17 novembre 2012 – La logica ci salverebbe ma se ne sono perse le tracce

Non era questa la strada che volevo seguire nel far sintesi ancora una volta della questione della registrazione anagrafica dei figli di persone senza permesso di soggiorno e dei loro diritti alle cure pediatriche ma, a seguito di quanto ho pubblicato il 15 novembre scorso, ho ricevuto un’informazione preziosa, la scheda che in Friuli Venezia Giulia viene illustrata ai mediatori di comunità che si occupano anche degli stranieri senza permesso di soggiorno (quelli identificati con il codice STP – stranieri temporaneamente presenti).
Ecco la scheda che illustra la possibilità di cure pediatriche (fino a 14 anni) ai figli di persone senza permesso di soggiorno facendo riferimento a una delibera della giunta regionale, emanata dalla giunta precedente quella ora in carica.

SCHEDA

Alcuni bambini rischiano di rimanere ai margini del sistema sanitario:

se viene loro negata l’iscrizione al SSN, le conseguenze possono essere:

–  accessi impropri ai Pronto Soccorso

– carenza di interventi di prevenzione  quali screening e bilanci di salute

– carenza di interventi di educazione

Assistenza primaria pediatrica a favore dei minori di anni 14 figli di cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno nella regione Friuli Venezia Giulia –

delibera Giunta Regionale n° 340 del 23.02.2007 

Considerando che il numero totale dei minori di anni 14 STP, presenti in Regione al 31.12.2006, secondo i dati forniti dall’INSIEL, ammonta a 57 unità e  ipotizzando un numero massimo di 5 visite annuali

1. I pediatri di libera scelta convenzionati dovranno effettuare le visite ambulatoriali e domiciliari anche favore dei minori di anni 14 in possesso del codice STP;

2. I pediatri di libera scelta convenzionati che effettueranno le visite occasionali a favore dei minori di cui sopra, saranno compensati con gli importi e secondo le modalità previste, rispettivamente, dai commi 3 e 4, dell’art. 56, dell’Accordo collettivo nazionale di cui in premessa.

3. I bisogni socio – sanitari, riscontrati nelle viste pediatriche occasionali, saranno segnalati, dai pediatri di libera scelta convenzionati, alle competenti strutture socio –sanitarie territoriali e ospedaliere;

 La DGR n. 340 27 febbraio  2007 è ’stata promulgata  tenendo conto delle:
Politiche internazionali, nazionali e regionali di tutela della salute dei minori
Indicazioni contenute nel documento finale della IX Consensus Conference e VII Congresso Nazionale SIMM ( aprile 2006)

Criticità rilevate nei confronti dell’assistenza sanitaria ai bambini stranieri STP che indicavano accessi impropri al PS e soprattutto carenza di interventi di prevenzione e di educazione alla salute

Garantisce l’ “Assistenza primaria pediatrica a favore dei minori di anni 14 figli di cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno” tramite l’accesso ai Pediatri di Libera Scelta

Le prestazioni dei PLS, nei confronti di minori in possesso di codice STP, sono configurate quali visite occasionali e sono retribuite dalle Aziende Sanitarie nell’ambito del finanziamento indistinto annualmente assegnato alle medesime e destinato alle attività istituzionali

—————–

Quindi

–        non solo il ministro Balduzzi è al corrente dell’esistenza degli immigrati senza permesso di soggiorno (la cui mancanza non inibisce la possibilità di procreare) e dei loro figli ma anche i consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia i quali con sciagurata negligenza non conoscono il contenuto delle delibere giuntali o fingono di non conoscerlo;

–        la regione FVG scarica la patata bollente a un’associazione che agisce al meglio ma non ha fra i suoi compiti quello di promuovere una campagna di informazione per i sindaci né di sollecitare i parlamentari ad assicurare  il ritorno alla legislazione precedente il 2009 il che, ripristinando la possibilità di registrare anche i figli dei sans papier, semplificherebbe tutte le procedure relative ai minori (oppure nelle istituzioni tutti sono complici di un turpe gioco alle scimmie non sagge: non vedo, non sento, non parlo?).

Ma su tutto questo tornerò.
Per ora mi limito a riportare una notizia per cui rinvio a un mio scritto del 31 luglio 2011  per consentirne una miglior comprensione

Don Abbondio risorge nel bergamasco.

Sebbene la Corte Costituzionale abbia cancellato la modifica intervenuta nel 2009 nel codice civile e reintrodotto l’assenza di obbligo di presentazione del permesso di soggiorno per i matrimoni, il sindaco di Terno d’Isola (BG) ha rifiutato di celebrare il matrimonio di un cittadino del Marocco privo di permesso di soggiorno.
Poi la questione è stata sanata e il matrimonio è stato celebrato da un’impiegata dell’ufficio anagrafe.
Per maggiori informazioni collego ai link de la Repubblica e de Il giorno.

17 Novembre 2012Permalink

23 ottobre 2012 – Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita

Uno spiraglio di vita per i bambini fantasma?

Concludevo il mio post precedente con un paragrafo che avevo intitolato: Chi vuole i bambini fantasma e che ora in parte ricopio

Se non posso far colpa ai parlamentari dissenzienti (e so che ce ne sono) dalla legge 94 (ho ricordato sopra il voto di fiducia) faccio una colpa che mi ripugna al silenzio di tutti i politici, non solo parlamentari ma anche sindaci che dovrebbero sentirsi offesi dal vulnus che la legge 94 impone al loro compito di farsi garanti della popolazione che nasce e vive nel loro territorio. A questo proposito ricordo un episodio squallido e ridicolo: mentre era ancora parlamentare l’on. Orlando aveva presentato una proposta di legge per sanare il vulnus inserito nel nostro ordinamento dalla legge 94 (l’avevo pubblicata nel mio blog 5 dicembre scorso)..

Ma, felicemente smentendomi (una, per ora una, eccezione c’è!) il 5 ottobre scorso la giunta del comune di Udine ha approvato una delibera che in parte riassumo, ricopiandone poi la parte dispositiva:

LA GIUNTA COMUNALE  …CONSIDERATO CHE

Seguono
– alcuni dati statistici sulla presenza straniera in Italia e a Udine (relativamente ai bambini);
– citazione di alcune affermazioni del Presidente della Repubblica in merito alla cittadinanza, relative al passaggio dallo jus sanguinis allo jus soli, come previsto dalla proposta di legge a iniziativa popolare;
– ricorda poi la modifica al testo unico sull’immigrazione, intervenuta con la legge 94 del 2009, che ha imposto la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione degli atti di stato civile e la circolare che, per gli atti di nascita, consente agli uffici competenti un comportamento difforme da quello previsto dalla legge

DELIBERA

1 di dar mandato al Sindaco di procedere con tutti gli atti necessari a sostegno del riconoscimento della cittadinanza italiana per lo jus soli ai figli nati in Italia da genitori entrambi stranieri regolarmente residenti e ai ragazzi arrivati in  Italia adolescenti, figli di cittadini non italiani regolarmente residenti e che abbiano compiuto un ciclo scolastico;

2 di attivare altresì ogni utile iniziativa per richiedere il ripristino della norma di legge che non prevede la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione delle nascite, come da testo precedente la legge 94/2009, prendendo atto che per ciò che concerne la registrazione degli atti di matrimonio a tanto ha provveduto la Corte Costituzionale con sentenza 245 del 25 luglio 2011.

Un mio commento

Mi soffermo solo sul punto 2 di cui questo blog si occupa da quattro anni, non senza notare che nel punto 1 la giunta del comune di Udine si è discostata dal testo della P.d.l. a iniziativa popolare sulla cittadinanza a proposito della definizione dell’età pur salvando il principio fondamentale del passaggio dallo jus sanguinis allo jus soli.

Il punto 2 dà mandato al Sindaco perché operi nelle sedi opportune al fine di ripristinare il Testo Unico sull’Immigrazione come precedente il cd pacchetto sicurezza del 2009, esonerando quindi i genitori del nuovo nato dalla presentazione del permesso di soggiorno.
Voglio sottolineare qui che – a seguito di una sentenza 245/2011 della Corte Costituzionale correttamente citata – il vulnus introdotto nel 2009 è stato superato per i matrimoni.
Nessuno però si è preoccupato di agire in modo trasparente e responsabile in nome dei neonati – come una coppia cui era stato negato il diritto al matrimonio e che, con la denuncia presentata, ha aperto la via della correzione della legge.
Voglio ostinatamente sperare che il richiamo al Sindaco di Udine, presentatogli dalla sua giunta, diventi operativo (e che quindi chi tale richiamo ha voluto ne verifichi con costanza il percorso efficace)  e che altri comuni seguano l’esempio di quello udinese che, a mia conoscenza, è il primo in Italia a dignitosamente occuparsi della questione.
Spero non prendano esempio dai parlamentari dell’IDV che hanno bellamente dimenticato la proposta di legge a suo tempo presentata dall’on. Orlando che risolverebbe il problema se non giacesse in Parlamento negletta e ignorata.

Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita

Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi”.
Così dice il comma 1 dell’art 7 della legge 27 maggio 1991, n.176  Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989.
Ed è importante (al di là dell’infelice traduzione: perché non dire minore?) ricordare anche l’art. 2 della stessa legge che al comma 1 recita: “Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza”.

Spero che il sindaco di Udine quando onorerà l’impegno che la giunta gli ha attribuito avrà sempre presente a quale alto livello politico si sta ispirando e non scivoli nella melassa dell’assistenzialismo.

 

 

 

 

 

 

23 Ottobre 2012Permalink

12 gennaio 2012 – Il futile ci può annientare (seconda e ultima puntata)

Futilità diffuse

Avevo concluso la prima puntata con una citazione di Saba: “Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli!”.
Saba  scriveva durante il regime  fascista, forse durante una guerra coloniale o la seconda guerra mondiale. e la parola ‘uccidere’ gli veniva diretta e spontanea. Oggi la situazione è più viscosa, ma non meno drammatica perché, se qualcuno può permettersi di riferire a una sorta di cupo folclore squadre securitarie padane e organizzazioni neonaziste (ma almeno gli omicidi di Firenze dovrebbero insegnarci qualche cosa!) , stiamo uccidendo, soffocandoli nel ‘futile’, i fondamenti della nostra democrazia che è base per una nostra decente convivenza.
Certamente sarà importante una modifica della legge elettorale (ma ci sarà? Saprà il parlamento, dopo la bocciatura della consulta, trovare un guizzo di dignità e approvare un’altra legge?)  che ci consenta di votare scegliendo persone competenti e responsabili, che non siano il frutto di giochi di segreterie di partito che sono riuscite a selezionare (qualche eccezione a parte) il peggio del peggio.
Le persone  ‘futili’ evidentemente galleggiano meglio di chi si assume il peso del pensiero articolato e della conseguente responsabilità.
E le persone futili abbondano ovunque.

Il mio microcosmo regionale

Continuo ad osservare la deriva nel mio  microcosmo perché ritengo che non si debba sottovalutare l’importanza delle realtà istituzionali locali e delle manifestazioni locali della società non sempre civile.
Avvicinandomi alla conclusione della precedente puntata avevo detto che avrei ripreso il mio esame della proposta di legge regionale n. 62:  <<Politiche della pace, non violenza attiva e salvaguardia dei diritti umani nella regione Friuli Venezia Giulia>> (Presentata il 14 aprile 2009).
E’ firmata da 10 consiglieri così suddivisi nei gruppi di appartenenza: PD (5), La Sinistra L’Arcobaleno  (3),  Cittadini  – Libertà civica (1), Italia dei Valori – Lista Di Pietro (1).
Ho seguito l’iter della proposta già durante la legislatura precedente (quando, con diversa maggioranza, era un disegno di giunta) e mi ha lasciato più che perplessa, sgomenta.
Infatti durante la procedura iniziale venivano convocate associazioni e organizzazioni interessate che erano inviate a dire i propri desideri su obiettivi da introdurre in legge senza che vi fosse un quadro delle funzioni proprie della regione in materia. 
Mai ho sentito una ben articolata valutazione  dell’art. 117 della Costituzione (come modificato nel 2001 e mai citato neppure nella relazione introduttiva alla proposta) che – dopo una lunga e puntuale elencazione delle materie legislative di competenza esclusiva dello stato, recita:  “Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni” (e via nuovamente elencando). 
Per mia esperienza non c’è stata mai risposta articolata a considerazioni e critiche pur espresse finché alla fine di quella strana procedura si è manifestato il consenso di chi aveva titolo a rappresentare le associazioni più interessate alla materia, certamente con parole alte e nobili, ma che si limitavano all’esegesi dei termini del titolo della proposta di legge.
Non avendo ricevuto spiegazioni in proposito mi attengo alla mia interpretazione che tutte le indicazioni in materia di ‘Politiche della pace, non violenza attiva e salvaguardia dei diritti umani’  sono sottratte alla competenza del consiglio regionale e, affidate a uno strano organismo (Agorà della pace) funzionale più a una delega che alla partecipazione, verranno attuate dall’Amministrazione regionale in un clima – a mio parere- più di clientela che di buon governo.
Chi volesse leggere la proposta di legge n. 62 potrà farlo anche da qui.
Io non posso che considerare provvidenziale –in un quadro certamente riferibile a un principio di eterogeneità dei fini – il fatto che l’attuale giunta regionale mai farà passare una simile norma, per motivi evidentemente opposti a quelli che hanno ispirato le mie valutazioni.

Il mio microcosmo comunale

Se una sedicente sinistra in regione è all’opposizione, nel comune di Udine invece governa ma, per i problemi di cui mi sto occupando, è altrettanto sconsolante.
Quando mi resi conto che nel pacchetto sicurezza c’era una norma, criptica ma ineludibile, che impediva la registrazione degli atti di stato civile per chi non disponesse del permesso di soggiorno pensai che chi ha l’onore e l’onere di registrarli (cioè il sindaco nella sua funzione di ufficiale di stato civile) dovesse sentirsene turbato e reagire.
Reazioni del sindaco non ne ho viste  ma un componente della sua giunta, cui avevo ingenuamente scritto, mi ha fatto sapere che io sono una persona che quando sbaglia non si corregge.
Mai rampogna fu così illuminante: infatti mi accompagnerà al momento del voto, quando starò ben attenta a non sbagliare,  dato che ho appreso da rimprovero autorevole che non potrei poi correggermi.
E’ un altro interessante esempio di eterogeneità dei fini.
Ora la strada dell’errore che avevo descritto (per ciò che concerne le nascite) nel mio articolo pubblicato il 15 marzo scorso (raggiungibile da qui) ha due fermi paletti che mi sembrano interessanti (anche se forse infastidiranno il sullodato assessore): uno riguarda i matrimoni la cui celebrazione non richiede più – e lo dice la Corte costituzionale- la presentazione del permesso di soggiorno (si veda il mio articolo del 2 luglio   scorso, raggiungibile da qui), l’altro è la presentazione della proposta di legge Orlando (si veda il mio articolo del 5 dicembre scorso, raggiungibile anche da qui).
Speriamo che il parlamento la discuta.   

E adesso?

Adesso il peso di quella negazione della registrazione delle nascite personalmente mi turba meno: il fatto che vi sia una proposta di legge (opportunamente affidata non ad organismi che si occupano di assistenza ma alla commissione Affari Costituzionali) mi rassicura.
Continuo però a chiedermi perché nessun parlamentare abbia sentito prima d’ora il dovere di reagire pur constatando come la Corte Costituzionale, via via interpellata, faccia a pezzi il pacchetto sicurezza e ciò che ne consegue anche nelle leggi regionali.
Non dimentico che la sollecitazione all’on. Orlando è venuta da una consigliera provinciale donna, anche se l’esperienza degli ultimi anni mi ha tolto ogni speranza nella determinazione di una ragionevolezza di genere che sembra dissipata, salvo casi personali.
E continuo a chiedermi quanti matrimoni siano stati negati –da sindaci umiliati a podestà- a chi non possedeva il permesso di soggiorno nei due anni trascorsi fra l’approvazione della legge e la sentenza della Consulta.
Adesso mi dedicherò ad aggiornare e rinnovare i modi di comunicazione del mio blog che negli ultimi anni aveva doverosamente scelto di essere quasi monotematico.

12 Gennaio 2012Permalink

12 dicembre 2012 – I custodi dell’imene

La prima vittima: fra apparenza e realtà 

Una ragazzina denuncia uno stupro, discinta e insanguinata (almeno così la descrivono i giornali) risulta credibile e… ma sui risultati di questa credibilità tornerò dopo.
Ora voglio soffermarmi su di lei, per cui provo una grande pena.
Quando si rende conto dei risultati della sua denuncia, confessa: aveva inventato tutto.
Si trattava di una bugia difensiva perché la famiglia la voleva –povero oggetto che la compravendita tribale pretendeva integro alla prevista consegna– vergine fino al matrimonio.
Se la storia finisse qui potremmo pensare al normale sacrificio della dignità e della decenza altrui in nome di un arcaico, ma non concluso, mercato matrimoniale, in onore della famiglia patriarcale dove, se il patriarca è padrone, trova sempre complici servili quale che ne sia il genere e quale che ne sia la religione, se in una religione il clan si riconosce.
Ma la storia non finisce qui perché la ragazzina, istintivamente, capisce (o almeno io capisco così) che deve stornare l’interesse dei sui familiari-custodi dal suo imene e rivolgerlo ad altri.
Gli altri sono lì, pronti all’uso, pubblicamente pubblicizzati senza riserve di consapevolezza.
Così aveva affermato un deputato della Lega Nord: “Ora che la pioggia è riuscita nell’impresa in cui aveva fallito il sindaco Piero Fassino, ossia lo sgombero del campo nomadi abusivo sul Lungo Stura Lazio, mi auguro che il comune provvederà all’identificazione di tutti gli irregolari che vivevano in quel campo”.
E’ un’affermazione che a suo  tempo avevo letto da varie parti e che ora ho ritrovato e rendo leggibile da qui, riportando alla fine anche l’indirizzo della fonte * per esteso. 

E che i ‘colpevoli’ fossero pronti all’uso quella poveretta lo sapeva, probabilmente glielo avevano detto in casa se si è sentita in dovere di precisare che i suoi stupratori erano zingari e alla sua dichiarazione (che saranno i carabinieri a verificare non i familiari) questa famiglia, evidentemente ben organizzata,  riesce a promuovere immediatamente una crociata contro i campi rom, ripercorrendo l’antica lezione dei crociati storici che, strada facendo, non si facevano scrupolo di devastare le comunità di ebrei che la chiesa aveva indicato come deicidi.
Ognuno ha il suo dio e ognuno i suoi nemici da combattere!
C’è da sperare che ora la povera ragazzetta non sia mutilata per sempre della gioia di un fondamentale rapporto umano ma che qualcuno l’aiuti, nel far pace con se stessa (ma sarà mai possibile?), a farsi forte di quel senso di responsabilità e rispetto di sé di cui finora è stata derubata (e questa sì è violenza e di questo furto quella poveretta è stata ed è veramente vittima). 

Nella realtà, le altre vittime

Mentre la marcia proseguiva il fratello della ragazzina veniva a conoscenza della verità e –sempre che i giornali non mentano – si precipitava a fermare l’avanzata dei neo crociati, ma era troppo tardi. Chi risarcirà ora i rom cui è stata risparmiata solo la vita?

 

Ma i rom non sono le sole vittime del pregiudizio e del bisogno del capro espiatorio .
Non posso non pensare a tutti i ‘no’ che mi sono stati detti quando cercavo di sostenere la necessità di modificare la legge che pretende la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione della nascita, negando quindi – ai figli di sans papier e ai sans papier stessi – il diritto alla genitorialità.
E’ chiaro che dalla negazione di questo diritto discendono una serie di danni che non sto qui a ricordare (ne ho scritto per tre anni nel mio blog, chi volesse farne memoria può attivare i tag anagrafe e bambini).
Ora c’è una proposta di legge che vuole dare dignità al nostro patto sociale superando  la ferita profonda che nega il riconoscimento dell’esistenza per ragioni burocratiche (ne ho scritto nel mio blog il 2 e il 5 dicembre). Sarà sostenuta? Non lo so. 

Resta per me la ferita provocata da una politica che, a parte la scelta di mezzi cartacei e non fisici, ritengo perfettamente parallela e consona alla marcia dei neocrociati torinesi e, soprattutto, permane l’orrore che mi ha provocato l’indifferenza dei sindaci a fronte del ruolo di garanti del  territorio che dovrebbero governare, ruolo loro negato in legge a danno dei più deboli. Ed estendo questo orrore alle chiese (metto in primo luogo quella cattolica per il potere sulle coscienze e politico che le è riconosciuto) nei riguardi di questo problema. 

Nota che vorrei inutile, ma so che non lo è:  So bene che una circolare, precipitosamente emanata dall’allora ministro dell’interno Maroni, ha ‘concesso’ la registrazione anagrafica per i figli dei sans papier, ma una circolare non è legge e in legge il divieto permane.
Anche di questo ho scritto in questo mio blog e voglio segnalare che l’unica realtà associativa che, a mia conoscenza,  abbia colto il significato di questo problema (prima della proposta di legge di cui ho riferito) è stato il GrIS (Gruppo immigrazione e salute del Friuli Venezia Giulia) di cui riporto per esteso il comunicato emesso il 28 ottobre scorso (leggibile alla fonte da qui). 

Un segno di civiltà – il comunicato del GrIS

Il Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS) Friuli Venezia Giulia (della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – SIMM) ha aderito alla campagna ‘L’Italia sono anch’io’ che promuove due proposte di legge a iniziativa popolare relative ai diritti dei migranti.
In particolare il GrIS del FVG ritiene che la proposta di Nuove norme sulla Cittadinanza, riconoscendo ad ogni nuovo nato in Italia il diritto ad esserne cittadino, attengano direttamente ai propri obiettivi di promozione della salute come diritto umano al completo benessere fisico, mentale e sociale, come ribadito, nel maggio di quest’anno, dalle “Raccomandazioni finali dell’XI Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni”
Poiché è chiaro che un diritto è tale solo se si declina in termini di uguaglianza, il GrIS del FVG non può non guardare con preoccupazione alla legislazione in vigore che – dal 2009- impone ai migranti irregolari che vogliano registrare la nascita del proprio figlio la presentazione del permesso di soggiorno, documento che – per definizione – non possiedono.
Qui non si tratta di attribuzione di cittadinanza ma di garantire ad ogni bambina e ad ogni bambino sin dalla nascita, un nome e una nazionalità, come vuole la Convenzione di New York del 1989 che in Italia è legge (n.176/1991) evitandone la discriminazione in nome di un cavillo burocratico.
L’assenza di un certificato di nascita comporta gravi conseguenze per la tutela della salute.
Siamo al corrente che è stata precipitosamente emanata dal governo, a pochi giorni dall’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ una circolare interpretativa che apre una procedura che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite.
Ma ciò non basta.
La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 del 2009 (cd. pacchetto sicurezza).

 

NOta finale: 

Al riferimento  della fonte * relativa alle dichiarazioni pro alluvione di un deputato leghista aggiungo anche alcuni riferimenti ad articoli di giornali che descrivono la vicenda della efficace crociata torinese 

* http://www.polisblog.it/post/12287/per-la-lega-lalluvione-a-torino-sgombera-i-campi-rom-dato-di-fatto-o-razzismo  

http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/12/12/news/santini_ovunque_e_tapparelle_chiuse_sandra_piange_ora_come_ne_esco-26452967/?ref=HREC1-4 

http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/12/11/news/torino_ultr_bruciano_il_campo_ro
m_terrore_per_uno_stupro_inventato-26420781/?ref=HREC1-1  

http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_10/torino-caccia-stupratori_46a32a40-2341-11e1-bcb9-01ae5ba751a6.shtml  

http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/433883/

12 Dicembre 2011Permalink

2 dicembre 2011 – Una storia noiosa e qualche commento.

Alcune tappe di una storia noiosa.

Il 2 agosto del 2010 l’on, Orlando ha presentato un’interrogazione sulla questione che potrete leggere da qui.
Nel timore che finisse nel calderone delle interrogazioni inevase ho scritto al Presidente della Camera, per sollecitarlo a garantire un riscontro alla interrogazione Orlando.
La relativa corrispondenza può leggere qui.
Il sollecito del Presidente della Camera ha portato a una risposta scritta dell’allora sottosegretario Davico, un piccolo capolavoro di sintesi della rozzezza di un’intelligenza devastata dal pregiudizio che merita una lettura per aiutarci a ricordare quel che abbiamo passato e forse superato (ma non sono sicura).
Il 6 dicembre 2010 la Società Italiana  di Medicina delle Migrazioni (SIMM) affrontava il problema  in un suo documento. Il tema sarebbe stato ripreso il 24 dicembre di quest’anno in un comunicato del GrIS del Friuli Venezia Giulia, Gruppo locale Immigrazione e Salute della SIMM.
Sempre nel dicembre 2010 ho scritto al Presidente della Repubblica che mi ha risposto tramite, naturalmente, la sua segreteria  (corrispondenza leggibile da qui).
Per ciò che concerne l’informazione locale devo segnalare che, oltre al comunicato del GrIS citato sopra, ho sempre trovato spazio sul mensile udinese Ho un sogno e ho potuto scrivere un articolo su Il Gallo di Genova lo scorso mese di marzo.

L’amaro piacere di qualche commento

Evidentemente non riesco a liberarmi da ingenuità che l’esperienza imposta dall’età non dovrebbe consentirmi e quindi sono rimasta sconcertata dalle reazioni  che ho avuto modo di registrare quando parlavo  del problema della registrazione anagrafica dei figli di sans papier. Nello stesso tempo voglio tenere ben fermo il mio diritto all’indignazione e, qualche volta, al disgusto.
Mi è stato detto che ‘non è possibile quindi non è vero’, che ‘in questa situazione (Berlusconi ancora regnante) non ci sentiamo di parlare’, che ‘non protestiamo, ci affidiamo alla  sensibilizzazione’ o –meglio- ‘alla pancia’ (testuale e detto da donne … signore mie se nel ’74 ci fossimo avvitate sulle emozioni delle nostre pance non avremmo il divorzio!) e via blaterando…
Drammaticamente in molte associazioni ci si è affidati alla circolare del 2oo9 che ‘interpreta’ la legge dicendone il contrario e ammettendo quindi la registrazione anagrafica dei neonati.
Altro non poteva fare quello sciagurato ministero dell’interno, pena subire un richiamo da parte delle istituzioni europee, ma, se va detto ad onore degli operatori che collegando circolare e altre norme a tutela della maternità presenti nel testo unico del 1998 (che né la legge Bossi-Fini né il pacchetto sicurezza erano riusciti a cancellare),  riuscivano a proteggere neonati e genitori, non posso dimenticare che anche in associazioni sedicenti democratiche e sensibili (sic! Odio la sensibilità incompetente!|) correva voce che la situazione fosse sistemata, appunto con la circolare.
Ormai il criterio della beneficenza dilagante ad onore (e forse piacere) di chi la pratica e l’abbandono programmatico di ogni dignità di cittadinanza percorre –da destra a sinistra- tutta la nostra società che fu civile.
Per carità di patria non mi soffermo sul silenzio dei sindaci, pavidi minuscoli podestà, ignari del ruolo che dovrebbero esercitare nei confronti di tutti coloro che vivono – e nascono – nel loro territorio.

I matrimoni

A proposito della mia ingenuità colpevole di cui sopra, pur sapendo che la legge 94 del 2009 (lettera g comma 22 articolo 1) colpiva tutti gli atti di stato civile –e quindi oltre alla registrazione delle nascite negava anche quella dei matrimoni di chi non potesse presentare titolo di soggiorno – mi ero concentrata sulle nascite perché mi sembrava che la guerra ai neonati fosse quanto di più ripugnante si potesse segnalare (e comunque a tanto non erano arrivate nemmeno le leggi razziali del 1938).
L’indifferenza generale mi ha insegnato che non è così e, se la Corte Costituzionale è potuta intervenire a cancellare il divieto a celebrare matrimoni di persone prive di permesso di soggiorno (il pacchetto sicurezza aveva provveduto anche a una modifica del codice civile!), è stato perché una coppia mista  ha fatto ricorso contro il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di non so quale comune siciliano  e ha vinto la causa, per sé e per tutti gli altri che si troveranno nelle stesse condizioni (ma chi rimedierà ai danni compiuti nei due anni trascorsi? Chi chiederà perdono per aver negato l’esercizio di diritti fondamentali che spettano a tutti in condizioni di uguaglianza?  E a chi? Non credo che i sindaci che abbiano detto no alla celebrazione di matrimoni di sans papier abbiano preso nota del nome delle persone offese nell’ipotesi di poter rimediare in futuro).
Bisogna rendere onore a quei pochi che ancora esercitano il loro dovere di parola là dove è possibile, che ancora sanno cosa significhi un diritto  e non si limitano all’urlo o al piagnisteo che collega – in un sordido clima emotivo – chi non sa – o non vuole – fare altro.
Particolarmente interessante a questo proposito la posizione della chiesa cattolica i cui ministri di culto  nell’atto di celebrare matrimoni sono ufficiali di stato civile e si sono accodati al no dei sindaci che, consapevoli o inconsapevoli che fossero, li coinvolgeva.
Sull’argomento matrimoni, di cui ho trovato notizie nel sito della Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI),  ha pubblicato un mio articolo la rivista Confronti (novembre 2011 –www.confronti.net).

2 Dicembre 2011Permalink

4 ottobre 2011 – Ho ricevuto due comunicazioni

Due notizie connesse

Le due notizie sono connesse: si riferiscono infatti all’articolo della legge 94 del 2009, quella che con un inconsapevole ossimoro, è stata chiamata ‘pacchetto sicurezza’.
Ho commentato più e più volte quella norma (la lettera 9, del comma 22 dell’art.1) che in sostanza impone (modificando il Testo Unico fino a quel momento in vigore) la presentazione del permesso di soggiorno per chi voglia registrare atti di stato civile.
Ora la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di tale richiesta in caso di matrimoni (che ho illustrato nel mio pezzo del 31 luglio, raggiungibile anche da qui)
Per ciò che riguarda le nascite a tanto aveva provveduto una circolare emanata a pochi giorni di distanza dall’approvazione del pacchetto sicurezza, circolare che pure ho illustrato – insieme alle mie riserve di principio – nel mio scritto del 15 marzo.
A questo punto mi sarebbe piaciuto chiedere al genitore sans papier, che mi ha inviato la nota di commento, di illustrarci la sua situazione, ma non l’ho fatto e non lo faccio, perché rispetto la sua probabile paura e non voglio essere causa di un’imprudenza.

Disobbedienze (in)civili

Non contenta di un’incongruenza trovata nello scritto di Repubblica, ho voluto risalire alla fonte e, in un sito governativo che raccoglie rassegna stampa, l’ho trovata in un ineffabile articolo de La Padania, datato 27 luglio “Il carroccio si ribella. No ai matrimoni di comodo”.
Sottotitolo: “Dopo la sentenza della Consulta, la Lega farà ricorso alla ‘disobbedienza’”.
“Mazzatorta duro: “I mostri sindaci non sposeranno mai i clandestini”.
Per la cronaca il duro Mazzatorta è sindaco del Comune di Chiari (Brescia) nonché senatore.
Superato lo sgomento per un sindaco che si rifiuta al suo ruolo di ufficiale di stato civile e non succede nulla – o nulla si sa in merito (e il prefetto che fa?)– trovo un’affermazione sconcertante in un virgolettato che ricopio (sono sempre parole del sullodato senatore): “Noi applicheremo l’articolo 6 della legge Bossi Fini che noi abbiamo introdotto nel 2009 e che prevede che siano richiesti i documenti per tutti i procedimenti amministrativi, compresi quelli di stato civile”.

Un po’ di esegesi

Prima di tutto la cronologia:
La cd. Legge Bossi Fini – o meglio  la legge 30 luglio 2002 n, 189 – precede di ben sette anni il riferimento al 2009, proposto dal sindaco-sen. Mazzatorta.
– E poi va considerata anche la connessione fra numeri buttati là e contenuto delle norme cui dovrebbero riferirsi:
Quel 2009 suggerisce forse una pista interpretativa.
Appartiene infatti al 2009 la legge 94 (più nota come ‘pacchetto sicurezza’)  e la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 prevede esattamente ciò che il nostro descrive ma  lo fa a modifica del comma 2 dell’art. 6 del Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” e non all’interno della Bossi Fini, improponibile per sconnessione temporale.
Io ho scelto un’esegesi del pensiero del sen. Mazzatorta che cerca di dare un senso a tutti i numeri. Se qualcuno ha un’interpretazione migliore può proporla alla voce commento.

Quando gli ufficiali di stato civile disobbediscono.

E’ evidente che a fronte di tanta tracotanza la paura di un genitore a dichiararsi tale, se irregolare, è legittima.
Quanti bambini non hanno il certificato di nascita a seguito delle operazioni amministrative della Lega?

E non solo. Anche se –comuni legadipendenti a prescindere—i sindaci, nella loro veste di ufficiali di stato civile, dal 25 luglio celebrano i matrimoni degli irregolari senza chiedere il permesso di soggiorno quante coppie hanno dovuto rinunciare a formalizzare la loro unione nei due anni precedenti quando tale permesso era documento necessario?
Abbiamo notizia di due che hanno parlato (Trento e Catania), quanti hanno rinunciato a sposarsi?
E di questi quanti avrebbero celebrato il matrimonio con rito cattolico concordatario e ora sanno che di loro una gerarchia –spesso loquace oltre il lecito in materia di leggi dello stato – si disinteressa?

4 Ottobre 2011Permalink

6 agosto 2011 – La situazione migliora ma io sono sempre turbata.

Il 31 luglio ho scritto della sentenza della Corte costituzionale che cancella il comma dell’articolo 116 del codice civile (aggiunto a seguito dell’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ – legge 94/2009) che impone allo straniero che voglia contrarre matrimonio la presenta zione del titolo di soggiorno

E’ stata immediatamente emessa una circolare che comunica tale sentenza anche ai sindaci,
 E allora perché continuo ad interrogarmi e a non sentirmi tranquilla?

Le ragioni sono tre:

–         la prima è che la sentenza della Corte nulla dice in merito al permanere della modifica all’art. 6 comma 2 del testo unico relativo alla disciplina dell’immigrazione, di cui tante volte ho scritto riferendo della norma che cancella la deroga alla presentazione del titolo di soggiorno per gli atti di stato civile (ho scelto di riferirmi non al sito in cui ritrovare la circolare in questione ma a un testo che ne spiega la natura, assicurandone nel contempo il link);

–         la seconda è la constatazione che la sentenza della Corte non si estende al problema delle nascite e delle dichiarazioni di morte (né lo poteva fare dato che in queste materie a quanto mi consta non vi erano denunce che l’attivassero);

–         la terza è la delusione in merito alla insignificanza della società civile e conseguentemente di una politica che –vuoi per l’ignoranza di chi è deputato a decidere a tutti i livelli istituzionali o quasi, vuoi per la ricerca del consenso ad ogni costo, obiettivo se non unico almeno prioritario di scelte che furono politiche – si dimostra indifferente al problema dei diritti civili.

A questo punto comunque:

–         la possibilità di celebrare matrimonio anche per chi non disponga di titolo di soggiorno è affermata per legge;

–         la possibilità di registrare le nascite è assicurata da una circolare (anche qui ho scelto di riferirmi non al sito in cui ritrovare la circolare in questione ma a un testo che ne spiega la natura, assicurandone nel contempo il link)

–         della possibilità della denuncia della morte di un proprio congiunto in condizioni di sicurezza non si sa nulla.

Voglio riportare alcune delle norme citate nella recente sentenza della Corte Cost,   
Resta pur sempre fermo – come questa Corte ha di recente nuovamente precisato – che i diritti inviolabili, di cui all’art. 2 Cost., spettano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», di talché la «condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi» (sentenza n. 249 del 2010)”.

Vorrei che queste parole fossero lette anche da chi ha ridotto il soddisfacimento dei diritti dei migranti ad azioni di beneficenza, che – per quanto nobili –sempre beneficenza restano.

La Corte inoltre ci ricorda che anche il contrasto della negazione  a contrarre matrimonio per chi sia privo di titolo di soggiorno con l’articolo 117 della Costituzione che afferma: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.
In merito ai matrimoni la “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” (C.E.D.U.), firmata – nel suo testo originario- a Roma il 4.novembre 1950, afferma all’art. 12 cheUomini e donne, in età matrimoniale, hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto”

E infine la Corte ci ricorda che: È, infatti, evidente che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare. Ciò comporta che il bilanciamento tra i vari interessi di rilievo costituzionale coinvolti deve necessariamente tenere anche conto della posizione giuridica di chi intende, del tutto legittimamente, contrarre matrimonio con lo straniero.
Ed è anche evidente a questo punto la necessità di un intervento del Parlamento su norme già originariamente confuse se non criptiche e ora spezzettate dagli interventi della Corte Costituzionale, che ne richiedono un intervento organico.

Ci sarà un deputato o un senatore che abbia la competenza e la volontà di provarcisi anche se eletto in una lista bloccata secondo la garanzia prioritaria dell’appartenenza e della fedeltà a un partico come che sia?

6 Agosto 2011Permalink

31 luglio 2011 – Le ragioni di un turbamento

Chi legge questi diari sa – e comunque ne sono ben consapevole io che li scrivo a mia futura memoria– che da più di due anni mi occupo della registrazione della nascita dei figli dei migranti senza permesso di soggiorno e che ho, con testarda, ottusa, stupida fiducia, cercato di trasferire il problema a istituzioni, partiti politici, organizzazioni della società che civile (?!), convinta che la loro voce sarebbe stata più forte della mia.
Ma la voce non c’è stata, mai.
E continuavo a pensare che l’indifferenza di fronte alla questione fosse dovuta soltanto al fatto che i neonati non fanno opinione (a meno che non siano usati per promuovere la vendita di pannolini, omogeneizzati ecc. ecc.) e che perciò far loro riferimento fuori del contesto sentimental-commerciale non provocasse l’obiettivo esclusivamente perseguito del consenso,
E invece l’indifferenza era molto più profonda: si allargava all’impianto istituzionale, fondante la nostra vita di relazione assicurato dai principi che la Costituzione (invano ?) definisce.
E non avevo valutato fino in fondo la ferita inferta al nostro ordinamento e lo scivolamento, sempre più precipitoso, in una deriva razzista.

Nascite e matrimoni

Certamente mi era noto il significato della soppressione delle parole “per quelli inerenti agli atti di stato civile” che sottraeva la registrazione delle dichiarazioni di nascita morte e matrimonio dall’obbligo della presentazione del titolo di soggiorno. Erano parole contenute nel “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” (Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).
Le “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” (il cd pacchetto sicurezza del 2009) crearono l’obbligo della presentazione di quel documento che, per definizione, i migranti irregolari non possiedono.
Per chi volesse documentarsi ricordo solo uno dei miei tanti interventi, l’articolo pubblicato dalla rivista Il Gallo e trascritto in questo blog il 15 marzo scorso.
Ora la questione è non solo evidente ma formalmente affrontata dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 245 dd. 25 luglio 2011.

La Corte Costituzionale si esprime sul matrimonio.

Ricopio dalla sentenza della Corte:

1.— Il Tribunale ordinario di Catania ha sollevato – in riferimento agli articoli 2, 3, 29, 31 e 117, primo comma, della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano». 

1.1.— In punto di fatto, il Tribunale remittente premette di essere stato adito da una cittadina italiana e da un cittadino marocchino per la declaratoria dell’illegittimità del diniego opposto dall’ufficiale dello stato civile alla celebrazione del loro matrimonio. 

[omissis]

Il 31 agosto 2009, l’ufficiale dello stato civile aveva motivato il diniego alla celebrazione del matrimonio per la mancanza di un «documento attestante la regolarità del permesso di soggiorno del cittadino marocchino», così come previsto dall’art. 116 cod. civ., come novellato dalla legge n. 94 del 2009, entrata in vigore nelle more

[omissis a questo punto la Corte elenca – con preziosa puntigliosità- gli articoli della Costituzione connessi al problema e in seguito quelli relativi a documenti dell’Unione Europea]

E infine:  dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».

perché

il matrimonio costituisce espressione della libertà e dell’autonomia della persona, ed il diritto di contrarre liberamente matrimonio è oggetto della tutela di cui agli artt. 2, 3 e 29 Cost., in quanto rientra nei diritti inviolabili dell’uomo, caratterizzati dall’universalità. Inoltre, l’art. 31 Cost., nel sancire che la Repubblica agevola la formazione della famiglia, «esclude la legittimità di limitazioni di qualsiasi tipo alla libertà matrimoniale»”.


E la nascita?

Non voglio allungare questo diario. Rinvio quindi (oltre che ai tag che collegano questo testo ad altre mie pagine) alle sottolineature che ho apposto ai frammenti di testi della sentenza ricopiati che possono rendere evidente l’analogia con la situazione dei neonati privati del certificato di nascita, primo fondamento della libertà e dell’autonomia della persona, diritto inviolabile e perciò caratterizzato dall’universalità,  testimonianza fondante la presenza del nuovo nato nella famiglia cui invece è impedito di accoglierlo se non subendo una minaccia che può essere insostenibile, l’espulsione.
Mi si è detto che la circolare n. 19 del 7 agosto 2009 sistema tutto.
E’ tristissimo e preoccupante trovare persone (che si autoproclamano democratiche) che accettano di vedere un principio, che appartiene ai diritti fondamentali dell’uomo, umiliato a una procedura consentita da una circolare e negata invece da una legge che appartiene a tutti noi.  
Ed è forse ancor più triste vedere associazioni che – pur perseguendo a proprio uso interno nobili finalità – –non si oppongano a una simile norma e alle sue applicazioni (non dimentichiamo che la questione degli aspiranti  coniugi di Catania nasce dal diniego opposto dall’ufficiale dello stato civile alla celebrazione del loro matrimonio. E tante volte avevo cercato, invano, di porre la questione del ruolo dei comuni in questa vicenda).
Gli sposi di Catania (come quelli di Trento, di cui ho già scritto) sono evidentemente adulti, hanno potuto disporre dei mezzi per affidarsi a un tribunale, i neonati non hanno questa possibilità, né l’hanno – di norma – i loro genitori. Erano affidati alla custodia di tutti, quella che si esprime attraverso le reazioni della società civile e delle forze politiche, capaci di trasferire il loro impegno a livello istituzionale. Ma nessuno ha voluto far nulla.
Se volessimo ricordare che la maggioranza che ha voluto questa legge che, pezzo per pezzo, la Corte Costituzionale sta smontando, è la medesima che pochi giorni fa ha negato il riconoscimento di pregiudizi omofobici come aggravante in caso di violenza, le analogie con le prime leggi razziali italiane –e il costume di allora- si farebbero fortissime e potrebbero indurci a significative considerazioni, ma restiamo al presente.


Sulla pelle dei neonati si consolidano poteri forti.

Sappiamo che i matrimoni celebrati nell’ambito della chiesa cattolica seguono –salvo eccezioni – l’iter concordatario e che, se celebranti del sacramento sono gli sposi, il sacerdote che testimonia il loro patto in quel momento è ufficiale di stato civile, quindi deve comportarsi –perché il matrimonio sia valido agli effetti civili – secondo le norme del codice che ne assicurano la regolarità.
Ne ho già scritto nel mio pezzo del 21 maggio ma ci tengo a precisare che le indicazioni della Corte Costituzionale che sopra ho trascritto ora valgono anche come indirizzi per la chiesa cattolica che in questi ultimi due anni si è invece adeguata a una norma che viola i diritti umani fondamentali. Certamente la chiesa cattolica non ha opposto un rifiuto diretto a chi avesse voluto celebrare il matrimonio secondo il rito cattolico e non ne avesse i titoli. Non ne aveva bisogno. Il rigetto di un diritto fondamentale era invisibile.
Infatti ogni richiesta dei sans papier si sarebbe scontrata,  prima che venisse aperta la procedura ecclesiastica, con l’infame codicillo aggiunto all’art. 116 del codice civile  dal pacchetto sicurezza, «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».
La chiesa cattolica nelle sue espressioni gerarchiche – e non solo – ha chiacchierato di famiglia, di vita, di figli e quant’altro in un clima di ipocrisia che io trovo offensivo e che la beneficenza, che pur viene esercitata, non riscatta.
In molte realtà parrocchiali e analoghe ha convinto persone di buona volontà che è sufficiente farsi carico di azione benefiche di tipo volontario e, con scelte evidentemente opportunistiche, ha glissato sul dovere di opporsi con la protesta civile alle leggi (di cui però sa far uso: vedi esenzione dall’ICI)
I vantaggi che il concordato assicura ai due poteri contraenti sono troppo importanti per metterli in discussione a causa di qualche poveraccio.
E sono molti, anche apparentemente insospettabili, a non volersene accorgere.

31 Luglio 2011Permalink

21 MAGGIO 2011 — VESCOVI, MATRIMONI E BATTESIMI

Nel parlare, come da anni faccio, della questione del diritto degli immigrati privi di permesso di soggiorno ad accedere la registrazione degli atti di stato civile, non ero entrata nelle questione interne ai comportamenti della chiesa cattolica perché ritengo che i nostri doveri di solidarietà verso gli altri, quelli che la Costituzione della Repubblica prevede,  siano prima di tutto da affermarsi sul piano civile (laici siamo tutti, atei e credenti di qualsivoglia religione) e poi perché la chiesa come istituzione non ha detto nulla sul diritto a sposarsi dei sans papier e sui diritti dei loro figli.
Ma ora mons. Arcivescovo di Trieste mi ci ha trascinata dentro e non riesco a tacere anche perché il problema della registrazione anagrafica di nascite e matrimoni mi sembra strettamente connesso con la celebrazione di due sacramenti, il battesimo e il matrimonio.
Certamente questa è questione che riguarda i cattolici, che però sono cittadini italiani e non vedo come possano svincolarsi dai loro precisi diritti/doveri che anche il monsignore in questione richiama con una evidente attenzione al momento presente. Afferma:
“ … il momento elettorale conserva una sua indubbia importanza perché in esso il cittadino riflette non solo sui propri bisogni e interessi, ma sul “nostro” bene, il bene di tutti, il bene della comunità percepita come un tutto. E’ così anche per la comunità di Trieste. E’ così anche per le prossime elezioni amministrative”

Non rispetto l’ordine cronologico e comincio dal matrimonio.

Secondo la dottrina cattolica i celebranti del matrimonio sono gli sposi stessi, ma la loro volontà non si manifesta nel rifugio del privato bensì in una situazione del cui ordinato proporsi è garante un sacerdote (appunto se si tratta di cattolici) e dal 1929 il sacerdote, all’atto della celebrazione, è anche ufficiale di stato civile.
Quindi il matrimonio concordatario viene celebrato dopo che, anche negli idonei locali della chiesa, sono state esposte le pubblicazioni, la cui eventuale assenza non consente la celebrazione del matrimonio stesso. Ed è chiaro che, se entrambi o uno dei due sposi sono immigrati senza permesso di soggiorno, non ci saranno pubblicazioni poiché la chiesa deve attenersi alla decisione del Comune che agisce a norma della lettera g del comma 22 dell’art. 1 della legge 94/2009.
Della questione ho fatto cenno l’8 dicembre 2010, per un interessante intervento del giudice di Trento, alla fine del mio pezzo di allora.
Che fare a questo punto? Se gli sposi vogliono essere i celebranti del sacramento della loro unione possono chiedere un matrimonio che abbia significato solo religioso.
A questo punto il parroco che raccogliesse la loro richiesta dovrebbe rivolgersi al vescovo ed esibire motivazioni forti perché così gli è stato raccomandato dalle autorità canoniche. Se il permesso arriverà potrà farsi garante di questa celebrazione ‘segreta’. Infatti, se lo sposalizio fosse esibito alla pubblica attenzione, potrebbe esserci la ‘spiata’ già messa in atto persino a fronte di un medico costretto a intervenire pubblicamente a seguito di un malore di un sans papier(si veda il mio ‘quaderni del Gallo’ – 15 marzo).
Mi si è detto che così quel parroco darebbe soddisfazione alla sua coscienza di sacerdote ma, come dice mons. Vescovo, è valore umano “l’aiuto solidale ai poveri condotto in modo sussidiario, ossia evitando sprechi ed assistenzialismo e favorendo, invece, la creatività e l’assunzione di responsabilità di persone e corpi intermedi”.
Il matrimonio solo religioso agli effetti civili non esiste e quindi priva gli sposi di tutti i diritti che la legge loro altrimenti riconoscerebbe, a partire dalla reversibilità della pensione, e soprattutto li lascerebbe in balia della situazione di cui più volte ho scritto per ciò che riguarda il riconoscimento dei figli (si consultino i tag anagrafe, bambini, nascita).
Come la mettiamo qui con la creatività della solidarietà di cui al documento di monsignore?
Mi si è detto anche che la stessa situazione vale per qualsiasi coppia non sposata: vero solo in parte perché per molte coppie è possibile il matrimonio civile e per altre la discussione è aperta (penso alle unioni degli omosessuali) mentre nel caso dei sans papier il silenzio –laico e religioso che sia – è totale.
E inoltre i sans papier vengono discriminati non per una scelta di vita che le leggi dello stato o della chiesa cattolica non riconoscono ma perché stranieri con burocratiche difficoltà artatamente costruite e io continuo a pensare che questo sia razzismo.

Il battesimo e l’accoglienza della comunità
Riporto la lettera aperta che ho scritto al vescovo di Trieste. Se mi risponderà ne darò notizia.

Egregio monsignore,
pur non risiedendo nella diocesi di cui Lei è vescovo non posso non dichiararmi turbata, anche come cattolica, dal comunicato stampa emesso dai Suoi uffici il 10 maggio.
Inizio soffermandomi sulla frase finale che invita il cattolico a cercare  l’accettabilità dei programmi dei candidati “dal punto di vista dei valori fondamentali …” e a valutare “ la storia e il retroterra culturale dei partiti dentro cui i candidati operano”.
Non posso analizzare tutti i valori che Lei elenca –me lo impedisce la necessaria brevità dello scritto – per cui mi limito ad augurarmi che La sua proposta voglia essere una autorevole indicazione per la libera coscienza dei cattolici e non pretenda di farsi – sollecitando l’adesione di forze politiche in quanto tali – vincolo politico per chiunque, anche non cattolico.
Mi permetto però di richiamare la Sua attenzione su un punto che non c’è nel Suo comunicato.
La legge che, con uno sprezzante ossimoro, è stata chiamata “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” prevede che, per registrare gli atti di stato civile (nascita, morte, matrimonio), lo straniero non regolare debba presentare il permesso di soggiorno, esponendosi quindi, nel momento in cui cerca di avvalersi del godimento di diritti umani fondamentali al rischio dell’espulsione (il riferimento è alla lettera g) del comma 22 dell’art.1 della legge 94/2009).
Potrei dire molte cose ma, rivolgendomi a un Vescovo, Le chiedo come vi comporterete quando nelle chiese italiane si celebrerà il battesimo di un bambino senza famiglia per disposizione di legge, essendo i genitori impediti a riconoscere il piccolo dalla ragionevole paura dell’espulsione. Quel battesimo non potrà essere celebrato sottolineando, come si usa, l’atteggiamento di accoglienza della comunità al nuovo nato ma solo in forma che, per essere protettiva, dovrà essere catacombale, umiliando l’immagine gioiosa della celebrazione di un sacramento a quella oscura di un’attività scaramantica.
Non mi risponda che c’è una circolare che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite. La conosco bene ma non posso accettare che la difesa contro un principio di legge che discrimina i cittadini più deboli proprio per ciò che sono, sia affidata alla volatilità di un atto burocratico che comunque non garantirebbe sicurezza alla pubblica presenza dei genitori del battezzando in chiesa.
Certamente quando mi sono rivolta (inutilmente) ad esponenti politici il mio discorso non si basava sulla contraddizione fra la celebrazione del sacramento e la violazione dei diritti di un neonato che, crescendo apolide, non solo sarebbe privato a priori di ogni diritto ma diventerebbe, per l’oscurità cui sarebbe condannato, vittima privilegiata di ogni crimine a partire dalla pedofilia. La mia interrogazione teneva conto di un quadro ben più ampio e ora mi piacerebbe sapere come prevedono di comportarsi gli eletti sindaci e i candidati ai diversi ballottaggi (oltre naturalmente a quello triestino) quando la legge imporrà loro di farsi complici – nell’esercizio legittimo del loro ruolo di sindaci– della negazione di una registrazione di nascita, matrimonio, morte.
Ma non lo posso sapere perché nessuno glielo ha chiesto con quella autorevolezza che merita risposta né questo argomento mi risulta essere presente in alcun programma elettorale.
Ringraziandola per l’attenzione porgo distinti saluti.
(Augusta De Piero)

21 Maggio 2011Permalink

15 marzo 2011 – quaderni de Il Gallo, periodico genovese

quaderni de IL GALLO   – Marzo 2011  – Anno XXXV  (LXV) N. 710   NORME DI LEGGE LESIVE DI UMANITÀ (pag. 12) 

La paradossalità della situazione, così complessa da essere ignorata anche dagli organi di informazione, ci ha indotto a chiedere alla competenza dell’amica Augusta De Piero precise indicazioni – purtroppo un po’ complesse – sulle norme vigenti relative all’iscrizione anagrafica si nascite, matrimoni, morti da parte di stranieri presenti in Italia in situazioni di clandestinità. 

Sono ormai trascorsi due anni dall’approvazione della legge ‘Disposizioni in materia di sicurezza pubblica’ ( Legge 15 luglio 2009, n. 94  pubblicata nella  Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2009) e se non è facile, né forse possibile, trarne un bilancio, sembra però necessario farsi consapevoli del contenuto della norma, anche esaminandola punto per punto.
Qui ci soffermeremo soltanto su un aspetto che identifica i casi in cui il migrante deve presentare il permesso di soggiorno per ottenere determinati documenti (art. 1, la lettera g,  comma 22) .Leggere il testo e decriptarlo è necessario per capire. Così dice la legge in vigore (94/09):

g) all’articolo 6, comma 2, le parole: «e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi» sono sostituite dalle seguenti: «per quelli inerenti all’accesso  alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»;

Ed ecco il testo della norma precedente (Legge 6 marzo 1998, n. 40; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2 e 148):

2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno <…>  devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.

Nel 2009 quindi l’eccezione, precedentemente prevista per gli atti di stato civile, è deliberatamente soppressa e quindi la presentazione del permesso di soggiorno diventa necessaria anche per registrare nascite, matrimoni, morti. E’ importante sottolineare che la condanna a diventare apolidi, a non sposarsi, ad avere nel corpo di un estinto, per quanto caro, un ostacolo alla propria vita resa altrimenti possibile dall’essere migranti, non consegue ad una espressione esplicitamente e chiaramente discriminatoria, ma a un gioco linguistico di addizioni e sottrazioni di parole.
Naturalmente se una persona priva di permesso di soggiorno per qualsivoglia motivo (si tratti anche di un migrante che sia diventato irregolare per la perdita del lavoro) viene identificata come tale (e quale luogo più appropriato di un pubblico ufficio!) ne segue l’espulsione. La clandestinità, identificata surrettiziamente con l’irregolarità, è reato!
Queste disposizioni inducono quindi di fatto i genitori che si trovino in questa situazione a non iscrivere il neonato all’anagrafe, facendone un apolide privo di ogni diritto.

Lo Stato si fa creatore di apolidi

Persino il governo in carica deve essersi accorto della enormità per cui uno stato democratico si fa creatore di apolidi se, a pochi giorni dalla approvazione della legge, il Ministero dell’interno  ha emanato una circolare  (Circolare n. 19 del 7 Agosto 2009, concernente indicazioni operative in materia di anagrafe e   stato civile in applicazione della legge n.94,)  che dice essere possibile la registrazione anagrafica, anche in assenza del fatale permesso.
Al di là della stravaganza di una circolare che supera la legge (e che, come è stata emanata, così può essere cancellata senza interventi del parlamento), qualcuno ha finalmente cominciato ad accorgersi della intollerabilità di questa norma. Di recente il Giudice di Pace di Trento ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale di un provvedimento di espulsione conseguente le pubblicazioni di matrimonio di una cittadina cilena (priva appunto del permesso) con un italiano.
In attesa della pronuncia della Corte il provvedimento di espulsione é stato sospeso , mentre il giudice ricordava che il diritto a contrarre matrimonio ha carattere di universalità e può essere esercitato quindi indipendentemente dalla regolarità del soggiorno e dalla cittadinanza [1].
Torniamo ora alle dichiarazioni di nascita per cui non sembra esserci stato il tipo di interesse meritato dalle pubblicazioni di matrimonio, ma è chiaro che i genitori di un neonato, costretti a vedere in lui una minaccia alla loro permanenza in Italia, privi di mezzi per avvicinare un legale che ne sostenga la causa, non possono che agire in conseguenza della propria paura.
Certamente la mamma che partorisca in ospedale e riconosca il proprio bambino è protetta dall’obbligo al segreto sanitario (fermamente difeso dalle categorie professionali interessate) che in un primo tempo la Lega N0rd avrebbe voluto cancellare, con il complice consenso dei partiti di maggioranza e che è stato mantenuto nell’elenco delle eccezioni alla presentazione del permesso di soggiorno, confermando la permanenza dell’articolo già presente nella normativa precedente la legge 94 e non cancellato:

 5, L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul     soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia     obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.

Però la registrazioni anagrafica non si ferma qui: la nascita e l’eventuale paternità deve essere dichiarata anche in Comune.
In virtù della circolare ricordata sopra l’immigrato irregolare non deve esibire il permesso di soggiorno, ma, presentandosi pubblicamente,  può rendersi visibile ad un anonimo denunciante. Il meccanismo che crea tale situazione e attraversa subdolamente leggi e burocrazie è stato svelato da un fatto preciso [2]. Il 28 novembre 2010 la questura di Milano ha denunciato un medico  per  favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I soccorsi erano stati prestati a un egiziano irregolare che si era sentito male durante la protesta alla ex Carlo Erba a Milano. Il silenzio dovuto del medico era stato aggirato da una denuncia che, anche se anonima, aveva determinato la reazione dei pubblici uffici garanti della sicurezza.
E’ chiaro che il problema della registrazione anagrafica  potrebbe essere risolto assicurando la cittadinanza italiana a chi nasce in Italia, soluzione certamente auspicabile ma di lungo percorso cui non sarebbe di ostacolo la soluzione del piccolo problema della registrazione anagrafica di cui il governo è a piena conoscenza. Ne fa fede la risposta ad una recente interrogazione parlamentare:

Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94/09 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”.
E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.
Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (artt. 2,3,30 ecc .), nonché con la tutela del minore sancita dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27/05/1991), in particolare agli artt. 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.
Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge 94/09 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le disposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessita di prospettare interventi normativi in materia.
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO   (Miche1ino Davico)”

Il Ministero è quindi consapevole che la situazione di irregolarità dei genitori non deve negare i diritti del bambino, ma il problema non si risolve finché permane l’obbligo di presentazione dei documenti di soggiorno che pubblicano la condizione di chi si presenta con el conseguenze di cui si è detto. Finora istituzioni e società civile non hanno dimostrato interesse al problema.
Ma .. non è mai troppo tardi! 


[1] Il provvedimento trentino è stato segnalato dal prezioso sito dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione e la relativa ordinanza può essere letta all’indirizzo: http://www.asgi.it/public/parser_download/save/giudice_pace_tn_
ord_680_2010.pdf

[2] All’indirizzo  http://www.simmweb.it(sito della Società Italiana di medicina delle Migrazioni) la notizia in questione si trova in data 30 novembre, mentre in data 10  gennaio 2011. è riportata la dichiarazione dell’ordine dei medici della provincia interessata.

15 Marzo 2011Permalink