14 luglio 2019 – Una mozione da difendere in Consiglio Regionale

Mozione n. 92 <<Sull’ottenimento del certificato di nascita per figli nati in Italia da persone non comunitarie irregolari>>
presentata dal consigliere Furio Honsell l’11 giugno 2019

Il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia,

VISTA la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Right of the Child – CRC), approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989;

PREMESSO che nella Costituzione all’art. 10 si specifica che “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali” e all’art. 22 si afferma che “Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”;

PREMESSO che nella Costituzione della Repubblica all’art. 3, primo comma, si riconosce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche di condizioni personali e sociali” e al secondo comma si specifica che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”;

PREMESSO che, sempre nella Costituzione, all’art. 31, secondo comma, si stabilisce che la Repubblica “Protegge la maternità e l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”;

PREMESSO infine che il Codice Civile, all’art. 1, chiarisce che “la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita”;

SEGNALATO che:
– la legge 27 maggio 1991, n. 176, ratifica la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, e nello specifico all’art. 7, comma 1, si stabilisce che “Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi” e al comma 2 che “Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide”;

– la legge 15 luglio 2009, n. 94 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” all’art. 1, comma 22, lettera g), modifica l’art. 6, comma 2, del Testo Unico sull’immigrazione del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, cancellando il riferimento all’eccezione che escludeva dalla presentazione del permesso di soggiorno la richiesta di atti di stato civile, ivi compresa evidentemente la domanda di registrazione di nascita;

RILEVATO che ottemperando al diritto del bambino ad avere il certificato di nascita gli sarà assicurata la cittadinanza dei genitori in conformità alla norma in vigore, Legge 5 febbraio 1992 n. 91;

RICORDATO che già nel 2009 fu emanata la circolare interpretativa n. 19 del Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali che ha la funzione di tutelare il diritto del neonato in Italia ad avere un’esistenza legalmente riconosciuta;

RILEVATO che dall’interrogazione 4-08314 presentata da Leoluca Orlando a cui è stata data risposta dall’allora Sottosegretario di Stato per l’interno Michelino Davico (risposta scritta pubblicata lunedì 31 gennaio 2011 nell’allegato B della seduta n. 426) si sottolinea che proprio attraverso la suddetta circolare sono state fornite indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe che quotidianamente si trovano a dover intervenite riguardo a casi concreti e che “È stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico”;

VERIFICATA la permanenza di alcune situazioni di criticità anche in Regione FVG;

Tutto ciò premesso
impegna la Giunta regionale

1) ad attivarsi nelle apposite sedi, affinché si proceda ad opportune modifiche alla legge che nel 2009 introdusse, per una definita categoria, il principio della possibile violazione del diritto assoluto di ogni nato in Italia ad essere riconosciuto quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico, come raccomanda anche il Terzo Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia (novembre 2017. cap.3.1);

2) ad attivare azioni per una più ampia promozione della circolare interpretativa 19/2009 del Ministero dell’Interno al fine di assicurare un’integrale esistenza giuridica di ogni soggetto nato nel territorio.

Presentata alla Presidenza il giorno 11/06/2019

14 Luglio 2019Permalink

11 luglio 2019 – Una capitana coraggiosa e le parole d’odio

11 luglio 2019 _ Carola Rakete , ecco la querela contro Salvini:    
                            “Sequestrate i suoi account Facebook e Twitter”  

Le 22 offese del ministro alla Capitana e la richiesta di chiudere le pagine ufficiali.
“Sono mezzi di propagazione dell’odio”. Diffamazione e istigazione a delinquere i reati ipotizzati. Salvini: “Ridicolo”. di Fabio Tonacci

 

ROMA – L’aveva annunciato già nell’intervista esclusiva a Repubblica di alcuni giorni fa, ora è passata ai fatti. Carola Rackete presenterà oggi pomeriggio (al più tardi domani mattina) alla procura di Roma una querela contro il ministro dell’Interno per “diffamazione aggravata” e “istigazione a delinquere”. Non solo. Nella denuncia chiede ai magistrati di sequestrare i mezzi attraverso cui passa quello che lei definisce il “messaggio d’odio”: le pagine ufficiali su Facebook e Twitter di Matteo Salvini.

Nelle quattordici pagine della querela l’avvocato di Carola, Alessandro Gamberini, riporta 22 offese del ministro, contenute nei sui tweet, nelle dirette Facebook e in alcune interviste televisive. “Matteo Salvini – si legge nel documento – mi ha definito pubblicamente e ripetutamente sbrufoncella, fuorilegge, complice dei trafficanti, potenziale assassina, delinquente, criminale, pirata, una che ha provato a uccidere dei finanzieri e ad ammazzare cinque militari italiani, che ha attentato alla vita di militari in servizio, che ha deliberatamente rischiato di uccidere cinque ragazzi e che occupa il suo tempo a infrangere le leggi italiane e fa politica sulla pelle dei disgraziati: la gravità della lesione al mio onore è in sé evidente”.
Pronta la replica di Salvini su Facebook. “La comunista tedesca, quella che ha speronato la motovedetta della Guardia di Finanza, ha chiesto alla Procura di chiudere le mie pagine Facebook e Twitter. Non c’è limite al ridicolo. Quindi posso usare solo Instagram???”.
Così il ministro dell’Interno Matteo Salvini, commenta l’esposto della capitana della Sea-Watch.

La trentunenne tedesca ricorda ancora una volta che le sue azioni sono state motivate esclusivamente dalla necessità di tutelare la vita e l’incolumità fisica e psichica dei naufraghi a bordo. “La legittimità della mia condotta è stata riconosciuta allo stato dall’autorità giudiziaria (la gip di Agrigento Alessandra Vella, ndr) che l’ha valutata come adempimento di un dovere”. La Capitana Carola ricostruisce anche la “campagna diffamatoria” che da settimane il ministro conduce nei confronti della ong Sea-Watch. “Dice che si tratta di un’organizzazione illegale e fuorilegge, sostenendo che i suoi rappresentanti sarebbero complici di scafisti e trafficanti. Tali affermazioni sono lesive della mia reputazione e mettono a rischio la mia persona e la mia incolumità, in quanto dipendente e rappresentate della Sea-Watch”.

Sull’incolumità personale messa a rischio, come dimostrano centinaia di messaggi di offese e minacce apparsi su Internet (“contro di me si è generata una spirale massiva e diffusa di violenza”) si incardina la seconda parte della denuncia. “Non posso non aver paura di parole che provengono da chi esercita un ruolo pubblico così rilevante come quello di ministro, tra l’altro dell’Interno, che dovrebbe avere il ruolo, semmai, di tutelare anche la mia persona. Nelle parole di Matteo Salvini sono veicolati sentimenti viscerali di odio, denigrazione, delegittimazione e persino di vera e propria deumanizzazione”.

C’è anche la fotografia, pubblicata da Salvini, in cui il ministro è ritratto insieme a un gruppi di donne in divisa, e sotto la foto di Carola con la scritta “una criminale”. Per i legali di Carola, “è un’immagine che assume la connotazione di una segnalazione pubblica e rimanda ai manifesti dei ricercati, e quindi si tratta di un’istigazione pubblica a delinquere”. Nella denuncia sono trascritte le offese sessiste apparse in Rete e nei commenti ai post di Salvini, sugli account ufficiali. Motivo per cui la Capitana chiede il sequestro preventivo degli account ufficiali del ministro, sia quello su Facebook sia quello su Twitter: “La richiesta è legittimata dalla giurisprudenza della Corte Suprema – motiva l’avvocato Alessandro Gamberini – che autorizza il sequestro dei servizi di rete e delle pagine informatiche che non rientrano nella nozione di stampa e quindi non godono delle garanzie costituzionali in tema di sequestro di stampa”. [Fonte 1]

Un documento regionale del FVG  ben si connette alle ragioni del ‘caso’ della capitana
Mozione n. 55 “Sulla necessità di completare l’iter e approvare al più presto il Ddl nazionale S. 362” –

La mozione , presentata dal consigliere regionale Honsell il 19 febbraio 2019 è stata respinta nella seduta n. 83 del 26 giugno 2019

Il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia,
VISTO il Disegno di legge nazionale S. 362 “Istituzione di una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”, presentato in data 14 maggio 2018;
APPURATO che il suddetto disegno di legge non ha ancora iniziato l’esame presso la prima Commissione permanente a cui è stato assegnato in data 26 giugno 2018;
RAVVISATO che recentemente l’ODIHR (Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo), istituito dall’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), ente che si occupa di censire gli hate crimes in diversi Paesi del mondo, ha aggiornato i dati relativi al censimento dei crimini d’odio, intolleranza o razzismo, perpetrati in Italia nel 2017, rilevando che i crimini sono aumentati di circa il 30% rispetto al 2016 e quasi del 60% rispetto al 2013;
CONSIDERATO che i suddetti dati, su stessa specificazione dell’ODIHR, potrebbero rappresentare una stima a ribasso in quanto basata su crimini riconosciuti come tali dallo Stato italiano, il quale riconosce quali crimini d’odio i reati previsti dalla legge Mancino del 1993, che però si limita a punire l’odio razziale;
RILEVATO che il Codice Penale italiano non prevede una definizione di “crimine d’odio” e di conseguenza una legislazione specifica dedicata ai crimini d’odio verso altre categorie a rischio come ad esempio persone con disabilità, LGBTQ o appartenenti a minoranze, quale che sia la connotazione;
ATTESO che numerosi sono i casi di cronaca che testimoniano crimini d’odio perpetrati anche nel territorio regionale;
Tutto ciò premesso
impegna la Giunta regionale
1. ad attivarsi con le Presidenze di Camera e Senato e con la Presidenza del Consiglio affinché si inizi al più presto l’esame del Disegno di Legge citato al fine di velocizzare e rendere il più possibile condiviso il testo della legge e l’iter di approvazione;
2. ad attivare politiche di sensibilizzazione e promozione sul territorio regionale anticipando in tal modo i contenuti e il senso della proposta legislativa della senatrice Segre, con la finalità di ribadire e rafforzare la tradizione di civiltà e apertura della nostra comunità regionale.

Post scriptum:

Il 28 ottobre dello scorso anno, nella relativa pagina del mio blog, ho presentato un breve commento alla “proposta Segre” [Fonte 2]  e, quando il consigliere Honsell ha presentato la mozione trascritta sopra, ho letto con particolare favore il punto 2 delle conclusioni:

Il Consiglio regionale impegna la giunta regionale:
“ad attivare politiche di sensibilizzazione e promozione sul territorio regionale anticipando in tal modo i contenuti e il senso della proposta legislativa della senatrice Segre, con la finalità di ribadire e rafforzare la tradizione di civiltà e apertura della nostra comunità regionale”.

Credo che a questo punto un minimo di elaborazione culturale condivisa sia urgente e indispensabile.
Non sarà un no dell’istituzione regionale a bloccare il desiderio di conoscere e la necessità di capire le ragioni di ogni parte.
Se è facile però capire quelle della proposta (tra l’altro molto ben illustrate nella relazione di presentazione) non conosco ancora quelle di chi vi si è opposto.
Spero di poterne prendere atto quando riuscirò ad avere un verbale d’aula o altra documentazione.
Bastino per ora le significative conclusioni del Consigliere proponente:

OpenFVG: Honsell, Aula perde occasione per contrastare discorso d’odio.

Il Consiglio Regionale oggi ha perduto un’occasione per contrastare il “discorso d’odio” che sta imbarbarendo la comunicazione sui social e sui media, dai giornali alle televisioni: ha votato infatti contro la mia mozione di sostegno al Parlamento della legge Segre e la richiesta di anticiparne i contenuti in questa regione istituendo un osservatorio che monitori il fenomeno. Questo voto negativo è un fatto grave anche perché il dibattito in aula di alcuni consiglieri è stato un chiaro esempio di discorso d’odio.

[Fonte 1]
https://www.repubblica.it/cronaca/2019/07/11/news/carola-230955102/
[Fonte 2]

29 ottobre 2018 – La prima proposta di legge della Senatrice Segre

11 Luglio 2019Permalink

17 maggio 2019 – La memoria del presente: ieri a Trieste oggi a Palermo

L’anno scorso: 15 ottobre 2018 – 75 anni fa: 16 ottobre 1943,
dalla riprovazione di un’iniziativa alla condanna di una insegnante

Il 15 ottobre 2018 una pagina del mio blog annunciava la soluzione positiva della vicenda di un lavoro degli studenti del Liceo Petrarca che avevano analizzato l’espulsione degli ebrei dalle scuole del regno – imposta dalle leggi razziali del 1938 – con un lavoro svolto nell’ambito dei progetti di alternanza scuola lavoro previsti anche dal MIUR.      [fonte 1]
Al lavoro degli studenti avevano contribuito il Dipartimento di studi umanistici dell’Università di Trieste, il Museo della comunità ebraica di Trieste “Carlo e Vera Wagner” e l’Archivio di Stato in occasione degli ottanta anni dalla promulgazione delle leggi razziali
Tutto si era concluso con una mostra cui in un primo tempo il sindaco –che avrebbe dovuto assicurare una sala per esporla – aveva espresso il suo diniego con una battuta che, se non fosse stata pronunciata nel mezzo del ricordo di una tragedia, direi ridicola.
“Quando ho visto quel titolo del Piccolo dell’epoca, così estremamente pesante, e con quella scritta lì sotto sul razzismo mi è sembrato esagerato. Dico io, dobbiamo ancora sollevare quelle cose? Io andrò a condannare la promulgazione delle leggi razziali con una grande manifestazione in consiglio comunale e con l’inserimento di una targa fatta dall’unione delle comunità ebraiche. Chiedevo solo di ammorbidire quel manifesto: per non accendere, cioè, rancori né da una parte né dall’altra”.

La mostra negata fu poi presentata e, da Trieste, si spostò altrove accompagnata anche dal documentario di Sabina Benussi “1938 Vita amara”.
Nessuna autorità preposta alla ‘vigilanza’ nelle scuole trovò nulla da dire. L’opinione pubblica protestando ne aveva assicurato la pubblica presentazione.                                                                                                                                                                                       [fonte 2]

Oggi a Palermo : l’autorità vigilante sulla scuola si è scossa                         [fonte 3]
Una docente d’italiano in servizio all’istituto tecnico industriale “Vittorio Emanuele III” di Palermo, Rosa Maria Dell’Aria, è stata sospesa dall’insegnamento a seguito di un’ispezione dell’ufficio scolastico regionale, perché accusata di omessa vigilanza. Per 15 giorni quindi è stata allontanata dalla scuola con stipendio dimezzato per non aver vigilato sulla produzione di un filmato realizzato dai suoi alunni lo scorso 27 gennaio, in occasione della Giornata della memoria.
Il filmato accostava la promulgazione delle leggi razziali del 1938 al recente “decreto sicurezza” del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Un paragone definito “demenziale” dallo stesso vice premier, mentre il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha chiesto ai propri uffici un “approfondimento” della vicenda con l’ufficio provinciale che ha assunto il provvedimento.

La voce dignitosa della prof. Dall’Aria si può ascoltare da varie fonti.
Segnalo Il Sole 24ore                                                                                                               [fonte 4]

Dice la Costituzione
Articolo 33. L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento..

  Un articolo importante che sembra avere per esegeti ufficiali tre chiacchierate signore .

 

Un codicillo serale per un articolo interessante

Giuseppe Savagnone

Direttore Ufficio Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo.
Scrittore ed Editorialista.

https://www.tuttavia.eu/2019/05/17/i-chiaroscuri-la-scuola-alla-prova-del-nuovo-fascismo/?fbclid=IwAR1R3MnzhuyiOBb8uLcvowyuvSb8aIpq0-UBQPaeKEOwvGlP8COQeNGR1-4

[fonte 1]   https://diariealtro.it/?p=6164
[fonte 2]
https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/trieste-la-locandina-non-piace-al-comune-salta-la-mostra-razzismo-in-cattedra-polemiche-e-dietrofront_3163431-201802a.shtml
[fonte 3]
http://www.ansa.it/sicilia/notizie/2019/05/16/prof-sospesa-mia-vita-dedicata-a-scuola_0827408b-4aed-4247-afc9-5d7b05ea2444.html
Segnalo che i mezzi di informazione non si sono sottratti al loro dovere e si trovano notizie nel merito nei siti de Il Sole 24 ore, Corriere della sera, La Repubblica il cui articolo consente anche di vedere le due immagini eversive.

https://video.repubblica.it/edizione/palermo/palermo-la-docente-sospesa-per-il-video-su-salvini-ecco-le-immagini-contestate-nessuno-e-stato-offeso/334679/335280?ref=RHPPLF-BH-I226461865-C4-P5-S1.4-T1

[fonte 4]
https://stream24.ilsole24ore.com/video/notizie/studenti-accostano-salvini-duce-prof-sospesa-diventa-caso/ACpNUqD

17 Maggio 2019Permalink

14 novembre 2018 – Odio il pressapoco e la ‘pancia’ come luogo delle scelte politiche

Trovo su facebook una notizia interessante e diffusa con entusiasmo
Verifico secondo la mia abitudine (link in calce) e ricopio il testo richiamato con il solo titolo che, secondo me, è importante conoscere per intero (e perciò ricopio – Fonte: Europa today – Redazione Bruxelles)

Il testo della notizia

L’Ue vuole bypassare Salvini: fondi direttamente agli enti locali che accolgono migranti

Al Parlamento europeo passa un emendamento del Pd che stabilisce che le amministrazioni che offrono sostegno umanitario potranno chiedere finanziamenti comunitari senza passare per i ministeri
All’indomani dell’approvazione all’unanimità del Decreto sicurezza presentato da Matteo Salvini in Consiglio dei ministri, il gruppo del Partito democratico in Parlamento europeo esulta per il passaggio in commissione Bilancio di una loro proposta che punta a mitigare gli effetti del decreto. I deputati europei vogliono permettere a Comuni e Regioni che accolgono migranti di ricevere fondi europei senza dover fare domanda ai ministeri. Si tratta dei fondi gestiti dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) che finanzia interventi di “accoglienza mirata” che vanno oltre la semplice distribuzione di vitto e alloggio.

Regioni e Comuni diventano autonomi
“Fino ad oggi i fondi per lo Sprar venivano richiesti dagli Stati”, ha spiegato l’eurodeputato Pd Daniele Viotti, che ha presentato l’emendamento, “ma visto che Salvini vuole abolire la protezione, cosa che considero anticostituzionale, daremo possibilità alle regioni e ai comuni di chiedere direttamente le risorse per progetti specifici”. Nel solo mese di luglio lo Sprar ha finanziato 877 progetti in Italia coinvolgendo oltre 1.200 amministrazioni comunali nell’accoglienza di 35.881 migranti tra cui vi sono 734 persone con disagio mentale o disabilità e 3.500 minori non accompagnati. L’emendamento presentato da Viotti, che è anche relatore dell’intero bilancio europeo per il 2019, è stato votato a larga maggioranza.

Gli altri provvedimenti
Tra gli altri provvedimenti presi in materia di immigrazione, la commissione dell’Eurocamera ha aumentato di 147,5 milioni i fondi per la cooperazione e lo sviluppo, di 146 milioni le spese per paesi “vicini” dell’Ue, di 53 milioni il supporto per i Balcani occidentali e di 33 milioni i fondi per la migrazione e l’integrazione. La votazione finale in Parlamento europeo della bozza di bilancio è prevista per 24 ottobre. Nelle tre settimane successive, si dovrà trovare un accordo col Consiglio, che rappresenta la volontà dei singoli Paesi membri. L’approvazione definitiva del bilancio 2019 arriverà solo a fine novembre.

Fino qui la notizia – Le mie domande

(La forma dell’interrogazione è dovuta al fatto che le ho scritte in commenti a singole persone su Facebook)

L’idea è interessante ma vorrei capirne le modalità di realizzazione oltre il principio che certamente depone a favore di chi ha proposto l’emendamento.
Che io sappia infatti i finanziamenti europei su progetti richiedono un impegno finanziario anche di chi attua il progetto e una serie di passaggi burocratici di non facile applicazione.
Almeno io ricordo così da quando mi occupavo di più di queste faccende.
Quindi, per quel che ne so e ammettendo la possibilità di un totale errore da parte mia (chi può verifichi per favore):

1. il proponente dell’emendamento ha proposto un principio che per essere attuato deve essere elaborato e comunicato agli interessati;

2. gli interessati devono esserne informati. Come possono essere identificati per venir informati?
Con quale mezzo verrebbero informati (mi sembra un ruolo dei partiti politici ampiamente ormai disatteso. Ma le associazioni che pur potrebbero diffondere le informazioni hanno strumenti certi e affidabili per procurarsele?)

3. Altra fonte sarebbe la stampa e ci sono giornalisti in grado di farlo.
Purtroppo prevalgono non troppo acculturate (non so se per scelta o carenza originaria) e antistoriche voci antieuropee che, non a caso, con determinazione espressa con linguaggio particolarmente rozzo, denigrano chi al loro antieuropeismo si oppone informando con competenza e correttezza

4. La proposta di “fondi diretti agli enti locali” non può ridursi a bypassare Salvini.
Vorrei saperne di più, ma come?

http://europa.today.it/attualita/salvini-fondi-migranti.html?fbclid=IwAR2WjP47i9zYMuBlMKZoVsclyWpP0RFkJeeazJ1ZqHbbJArrhg79C0TH1s0

14 Novembre 2018Permalink

10 novembre 2018 – Trieste: la giunta comunale e il regolamento delle scuole dell’infanzia

Fra logica negata e incompetenze linguistiche: la giunta del comune di Trieste vs scuole dell’infanzia

Quanto scriverò fa capo a vari articoli che ho letto, che ognuno potrà leggere servendosi dei link in calce che inserisco senza annotazioni punto per punto.
Comunque, tentando di riassumere, comincio dal ‘grembiulino’ che viene proposto come indumento già utilizzato da anni negli ‘asili’e rivisitato ‘quale elemento di appartenenza alla singola scuola’.
Al di là della appartenenza alla scuola (ma che brutta parola “appartenenza”) se ne verranno distinti i colori maschio/femmina si porrà già una solida pietra per costruire una possibile educazione che apre alla distinzione gerarchica di ruoli per i due sessi.

E passo a un elemento ben più importante, se possibile: la denominazione, in altre parole un nome che è identità.

Dai tre ai sei anni ogni bambina e ogni bambino può essere iscritta/o alla scuola dell’infanzia, mentre l’intollerabile termine asilo si trova ancora in parecchie delle fonti che ho considerato, ricollocando la proposta educativa offerta all’infanzia nei tempi in cui questa era beneficenza per i piccoli che non avessero possibilità di venir accuditi a casa.

Segue il limite numerico di stranieri per classe (30%) che potrebbe essere un elemento di positività se poi i bambini cui questa misura desse disagio, per esempio per l’impossibilità di iscriversi alla più vicina scuola dell’infanzia, non venissero sistematicamente identificati fra gli ‘stranieri’.
Se fosse una proposta riferibile a una razionalità rispettosa e consapevole si potrebbe anche dire a rovescio, “in ogni classe i bambini italiani non possono superare il 70% delle presenza”.
E qui casca l’asino: che collocazione trovano i piccoli nati in Italia da genitori di altra cittadinanza?
Sul loro certificato di nascita – e sul documento di identità che ne consegue – c’è scritta la cittadinanza dei genitori, ma questi piccoli spesso parlano correntemente la lingua italiana e non costituiscono quindi ostacolo a una buona didattica.
Se la cittadinanza li esclude allora il principio di collocazione fra gli ‘stranieri’ assume caratteri razzisti (chiedo scusa: etnici). Se invece vengono collocati fra gli italiani si contraddice la formula prevista nel regolamento. Che fare?
Un aiuto potrebbe venirvi per definire la dicotomia dall’asino di Buridano.
La logica, signori amministratori del comune di Trieste, sfugge alle misure etnicamente orientate, la briccona!

Infine una proposta che in tempi meno caratterizzati da un analfabetismo funzionale diffuso avrei considerato una bufala ma sembra invece che non lo sia (la traggo da una comunicato Ansa il cui link si trova in calce) : l’insegnamento della religione cattolica quale principio fondante l’attività nelle scuole dell’infanzia.
Chi ha steso il regolamento si rende conto della improprietà del termina ‘lezione’ per quella età della vita e della foglia di sciocco fico della regolamentazione dell’avvalersi/non avvalersi e dell’uso del silenzio assenso?

Purtroppo nell’ambito dei principi ‘fondanti l’attività’ viene inserito anche il crocifisso previsto in tutte le aule della scuola pubblica dell’infanzia pur non essendo più considerato dal Concordato del 1984.
Personalmente ritengo che l’uso del crocifisso come strumento d’arredo utile per affermare una identità esclusiva sia blasfemo. Finora persino il Ministro che ha sventolato nell’ordine: rosario, Vangelo, statuetta della Madonna di Medjugorje, si è astenuto dal crocifisso. Un soprassalto di decenza? durerà? Vedremo
Lasciate perdere il crocifisso signori del consiglio comunale di Trieste, non merita tanto insulto nemmeno da non credenti che – in anni trascorsi – si chiamavano ‘atei devoti’ e ora non so.
L’opportunismo non appartiene al crocifisso.

http://www.ansa.it/friuliveneziagiulia/notizie/2018/11/09/scuola-comune-trieste-propone-tetto-30-stranieri-polemica_c6aa41d0-cf42-4d04-a567-81c67929b178.html

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/trieste-giunta-fissa-soglia-stranieri-negli-asili-1599635.html

http://www.triestecafe.it/blog/2018/11/09/asili-comunali-al-vaglio-nuovo-regolamento-9-novembre-2018/

Crocifissi in tutte le classi e tetto 30% stranieri a Trieste

http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2011/01/03/news/negli-asili-obbligatorio-il-crocefisso-1.19872

Il nuovo Regolamento per le scuole dell’Infanzia del Comune di Trieste è stato proposto dalla Giunta Comunale che lo ha votato. Ora è al vaglio della singole Circoscrizioni, che stanno votando per formulare un parere, anche se non vincolante.
Non abbandoniamoci alla speranza di una insorgente saggezza: la decisione finale spetta al Consiglio comunale e qui la scelta teologica da affermarsi o meno in luogo improprio verrà affidata alla conta di molti incompetenti in materia (non tutti ma quanti?).

10 Novembre 2018Permalink

5 ottobre 2018 – Strappi di civiltà. Irrimediabili?

Correva l’anno 2008 – ricopio dal mio blog

Nel 2008 era in discussione quello che l’anno successivo sarebbe diventato il “pacchetto sicurezza” (legge 94/2009). Era prevista una norma che allora non passò: l’obbligo per i medici e gli operatori sanitari di denunciare chi si presentasse per cure (o vi capitasse dopo un incidente) a un qualsiasi servizio sanitario pubblico senza permesso di soggiorno. Il compianto dr. Luigi Conte, allora Presidente, reagì col comunicato che riporto parzialmente di seguito (come reagì l’ordine dei medici a livello nazionale) e la norma indegna non arrivò nemmeno al dibattito parlamentare..
Fra tanta persistente barbarie fa piacere ricordare un gesto di civiltà che in Friuli Venezia Giulia fu sostenuto dalla Società Italina di Medicina delle Migrazioni.

COMUNICATO STAMPA DELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI UDINE
PREOCCUPAZIONE SU PROPOSTA EMENDAMENTO DEL C.D. “PACCHETTO SICUREZZA”

“Il Medico non è un delatore e risponde all’obbligo deontologico di garantire assistenza a tutti “senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera”.
Ma in particolare giudicava di estrema gravità l’abrogazione della norma che prevede infatti che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere che territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme di soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”.
“La sua cancellazione metterebbe in serio pericolo l’accesso alle cure mediche degli immigrati irregolari, violando il principio universale del diritto alla salute, ribadito anche dalla nostra Costituzione. L’art. 32 recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Si creerebbe inoltre una ‘clandestinità sanitaria-, pericolosa per l’individuo e per la collettività.
Ma soprattutto pretenderebbe di costringere il medico ad andare contro le norme morali che regolano la sua professione contenute nel codice deontologico.

Qualora dovessero passare i provvedimenti annunciati dal governo, i medici dovranno rifiutarsi di denunciare i pazienti immigrati irregolari, esercitando l’obiezione di coscienza per non venir meno ai principi etici e deontologici della loro professione”.
OMCeO Udine – 20 novembre 2008”                          [fonte 1]

Temevo allora – e i fatti mi danno ragione – che la cultura che aveva ispirato la barbarie nel 2008 continuasse a produrre marciume sottotraccia. E infatti:
5 ottobre – Trento, medico del pronto soccorso non cura un immigrato e lo denuncia: lʼOrdine avvia attività disciplinare
L’Ordine dei medici ha avviato un’attività disciplinare nei confronti di un medico di un pronto soccorso di Trento che si è rifiutato di prestare le cure necessarie a un immigrato con il permesso di soggiorno scaduto e lo ha segnalato ai carabinieri. “Quando si parla di salute – ha commentato il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli – non abbiamo bisogno di tifosi”.
“Bene ha fatto l’Ordine di competenza ad avviare l’attività disciplinare nei confronti del medico – ha aggiunto Anelli – sia per dargli modo di fornire la sua ricostruzione dei fatti, sia per tutelare un principio: i medici devono rispettare, oltre alle leggi, le regole del Codice deontologico, e secondo tali regole deve essere valutato il loro comportamento”.

Prima di arrivare in ospedale l’uomo era già stato rifiutato dal medico di famiglia, sempre a causa del permesso di soggiorno scaduto. Giunto in pronto soccorso, non è stato visitato dal personale di turno ma segnalato alle forze dell’ordine in quanto irregolare sul territorio italiano.

Dalla parte del dottore il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che nei giorni scorsi ha scritto su Facebook: “Solidarietà al medico di Trento che ha segnalato ai carabinieri un immigrato marocchino irregolare. Abbiamo il dovere di garantire cure mediche a tutti, ma non possiamo dimenticare l’esigenza di contrastare l’immigrazione clandestina”. [fonte 2]

Una notizia positiva
5 ottobre Aperta la mostra “Razzismo in cattedra. Il Liceo Petrarca di Trieste e le leggi razziali del 1938”  
Trieste (TS) – È stata inaugurata ieri al Civico Museo Sartorio (Largo Papa Giovani XXIII, 1) la mostra “RAZZISMO IN CATTEDRA. Il Liceo F. Petrarca di Trieste e le leggi razziali del 1938”.

Il progetto della mostra è partito all’interno del Petrarca dalla ricerca dei nomi degli studenti e dei professori ebrei espulsi dal Liceo dopo la promulgazione delle leggi razziali del 1938, con lo scopo di ricostruire, attraverso i riferimenti dei materiali archivistici, il loro percorso di vita dal 1938 al 1945.
Allestita in coorganizzazione con il Comune di Trieste, la mostra è nata nell’ambito di un progetto di alternanza scuola lavoro del Liceo Petrarca, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Trieste – Dipartimento di studi umanistici, del Museo della Comunità Ebraica di Trieste “Carlo e Vera Wagner” e dell’Archivio di Stato.

In mostra documenti originali provenienti proprio dagli archivi del Liceo Petrarca e della Comunità ebraica, dall’Archivio di Stato e da numerosissimi archivi privati; a questi si affianca la proiezione di un video, prodotto dagli studenti, sulla posa delle “pietre d’inciampo” e sulle leggi razziali.
Ad illustrare genesi, contenuti e significato del progetto, nel corso dell’inaugurazione si sono susseguiti gli interventi delle rappresentanti della classe 5I del Petrarca, che ha svolto il lavoro, del professor Michele Sarfatti, già direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, della testimone professoressa Fulvia Levi, del Rabbino Capo della Comunità ebraica di Trieste Rav Alexandre Meloni, del Rettore dell’Università degli Studi di Trieste professor Maurizio Fermeglia, del dirigente tecnico dott. Dino Castiglioni in rappresentanza del Dirigente titolare dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Friuli Venezia Giulia, dell’Assessore alla Cultura del Comune di Trieste Giorgio Rossi, della Direttrice del Dipartimento di Studi Umanistici professoressa Elisabetta Vezzosi, della professoressa Tullia Catalan, docente di Storia contemporanea e Storia dell’Ebraismo presso l’Università degli studi di Trieste, della Dirigente del Liceo Petrarca professoressa Cesira Militello.

La mostra sarà visitabile fino a domenica 14 ottobre da martedì a sabato con orario 10-13 e 16-19 e domenica con orario 10-19 a ingresso libero.
INFO/FONTE: Ufficio Stampa Comune di Trieste

Pensiamoci
I precedenti di quanto riporta il comunicato dell’Ufficio Stampa del comune di Trieste si trovano nel mio blog

18 settembre 2018: quando una critica “prudente” lascia a piedi una mostra sulle leggi razziali
Sulla mostra “Razzismo in cattedra”, tanto voluta dagli studenti del liceo Petrarca, è restatata per lungo tempo immutata la posizione del Comune che ha censurato il manifesto del progetto culturale. E così la rassegna non è stata inaugurata fino al 4 ottobre. La società civile si è battuta affinché ciò avvenisse. Tuttavia il 18 settembre 2018, ottant’anni dopo l’annuncio delle leggi razziali, Trieste si è dimostrata all’altezza della situazione: attraverso diverse manifestazioni è stato commemorato il tristissimo anniversario. Noi del Piccolo abbiamo avvolto il giornale in una speciale sovracopertina: per NON DIMENTICARE.

[fonte 1] https://diariealtro.it/?p=4831

[fonte 2]
http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/trentino-alto-adige/trento-medico-del-pronto-soccorso-non-cura-un-immigrato-e-lo-denuncia-l-ordine-avvia-attivita-disciplinare_3167189-201802a.shtml
[fonte 2]
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/rifiuta-visitare-clandestino-azione-disciplinare-contro-1584318.html
[fonte 2]
https://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/politica/18_ottobre_04/venezia-02-03-documentoacorriereveneto-web-veneto-53162baa-c7a0-11e8-a3aa-e07ad8dfcd3b.shtml

[fonte 3] I precedenti nel mio blog
30 settembre La scuola annuncia l’apertura della mostra https://diariealtro.it/?p=6135
15 settembre https://diariealtro.it/?p=6110
18 settembre https://diariealtro.it/?p=6126

[fonte 4]
Annuncio dell’Università
https://www.units.it/news/inaugurazione-della-mostra-razzismo-cattedra-il-liceo-f-petrarca-di-trieste-e-le-leggi-razziali

Cronaca de Il Piccolo
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2018/10/04/news/inaugurata-la-mostra-sulle-leggi-razziali-e-l-assessore-rossi-chiede-scusa-1.17317519

5 Ottobre 2018Permalink

19 giugno 2018 – Una denuncia per razzismo e un richiamo ai Sindaci, una forza contro il degrado .. forse.

Leggo una notizia Ansa e spero che il Pd, accortosi finalmente del problema, lo sappia gestire con competenza e dignità

ANSA – ROMA, 19 GIU – Una denuncia contro Matteo Salvini per istigazione all’odio razziale. E’ l’iniziativa che, a quanto si apprende, ha deciso di assumere Roberto Speranza (Leu). “Ora basta. Salvini insiste anche oggi con il censimento dei Rom. Per me non bastano più le parole. Per questo ho deciso di denunciare il ministro ai sensi della legge Mancino 654/75”, spiega il deputato interpellato al riguardo.   

Una lettera al Presidente della Associazione Nazionale dei comuni italiani.

Al presidente dell’Anci
ing. Antonio Decaro
SUA SEDE                                                              Udine 19 giugno 2018
Oggetto: lettera aperta _sindaci o podestà?

Egregio Presidente
chi le scrive è una cittadina italiana consapevole di appartenere, come ognuno di noi, a quella Repubblica di cui l’art. 3 della Costituzione dice essere compito “ … rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Conscia di questa responsabilità, le scrivo inorridita dalla proposta di censimento dei Rom, classificazione identitaria che sappiamo stare per l’onnicomprensivo ‘zingari’ (secondo quella figura che l’antica retorica avrebbe chiamato sineddoche).

«Al Ministero mi sto facendo preparare un dossier sulla questione rom in Italia, perché dopo Maroni non si è fatto più nulla, ed è il caos».
Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, leader della Lega, parlando a TeleLombardia. Salvini ha parlato di «una ricognizione sui rom in Italia per vedere chi, come, quanti», ossia «rifacendo quello che fu definito il censimento, facciamo un’anagrafe».

Leggo dal Corriere (ma le fonti convergenti sono numerose, scritte e orali). Ho scelto questa citazione perché il richiamo al dossier implica un intervento interno al Ministero di competenza.
Non credo che sarebbe stato corretto chiedere a un Ufficio un’attività ufficialmente riconosciuta da un leader di un qualsivoglia partito.
E certamente l’on. Ministro non vuole ridurre la Lega al ruolo che altro partito ebbe in un non dimenticato Gran Consiglio.

Se la proposta del censimento finalizzato a costruire una apposita anagrafe diventasse norma cogente, i Comuni ne avrebbero modificato un ruolo fondamentale dato che gli Uffici Anagrafe ne sono una delle espressioni operative che registrano e certificano le qualità fondamentali di ogni persona (nascita, cittadinanza, stato familiare, morte).
Obbligarli a un censimento su basi etniche sarebbe completamente estraneo all’armonia istituzionale che la nostra Costituzione prevede.
Certamente non mi permetto di pensare che l’on. Ministro voglia trasformare i Sindaci in esecutori di un ordine che porrebbero loro gravi problemi di coscienza: giurano sulla Costituzione, vestono la fascia tricolore come segno distintivo e, come ufficiali di stato civile, dipendono dal Ministero dell’interno.
Può l’Associazione Nazionale Comuni Italiani rendere pubblico un chiarimento su questo punto che immagino turbare molti Sindaci, consapevoli del ruolo che loro assegna la Costituzione e non disponibili quindi a farsi podestà in ministeriale obbedienza?

Cordiali saluti
Augusta De Piero

19 Giugno 2018Permalink

24 maggio 2018 – Sconfortanti novità istituzionali in Friuli Venezia Giulia

Sono preoccupata: Il neogovernatore del Friuli Venezia Giulia comincia ad esprimere il suo sconfortante pensiero

Il 15 maggio ho pubblicato su questo blog la storia del percorso della legge che vuole privare del certificato di nascita i nati in Italia, figli di migranti non comunitari senza permesso di soggiorno e ora trascrivo il documento del prof. Marceca, Presidente nazionale della Società Italiana di Medicina delle migrazioni che interviene in merito alle sconcertanti dichiarazioni del neogovernatore del Friuli Venezia Giulia. [nota 1]

Roma, 15 maggio 2018
Notizie apparse sulla stampa regionale del Friuli Venezia Giulia riferiscono che fra le priorità del neo-eletto Presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, riveste particolare importanza la revisione, o rivisitazione, del protocollo attraverso il quale i richiedenti asilo vengono iscritti al Servizio Sanitario Regionale (SSR).

La S.I.M.M. (Società Italiana di Medicina delle Migrazioni), Società scientifica che da quasi 30 anni studia le questioni di salute e sanità pubblica legate ai fenomeni immigratori, precisa che l’iscrizione dei richiedenti asilo al Servizio Sanitario non è materia di competenza regionale né avviene sulla base di un protocollo modificabile dalla Regione, ma sulla base delle norme previste dalle leggi della Repubblica nel rispetto dei principi della Costituzione. Infatti, ai sensi dell’art. 34 del Testo Unico delle “disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero e successive modifiche ed integrazioni” (cosiddetta legge Bossi-Fini), per gli stranieri non appartenenti all’Unione Europea richiedenti protezione internazionale o richiedenti asilo l’iscrizione al SSR) è obbligatoria, così come si legge chiaramente anche nelle pagine dell’Accordo Stato Regioni del 20 dicembre 2012, sottoscritto da tutte le Regioni Italiane (e quindi anche dal FVG), che dettaglia le indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni stesse.
A proposito di questa revisione, il neo-eletto Presidente del F.V.G., ha anche dichiarato che metterà mano ai criteri con cui vengono decise quali e quante prestazioni erogare a chi è entrato clandestinamente in FVG: poiché, con una terminologia scorretta dal punto di vista della definizione dello status giuridico dello straniero, spesso si confondono le parole “clandestino” e “irregolare” e si usano anche in riferimento ai richiedenti asilo e al loro ingresso in Italia, la S.I.M.M. ricorda che, in data 10 maggio ultimo scorso, tutte le Regioni Italiane hanno approvato un Accordo Stato-Regioni che recepisce le Linee guida, predisposte da Istituto Superiore di Sanità, I.N.M.P. e dalla stessa S.I.M.M., nel documento tecnico-scientifico intitolato “I controlli alla frontiera. La frontiera dei controlli”, che presenta raccomandazioni cliniche e tecnico-organizzative basate sull’evidenza scientifica per i controlli sanitari su migranti e profughi, al momento dell’arrivo in Italia e durante le fasi di accoglienza. [nota 2]
Infine, la S.I.M.M. sottolinea che già da molti anni gli operatori socio-sanitari del Friuli-VeneziaGiulia – come evidenziato anche nel 2011 ai tempi della prima emergenza Nord-Africa – elaborano percorsi di accoglienza e sorveglianza sanitaria, orientati a garantire tutela e sicurezza anche alle comunità locali, che poi applicano concretamente con competente attenzione e rigore.
Il Presidente Nazionale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni
prof. Maurizio Marceca

Dopo la preoccupazione la perplessità: il sindaco di Udine è un sindaco buono o un buon sindaco?

Un imbarazzato titolo del più diffuso quotidiano locale recita: “Nell’era leghista. Prima unione civile gay. Fontanini. C’è una legge. Nel palazzo dell’anagrafe due uomini hanno coronato il loro sogno d’amore. Il sindaco: noi rispettiamo le regole, nonostante la pensiamo diversamente”.
Gli elettori non sono i confessori del sindaco. Celebrare le Unioni civili come vuole la legge è suo dovere e, come il sindaco la pensi in merito, interessa forse ai suoi elettori me non ai cittadini.
La campagna elettorale è finita!

Ma non basta.
Venuto a conoscenza che un ambulante senegalese vorrebbe tornare la suo paese ma non ne ha i mezzi il Sindaco fa una proposta stravagante: «Se mi promette che va in Senegal per restare là – continua il primo cittadino leghista -, il biglietto lo pago io, ho già contattato una compagnia aerea e ho trovato un posto per 290 euro da Venezia o da Treviso, posso permettermelo con le mie finanze personali quindi lo aspetto per concludere l’accordo». [nota 3]
Cosa vuol dimostrare? Il suo desiderio sincero e benefico che i migranti se ne vadano?
Stato d’animo o politica dell’ente locale nel rispetto delle norme sull’accoglienza?
Non capisco.

Chi si ricorda dei diritti civili?
Nella presentazione delle sinossi elaborata dal prof Della Cananea che avrebbe dovuto fondare un programma di governo con un contratto di tipo tedesco da rifilare al possibile premier, l’on. Di Maio parlava di sicurezza e diritti sociali
Non una parola sui diritti civili che non consentono beneficenza ma rispetto dei cittadini.
Nel contesto dell’articolo di cui segnalo il link c’è una breve registrazione dell’on. Di Maio in cui ho trovato questa assenza. Poiché non ne parlano mai perso ne ignorino o ne rifiutino l’esistenza
Qualcuno vorrà leggergli gli art. 2 e 3 della Costituzione? [nota 4].

NOTE

[nota 1] Sito della Società Italiana di medicina delle migrazioni www.simmweb.it
Cos’è il GrIS : “Scelta strategica della SIMM è quella di favorire la conoscenza e la collaborazione tra quanti si impegnano a vario titolo per assicurare diritto, accesso e fruibilità all’assistenza sanitaria degli immigrati partendo da ciò che unisce e valorizzando l’esperienza di ciascuno. Ciò si traduce spesso in un lavoro in Rete che ha affinato una metodologia applicativa nei Gruppi locali Immigrazione Salute (GrIS), vere e proprie Unità Territoriali della SIMM”.
www.simmweb.it
https://www.simmweb.it/gris-friuli-venezia-giulia
[nota 2] I controlli di frontiera La frontiera dei controlli
http://www.inmp.it/lg/LG_Migranti-web.pdf
[nota 3]
http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2018/05/23/news/la-provocazione-1.16871477
[nota 4]
http://www.repubblica.it/politica/2018/04/21/news/berlusconi_prova_a_frenare_salvini_e_il_nostro_leader_mai_detto_governo_col_pd_-194462952/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

24 Maggio 2018Permalink

21 aprile 2018 – Non solo matrimoni omossessuali: una sindaca contro il personale del comune?

Prima parte (certificato di nascita fra il no e il sì a Torino)
rassegna stampa

17 aprile 2018 – Il bimbo è figlio di due mamme, e l’anagrafe non lo registra
Il piccolo, figlio della consigliera comunale di Torino Chiara Foglietta e di Micaela Ghisleni, è TORINO
Un bambino concepito con tecniche di procreazione assistita di tipo eterologo, figlio di due mamme, non è stato registrato dall’ufficio anagrafe del Comune di Torino. Il piccolo, figlio di Chiara Foglietta, consigliera comunale di Torino, e Micaela Ghisleni, è venuto al mondo il 13 aprile. Stamattina le due mamme si sono recate all’ufficio anagrafe dell’ospedale Sant’Anna per registrare la nascita del bambino, ma gli impiegati hanno rifiutato di ricevere il riconoscimento del figlio da entrambe le madri, nonché la dichiarazione – da parte della sola Chiara – che il figlio è stato concepito a seguito di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, con gamete maschile di donatore anonimo, come peraltro indicato in tutta la cartella clinica.
PARLA IL LEGALE DELLA COPPIA
«L’anagrafe – spiega il legale della coppia, Alexander Schuster – usa le formule previste dal Ministero nel 2002. Queste ignorano completamente la riproduzione assistita, anche in contesti di coppie di sesso diverso, o donne senza partner, e obbligano a dichiarare che la nascita deriva da un’unione naturale, cioè dal rapporto sessuale, con un uomo, di cui si può non fare il nome, ma che si garantisce non essere né parente né nei gradi di parentela vietati dall’ordinamento italiano». «Sono andata via, mi sono rifiutata di dire il falso – spiega Foglietta – così come consigliato dal mio avvocato. Abbiamo un documento che attesta come sia avvenuto il concepimento in una clinica danese. Oggi a noi viene negato il diritto di inserire dichiarazioni veritiere nell’atto di riconoscimento e a nostro figlio il diritto ad un’identità corrispondente alla realtà, il diritto a conoscere l’insieme di eventi che hanno determinato la sua esistenza».
LE RESPONSABILITÀ PENALI
«Ciò che il Comune chiede a Chiara (Foglietta) – aggiunge il legale – è di dichiarare il falso in atto pubblico, con conseguenti gravi responsabilità penali. L’inerzia di un Ministero non può esporre i cittadini a responsabilità di questo tipo. Il Comune, che speriamo ritorni sui propri passi, deve dare istruzioni ai propri uffici perché non è la realtà a doversi adeguare a formule antiquate, semmai il contrario». L’episodio è stato commentato anche dalla compagna di Chiara Foglietta, Micaela Ghisleni. «Ho fortemente voluto questo figlio insieme a Chiara, mi sono assunta l’impegno e le responsabilità proprie di un genitore nel momento stesso in cui ho firmato l’atto per il consenso alla Pma nella clinica danese. È un impegno che voglio e devo onorare, come scelta consapevole e volontaria di nove mesi fa». [Fonte 1]

20 aprile 2018 – Diritti, la svolta di Appendino: “Pronti a riconoscere i figli di tutte le coppie”             Maria Teresa Martinengo Miriam Massone
TORINO
La sindaca di Torino: forzeremo la mano, vogliamo aprire un dibattito
La sindaca Chiara Appendino prende posizione a favore «dell’amore di una famiglia» riconoscendolo come «un diritto che va oltre a qualsiasi categoria o definizione socialmente imposta». Lo dice su Facebook, a una settimana dal caso della consigliera Foglietta (Pd) storica attivista del movimento Lgbt, che il 17 aprile si è vista negare dall’Anagrafe la possibilità di registrare Niccolò. Il bimbo è stato concepito infatti tramite fecondazione assistita in Danimarca; Foglietta l’ha partorito ma la sua compagna ha firmato il modulo obbligatorio in cui si è assunta la responsabilità genitoriale. Tutto in regola, se non fosse che in Italia due donne e due uomini non ossono registrarsi come genitori di un bambino. Lo stesso era successo a una coppia di uomini, rientrati dal Canada. «Per la prima volta la Città di Torino – scrive nel suo post Appendino – si trova dinnanzi a casi inediti di nuove forme di genitorialità che richiedono del tutto legittimamente il riconoscimento di quella che per loro è una famiglia, intesa come luogo fisico ed emotivo in cui due o più persone si amano e costruiscono insieme il futuro proprio e dei propri figli».

LEGGI ANCHE: Il bimbo è figlio di due mamme, e l’anagrafe non lo registra
(ndr: articolo precedente)

E aggiunge: «Oggi l’Italia non è ancora pronta a riconoscere legalmente queste famiglie e ci si trova davanti a ostacoli burocratici tanto fastidiosi nella loro forma quanto difficili da superare. Tuttavia la nostra posizione politica è chiarissima. Lo è sin da quando all’inizio del nostro mandato, insieme all’Assessore ai Diritti, Marco Alessandro Giusta, abbiamo dato un segnale scegliendo di cambiare la forma stessa degli atti del Comune, modificando nei dispositivi il termine “famiglia” con il plurale “famiglie”. Ribadisco questa posizione, dichiarando la ferma volontà di dare pieno riconoscimento alle famiglie di mamme e di papà con le loro bambine e i loro bambini. Da mesi stiamo cercando una soluzione compatibile con la normativa vigente. Dopodiché la nostra volontà è chiara e procederemo anche forzando la mano, con l’auspicio di aprire un dibattito nel Paese in tema di diritti quanto mai urgente».
«La sindaca, Chiara Appendino, dopo molti incontri e giornate di riflessione insieme ai rappresentanti del Coordinamento Torino Pride, scioglie la riserva e decide di trascrivere tutti gli atti di nascita dei bambini e delle bambine nate all’estero da coppie omogenitoriali e, con una storica, importantissima e coraggiosa decisione decide di registrare l’atto di nascita di un bimbo, nato all’ospedale Sant’Anna di Torino, indicando nel registro di stato civile che non solo ha due mamme ma che è stato concepito grazie alle tecniche di fecondazione eterologa in Danimarca. Non possiamo che essere felici di questa decisione che ha necessariamente avuto bisogno di tempo e molti accertamenti». Il Coordinamento Torino Pride, attraverso il coordinatore Alessandro Battaglia, che riunisce le associazioni lgbt, accoglie l’annuncio della sindaca con l’entusiasmo delle decisioni storiche nei confronti della comunità gay e lesbica.
«Le scelte e il coraggio della Sindaca Appendino dovrebbero essere quelle di tutti gli amministratori e tutte le amministratrici dei comuni italiani. Se così fosse, il Parlamento e il Governo del Paese, di qualsiasi colore, non potrebbe fare finta di nulla. Tutti, almeno a parole, considerano il benessere dei cittadini e delle cittadine una assoluta priorità. Ci auguriamo che, come ha più volte indicato la Corte Costituzionale, la politica decida di risolvere una volta per tutte il problema dei bambini e delle bambine arcobaleno e delle loro famiglie. L’ipocrisia e la sciatteria politica devono finire. Tutti e tutte dobbiamo rimanere vigili per non permettere più a nessuno di considerare noi e le nostre famiglie di serie B», dice Battaglia. E invita a partecipare domenica 6 maggio in piazza Carlo Alberto alla Festa delle Famiglie «la più grande e felice che mai si sia vista per non dimenticare mai che “i diritti dei bambini vengono prima di tutto”». [Fonte 2]

N.D.R. Nella pagina del Corriere che segue ho trovato il post su facebook (vedi sotto) e una dichiarazione della sindaca di Torino, preceduta dal simbolo della bandiera arcobaleno che trascrivo di seguito

Appendino: «Pronti a forzare la mano sulle nuove forme di genitorialità»
Dopo il caso del bimbo con due madri concepito con la procreazione assistita che non è stato registrato dall’anagrafe di Torino di Redazione online

L’amore di una famiglia è un diritto che va oltre a qualsiasi categoria o definizione socialmente imposta.
Questo semplice principio, che da sempre guida la nostra azione politica, vogliamo ribadirlo in questi giorni con rinnovata forza.
Per la prima volta la Città di Torino si trova dinnanzi a casi inediti di nuove forme di genitorialità che richiedono del tutto legittimamente il riconoscimento di quella che per loro è una famiglia, intesa come luogo fisico ed emotivo in cui due o più persone si amano e costruiscono insieme il futuro proprio e dei propri figli.
Oggi l’Italia non è ancora pronta a riconoscere legalmente queste famiglie e ci si trova davanti a ostacoli burocratici tanto fastidiosi nella loro forma quanto difficili da superare.
Tuttavia la nostra posizione politica è chiarissima. Lo è sin da quando all’inizio del nostro mandato, insieme all’Assessore ai Diritti, Marco Alessandro Giusta, abbiamo dato un segnale scegliendo di cambiare la forma stessa degli atti del Comune, modificando nei dispositivi il termine “famiglia” con il plurale “famiglie”.
Oggi ribadisco questa posizione, dichiarando la ferma volontà di dare pieno riconoscimento alle famiglie di mamme e di papà con le loro bambine e i loro bambini.
Da mesi stiamo cercando una soluzione compatibile con la normativa vigente. Dopodiché la nostra volontà è chiara e procederemo anche forzando la mano, con l’auspicio di aprire un dibattito nel Paese in tema di diritti quanto mai urgente.
Ci tengo a ringraziare il Coordinamento Torino Pride GLBT, da sempre promotore di modernità su questi temi, insieme a tutte le cittadine e tutti i cittadini che li sostengono.
[Fonte 3]

TGcom 24
20 aprile 2018 Unioni civili, Appendino: a Torino riconosceremo i figli di coppie gay
Il post su Facebook a seguito della polemica nata dopo che l’anagrafe non ha registrato il bimbo nato con due madri.

La città di Torino ha “ferma volontà di dare pieno riconoscimento alle famiglie di mamme e di papà con le loro bambine e i loro bambini. Da mesi stiamo cercando una soluzione compatibile con la normativa vigente, ma la nostra volontà è chiara e procederemo anche forzando la mano”. Con questo post su Facebook il sindaco Chiara Appendino interviene sulla polemica nata dopo che l’anagrafe non ha registrato il bimbo nato con due madri.
“Ci tengo – prosegue Appendino – a ringraziare il Coordinamento Torino Pride GLBT, da sempre promotore di modernità su questi temi, insieme a tutte le cittadine e tutti i cittadini che li sostengono”. “Da mesi – si legge ancora sul post – stiamo cercando una soluzione compatibile con la normativa vigente. Dopodiché la nostra volontà è chiara e procederemo anche forzando la mano, con l’auspicio di aprire un dibattito nel Paese in tema di diritti quanto mai urgente”.
“L’amore di una famiglia – dice Appendino – è un diritto che va oltre a qualsiasi categoria o definizione socialmente imposta. Questo semplice principio, che da sempre guida la nostra azione politica, vogliamo ribadirlo in questi giorni con rinnovata forza. Per la prima volta la Città di Torino si trova dinnanzi a casi inediti di nuove forme di genitorialità che richiedono del tutto legittimamente il riconoscimento di quella che per loro è una famiglia, intesa come luogo fisico ed emotivo in cui due o più persone si amano e costruiscono insieme il futuro proprio e dei propri figli”.
“Oggi l’Italia – sottolinea il sindaco Appendino – non è ancora pronta a riconoscere legalmente queste famiglie e ci si trova davanti a ostacoli burocratici tanto fastidiosi nella loro forma quanto difficili da superare”. “Tuttavia la nostra posizione politica è chiarissima – conclude. – Lo è sin da quando all’inizio del nostro mandato, insieme all’assessore ai Diritti, Marco Alessandro Giusta, abbiamo dato un segnale scegliendo di cambiare la forma stessa degli atti del Comune, modificando nei dispositivi il termine ‘famiglia’ con il plurale ‘famiglie'”. [Fonte 4]

Seconda parte (piazza San Carlo il 21 aprile)

21 aprile 2018 Caos in piazza San Carlo, da Appendino tanti “non so” e la colpa all’ex braccio destro di OTTAVIA GIUSTETTI
Il verbale dell’interrogatorio. La sindaca: “Fu il capo di gabinetto Giordana a gestire l’organizzazione della serata proponendomi di affidarla a Turismo Torino”
TORINO – Per dodici volte davanti ai magistrati Chiara Appendino, la sindaca di Torino, nomina il suo ex braccio destro, Paolo Giordana, indicandolo come il vero responsabile dell’organizzazione della serata del 3 giugno 2017 in piazza San Carlo, dove sono rimaste ferite oltre 1500 persone e una ragazza è morta schiacciata dai tifosi in fuga. “Perché fu affidato l’allestimento della piazza per la proiezione della finale di Champions League a Turismo Torino?” Chiede il procuratore Armando Spataro nell’interrogatorio del 20 novembre scorso. “Fu il mio capo di gabinetto – risponde Appendino – a dirmi, non ricordo né dove né quando, che Turismo Torino era disponibile e interessata a organizzare questo evento”. Turismo Torino, secondo l’accusa dei pm, si rivelò del tutto inadeguata, senza personale esperto di sicurezza, e senza risorse per mettere in piedi in soli quattro giorni l’organizzazione per una manifestazione da 40 mila tifosi. “Perché non ha disposto accertamenti per verificare che Turismo Torino osservasse le prescrizioni della Commissione provinciale di vigilanza”? Le chiedono i magistrati. “Una volta che Giordana mi ha comunicato che era “tutto a posto” non avevo necessità di disporre accertamenti” risponde la sindaca accompagnata dagli avvocati, Luigi Chiappero ed Enrico Cairo.

Sono pesantissime le accuse nei confronti di Appendino, verso l’allora questore di Torino, Angelo Sanna, il numero due della polizia municipale, Marco Sgarbi, e altre 12 persone considerate responsabili per una parte di organizzazione. Omicidio colposo, lesioni colpose anche gravissime e disastro. Ed è la seconda inchiesta in pochi mesi, a Torino, che chiama la sindaca a rispondere delle sue responsabilità. Non basta che il 13 aprile sia stata svelata la vera causa del caos in piazza quella notte. Fino ad allora si è sempre parlato di reazione inspiegabile della folla che, fuggendo, ha travolto tutto. Ma quattro ragazzi, una gang di giovani rapinatori specializzati nei furti con lo spray al peperoncino, ora sono stati arrestati, e due di loro hanno confessato di aver seminato il panico spruzzando spray urticante per scippare il pubblico stipato ad assistere alla finale di Champions League.

Restano comunque in piedi le accuse agli amministratori: aver agito con “imprudenza, negligenza, imperizia, violando leggi e regolamenti” e causando il disastro. Chiara Appendino ripete quasi ossessivamente di non sapere nulla della preparazione della manifestazione durante l’interrogatorio nell’ufficio di Spataro al settimo piano del Palazzo di Giustizia. Il motivo che ricorre a ogni domanda è: “Non sapevo, non compete al mio ruolo, non ricordo, non so per quale motivo Giordana non mi abbia informato”. Nei dieci mesi di inchiesta più volte le è stato ricordato il post che pubblicò sul suo profilo Facebook pochi minuti prima dell’inizio della partita. “Vi assicuro che tanti cittadini sono al lavoro da settimane per garantire sicurezza e ordine in quella che dev’essere, comunque vada, una serata di festa”. La sindaca in quel momento era già allo stadio, a Cardiff, per assistere di persona alla finale della sua squadra del cuore. Mentre la piazza “salotto” di Torino era gremita due volte oltre la capienza di sicurezza e ricoperta da un tappeto di bottiglie di vetro. Più tardi, sotto i piedi scalzi delle persone in fuga, i cocci si trasformeranno in un’arma micidiale. “Perché non vietaste la vendita di bibite in vetro?”, le chiedono i pm. “Nessuno nei miei uffici mi segnalò la necessità di provvedere in tal senso”. [Fonte 5]

21 aprile 2018 “Mi sono affidata ai funzionari”. La difesa della Appendino con i pm                        Giuseppe Legato Massimiliano Peggio
Depositati gli atti dell’indagine. La sindaca: “Mai entrata nell’iter burocratico”
«Non compete al mio ruolo di sindaco vedere e vagliare concessioni e autorizzazioni. Non sono mai entrata nel merito dell’iter burocratico dei provvedimenti che erano adottati per consentire l’organizzazione (della proiezione del 3 giugno 2017 in Piazza San Carlo della finale di Champions League). Vi erano dei funzionari preposti a tali compiti e questo mi dava sicurezza». Ancora: «Nessun ufficio mi ha sollevato questioni, criticità e nessuna obiezione fu fatta anche sulla documentazione. Non compete al mio ruolo di sindaco vagliare concessioni e/o autorizzazioni. Vi erano funzionari e preposti a tali compiti e questo mi dava sicurezza».
Così il 20 novembre scorso, negli uffici della procura, il sindaco di Torino Chiara Appendino si è difesa dalle accuse di omicidio colposo, disastro e lesioni colpose, per i fatti di piazza San Carlo. In 18 pagine di verbale ha risposto alle contestazioni del pm Antonio Rinaudo titolare dell’inchiesta insieme all’aggiunto Vincenzo Pacileo.
Come sindaca avrebbe causato – in cooperazione colposa con altre 14 persone – la morte di Erika Pioletti e plurime lesioni per 1527 persone «per imperizia, negligenza, imprudenza, inosservanza di leggi regolamenti, ordini e discipline».

A leggere i verbali depositati ieri dalla procura, si rafforzano i sospetti su quella notte sciagurata, scaturita da una catena di errori e omissioni. Errori che avrebbero dovuto portare a annullare la proiezione della partita. «Non compete a me», «non ero al corrente». Sono frasi che si ripetono, non solo nel verbale della sindaca ma anche degli altri indagati. L’ex questore Angelo Sanna ribadisce che aveva assunto l’incarico pochi giorni prima del 3 giugno. Si fidava dei sui uffici. E che il prefetto gli aveva assicurato che in piazza non si erano mai verificate problematiche. Il capo di gabinetto della questura parla al questore «in corridoio» ed è troppo impegnato per «guardare le mail». E anche se l’ente strumentale del comune, Turismo Torino cui spettava organizzare l’evento non era in grado di fornire steward a sufficienza, non competeva a lui vietare la proiezione, ma scrupolosamente informò il questore.
Ecco il risultato. Serata organizzata in poco tempo e senza un piano di sicurezza adeguato. Secondo la procura Appendino «non ha considerato che il tempo per organizzare la manifestazione di soli 4 giorni non avrebbe consentito un’organizzazione meditata, completa ed efficiente, particolarmente sotto il profilo della sicurezza per l’incolumità pubblica».
Lei ha ribattuto: «Turismo Torino aveva già organizzato la manifestazione del 2015 per la finale Juventus-Barcellona e ho creduto che fosse sicuramente in grado. Prendo atto in questa sede che l’istanza per ottenere l’occupazione di suolo pubblico in una piazza aulica debba essere presentata almeno 40 giorni prima, ma per quanto mi consta è un termine che non è mai stato ritenuto tassativo». Quella delibera viene approvata il 30 maggio 2017: «ma io non ero presente» sottolinea il sindaco. Perché, chiedono i pm, non ha «emesso un’ ordinanza urgente per la limitazione di orari di vendita e di somministrazione di alcolici e superalcolici e di un provvedimento che vietasse l’utilizzo di contenitori di vetro in piazza». Appendino: «questo problema attiene alla sicurezza pubblica. Tra queste la Questura».
Ma c’è un altro punto. Quando la commissione provinciale di vigilanza rilascia parere favorevole lo fa emanando 19 prescrizioni. Per i pm l’Appendino ha omesso «di disporre accertamenti affinchè Turismo Torino le osservasse». Questo avrebbe comportato la decadenza dell’autorizzazione. Quella sera dunque nessuna manifestazione si sarebbe dovuta tenere perché «priva delle autorizzazioni e della concessioni del suolo pubblico». Perché non ci sono stati accertamenti? La sindaca: «Come noto, mi trovavo a Cardiff in rappresentanza della città. Sapevo che il referente sarebbe stato Paolo Giordana (ex capo di gabinetto del sindaco). Quando lui mi comunicò che c’era il rilascio del parere favorevole della commissione e che era tutto a posto, non avevo necessità di disporre accertamenti per verificare che le prescrizioni (imposte) venissero osservate».
E aggiunge: «Nessuno da Cardiff mi segnalò la necessità di intervento da parte mia». E le vie di fuga? La capienza? Appendino: «Non ho mai saputo di quanto mi viene contestato. Sapevo che si svolgevano delle riunioni nell’ufficio del mio capo di Gabinetto. Vi erano dei tecnici e quindi non avevo timore…». Poi «Né il presidente di Ttp ne altri mi rappresentarono dubbi o perplessità in ordine all’organizzazione». Infine: «Se qualche singolo ha tenuto comportamenti anomali dando disposizioni in merito al posizionamento delle transenne è andato al di là dei suoi ruoli istituzionali». [Fonte 6]

FONTI
[Fonte 1]
http://www.lastampa.it/2018/04/17/cronaca/il-bimbo-figlio-di-due-mamme-e-lanagrafe-non-lo-registra-StKrKRpwRI99AKaPuBUgLI/pagina.html
[Fonte 2]
http://www.lastampa.it/2018/04/20/cronaca/appendino-si-schiera-dalla-parte-del-bambino-con-due-mamme-pronti-a-forzare-la-mano-gIKwBQxVGFqGUInbLYWrQJ/pagina.html
[Fonte 3]
https://torino.corriere.it/cronaca/18_aprile_20/appendino-pronti-forzare-mano-nuove-forme-genitorialita-421e8e62-44b7-11e8-af14-a4fb6fce65d2.shtml
[Fonte 4]
http://www.tgcom24.mediaset.it/politica/unioni-civili-appendino-a-torino-riconosceremo-i-figli-di-coppie-gay_3135464-201802a.shtml
[Fonte 5] http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/04/21/news/caos_in_piazza_san_carlo_da_appendino_tanti_non_so_e_la_colpa_all_ex_braccio_destro-194435543/
[Fonte 6]
http://www.lastampa.it/2018/04/21/italia/mi-sono-affidata-ai-funzionari-la-difesa-della-appendino-con-i-pm-ynnvKhPRWRzrN0qB12U1lO/pagina.html

21 Aprile 2018Permalink

17 gennaio 2018 – Fra ONU e Regione spuntano i bambini-persona

Una proposta di legge del Friuli Venezia Giulia
Mentre mi apprestavo a pubblicare nel blog la nota che segue ho avuto dalla Consigliera regionale Silvana Cremaschi la notizia del deposito della la proposta di legge “Crescere in Friuli Venezia Giulia: Armonizzazione delle politiche regionali per il benessere dei bambini e degli adolescenti”
Noto con piacere la conformità della norma al linguaggio del Comitato ONU, un segno di presa di distanza da terminologia arcaiche e dolciastre che ancora sono care a molti.

Dopo una immediata lettura frettolosa (ma sarà un testo di cui seguire l’iter sperando che l’approvazione intervenga in tempo prima delle elezioni) propongo una sola nota.
Il comma 3 dell’art. 2 alla lettera f recita “assicura il diritto delle giovani generazioni a essere informate e dotate di adeguati strumenti di conoscenza della realtà e a esprimere la propria cultura;”
A me sembrerebbe preferibile un richiamo alle persone interessate piuttosto che alle “generazioni” e mi piacerebbe che al diritto all’espressione “della propria cultura” venisse unito il diritto alla pronuncia delle proprie opinioni.
Ma queste sono quisquilie rispetto agli indirizzi proposti che aprono strade importanti nelle politiche di riferimento.

La prossima legislatura sarà capace di raccogliere le raccomandazioni che seguono e farne norme di civiltà?.

Il gruppo CRC (www.gruppocrc.net) nel mese di dicembre dello scorso anno ha presentato il 3° Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, alla cui redazione hanno contribuito 144 operatori delle 96 associazioni del network.

Il gruppo CRC (Convention on the rights of the Child, Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza) è un network attualmente composto da 91 soggetti del Terzo Settore che da tempo si occupano attivamente della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ed è coordinato da Save the Children Italia.
Il Gruppo si è costituito nel dicembre 2000 con l’obiettivo prioritario di preparare il Rapporto sull’attuazione della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, supplementare a quello presentato dal Governo italiano, da sottoporre al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

Da anni ne riporto una particolare raccomandazione che subito trascriverò anche se ci troviamo in una situazione ridicola. Infatti il Gruppo pubblicava nel proprio sito il 3o Rapporto , raccomandando l’approvazione dell’impegno “sul diritto di tutti i bambini a essere registrati alla nascita, indipendentemente dall’estrazione sociale ed etnica e dallo status soggiornante dei genitori” , mentre il Senato di apprestava ad affossare la proposta di legge (lo scempio sarebbe avvenuto il 23 dello stesso mese con la chiusura dell’attività parlamentare).
Il comma 3 dell’articolo 2, che avrebbe soddisfatto la raccomandazione del Gruppo e del Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, finirà nel nulla quando la conclusione della legislatura segnerà la scomparse di tutto ciò che, pur elaborato nella legislatura, non rappresenta una legge approvata.
Resterà, ferma, inamovibile, approvata al tempo del quarto governo Berlusconi, tutelata da tre governi e ora traghettata dal governo Gentiloni alla prossima legislatura, solo la norma che le raccomandazioni di cui copierò in calce il testo chiedono di abrogare da anni.

Raccomandazione del Comitato ONU (Capitolo 3.1)
29. Il Comitato, richiamando l’accettazione da parte dello Stato Italiano della raccomandazione n. 40 dell’Universal Periodic Review, al fine di attuare la Legge 5 febbraio 1992 n. 91 sulla cittadinanza italiana, in modo da preservare i diritti di tutti i minorenni che vivono sul territorio nazionale, raccomanda all’Italia:
a) di assicurare che l’impegno sia onorato tramite la legge e di facilitarlo nella pratica in relazione alla registrazione alla nascita di tutti i bambini nati e cresciuti in Italia;
b) di intraprendere una campagna di sensibiliz¬zazione sul diritto di tutti i bambini a esse¬re registrati alla nascita, indipendentemente dall’estrazione sociale ed etnica e dallo status soggiornante dei genitori;
c) di facilitare l’accesso alla cittadinanza per i bambini che potrebbero altrimenti essere apolidi.

Raccomandazione del Gruppo CRC
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Parlamento, alla luce dell’urgenza di ottenere una riforma che faciliti l’ac¬quisto della cittadinanza italiana per i minorenni di origine straniera, di ap¬provare in via definitiva, prima della fine dell’attuale Legislatura, il disegno di legge S. 2092 – “Modifiche alla leg¬ge 5 febbraio 1992 n. 91 e altre dispo¬sizioni in materia di cittadinanza” – già approvato in prima lettura alla Camera nel 2015;
2. Al Parlamento di legiferare in modo da garantire il diritto alla registrazione per tutti i minorenni nati in Italia, in¬dipendentemente dalla situazione am¬ministrativa dei genitori, adeguando in tal senso l’ordinamento interno.

17 Gennaio 2018Permalink