8 settembre 2023 Sono passati ottant’anni 2. Qualche notizia pro memoria

La Repubblica 8 settembre 2023
8 settembre 1943, l’Italia firma l’armistizio. Ecco cosa accadde ottant’anni fa
a cura della redazione Cultura

Fu l’inizio della feroce occupazione tedesca del nostro Paese, ma anche della Resistenza che portò alla rinascita dell’Italia democratica

Che cosa è successo l’8 settembre 1943?

L’8 settembre 1943 segna la data in cui venne reso pubblica, tramite un proclama del maresciallo Pietro Badoglio, diventato primo ministro il 25 luglio in seguito alla deposizione di Mussolini, la firma dell’armistizio di Cassibile. L’armistizio, così chiamato perché era stato firmato il 3 settembre nella località siciliana, prevedeva che l’Italia si arrendesse incondizionatamente alle Nazioni Unite e abbandonasse l’alleanza con la Germania di Hitler. La firma dell’armistizio il 3 settembre prevedeva che rimanesse segreto per cinque giorni: il pomeriggio dell’8 settembre 1943 alle ore 17:30, corrispondenti alle 18:30 italiane, il generale Dwight Eisenhower ne diede notizia, in lingua inglese, su Radio Algeri.

Il proclama di Badoglio fu trasmesso alle 19:42 dai microfoni dell’Eiar. Il giorno stesso della firma dell’armistizio gli angloamericani sbarcarono a Salerno, iniziando a risalire verso Nord. Dal 28 agosto Mussolini si trovava a Campo Imperatore, ai piedi del Gran Sasso, controllato da 250 carabinieri e guardie di pubblica sicurezza. Nelle prime ore del 12 settembre un gruppo di paracadutisti tedeschi, con un’operazione denominata Quercia, lo libera e lo trasporta per via aerea prima a Pratica di mare, poi a Vienna e infine a Monaco di Baviera.

Quali furono le conseguenze della proclamazione dell’armistizio? 

Nella notte tra l’8 e il 9 settembre il re Vittorio Emanuele III fugge da Roma insieme alla regina Elena, al principe ereditario Umberto, al maresciallo Badoglio e lo Stato maggiore al completo. A Pescara si imbarcano sulla corvetta “Baionetta” e 48 ore dopo arrivano nel porto di Brindisi. Lasciato senza comandi sia in Italia che all’estero, l’esercito italiano è allo sbando: si tratta di oltre un milione di uomini dislocati in Italia e di 900.000 dislocati nei Paesi occupati. Un esercito male equipaggiato, con armamento inadeguato alle esigenze del momento, che resta senza direttive.

La Germania, ormai ex alleato, dà il via all’Operazione Achse, che prevede che i reparti della Wehrmacht e le SS prendano il controllo del territorio dell’Italia settentrionale e centrale fino a Roma. Le truppe tedesche prendono subito possesso di aeroporti, stazioni ferroviarie e caserme, cogliendo di sorpresa le forze armate italiane. Era previsto che chi accettava di continuare a combattere al fianco dei tedeschi potesse conservare le armi; chi rifiutava era da considerarsi prigioniero di guerra da internare in Germania, chi si fosse opposto sarebbe stato passato per le armi.

A Roma, presso l’ambasciata tedesca, il 28 settembre viene istituito in assenza di Mussolini stesso, che ancora si trovava in Germania, lo “Stato Fascista Repubblicano d’Italia” che verrà denominato più tardi Repubblica Sociale Italiana a partire dal 1 dicembre, detta poi Repubblica di Salò dal nome della località sul lago di Garda che era sede del Ministero della cultura popolare e delle agenzie di stampa. Pur rivendicando l’intero Regno d’Italia, la Repubblica di Salò coincideva con il territorio ancora nelle mani delle truppe nazifasciste, e andò riducendosi progressivamente man mano che gli Alleati avanzavano verso nord.

Come nacque la Resistenza?


Le forze politiche antifasciste (comunisti, socialisti, democristiani, azionisti, liberali) danno vita il 9 settembre 1943 al Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), che nei 20 mesi successivi sarà guida politica e militare della lotta di Liberazione. I tedeschi nei giorni immediatamente successivi all’armistizio hanno disarmato e catturato in Italia e all’estero circa 800.000 soldati italiani: la gran parte degli uomini, deportati nei lager, sarà protagonista della “Resistenza disarmata” dei cosiddetti internati militari italiani (IMI).

La Resistenza, guidata da antifascisti che hanno combattuto il regime fascista nel corso di tutto il Ventennio, è composta da forze con diverso orientamento e vi partecipano civili di ogni età e militari che hanno rifiutato l’arruolamento a Salò e che, sfuggiti alla cattura e alla deportazione, decidono di partecipare alla ricostruzione dell’Italia democratica. In clandestinità, il CLN riesce a organizzare comitati militari che assumono la responsabilità dell’organizzazione delle forze che vanno raccogliendosi in città e in montagna, e si radicano nel territorio.

Le formazioni partigiane si organizzano in brigate (le “Garibaldi”, le “Giustizia e Libertà”, le “Matteotti”, le “Mazzini”, le “Autonome”, etc.) mentre nelle città prendono vita le SAP (Squadre di Azione Patriottica) e i GAP (Gruppi di Azione Patriottica), dediti a operazioni di reclutamento e propaganda, sabotaggio, guerriglia urbani

 

8 settembre 1943, l’Italia firma l’armistizio. Ecco cosa accadde ottant’anni fa – la Repubblica

8 Settembre 2023Permalink

8 settembre 2023 – Sono passati 80 anni. Mi serve far memoria di qualche data

25 luglio 1943  arresto Mussolini  governo Badoglio

31 luglio  Roma città aperta

3 settembre  Armistizio di Cassibile
A causa dell’avanzata degli Alleati dal sud Italia, il governo italiano  il 3 settembre 1943, aveva firmato a Cassibile la prima versione di un armistizio con gli inglesi e gli americani, abbandonando di fatto l’alleanza con i tedeschi. L’accordo era stato firmato dal generale Giuseppe Castellano.

8 settembre annuncio armistizio

Fuga Re 9  settembre 1943
La fuga da Roma del re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoiae del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio  consistette nel precipitoso abbandono della capitale – all’alba del 9 settembre 1943– alla volta di Brindisi, da parte del sovrano, del capo del Governo e di alcuni esponenti della Real Casa (fra cui la regina/moglie e l’erede Umberto), del governo presieduto da Pietro Badoglio  e dei vertici militari. Nessuna disposizione fu assicurata alle truppe e agli apparati dello Stato utile per  fronteggiare le conseguenze dell’Armistizio.
Questo avvenimento segnò una svolta nella storia italiana durante la seconda guerra mondiale.

16 ottobre 1943 Rastrellamento del ghetto di Roma

Regno del Sud  L’espressione si riferisce alla situazione creatasi nei territori controllati dal Regno d’Italia dopo l’annuncio dell’armistizio di Cassibile

24  marzo 1944 Fosse ardeatine

4 giugno1944 Liberazione di Roma
Il 4 giugno 1944 Roma venne liberata e Vittorio Emanuele III nominò l’indomani il figlio Umberto quale Luogotenente del regno, ritirandosi a vita privata. Umberto si insediò al Quirinale e, su proposta del CLN, affidò l’incarico di formare il nuovo governo a Ivanoe Bonomi, anziano leader politico già Presidente del Consiglio prima dell’avvento del fascismo. Il nuovo governo si insediò così in luglio nella Capitale

Repubblica di Salò . settembre 1943- aprile 1945

La Repubblica Sociale Italiana (RSI), anche conosciuta come Repubblica di Salò, fu un regime collaborazionista della Germania nazista, ( settembre 1943 -aprile 1945), voluto da Adolf Hitler e guidato da Benito Mussolini, al fine di governare parte dei territori italiani controllati militarmente dai tedeschi dopo l’armistizio di Cassibile

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22 agosto 2023 – Una mia scelta dall’ultima pagina di “Cerco solo di capire”, il blog di Giancarla Codrignani.

22 agosto 2023
“Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!”, punto esclamativo incluso casomai non si fosse capita l’assertività. Poi, attacchi al femminismo, all’ambientalismo, ai clandestini, solo delinquenti e stupratori, par di capire. Il tutto condito da un linguaggio triviale e sessista. Libro numero 3 in classifica dei saggi su Amazon, uscito pochi giorni fa e autoprodotto, a colpire il ruolo dell’autore: Roberto Vannacci, 55 anni, generale di lungo corso, già a capo dei paracadutisti della Folgore e oggi alla guida dell’Istituto geografico militare (esautorato dal Ministro Crosetto. Non basta.

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“Sono un obiettore di coscienza al servizio militare, e aderisco alla campagna di “Obiezione alla guerra” del Movimento Nonviolento. Sostengo tutti gli obiettori e credo che se fossero accolti, ascoltati e sostenuti, come i tanti nonviolenti che agiscono da sempre in tutte le parti del mondo, se fosse sostenuto il progetto di Difesa civile non armata e nonviolenta della Patria, riusciremmo davvero a fare passi concreti per “ripudiare la guerra”, ed onorare la nostra Costituzione. Pensiamoci. Di più. Quando stringiamo accordi coi dittatori, quando gli vendiamo armi, quando aumentiamo le spese militari. Quando non cerchiamo giustizia, libertà, democrazia, diritti, uguaglianza. Per tutti. MAURO BIANI, il vignttista di Repubblica

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Michela Murgia è stata una grande intellettuale a cui va riconosciuto un magistero morale popolare. Anche una profezia cattolica: l’omaggio del card. Zuppi (“credeva ai legami d’anima, perché siamo generati non dal sangue, ma dallo Spirito”) e il funerale religioso debbono essere passati come la tradizionale “occupazione” degli interessi ecclesiastici. Michela era citata e ha scritto per l’Osservatore Romano. La spaccatura interna al mondo cattolico risulta evidente, se il testamento resta un fatto laico senza considerazione sulla contraddizioni – laiche e religiose – sui vincoli dell’amore.

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Comunicare: di destra, di sinistra. Dice Salvini: ”Non guardo mai la tv: perché dovrei pagare il canone?” di pancia. La sinistra racconta tutte le sfumature del “lavoro povero” (chiamato così da tutti), come se non ci fosse il lavoro “nero” o il “no” al reddito di cittadinanza senza ragionare sul valore della spesa di 30 mld senza effetti quando andiamo a fare la spesa. Il “metodo destra” – come fu all’origine del fascismo – è intuitivo. Anzi, ti vieta di ragionare.

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Alternative für Deutschland: se pensassero che è nazismo, forse non lo direbbero. Ma sono proprio nazisti e oggi negano posto a scuola agli handicappati: stiano in aule speciali e non tolgano opportunità ai “sani”. Anche Lgbtq+ possono essere troppo diversi, intoccabili.

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Il Ponte sullo Stretto: le tre linee che collegano la Basilicata da Potenza a Foggia, Napoli e Taranto sono sospese per lavori di aggiustamento. Tra Vaglio e Trevigno, sempre Basilicata frana e crollo di un ponte: isolate? Gente, avete votato Salvini.

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Pagare i Parlamentari. Uno polemica mortificante con Fassino che difendeva gli emolumenti più o meno reali (per legge sono diversi quelli dei senatori e quelli dei deputati), stroncabile dalla richiesta che ci viene dall’Europa di regolare le prestazioni (“talora” gratuite dei vari professionisti “onorari”, giudici o ambasciatori). Inutile ricordare che sia i greci che i romani, che i moderni nel formarsi degli Stati democratici hanno retribuito le cariche pubbliche per non lasciarle nelle mani dei nobili e dei ricchi. Oggi gli eletti del popolo sono dei professionisti e vanno retribuiti. Io con il mio stipendio di insegnante, senza figli e senza altri incarichi, non ce l’avrei fatta per le spese che di cui ho dovuto farmi carico; ma questo non significa che non si debba tornare alla costituente quando Teresa Mattei pensava allo stipendio del metalmeccanico. Infatti proprio l’eletto dal popolo fa un lavoro di massima responsabilità (è, tra l’altro, “a disposizione” e non ha quasi più vita personale normale (cose queste di scarsa importanza e comuni ad altri “mestieri”.ma fare il legislatore è come fare il giudice costituzionale (come “paga” l’ultimo livello dovrebbe essere superiore a quello di senatore o deputato), non può essere un mestiere o una professione. Infatti è questione di lessico: si è perduta la terminologia originaria: non ci sono mai stati “stipendi”; ma indennità; né “pensioni”, ma vitalizi. Poi ognuno è libero di fare (secondo me) antipolitica e decidere che andava bene quando i diritti li stabiliva il regime e la camera dei fasci e delle corporazioni.
La produttività del Parlamento va certamente controllata. Dall’informazione (che ha “diritto” di averla e “dovere di praticarla criticamente). Ma soprattutto dall’elettore.

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La settimana prima di Ferragosto due fatti internazionali che riguardano il mondo: In Ecuador l’uccisione del giornalista anticorruzione Fernando Villas – che non avrebbe vinto, ma faceva paura – mostra che il potere delle cosche della droga – che in pochi anni hanno unito l’Ecuador (negli ultimi 3 anni la droga requisita è passata da 79 a 200 tonnellate, mentre nella sola Guayaquil si sono commessi 1.537 omicidi) a Colombia e Perù (che producono il 60 e il 26% della coca del mondo) – sono uno dei poteri forti. Poi il golpe in Niger: nessuno sapeva l’importanza di questo paese la cui democrazia godeva del sostegno delle potenze occidentali poco attente negli anni a promuovere democrazia anche negli altri paesi dell’Africa nera. Errori da non scontare, perché i partiti islamici radicali vincono perché il Niger odia la Francia, ma nessuno ama l’Occidente, anche se ormai ne condivide le ambizioni di consumo. In Niger l’Europa poteva intervenire insieme con la Francia ricorrendo all’ art. 1 e 2 del Trattato del Quirinale per la cooperazione bilaterale rafforzata: tempestività.

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I Palestinesi. Il Vaticano ha ricevuto il ministro degli Esteri dello Stato Palestinese Riad Malki. Nell’incontro è stato sottolineata la crescita della conflittualità religiosa, oltre che militare, che porta a radicalizzare le posizioni: conseguenze dei movimenti nazionalisti religiosi e della politica israeliana in territorio palestinese. Anche se positive le proteste del popolo israeliano contro la riforma della giustizia e se il rappresentante palestinese ha espresso un giudizio positivo sul suo omologo israeliano Eli Cohen, “uomo di pace”, si rammaricava che la questione non è più sull’agenda delle cancellerie occidentali: c’è una normalizzazione in atto, nonostante gli “accordi di Abramo (che il ministro palestinese ritiene positivi). “Noi palestinesi nell’eventualità di nuovi patti per le zone B e C pretenderemo che sia assegnato agli Usa e all’Unione Europea il ruolo di garanti…(analogamente) focalizzarci sull’Iniziativa di PaceAraba, approvata da tutti gli Stati arabi ed islamici” Contestualmente “dobbiamo far crescere una pacificazione anche tra i nostri popoli senza la quale gli accordi trai vertici politici contano poco. I cristiani di Terra Santa con le loro scuole lo fanno, ma è difficile ispirare sentimenti di pace quando ogni giorno sopporti i soprusi… Auspichiamo che la diplomazia della Santa Sede, che sta giocando un ruolo importante e generoso nel conflitto russo-ucraino, possa esercitare efficacemente le sue note ed apprezzate capacità anche in questa situazione. Occorre ricreare quel clima di dialogo che portò 30 anni fa agli accordi di Oslo,…. Sono passati quasi 10 anni dalla bella iniziativa di Papa Francesco di piantare con i due presidenti un ulivo della pace nei giardini vaticani. È ora di innaffiare e fare crescere quell’albero”. Non so come lo leggiate voi: sono parole di chi non ha speranza.

E il cinismo: forse molliamo Zelinsky. Pechino affronta la sua “bolla” alla Lehman Brothers fa paura. Biden sigla i “Principi di Camp David” patto di ferro Usa-Giappone-Corea di prevenzione anticinese, ma validi anche se vincesse Trump. Trump deve vedersela con diversi processi per corruzione e brogli, mentre la Cina ha annunciato di voler rendere noto il presunto piano di Washington sul cyber-attacco contro il “Centro di monitoraggio terremoti” di Wuhan. Ma lo spionaggio non viola il diritto internazionale?

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Vignetta pagata dal contribuente. I produttori di grano, i pastifici e dell’intera catena alimentare legata ai prezzi delle materie prime rese fluide della guerra ucraina, non hanno notizie dal governo. Il ministro Lollobrigida in materia ha versato mezzo milione per una campagna di pubblicità della “pasta” all’insegna di un personale slogan “La pasta, integratore di felicità”.

 

 

22 Agosto 2023Permalink

28 luglio 2023 _ C’è famiglia e famiglia. A i componenti di questa che non c’è più è concesso un nome

Fati, Pato, Marie – Refugees in Libya
La madre si chiamava Fati Dosso (30 anni), la figlia Marie (6 anni). Sono le due persone morte abbracciate nel deserto tra Tunisia e Libia e ritratte nella foto che nei giorni scorsi ha fatto il giro del mondo. Un durissimo atto d’accusa contro il presidente Kais Saied, il responsabile delle deportazioni alla frontiera che è stato ricevuto in Italia tra domenica e lunedì dalla premier Meloni e dal capo dello Stato Mattarella. L’identità delle vittime è stata ricostruita dalla giornalista Antonella Napoli e dal collettivo Refugees in Libya. Nello scatto qui sopra c’è anche Pato, marito e padre. Di lui non si hanno più notizie.
da Il manifesto 27 Luglio 2023
Sono riuscita a riprendere questa notizia dalla Bacheca che l’amico Lino Di Gianni mi ha reso disponibile.
28 Luglio 2023Permalink

17 LUGLIO 2023 – Ieri è scomparso mons. Luigi Bettazzi, ultimo testimone del Concilio Vaticano II

 

Addio a monsignor Bettazzi, vescovo di sinistra. Era l’ultimo testimone del Concilio Vaticano II

Storia di Serena Sartini • 2 h fa

Addio a monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea ed ex presidente di Pax Christi, ultimo testimone del Concilio Vaticano II. È morto ieri mattina all’età di 99 anni. «Ha ricevuto l’Eucaristia, l’Unzione degli Infermi e la Benedizione Papale, con grande lucidità – hanno riferito dalla Diocesi – rispondendo con un filo di voce alle preghiere e manifestando una sorridente riconoscenza alle persone che gli sono state accanto».

Nato nel 1923 a Treviso, monsignor Bettazzi in gioventù si era trasferito a Bologna, città di provenienza della madre, dove era stato ordinato sacerdote nel 1946. Ha partecipato a tre sessioni del Concilio Vaticano II al termine del quale è stato ordinato vescovo di Ivrea, diocesi che ha amministrato fino al 1999. Dal 1968 è stato presidente nazionale di Pax Christi, e nel 1978 ne è diventato presidente internazionale, fino al 1985 vincendo per i suoi meriti il Premio Internazionale dell’Unesco per l’Educazione alla Pace. Ultimo testimone del Concilio Vaticano II, monsignor Bettazzi si è portato dietro l’impronta conciliare per tutta la vita: l’attenzione alle questioni sociali, al mondo del lavoro, alla politica, agli ultimi, sono state al centro del suo ministero, durante il quale (ma anche in pensione) ha assunto spesso posizioni scomode e certamente non in linea con la tradizione ecclesiastica. Diventò celebre per lo scambio di lettere col segretario del Partito Comunista Enrico Berlinguer, per il quale fu aspramente criticato, sulla conciliabilità o no della fede cattolica con l’ideologia marxista, o comunque con l’adesione al Partito comunista. Giudicò inaccettabile la decisione di ridurre il personale dell’Olivetti per aumentare la produttività dell’impresa e mettere in salvo i conti. Famoso anche per le sue battaglie per l’obiezione fiscale alle spese militari, nel 1992 partecipò alla marcia pacifista a Sarajevo, insieme a don Tonino Bello, nel mezzo della guerra civile in Bosnia. Altra presa di posizione fortemente criticata fu quella assunta nel 2007, quando si dichiarò a favore del riconoscimento delle unioni civili.

Il cordoglio per la sua scomparsa è arrivato dall’ex premier Romano Prodi – che lo ha definito «voce profetica che ha accompagnato la vita religiosa e civile» – e dall’attuale segretario del Pd, Elly Schlein. Per il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, mons. Bettazzi è stato «promotore di pace e di dialogo con tutti». «Il sorriso, la gentilezza, la fermezza, l’ironia, la capacità di leggere la storia e di portare il messaggio di pace sono stati i suoi tratti essenziali», conclude il presidente dei vescovi italiani. Martedì i funerali nel Duomo di Ivrea.

 

https://www.msn.com/it-it/notizie/italia/addio-a-monsignor-bettazzi-vescovo-di-sinistra-era-l-ultimo-testimone-del-concilio-vaticano-ii/ar-AA1dXq6x?ocid=msedgdhp&pc=U531&cvid=cedc1b1e843d481784a191a50581de8a&ei=11

 

 

17 Luglio 2023Permalink

7 maggio 2023 – il giorno dopo il terremoto in Friuli.

“Oggi, il 47° anniversario del terremoto del Friuli, il pensiero deve andare ai quasi mille morti e alle migliaia di persone rimaste ferite allora, nello spirito e nel fisico, a cui dobbiamo rimanere sempre vicini.

Dobbiamo esprimere anche profonda riconoscenza a coloro che aiutarono nell’immediato, venendo da vicino e da lontano, e poi allo Stato italiano che varò le leggi della ricostruzione e assicurò le risorse.

Con soddisfazione e ammirazione infine dobbiamo lodare i cittadini del Friuli che diedero al mondo l’esempio di come una tragedia possa essere trasformata in un rinascimento. E questo è il modo più nobile per riscattare la sofferenza provocata dal sisma.

Ma l’ultimo insegnamento da trarre da questo dramma è che non potendo ancora sfuggire ad eventi così terribili perché imprevedibili, dovremmo invece smettere di provocarne di ancora peggiori con la guerra e la produzione e il commercio di armi, che sono invece evitabili promuovendo la pace”:

così si è espresso #FurioHonsell, consigliere regionale di #OpenSinistraFVG.

Ho scelto di conservare il ricordo  del terremoto del 6  maggio  proposto da un consigliere  regionale .
Mi ha convinto alla scelta fra le tante possibili l’ultimo  comma .

7 Maggio 2023Permalink

15 marzo 2023 – Omicidio Attanasio, l’appello della moglie: “No alla pena di morte per gli imputati”

Attraverso una nota Seddiki Attanasio ha dichiarato: “Luca non avrebbe mai voluto. Era contro la pena di morte”

Da Agenzia Dire:  Pubblicato:13-03-2023 13:49

Ultimo aggiornamento:13-03-2023 20:22

Canale:Mondo    Autore:Brando Ricci

ROMA – “No alla pena di morte” per i responsabili dell’omicidio dell’ambasciatore d’Italia nella Repubblica democratica del Congo Luca Attanasio. A scandirlo in un appello è la Fondazione Mama Sofia, presieduta dalla vedova del diplomatico, Zakia Seddiki Attanasio. Il messaggio è giunto dopo che una corte di Kinshasa ha proposto la pena capitale per le sei persone attualmente imputate per l’assassinio di Attanasio, rimasto ucciso il 21 febbraio 2021 in un agguato nella provincia orientale del Nord Kivu nel quale persero la vita anche il carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e l’autista del Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp) Mustafa Milambo. La famiglia dell’ambasciatore, dopo aver appreso della condanna richiesta dall’accusa, ha anche presentato la richiesta di ritiro della costituzione di parte civile, che è stata poi accolta dai giudici congolesi.

LEGGI ANCHE: 43 borse di studio nate dagli ideali di Luca Attanasio

LUCA ATTANASIO ERA CONTRO LA PENA DI MORTE

In una nota Seddiki Attanasio dichiara: “Ho accolto con dolore la richiesta di condanna alla pena di morte per gli imputati, nel processo in corso a Kinshasa, per l’assassinio di Luca, Vittorio e Mustafa. Luca era un uomo buono, mosso da profonde motivazioni umanitarie e di elevatissimi ideali ed era assolutamente contro la pena di morte. Ne avevamo parlato spesso e desidero testimoniarlo ora, di fronte a questa richiesta di condanna alla pena capitale”. L’appello prosegue: “Chiediamo al ministero degli Affari esteri, che era la sua casa, e all’Ambasciata d’Italia a Kinshasa, parte civile nel processo, di trasmettere a chi dovrà emettere il giudizio, questo nostro desiderio, questo nostro appello. Luca avrebbe voluto proprio questo”.

“Attraverso l’associazione Mama Sofia – si legge ancora nel comunicato -, ideata e fortemente voluta da Luca, vi chiedo di aggiungere la vostra firma contro la pena di morte in questo processo e più in generale nel mondo. Sono convinta – conclude Saddiki Attanasio – che sia il modo giusto di onorare la memoria di Luca e di promuovere quegli ideali di amore per l’umanità cui egli si è sempre ispirato”.

www.dire.it
Sito di riferimento della Agenzia Dire, da cui ho tratto questo post

 

15 Marzo 2023Permalink

7 febbraio 2023 – Insegniamo a sparare nelle scuole una bufala? Temo di no

Spero in una bufala ma temo sia notizia vera e non vorrei che l’acquisto degli strumenti utili alla didattica finisse come i banchi a rotelle

Martedì, 7 febbraio 2023  –  “Insegniamo a sparare nelle scuole”. La proposta di Fazzolari, vice di Meloni

Il sottosegretario avrebbe chiesto un tavolo sull’argomento al consigliere militare a Chigi: “Serve un progetto per introdurre il tiro a segno negli istituti”
“Insegniamo a sparare nelle scuole”. La proposta di Fazzolari, vice di Meloni

Governo, Fazzolari, l’idea di portare le armi nelle scuole. Il retroscena

Esplode un caso “armi” nel governo in seguito al retroscena emerso su un colloquio privato tra il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari con Franco Federici, consigliere militare di Palazzo Chigi. Il colloquio sarebbe andato in scena nella giornata di ieri. Sono appena terminate le dichiarazioni congiunte della premier e del primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali, – si legge su La Stampa – Fazzolari si fionda a parlare con il generale Franco Federici. Ed ecco cosa gli dice: “Dobbiamo fare un tavolo per un progetto di insegnamento del tiro a segno nelle scuole. C’è tutta una rete di associazioni che si possono coinvolgere e mettere in contatto con il mondo delle scuole. Ci sono ragazzi molto appassionati e bravi che lo fanno nel tempo libero. Manca una struttura e un riconoscimento ufficiale. È un’attività che io penso meriti la stessa dignità degli altri sport”.

Sul finale di un’intervista di un anno fa come ospite d’onore all’Eos Show di Verona, la fiera dedicata alla caccia, Fazzolari – prosegue La Stampa – si congedava con un auspicio. Che una maggioranza differente riuscisse presto a capovolgere i pregiudizi contro pistole e tiro a segno. Fazzolari parla dallo stand della Tanfoglio, sotto il logo della famiglia che dal 1948 fabbrica armi, esportate anche nel mercato statunitense. Tra una settimana, il 12 febbraio, è di nuovo atteso a Verona, a un convegno sulla normativa e la gestione delle armi. Con lui interverranno gli amici di Armi e Tiro e il presidente di Assoarmieri, associazione che riunisce i commercianti, intermediari e appassionati.

 

7 Febbraio 2023Permalink

4 febbraio 2023 –  Israele, la terra e l’anima  di David Grossman

Da La Repubblica del 23 gennaio
Quello che segue è il testo di un discorso pronunciato dallo scrittore israeliano da l palco della manifestazione di sabato  a Tel Aviv
(alla quale hanno partecipato più di 100mila persone) contro la riforma della Giustizia  annunciata dal premier Netanyahu

Israele, la terra e l’anima  di David Grossman

Incontro sempre più persone, soprattutto giovani, che non vogliono continuare a vivere qui. Che si sentono alienati da quanto accade e ciò li rende, a malincuore, degli estranei in patria. Israele come lo conosciamo oggi ha smesso di essere la loro casa e, per non soffrire a causa di questo senso di estraneità, si sono rifugiati in una sorta di ‘esilio interiore’.
È una sensazione che comprendo, ma fa male.

Perché lo stato di Israele  è stato fondato per essere il luogo   nel mondo in cui ogni ebreo, e il popolo ebraico, si sentano a casa. E se così tanti israeliani si sentono “esuli nel proprio paese”, è  chiaro che qualcosa sta andando storto. Mi sembra che  molti condividano questo sentire, gente di destra, di centro e di sinistra, ebrei e arabi, laici e religiosi. Quelli che sono stati sconfitti alle elezioni e persino quelli che hanno vinto: ossia coloro il cui giubilo di vittoria non riesce a nascondere   quella sottile  sensazione di panico quando constatano il vero prezzo  del loro trionfo  e soprattutto quando iniziano a configurare i volti dei partner con cui condividono la vittoria.

Nel ricorrere del 75mo anniversario dalla sua fondazione,  Israele si trova di fronte  a una lotta fatale sulla propria identità, sui tratti della sua democrazia , sul ruolo dello Stato di diritto, sui diritti umani.
Sulla libertà di creazione e sulla libertà di espressione artistica. Sull’autonomia dell’informazione pubblica.
Si tratta di una lotta contro leggi volte a istituzionalizzare il razzismo e la discriminazione, a umiliare le minoranze.  Una battaglia contro i politici cinici, alcuni dei quali corrotti, determinati a ridefinire la giustizia in modo unilaterale,  antidemocratico.  E in un battere d’occhio, amiche e amici, lo so, non è facile uscire di casa e manifestare, settimana dopo settimana,  rimanendo imbottigliati nel traffico, a volte per ore. Ma ciò che stiamo facendo qui  è un atto di grande risveglio.  E’ l’inizio del ritorno dall’esilio – soprattutto quello interiore, paralizzante – verso casa.
In questa folla enorme e variegata, ci sono quanti – come me – cui brucia nei cuori e toglie il sonno il futuro dei diritti Lgbt 0 dell’istruzione, così come dell’occupazione  (dei Territori palestinesi , ndt ) .
Sono qui in piazza con noi rappresentanti di molte organizzazioni che nel quotidiano non si occupano di proteste . E c’è anche chi – come nelle precedenti manifestazioni –  da sempre si identifica con la destra.
Tutte queste persone oggi sono pronte a mettere  da parte, per un po’ , la propria agenda, per unirsi attorni alla cosa più importante, critica e urgente.
E lo facciamo perché, dietro al programma unilaterale e oppressivo della “riforma giudiziaria “ , vediamo una casa in fiamme.  E capiamo che se lo stato di diritto venne danneggiato in maniera critica anche tutte le altre battaglie importanti si disintegreranno gradualmente.
Per tutti questi motivi mi rifiuto di essere un esule in patria  e penso sia così anche per voi. Altrimenti non saremmo qui.  Manifestiamo perché ci rifiutiamo di essere passivi, ci rifiutiamo di rimanere indifferenti.
Ci rifiutiamo  di essere esuli  nel nostro Paese.
Adesso è il momento, amiche e amici, è l’ora buia. Ora è il momento di alzarsi  e gridare che questa terra è parte della  nostra anima.  Ciò che accade oggi determinerà c he cosa ne sarà di essa, chi saremo noi  e chi saranno i nostri figli.
Perché, se lo Stato di Israele  sarà così diverso e lontano dalla speranza  e dalla visione che lo hanno creato, si può dire che in un certo senso  –  un pensiero terrificante –  non sarà più.
Ma se vogliamo – e ovviamente noi lo vogliamo  –  che lo Stato di Israele continui ad esistere e a prosperare ,  non deve allontanarsi dalla speranza e dalla visione sulla cui base è stato creato.
Voi –  centotrentamila persone riunire qui stasera-  voi siete la speranza, voi siete la visione,  voi siete l’opportunità.
(traduzione di Sharon Nizza)

4 Febbraio 2023Permalink

27 gennaio 2023 – Il discorso del presidente Sergio Mattarella

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria

 Palazzo del Quirinale, 27/01/2023

Rivolgo un saluto molto cordiale, ai Presidenti del Senato, della Camera e del Consiglio dei ministri, alla Vice Presidente della Corte Costituzionale, a tutti i presenti e a quanti stanno seguendo questo momento di memoria.
Un saluto particolare a Edith Bruck e Sami Modiano, ringraziandoli per essere qui.
Ogni anno, il Giorno della Memoria, istituito con legge nel 2000, ci sollecita a ricordare, a testimoniare e a meditare sui tragici avvenimenti che attraversarono e colpirono l’Europa nella prima metà del secolo scorso, il Novecento; definito, da alcuni storici, non senza ragione, come «il secolo degli Stermini.»
Lo facciamo, sempre, con l’animo colmo di angoscia e di riprovazione. Gli anni che sono passati da quegli eventi luttuosi, infatti, non attenuano il senso di sconforto, di vuoto esistenziale, di pena sconfinata per le vittime innocenti che si prova di fronte alla mostruosità del sistema di sterminio di massa – degli ebrei e di altri gruppi considerati indegni di vivere – pianificato e organizzato dal nazismo hitleriano e dai suoi complici in Europa.

Il sistema di Auschwitz e dei campi ad esso collegati fu l’estrema, ma diretta e ineluttabile, conseguenza di pulsioni antistoriche e antiscientifiche, di istinti brutali, di pregiudizi, di dottrine perniciose, di gretti interessi, e persino di conformismi di moda.
Tossine letali – razzismo, nazionalismo aggressivo e guerrafondaio, autoritarismo, culto del capo, divinizzazione dello Stato – che circolarono, fin dai primi anni del secolo scorso, dalle università ai salotti, persino tra artisti e scienziati, avvelenando i popoli, offuscando le menti, rendendo aridi cuori e sentimenti.
Ringrazio i relatori. Il professor Sacerdoti, per la sua puntuale e appassionata relazione. Noemi Di Segni e il Ministro Valditara, per le parole piene di significato. Il professor Foà, che ha condiviso con Chiara e Martina la sua testimonianza dolorosa e preziosa. Il giovane Davide Milano. Rai Cultura per il filmato così efficace.
Grazie ad Andrea Pennacchi, che ci ha condotto e ci ha fatto condividere brani illuminanti. E al Maestro Lotoro con i suoi musicisti.

L’arte è una forma alta di comunicazione, che ci emoziona e ci aiuta a comprendere in profondità fatti complessi e tragici, per i quali le semplici parole non sempre sono sufficienti.
Avvicinarsi alla comprensione dei motivi per cui la storia dell’umanità – e, nello specifico, d’Europa – abbia compiuto, nel secolo scorso, una così grave e spaventosa involuzione è un cammino difficile, ma necessario..
Così come è fondamentale mettere in luce come la persecuzione razziale poggiasse su un complesso sistema di leggi e di provvedimenti, concepiti da giuristi compiacenti, in spregio alla concezione del diritto, che nasce – come ben sappiamo – dalla necessità di proteggere la persona dall’arbitrio del potere e dalla prevaricazione della forza.
La Shoah, infatti, ossia la messa in pratica di una volontà di cancellare dalla faccia della terra persone e gruppi ritenuti inferiori, è stato un lento e inesorabile processo, una lunga catena con molti anelli e altrettante responsabilità.
La scelta nazista, con le famigerate leggi di Norimberga, e quella fascista – che la seguì omologandovisi – di creare una gerarchia umana fondata sul mito della razza e del sangue fornì i presupposti per la persecuzione e per il successivo sterminio.
Il regime fascista, nel 1938, con le leggi razziali agì crudelmente contro una parte del nostro popolo. È di grande significato che la Costituzione repubblicana, dopo la Liberazione, volle sancire solennemente, all’articolo 3, la pari dignità ed eguaglianza di tutti i cittadini, anche con l’espressione “senza distinzione di razza”. Taluno ha opinato che possa apparire una involontaria concessione terminologica a tesi implicitamente razziste. I Costituenti ritennero, al contrario, che manifestasse, in modo inequivocabile, la distanza che separava la nuova Italia da quella razzista. Per ribadire mai più.

Agli italiani di origine ebraica fu sottratta, da un giorno all’altro, la cittadinanza, cioè l’appartenenza allo Stato. Tra tutti questi innocenti vi erano numerosi volontari e decorati della prima guerra mondiale, vi erano protagonisti della vita sociale, culturale, economica dell’Italia.
Vennero espulsi dall’esercito, dalla pubblica amministrazione, dalle scuole e dalle università. Fu loro vietato l’esercizio della libera professione. I loro libri, le loro opere d’arte vennero bandite e bruciate. I beni confiscati. Il loro censimento in quanto ebrei favorì la successiva concentrazione nei ghetti o nei campi di detenzione e consentì ai carnefici nazisti di portare a termine l’infame opera di deportazione, su vagoni bestiame, verso le fabbriche della morte: i campi di Auschwitz-Birkenau, Chelmno, Belzec, Sobibor, Treblinka e tanti altri.
Nel Nord e nel Centro Italia, dopo i drammatici fatti seguiti all’8 settembre del 1943, le milizie fasciste parteciparono alla caccia degli ebrei. Tanti furono così consegnati alle SS tedesche.
Vi furono tanti italiani, i “giusti”, che rischiando e a volte perdendo la propria vita, decisero di resistere alla barbarie nazista, nascondendo o aiutando gli ebrei a scappare.
Rendendo oggi onore a questi italiani, non possiamo sottacere anche l’esistenza di delatori, informatori, traditori che consegnarono vite umane agli assassini, per fanatismo o in vile cambio di denaro.
I racconti dei pochi sopravvissuti dai campi di sterminio, ma anche la imponente documentazione raccolta negli archivi del Reich, descrivono quei luoghi come l’inferno, il regno della crudeltà, dell’arbitrio, della morte.
Bambini, anziani, uomini e donne inabili al lavoro finivano direttamente dal treno alle camere a gas, sperimentate dai tecnici nazisti, prima per la spietata e criminale campagna di eliminazione dei disabili e poi con i prigionieri di guerra.
Agli altri, agli scampati, gli aguzzini riservavano un’esistenza lugubre, durissima, precaria, fatta di massacranti lavori forzati, di freddo, di fame, di umiliazioni, di punizioni corporali, di terrore. Al minimo segno di cedimento fisico, attraverso la terribile pratica delle selezioni, venivano spediti anch’essi alle camere a gas. I più sfortunati perirono, tra immani sofferenze, come cavie degli esperimenti dei medici nazisti. Altri morirono di freddo o furono uccisi brutalmente durante il trasferimento in altri campi, le cosiddette “marce della morte”. Milioni di donne e di uomini, furono spogliati e depredati di tutto, della dignità e della vita, ridotti e trattati come oggetti senza valore.

Rincuora pensare che adesso, oltre ai tanti in visita, ogni anno, migliaia di ragazzi diano vita a una “marcia dei viventi” da Auschwitz a Birkenau, per vicinanza ai sopravvissuti e per ricordo di quanti vi trovarono la morte.

La Shoah fu un unicum nella storia dell’uomo, pur segnata da sempre da barbarie, guerre, stragi ed eccidi. Nessuno Stato aveva mai, come scrisse lo storico tedesco Eberhard Jäckel, «deciso e annunciato, con l’autorità e sotto la responsabilità del proprio leader, di voler uccidere, il più possibile e senza sosta, un determinato gruppo di esseri umani, inclusi gli anziani, le donne, i ambini e i neonati; e mai aveva messo in atto questa decisione con tutti i mezzi possibili al potere statale.»

Questo gruppo – cui fa riferimento questo storico – era costituito soprattutto dagli ebrei, considerati il livello più basso nella folle gerarchia umana, concepita dai nazifascisti. Nei campi di sterminio perirono anche prigionieri di guerra, oppositori politici, omosessuali, rom e sinti, testimoni di Geova, appartenenti ad altre minoranze etniche o religiose.
Gli ebrei italiani vittime delle persecuzioni razziste – come abbiamo visto nel filmato – sono migliaia di persone, la maggioranza delle quali scomparse nell’oscuro universo di Auschwitz.

Non possiamo dimenticare – ricordando i deportati italiani – le sofferenze patite dai nostri militari, internati nei campi di prigionia tedesca, dopo il rifiuto di passare nelle file della Repubblica di Salò, alleata e complice dell’occupante nazista. Furono 650 mila. Il loro ‘no’ ha rappresentato un atto di estremo coraggio, di riscatto morale, di Resistenza.

Bertold Brecht, a commento dell’immagine di una donna che si aggirava disperata tra le macerie di un palazzo raso al suolo dai bombardamenti, scrisse: «Non incolpare il destino, o donna! Le potenze oscure che ti dilaniano hanno un nome, un indirizzo, un volto.»
Dare un nome e un volto alle potenze oscure, ai criminali che hanno scatenato la guerra e causato la morte di milioni di persone, significa smitizzare la cupa e sanguinosa stagione del nazifascismo e riportare l’accaduto sul terreno concreto delle colpevoli attitudini degli uomini e delle terribili potenzialità insite nel loro animo.

La parte maggiore della responsabilità delle leggi e della politica razzista, in Germania e in Italia va attribuita ai capi dei due regimi, Hitler e Mussolini. Ma il terribile meccanismo di distruzione non si sarebbe messo in moto se non avesse goduto di un consenso, a volte tacito ma comunque diffuso, nella popolazione. Un consenso con gradi e motivazioni diversi: l’adesione incondizionata, la paura, ma anche, e spesso, il conformismo e quell’orribile apatia morale costituita dall’indifferenza. Poche e isolate furono le voci e le figure illuminate che, in Germania e in Italia, parlarono per condannare il razzismo e la sua letale deriva.
Colpiscono particolarmente le testimonianze dei carnefici. Rudolf Höss, il comandante di Auschwitz, che costruì e diresse un sistema che produsse la morte di milioni di innocenti, poco prima di essere giustiziato per crimini di guerra, scrisse un agghiacciante memoriale sulla sua carriera di funzionario statale. Dopo aver espresso un non celato compiacimento burocratico per il grado di efficienza nello sterminio raggiunto nel suo campo, confidò di aver talvolta coltivato dubbi sulla necessità di uccidere tante persone, ma di aver trovato risposta e conforto nel fatto di eseguire, con zelo e sollecitudine, un ordine proveniente direttamente da Hitler.
L’adesione al Führerprinzip, la fiducia e l’obbedienza cieca e incondizionata al capo supremo e alle sue volontà, era arrivata a tal punto da provocare in lui l’indifferenza tra il bene e il male, tra la giustizia e l’iniquità, anche di fronte al quotidiano spettacolo di migliaia di uomini, donne e bambini, avviati per file ordinate verso le camere a gas.

Come ha ricordato, nei giorni scorsi, Ferruccio De Bortoli, “senza memoria non c’è giustizia”.
Il valore della Memoria non si esprime soltanto nel ricordo, doveroso e partecipe, delle vittime e delle disumane sofferenze loro inflitte. Ma è espresso nell’impegno che – alla fine della Seconda Guerra mondiale – gli uomini liberi e gli Stati democratici presero, sulle ceneri di Auschwitz, per dire mai più.
Un impegno che oggi ci unisce e ci interpella. Mai più a un mondo dominato dalla violenza, dalla sopraffazione, dal razzismo, dal culto della personalità, dalle aggressioni, dalla guerra. Mai più a uno Stato che calpesta libertà e diritti. Mai più a una società che discrimina, divide, isola e perseguita. Mai più a una cultura o a una ideologia che inneggia alla superiorità razziale, all’intolleranza, al fanatismo.
I principi che informano la nostra Costituzione repubblicana e la Carta dei Diritti Universali dell’Uomo rappresentano la radicale negazione dell’universo che ha condotto ad Auschwitz. Principi che oggi, purtroppo, vediamo minacciati nel mondo da sanguinose guerre di aggressione, da repressioni ottuse ed esecuzioni sommarie, dal riemergere in modo preoccupante – alimentato dall’uso distorto dei social – dell’antisemitismo, dell’intolleranza, del razzismo e del negazionismo, che del razzismo è la forma più subdola e insidiosa.

Autorità, gentili ospiti, cari ragazzi,
le origini, lo sviluppo, le cause e le nefande conseguenze dell’avvento delle ideologie e dei regimi nazifascisti nel Vecchio Continente sono stati analizzati, interpretati e discussi sotto la lente di studiosi delle più diverse discipline: storici, filosofi, psicologi, giuristi, sociologi, economisti, politologi, teologi. La ricerca sulla Shoah continua a produrre, incessantemente, contributi nuovi e rilevanti.
Ma osservando, dall’alto e a distanza crescente di anni, il baratro di abominio e perversione culminato nelle camere a gas e nei forni crematori, si viene tuttora colti da un senso di smarrimento, di impotenza, di incredulità. «Eventi incredibili – scrisse Luigi Meneghello – e insieme orribilmente documentabili.»
I cancelli di Auschwitz si spalancano tuttora sopra un abisso oscuro e impenetrabile di cancellazione totale della dignità dell’uomo: il buio della ragione che, come avvertiva Goya, genera mostri.

Auschwitz – punta emblematica di un sistema e di un’ideologia perversi – è dunque il simbolo della mancanza di luce e di speranza, della negazione dell’umanità e della vita, l’indicibile, il non-luogo per antonomasia.
Un biglietto di una tra le tante vittime sconosciute, seppellito e ritrovato nei pressi dei crematori di Auschwitz, ammonisce e insegna ancora: «Sapete cosa è successo, non lo dimenticate, e tuttavia non saprete mai.»

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28 Gennaio 2023Permalink