luglio 2022Permalink

1 luglio 2022 _ La scuola pubblica. Quando si parla l’ombra del Concordato può dissiparsi_2

Era notizia di ieri

Verona: la precipitosa marcia indietro della Curia su Campedelli

Verona: la precipitosa marcia indietro della Curia su Campedelli

VERONA-ADISTA. «Non c’è nessuna procedura di licenziamento in corso da parte del Servizio diocesano per l’Irc nei confronti del sacerdote Marco Campedelli, anche perché il professore don Marco è incaricato annuale, con contratto che parte dal 1 settembre dell’inizio dell’anno scolastico e scade il 31 agosto dell’anno seguente. Quindi il prof. don Marco Campedelli è ancora pienamente in servizio come docente di religione presso il Liceo Maffei».

La prevedibile dichiarazione della Diocesi di Verona, il giorno dopo la diffusione della notizia del licenziamento di Marco Campedelli dal suo ruolo di professore di religione, comunicata telefonicamente al diretto interessato il 29 giugno, arriva dopo 24 ore di terremoto umano e mediatico che ha generato una massiccia mobilitazione generale da parte di cattolici della città, studenti, colleghi, amici, teologi. Una mobilitazione indignata per la misura presa dal vescovo, offesosi per la franchezza del “suo” prete;  per quel modo snaturare la Chiesa, facendone una realtà autoritaria e dispotica, indisponibile al confronto anche su temi politici; una mobilitazione ricca di partecipazione affettuosa verso il prof. Campedelli, corsa sui giornali, sui social, persino con un “presidio di solidarietà”, organizzato per questa sera alle 19 in Piazza dei Signori, e una petizione sul sito change.org che ha già raccolto, in 24 ore, più di 6.000 firme. Una reazione compatta, clamorosa e fragorosa che, comprensibilmente, deve aver spaventato il vescovo dimissionario.

Ma la comunicazione della revoca a Marco Campedelli dell’abilitazione all’insegnamento non era ancora scritta nero su bianco, e ciò, si suppone, ha consentito alla Curia di Verona di negare che nulla fosse mai accaduto, di mostrare anzi un certo stupore, allo scopo di parare il tonfo rovinoso nell’immagine del vescovo Giuseppe Zenti e di placare le acque. Tanto da sentirsi in diritto, oggi, come se nulla fosse, di compiere un cerimonioso ma grottesco atto di ossequio alla categoria tutta degli insegnanti di religione, con cui la dichiarazione si chiude: «La Chiesa di Verona manifesta in questo modo la sua vicinanza e stima ai docenti di religione e li rassicura che non è in corso alcuna deriva gestionale nei loro confronti».

E la Curia cade in piedi con una elegante giravolta.

1 Luglio 2022Permalink

30 giugno 2022 _Noi siamo Chiesa

Dopo la Sentenza della Corte Suprema Usa, “Noi Siamo Chiesa” ribadisce il sostegno alla legge 194

Il pronunciamento con cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha revocato la sentenza Roe vs Wade del 1973, che aveva legalizzato l’aborto a livello federale, è occasione perché, da più parti, si chieda di riaprire la discussione sul tema anche in Italia.

Di fronte a ciò, il movimento per la riforma della Chiesa cattolica “Noi Siamo Chiesa” intende ribadire le ragioni del favore con cui, al pari di moltissimi altri credenti (anche tra chi ha responsabilità associative e nel clero), giudica la legge n. 194 del 1978, già confermata dal referendum del 1981.

1) La legge n. 194 è una buona legge, che affronta laicamente un reale problema sociale e afferma con determinazione il valore della vita, preoccupandosi di creare le condizioni affinché l’aborto sia evitato o, alla peggio, avvenga in condizioni accettabili, sottraendolo alla clandestinità ed alla speculazione. L’applicazione della legge è stata invece carente soprattutto per quanto riguarda l’educazione sessuale diffusa e la disomogenea e spesso insufficiente organizzazione dei servizi sanitari e sociali previsti.

2) La legge non può che riconoscere e rispettare la libertà di decisione della donna in una situazione come quella della gravidanza così intimamente connessa con il suo essere fisico, psicologico e con le sue prospettive esistenziali. E, per quanto possa essere faticoso da accettare, lo stesso giudizio etico (anche quando illuminato dalla fede) deve fermarsi ed avere il massimo rispetto delle decisioni della donna, spesso assunte in condizioni personali molto difficili. Ciò anche se, per tutte e per tutti, e soprattutto per i credenti, l’interruzione volontaria della gravidanza rimane un fatto traumatico, una violenza grave all’ordine della natura e della creazione e pone continuamente il problema della sua prevenzione.

3) La difesa dei valori della vita, inoltre, merita un’azione a tutto campo nei confronti del “quotidiano” di donne ed uomini che soffrono e amano, qui e oggi, e va ben al di là della rigida tutela dell’embrione. C’è anzitutto il problema delle condizioni sociali della famiglia, dal precariato del lavoro dei giovani ai carenti servizi all’infanzia, dagli interventi, quasi inesistenti, a favore delle famiglie numerose alla condizione degli extracomunitari. C’è la ribadita ostilità della posizione ufficiale della Chiesa nei confronti degli anticoncezionali, che è senza fondamento biblico e teologico, e suscita molte reazioni negative anche nel popolo cristiano. C’è lo stesso rapporto tra uomo e donna, spesso ancora segnato da una cultura e comportamenti maschilisti, che può costringere la donna a scegliere in solitudine se abortire o allevare da sola il bambino o la bambina; per non dire di quando la donna si trova incinta senza una sufficiente consapevolezza o in conseguenza di una violenza subita.

4) Una conferma dell’appoggio alla legge n. 194 non può dunque essere disgiunta dall’impegno per una cultura diversa nei confronti della donna, che ne rispetti la libertà, ne comprenda e aiuti i bisogni, ne valorizzi sentimenti e valori, di cui ha bisogno questa società organizzata sul protagonismo, la competizione e l’immagine. La Chiesa cattolica stessa, d’altro canto, è permeata di culture, prassi e strutture maschiliste, nonostante l’esaltazione retorica del “femminile”.

“Noi Siamo Chiesa” cerca di proporre nella comunità dei credenti comportamenti laici nei rapporti con la società e le istituzioni ed una cultura della difesa della vita che sia ispirata alla carità ed alla misericordia di cui parla l’Evangelo e non alle asprezze, anche ideologiche, ed alle pressioni, anche politiche, delle ricorrenti campagne promosse da autorità e organizzazioni cattoliche.

30 Giugno 2022Permalink

30 giugno 2022 _ La scuola pubblica all’ombra del Concordato

Copio dal prezioso sito Adista.it

Verona: licenziato dal vescovo Zenti il teologo e docente di religione Marco Campedelli

Ludovica Eugenio 30/06/2022, 07:49

VERONA-ADISTA. Alla fine il vescovo uscente ha voluto averla vinta, e nel modo più facile. Mons. Giuseppe Zenti, alla guida della diocesi di Verona dal 2007, già dimissionario dal marzo scorso per raggiunti limiti di età, ha silurato il teologo e insegnante di religione Marco Campedelli, che la settimana scorsa, alla vigilia del secondo turno delle elezioni per il sindaco della città, aveva risposto con franchezza e “parresia” alle indicazioni di voto per i preti diocesani espresse dallo stesso Zenti in un messaggio a loro rivolto con il pretesto di ricordare la scomparsa di p. Flavio Carraro, suo predecessore alla guida della diocesi.

Alla vigilia del ballottaggio fra i due candidati sindaco – Damiano Tommasi per il centro sinistra e Federico Sboarina sostenuto dalla destra –, il vescovo era infatti intervenuto per suggerire ai preti un “modus votandi”  da trasmettere a loro volta ai fedeli, riproponendo così l’idea di una Chiesa clericale che, tramite i pastori, guiderebbe, in questo caso verso i pascoli di “destra”, il “gregge” dei fedeli laici, non ritenuti evidentemente capaci di pensiero autonomo. Una abitudine inveterata, questa di Zenti, che già nel 2015 aveva sostenuto esplicitamente con nome e cognome, in una lettera ai professori di religione, Monica Lavarini, candidata nella lista civica vicina al presidente uscente Luca Zaia per le elezioni regionali in Veneto e iscritta alla Lega Nord di Matteo Salvini (v. Adista Notizie n. 20/15).

Qualche giorno dopo la diffusione della lettera di Zenti, Marco Campedelli rispondeva al vescovo con una lettera aperta, diffusa dal nostro giornale e rapidamente diventata virale in città, che faceva riferimento al libero pensiero e intendeva provocare un dialogo, un confronto, un «intelligente e responsabile dissenso», con tante domande poste al vescovo uscente: «Oggi nel 2022, c’è bisogno che il prete dica ancora alla gente che cosa votare? Siamo sicuri che i laici e le laiche circa la vita, con la sua concretezza, siano meno esperti dei preti (che circa la vita in realtà sono sempre un po’ in ritardo)? Perché il vescovo Zenti su certi temi nella lettera è cosi preciso e dettagliato: parla di “gender” “suola cattolica” e su altri è cosi generico come “accoglienza dello straniero”. Perché allora in questo caso non parlare di “ius soli” o di “ius culturae”? Perché il vescovo Zenti ha messo cosi tanto zelo nel voler ostacolare e chiudere esperienze in città e in provincia particolarmente attente al dialogo con le diversità?». Il riferimento è a San Nicolò all’Arena  – dove Campedelli è stato per 18 anni  – e Marcellise.  «Si dice che la Chiesa non sia una democrazia. E questo sarebbe un motivo sufficiente per non esprimere il proprio dissenso? Per cercare di aprire nuovi cammini? I preti devono sempre obbedire? E cosa significa obbedire?». Campedelli accennava anche al caso degli abusi sessuali perpetrati da membri del clero nell’Istituto per sordomuti Provolo, che «ha fatto il giro del mondo. Come è stato trattato a Verona? Come lo ha trattato il vescovo Zenti?». Una presa di posizione franca, laica, trasparente, critica, una rivendicazione dell’adultità e dell’autonomia di pensiero del popolo cattolico, che ha intercettato e interpretato un disagio dei giovani e della gente in generale rispetto a una Chiesa che esprime potere, di contro al vangelo inteso come “bene comune” non escludente, come “bellezza morale” di pasoliniana memoria, nella convinzione che la teologia possa esercitare una istanza critica anche nei confronti dell’autorità costituita.

Alla fine il ballottaggio l’ha vinto Tommasi. La città di Romeo e Giulietta avrà un sindaco cattolico, ma di centrosinistra. E il vescovo, in procinto di lasciare la diocesi – pare che il suo successore stia per essere nominato nei prossimi giorni – ha deciso di sferrare la sua zampata con un atto che ha tutto il sapore amaro della ripicca da parte di un superiore il cui potere istituzionale è in fase crepuscolare: licenziare Marco Campedelli dal suo incarico di insegnante di religione presso il liceo Scipione Maffei della città. Un incarico che portava avanti da ben 22 anni, fulcro della sua vita professionale, e al quale teneva molto, sotto il profilo umano e pedagogico; un lavoro portato avanti sotto la stella polare di don Milani, improntato alla formazione di una coscienza critica in nome della “responsabilità culturale dello studente”, come la definì il teologo, di origine veronese, Romano Guardini. Una misura che evidenzia una delle disfunzioni nel rapporto Chiesa-Stato nel nostro Paese, ossia la possibilità per un vescovo di togliere il lavoro – un lavoro che è un servizio allo Stato –  in maniera del tutto discrezionale. Sembra di essere ripiombati negli anni ’70, al tempo delle censure ecclesiastiche su dom Giovanni Franzoni che difendeva la libertà di coscienza e di voto politico.

30 Giugno 2022Permalink