27 luglio 2012 – Il cammino di Santiago 11

Una digressione. Ancora eretici e streghe

Purtroppo non mi riesce di proseguire trascurando alcune considerazioni sui condannati e assolti (dall’accusa d’eresia e poi?) a Logroño.
Il prof Cardini ha considerato i 12 ammazzati perché riconosciuti eretici, in rapporto ai molti (circa 1800) non riconosciuti tali. Ha inoltre dato significato a questo dato ricordando sia la caratteristica sociale dei fuggiaschi (soprattutto contadini in un’Europa in profonda crisi economica) sia gli atteggiamenti di ‘correttezza’ nell’istruttoria processuale da parte di inquisitori ‘illuminati’ appartenenti alla Suprema e non al tribunale locale.
Ha inoltre ricordato che la ‘leggenda nera’ riguardante l’inquisizione era senza dubbio sostenuta da una robusta propaganda antispagnola da parte degli inglesi concorrenti della Spagna nella conquista dei mari per assicurarsi il dominio coloniale.
Tutto vero ma dodici esecuzioni dovute a precipitazione nel concludere il processo (influenza del fanatismo?) non sono una bazzecola. Anche nel XVII sec. una vita umana è una vita umana e non c’è contestualizzazione che tenga.
Inoltre la mia abitudine a considerare anche le condizioni materiali mi ha costretta a pormi una serie di domande, di cui ho scritto nella puntata precedente e da cui non mi libero.
Così sono andata a rivedere un vecchio testo di Prosperi, autore citato con stima anche da Cardini. Si tratta di Adriano Prosperi Tribunale della coscienza 1996 Giulio Einaudi editore

Mi limito a copiarne alcuni passaggi. Perché trovare parole mie quando posso usare quelle di Prosperi?:

Pag. 140 Il papa Carafa (Paolo IV) decretò l’assoluta preminenza del Sant’Uffizio su ogni altra magistratura romana (1 ottobre 1555) … conferì al Sant’Uffizio ampia facoltà di ricorso alla tortura esentandone i membri dal rischio di irregolarità canonica conseguente al sangue versato (29 aprile 1557)

Pag. 155 Il termine ‘umanità’ si trova molto spesse nelle descrizioni che il Sant’Uffizio dava delle proprie procedure , in contrapposizione a quelle degli altri. Non si può ignorare tuttavia (pag.156) quanto questo tipo di rappresentazioni fosse destinato intenzionalmente alla propaganda.

Ecclesia abhorret a sanguine

Continua la citazione di Prosperi.
Pag 156 Il fondamento antico di quella propaganda risiedeva nell’opposizione originaria tra sacerdozio cristiano e violenza: riti di una religione nuova aliena dai sacrifici cruenti, quelli cristiani si fondavano su di un corpo ecclesiastico che non poteva macchiarsi le mani del sangue delle vittime. Ci volle, come si è visto, una misura speciale di Paolo IV per cancellare l’irregolarità prevista dai canoni per quegli inquisitori che, durante la tortura dei rei, si trovavano materialmente contaminati dal sangue.  Un altro problema dello stesso genere si creava tuttavia in occasione della consegna al braccio secolare.
<…> la sanzione più dura che il tribunale dell’Inquisizione poteva irrogare era la scomunica, Quando si trattava di mandare a morte i condannati, si era trovato l’escamotage di una formula di consegna in cui non solo non si parlava di morte fisica (ma solo di scomunica) ma per di più i giudici ecclesiastici pregavano l’autorità secolare ci moderare la punizione fisica e di astenersi dal versare il sangue.ma al di là degli schemi formali – e che si trattasse di un puro formalismo lo riconoscevano anche gli esperti di procedura inquisitoriale, come Francisco Peña – la realtà era ben diversa….

E dopo le citazioni ci sono anch’io

Quindi l’umanità del Sant’Uffizio sembra più orientata alla tutela dell’inquisitore prete (assicurato dal rischio di una irrituale contaminazione da sangue) che alla protezione della dignità della persona umana, assicurata – anche se Cesare Beccaria non era ancora entrato in gioco – dall’opera di un Dio resosi fratello nella storia umana.
Tralascio alcune mie considerazioni sull’ateismo pontificio e mi limito a ricordare che lo stesso Cardini ha segnalato l’uso della mazza d’armi  da parte di Giulio II, papa guerriero, che rifiutava la spada. Evidentemente un’arma da taglio richiama il sangue contaminatore più di uno strumento che si limita a spaccare il cranio.
Ma i papi della controriforma erano così concentrati sul loro obiettivo antiprotestante da non tener conto neppure della Bibbia?
Forse se l’avessero considerata il loro orrore per la contaminazione da sangue avrebbe subito uno scossone significativo o forse no:
20 Ed ecco una donna, che soffriva d`emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. 21 Pensava infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. 22 Gesù, voltatosi, la vide e disse: “Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita”. E in quell`istante la donna guarì”  (Matteo, 9)

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27 Luglio 2012Permalink

22 luglio 2012 – Il cammino di Santiago 10

 

4 giugno, quarto giorno (b) da Puente la Reina (Gares), a Estella (Lizarra), a Logroño.

Estella è stata una straordinaria scoperta di una città che mi era ignota anche nel nome.
Purtroppo non mi sento di dirne nulla – se non ricordarla con l’immagine dell’ingresso di una chiesa (la immagino città ricchissima capace di attrarre scultori di vaglia) e del capitello rimasto di quella che doveva essere una sala palatina che rappresenta non un soggetto religioso, ma una figura cavalleresca, probabilmente inserita nella leggenda di Rolando e Ferragut .
E’ un vero dispiacere sorvolare sulla descrizione delle immagini e sfuggire alla descrizione e al ragionamento sui  simboli che contengono ma i miei appunti sono poveri, la mia memoria pure e la mia conoscenza della storia dell’arte spagnola, che possa sostenere lacune e manchevolezze …è al livello dei miei appunti.
Quindi passo a Logroño non senza annotare lo schema di un progetto che non realizzerò mai: se rifacessi a modo mio il percorso di Santiago mi fermerei a Bilbao e a Estella cercando di approfondire la comprensione di ciò che avessi deciso di vedere.

Streghe a Logroño

Non scriverò di Logroño per i monumenti o l’ambiente, ma per la conferenza serale del prof. Cardini su un processo per stregoneria che si svolse nella città ne 1610.
Ho registrato la conferenza – ma non la trascriverò perché non sarebbe corretto nei confronti del relatore senza averne il consenso.
Però l’ho riascoltata più volte e spero che il riassunto di una parte del discorso (di cui mi assumo la responsabilità) sia pienamente rispettoso di un intervento brillante che a volte deviava anche piacevolmente dalla linea principale.
A Logroño nel 1610 arrivò un consistente gruppo di persone (sembra 1800) che fuggivano dalla Francia per i rischi che comportava il sospetto di eresia/stregoneria che gravava su di loro, attratte forse dal fatto che l’inquisizione spagnola (o, più esattamente la Santa Apostolica Suprema Inquisizione che già dal XV secolo dipendeva dai sovrani) non attribuiva con automatica generalizzazione il carattere di eresia alla stregoneria (ritenuta tale solo se comportava l’adorazione –canonicamente definita – del demonio).
I tribunali che giudicavano l’accusa in relazione ai soggetti che venivano loro presentati erano formati da tre inquisitori, per la maggior parte membri del clero con esperienza giuridica, e altri funzionari fra cui un notaio. In caso di giudizio di eresia venivano poi deferiti ai tribunali comuni che si comportavano secondo le leggi del luogo.
A Logroño. prima che intervenisse la Suprema,  si era pronunciato il tribunale locale che aveva  condannato a morte 12 degli imputati ed eseguita la condanna.
Il giudice della Suprema assolse tutti gli altri (dall’accusa di eresia, altre imputazioni non lo riguardavano).

Le mie domande inevase

Le mie domande inevase sono tante ma voglio scriverle a mia futura memoria, dividendole in due blocchi.
Il primo riguarda il tempo in cui l’evento accadde: 1800 persone sono un numero enorme in una zona certamente meno popolata dell’attuale. Avevano portato con sé denaro o beni che ne garantissero la sopravvivenza? O altrimenti chi le manteneva? Dove erano state collocate? Erano tutte convinte di aver avuto una qualche forma di relazione con il demonio (fosse o non fosse di adorazione) o altri erano i motivi che le avevano spinte a personali e particolari esperienze di natura religiosa? Non erano certo 1800 singoli che si erano incontrati sulla via dell’esilio casualmente uniti dalle stesse riflessioni o presunte esperienze soprannaturali. Cosa li legava?
Quanto tempo poteva aver richiesto l’istruttoria del processo?
E soprattutto che cosa dire della paura che certa ecclesiastica inflessibilità suscitava.
Era un consapevole sistema di dominio? E se tale che influenza poteva avere sui pellegrini contemporanei dell’evento processuale cui non potevano essere nascoste né 12 esecuzioni (probabilmente pubblicizzate perché potessero funzionare da utile deterrente) né 1800 persone a giudizio. E i 12 morti ‘innocenti’ suscitarono qualche seria riflessione?
Certamente quei 12 non fanno storia, su di loro non si sono scritti codici da leggere e studiare, ma sono storia umana: sono vissuti e sono morti per essersi inseriti in una scelta di vita non bene accetta dal potere.
E oggi – il mio secondo e più tormentoso dubbio – i pellegrini di passaggio per Logroño hanno cognizione – e qualcuno li informa – di quello che avevano visto i loro predecessori o alle varie organizzazioni, anche parareligiose, che di loro si occupano la cosa è indifferente?
Quel che conta è che la via del pellegrinaggio sia percorsa per la gioia dei pellegrini, con tutti i vantaggi che ne derivano per i residenti?
E’ un caso che mentre io mi pongo le mie inutili domande in Norvegia si celebri il primo anniversario della strage di Utoeya? Quale la differenza fra i fanatismi? La conoscenza consapevole del passato può aiutare a rendere più decente il presente?

 

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11. 17 luglio

22 Luglio 2012Permalink

17 luglio 2012 – Il cammino di Santiago 9

4 giugno, quarto giorno (a) da Pamplona (Iruña) a San Salvador de Leyre, Santa Maria di Eunate, Puente la Reina (nome basco del comune Gares)

E’ un itinerario che mi ha consentito emozioni straordinarie e rappresenta uno dei ricordi più belli di questo viaggio.
Dopo una rapida visita al monastero si San Salvador de Leyre arriviamo a Santa Maria di Eunate, chiesa circolare dall’aspetto invitante per la novità e l’armonia dell’architettura.
Ma qui devo scegliere e opto per quella che considero appunto la prima delle mie due straordinarie emozioni della giornata: il tragitto (finalmente a piedi!) fino a Puente la Reina.

Camminare nella meseta

La passeggiata si svolge, sostanzialmente piana, a circa 600 metri d’altezza.  Il vento fresco è piacevole e il sole non dà fastidio.
La strada pedonale segue l’antico percorso ed è costantemente segnalata con gli appositi simboli che ho già pubblicato il 10 luglio; in alcuni paesi la conchiglia è inserita nel selciato.
So che su tutto il percorso si trovano luoghi di accoglienza, anche molto antichi, non necessariamente turistici o commerciali. Alcuni sono tradizionalmente gestiti da confraternite (evidentemente fedeli all’antica motivazione religiosa del pellegrinaggio). Purtroppo non c’è tempo per approfondire le informazioni: già la possibilità di camminare è un regalo insperato.
L’incontro con i ‘pellegrini’ è frequente: nei saluti e nelle brevi frasi scambiate in cammino si intrecciano i linguaggi più diversi. Molti portano il simbolo della conchiglia disegnato sulla giacca o sullo zaino. Alcuni hanno la conchiglia penzolante addosso, il che mi sembra un po’ improprio dato che dovrebbero appropriarsene all’arrivo. Ma non sono un’esperta di ‘liturgie pellegrinesche’. Forse va bene così.
Mi piacerebbe chiedergli perché sono lì … penso che per molti sia un’avventura da vivere forse – o forse no- rinnovando il ricordo di avventure più antiche quando l’uscita dal proprio villaggio poteva significare una rottura completa con la vecchia vita e l’inizio di un’altra che avrebbe portato chissà dove, posto che disagi, malattie, pericoli ne consentissero il completamente del percorso (si veda il commento inserito in questo blog il 30 giugno).
Forse ad altri pellegrinaggi, diventando romei se prendevano la via di Roma o Palmieri se si dirigevano a Gerusalemme? Chissà!
E chissà cosa pensano coloro che mi si affiancano, mi salutano, mi sorpassano.

Ponte la Reina

Quttro sono le strade per Santiago che a Puente la Reina, ormai in Spagna, si riuniscono in una sola…Così inizia la “Guida del pellegrino di Santiago”, libro V del “Codex Calixtinus” (qualche notizia il 10 luglio) o meglio questa nota che ho trovano in una mia veloce ‘navigazione’.
Semplificando  i miei appunti dicono che qui si incrociano i vari cammini di Santiago, il cammino di Navarra e Aragona confluiscono in quello Francese proseguendo per Logroño.
Ho già pubblicato una mappa (29 giugno) ora ne inserisco un’altra, più semplice e schematica.

Il ponte attraversa il fiume Arga è un esempio di architettura civile romanica sul cammino di Santiago. Formato da 7 archi a tutto sesto, misura 110 metri di lunghezza. Tra gli archi se ne aprono altri più piccoli, come sfiatatoi, che alleggeriscono la struttura permettendo il passaggio dell’acqua quando la portata del fiume cresce.

Regine
Anonimamente Ponte de la Reina perché le regine cui è attribuito sono due: Doña Mayor sposa di Sancho el Mayor, Sancho il Grande (990 -1035), Re di Pamplona e conte di Aragona, e Estefania, sposa di García Sánchez III, conosciuto come García el de Nájera.
Lo scopo del ponte era quello di agevolare il flusso dei pellegrini del Cammino di Santiago che lasciavano la città dopo aver attraversato la Rúa Mayor.
Quale che fosse la regina cui è attribuito mi chiedo perché, pur senza nome, è ricordata.
Lo volle convincendo il marito, aveva denaro suo, si rifece con il pedaggio che si pagava nei luoghi chiave di ogni passaggio fino all’avvento degli stati nazionali nell’età moderna?
Ne intuiva l’importanza agli effetti economici (facilitare un affollato pellegrinaggio interessava a molti) o era spinta da motivazioni religiose? O da entrambe?
Non lo so.
Ma su quel ponte si sono concretizzate anche motivazioni mie che non lascerò perdere.

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17 Luglio 2012Permalink

11 luglio 2012 – Il Cammino di Santiago 8

                               

3 giugno, terzo giorno (c) da Roncisvalle (Orreaga) a Pamplona (Iruña).

Siamo partiti dal territorio del regno di Aragona, percorrendo a ritroso la via Argonese per raggiungere il valico di Somport (1660 m. circa) da cui entravano in Spagna i pellegrini del Nord, rientriamo in Spagna via Roncisvalle (altezza 1000 m. circa), incontrando il cammino della Navarra – percorso soprattutto da pellegrini francesi -ed anche la leggenda che si è intrecciata con le motivazioni religiose del pellegrinaggio.

Nel 776 Carlo Magno aveva tentato di estendere il suo potere nella penisola iberica, trovandosi fatalmente a contrastare (e ad esserne contrastato) l’espansione dei territori mussulmani.
L’impresa si concluse male (battaglia di Roncisvalle – 15 agosto 778) e i cavalieri franchi furono battuti non dai saraceni ma da montanari baschi cristiani (ariani, d’obbedienza romana o cattolici che dir si voglia, misti? Non so) ostili alla presenza di un esercito straniero nelle loro terre.
A Roncisvalle una chiesetta testimonia l’intreccio fra religiosità e racconti che si pretenderebbero storici e appartengono invece ai modi della propaganda..

La leggenda appartiene al genere letterario epico delle Chanson de geste e ci è stata trasmessa con la Chanson de Roland (o Canzone di Rolando o Orlando), scritta intorno alla seconda metà dell’XI sec., che fa parte del ciclo carolingio (Mi piace ricordare che geste in questo caso si collega al significato di stirpe e non di eventi promossi da valorosi).
Ormai in piena reconquista  (la distruzione del sistema politico creato in Spagna dai mussulmani che si concluderà nel 1492) era evidentemente necessario offrirsi un passato che giustificasse tale impegno. Probabilmente nemmeno allora bastava la motivazione religiosa, ideologicamente auto giustificatrice.
Se qui si potesse scrivere di storia, oltre i brevi appigli che offro alla mia memoria, sarebbe il caso di segnalare anche le divisioni all’interno dei regni mussulmani che ne favorirono la disgregazione, nonché la presenza di sette fanatiche anche in campo mussulmano. Voglio ricordare quella dei califfi Almohadi cui si deve la cacciata dei filosofi Maimonide (Moshe ben Maimun) e Averroé (Ibn Rush) la cui citazione mi ha richiamato un bellissimo film Il destino (1997- regista Youssef Chahine).

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l’ire e i giovenil furori
d’Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano

Certamente i cavalieri potevano permettersi (se sopravvivevano agli scontri cui eventualmente avessero partecipato) soste in piacevoli castelli. Non altrettanto evidentemente i loro scudieri, servitori e quant’altri partecipassero alle battaglie come componenti del loro seguito.
Ma di questi non c’è storia a meno che non vogliamo leggerla in con una ‘scorretta’ analogia nei barconi di immigrati che oggi attraversano il Mediterraneo per il loro pellegrinaggio verso la sopravvivenza.
Dell’immagine pacifica dei dintorni dei campi di battagli abbiamo parlato in particolare con Laura Novati (accompagnatrice culturale insieme a Cardini) e ci tornerò più avanti.

Ho voluto accompagnare i versi di Ariosto (successivi al tempo cui appartiene l’evento che ha dato origine alla leggenda e anche al racconto della Chanson de geste con cui ci è stata tramandata) con una miniatura di Jean Fouquet (metà del XV secolo) che offre un’immagine idilliaca dei margini di un campo di battaglia ripresa poi anche nella poesia italiana, di cui mi limito all’incipit dell’Orlando Furioso.

Continuaprecedenti puntate 18, 21, 23, 29, 30 giugno, 4 e 10 luglio

 
11 Luglio 2012Permalink

10 luglio 2012 – Il Cammino di Santiago 7

Omissioni

Ne segnalo una (delle mie evidentemente) ed è la connessione  fra il monastero di San Juan de la Peña (San Giovanni del dirupo) e la coppa che viene chiamata Santo Graal nella presunzione che si tratti di quella usata da Gesù nell’ultima cena.

Devo dire che mentre provo un grande interesse per gli oggetti che aiutano a capire molti aspetti di un’epoca (materiali, lavoro, uso, valore …) provo irritazione per le reliquie.

Non so capire che contributo possa dare alla presenza della fede nella vita di una persona (o alla sua assenza, o al suo rifiuto) il riconoscimento della datazione e della provenienza di un oggetto (e mi turba ancor di più se di resti umani si tratta) la cui attribuzione ‘sacra’ è sempre almeno dubbia.

Quindi non dirò nulla del Graal dato che non ho registrato quanto ci è stato detto nel corso del viaggio, non ho preso appunti adeguati e i miei ricordi sarebbero inficiati dal pregiudizio. Ricordo solo che si tratta di una leggenda riportata da Chretien de Troyes (XII) secolo e che ha come protagonista Perceval (da non confondere con il Parsifal wagneriano)

Certamente anch’io nel viaggio scopro i miei significati (Cardini ha scritto: ’non si va in pellegrinaggio. Si è pellegrini’. E anch’io lo sono – certamente in questa situazione in una forma particolare dove non mi è consentito il gusto soporifero della quotidianità).

 

Ma cos’è, cosa è stato per me il cammino di Santiago?

Lo vado scoprendo un po’ alla volta in questa lenta rivisitazione e mi conforto con una citazione di Saramago da Viaggio in Portogallo
”Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione.… Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre”

 3 giugno, terzo giorno (b) da Saint Jean Pied de Port (Francia) a Roncisvalle

 

Il percorso, che ho sommariamente descritto nella precedente puntata, rappresenta una delle strade descritte nel Codex Calixtinus (alcune notizie sono reperibili anche da qui), o Liber Sancti Jacobi, un insieme di documenti manoscritti, complessivamente di 225 fogli, divisi in cinque libri, raccolti nel XII secolo.
Recentemente restaurato ed esistente in una replica esatta, un anno fa è stato rubato.
Da notizie che ho letto su La Stampa il 4 luglio sarebbe stato ritrovato.

Il prof Cardini ci parla delle modifiche al paesaggio attuate soprattutto nell’ultima fase della dittatura franchista con la creazione di envalse (invasi) o –sempre in spagnolo- pantani che hanno determinato significative modifiche climatiche..

Più volte nel fondovalle vediamo zone lacustri, ampi stagni per cui in un caso vedo segnalate anche attrezzature turistiche.
Scorgo anche tracce di antiche carbonaie: purtroppo non c’è tempo per soffermarsi su tutto questo, come mi piacerebbe.

La lingua basca (euskara) rappresenta un linguaggio isolato nel complesso iberico ma avrebbe qualche punto di contatto con linguaggi caucasici, in particolare con il georgiano.
Alcuni linguisti avrebbero fatto l’ipotesi di un’enorme area culturale e linguistica celtica al cui centro si sarebbero inseriti popoli indo europei, dividendo definitivamente le popolazioni originarie.
Tale è la mia incompetenza in materia che non voglio dire nulla oltre a questa nota confusa.
Meglio procedere con il ‘mio’ viaggio, per quanto posso capire e documentare.

L’asse attrezzato

Da Saint Jean Pied de Port ci portiamo a Roncisvalle percorrendo un tratto di una delle vie note agli antichi pellegrini francesi. Certamente nel Medio Evo le strade sono dominate dai pellegrinaggi (soprattutto dopo l’anno 1000). Questo di Santiago ha testimonianze di età carolingia che non escludono tracce di culti precedenti.
Di San Giacomo parlano infatti Eusebio di Cesarea (III sec.), S. Girolamo e Ilario di Poitiers (IV sec.), Isidoro di Siviglia (VIII sec) che ne scrive nel De ortu et obitu Patrum riferendosi ormai a San Giacomo come ‘apostolo della Spagna’.
A questo punto arriviamo all’VIII sec. e ormai la presenza dei ‘mori’ è un fatto importante – che si intreccia significativamente con il pellegrinaggio a Santiago- che rinvio alla prossima ‘puntata’.
Se oggi il Cammino si avvale di una sua particolare segnaletica; anche i pellegrini antichi trovavano lungo la strada forme di accoglienza e ristoro.

Continuaprecedenti puntate 18, 21, 23, 29, 30 giugno e 4 luglio

10 Luglio 2012Permalink

4 luglio 2012 – Il cammino di Santiago 6

Ho interrotto il diario di viaggio per consentirmi (29 e 30 giugno) qualche appunto a sostegno di quello che via via scrivo con tutta la preoccupazione che mi viene dall’insufficienza delle note frettolosamente prese in pullman (e non riviste –come avrei voluto – la sera quando la stanchezza mi stroncava) e dall’assenza di registrazioni durante il percorso. Dovrò considerare come superare l’irritazione che il rumore di fondo del motore mi produce quando registro nel corso del viaggio.
Provo a servirmi anche di fotografie che ho preso pur riconoscendone l’inadeguatezza a fronte delle splendide cose viste.
Per oggi mi fermerò di fronte a Roncisvalle (per un tratto proprio il 3 giugno abbiamo superato il confine francese) di cui scriverò la prossima volta.

3 giugno, terzo giorno (a)  Jaca (Chaca in aragonese), San Juan de la Peña (San Giovanni del dirupo), Santa Cruz de la Seròs (Seros: dal latino sorelle, monache), Saint Jean Pied de Port (Francia)

Da Pamplona ci spostiamo verso est per raggiungere Jaca, che fu la prima capitale del regno di Aragona, uno di quei piccoli regni di confine che ostacolarono la diffusione dei regni islamici oltre i Pirenei. E’ un problema che in questo viaggio è emerso nella sua complessità, superando la rigida visione ideologica di contrasto ‘cristiano’ all’Islam.
Siamo quindi ancora sul Cammino aragonese che percorreremo all’inverso rispetto alla sua direzione ‘naturale’ per raggiungere Somport (valico a 1600 m circa) e poi spostarci – direzione ovest – a Saint Jean de Pied de Port e scendere quindi a Roncisvalle (Roncesvalles in castigliano e Orreaga in basco. Passo di Roncisvalle 1000m circa), ma di questo alla prossima puntata).
Abbiamo fatto un giro che ci ha riportato più o meno a nord di Pamplona.

Un percorso interessante

Il percorso del 3 giugno attraversa ampie zone verdi, assolutamente prive di centri urbani ma dove anche i villaggi sono piuttosto rari. La diversità con il paesaggio italiano è enorme, tanto che sento la necessità di procurarmi qualche numero che non occorre commentare:
– Spagna: territorio 504.782 kmq – abitanti (stima del 2010) 45.054.694 – densità media 81 abitanti per kmq
– Italia: territorio 301.340 km². – abitanti (stima del 2011) -Italia 60.626.442  – densità media 200 abitanti per kmq
Quello che mi colpisce di più comunque in tutto questo verde così inusuale per chi percorra il paesaggio italiano è il canto delle rondini.
In Friuli la monocultura del mais –sostenuta dall’uso di pesticidi – ha fatto scomparire gli insetti di cui le rondini si cibano.
In Spagna, almeno in questa zona, l’agricoltura dev’essere diversamente organizzata: ma su questo paesaggio dovrò tornare.

E finalmente le fotografie

Comincio con il primo impatto: il monastero di San Juan de la Peña , cui fanno seguito alcuni capitelli del chiostro.

Il primo raffigura il sogno di Giuseppe

 

 , il secondo l’ultima cena,

 

il terzo l’ho identificato come Raab, la prostituta di Gerico senza il conforto di alcuna spiegazione.

 

 

 
 

 

Infine un’immagine francese: Il ponte di Saint Jean Pied de Port.

Di capitelli e ponti avrò occasione di scrivere ancora. Per oggi basta così.

Continua – precedenti puntate 18, 21, 23, 29 e 30 giugno

4 Luglio 2012Permalink

30 giugno 2012 – Il cammino di Santiago 5

 Se ieri ha funzionato la mappa che mi ha orientato nello spazio percorso (e che mi servirà quando mi soffermerò sui ricordi delle singole località più viste che visitate) ora devo mettere ordine nel tempo.

Qualche data nella storia della Spagna.
Territorio invaso dai Romani cui subentrarono i Visigoti (VI-VII sec.  capitale Toledo) cristiani ariani (passarono al cattolicesimo romano nel 589). Nel 711 iniziò la conquista araba e, nel 756, nacque l’emirato ommayyade di Cordoba.
La conquista araba si estese a buona parte del territorio della penisola da loro chiamata Al Andalus, terra dei Vandali. Nella zona della catena dei Pirenei e della cordigliera cantabrica si formarono piccoli regni che rappresentarono il limite dell’insediamento arabo-berbero, dando inizio al lungo processo noto come Reconquista.

Nel 996-97 (con un gesto dall’alto valore simbolico) il califfo cordobano Hisham II assalì e saccheggiò la citta di Compostela, rispettando però le ‘reliquie’  dell’apostolo Giacomo.
Così – dal prezioso libretto di Biblia – alla tomba dell’apostolo “stava convenendo un numero di anno in anno più folto di pellegrini dalle regioni poste al di là dei Pirenei. Quel che non poteva comprendere è come quel culto si fosse ormai radicato in tutta Europa. … La causa dell’apostolo Giacomo diventava, ora, quella della cristianità intera” (F. Cardini).
L’apostolo quindi venne umiliato (parere mio ma non ci rinuncio) al ruolo di matamoros e identificato nella figura di un cavaliere che compariva in occasione di scontri fra mussulmani e cristiani e volgeva le sorti della battaglia in favore di questi ultimi.

 

L’organizzazione del pelligrinaggio
Dell’organizzazione materiale del pellegrinaggio avrò modo di scrivere nel corso del diario.
Per ora mi limito a segnalare a me stessa il Codex Calixtinus (di cui si considera committente papa Callisto II 1119-1124; notizie raggiungibili anche da qui)
Una sola annotazione, sperando che la memoria non mi inganni.
Il prof. Cardini ci ha segnalato la particolarità della conchiglia a ventaglio che può essere raccolta in riva all’oceano. A differenza di quelle mediterranee presenta ‘costole’ aspre e ruvide.
Quando i pellegrini tornavano da Santiago erano soliti offrire la conchiglia alla loro chiesa. La particolarità della struttura (le conchiglie mediterrane all’esterno sono lisce) ha permesso di constatare che molti dei pellegrini (forse quelli che avevano fatto il cammino per delega?) avevano mentito sul raggiungimento della meta.

Come sempre è possibile ingrandire le immagini facendo clic sopra (tasto sinistro)
Continua – precedenti puntate 18, 21, 23 e 29 giugno

 

 

30 Giugno 2012Permalink

29 giugno 2012 – Il cammino di Santiago 4

Leggende, viaggi, percorsi, turismo e non.

Se non riesco a mettere ordine nella mia testa non posso proseguire con il diario che, a ogni parola che scrivo, mi interroga per vedere se ho capito bene. Poiché dare un nome alle cose è fondamentale per capire e capirsi, provo ad affrontare così la strada del ‘mettere ordine’.

San Giacomo: chi era costui?
Cominciamo dalla fonte essenziale: il cap. 6 del vangelo secondo Luca 13Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: 14Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, 15Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; 16Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
(Analoga lista si trova anche in Mt 10, 2-4; Mc 1, 16 sgg; At 1, 12 sgg)
L’apostolo Giacomo (detto il Maggiore, per distinguerlo dal Minore, pure apostolo, fu ucciso nel 44 (At 12, 2).
Il suo nome è presente nel toponimo Santiago e così ne scrive il prof. Cardini nell’opuscolo che Biblia ci ha distribuito (se qualcuno ne fosse interessato evidenzi le voci ‘contatti – scrivici’ in www.biblia.org) -: “Fra 820 e 830 in Galizia, in un luogo detto campus stellae (in realtà piuttosto compostum tellus,’ necropoli’), sede di un antico cimitero visigoto, una serie di apparizioni segnalarono al vescovo Teodomirio di Iria, la presenza di una tomba e di una reliquia, quelle dell’apostolo Giacomo ’fratello del Signore’, secondo la leggenda miracolosamente giunte via mare, si disse, dalla Terrasanta”.

Il cammino e le strade per percorrerlo
E’ un argomento su cui dovrò tornare  ma, stabilito che le mete più significative nel Medio Evo e non solo erano tre e precisamente Gerusalemme, Roma e Santiago, per ora mi limito a superare la fatica di decidere da dove partire inserendo una schematica mappa dei percorsi possibili (magnificamente segnalati con simboli appositi per chi voglia assicurarsi l’avventura del Cammino).

 Chi volesse vederla meglio può ingrandirla con un clic.
Il 23 ottobre 1987 il Consiglio d ’Europa ha dichiarato il cammino  “itinerario culturale europeo” e nel 1993 l ’UNESCO lo ha a sua volta dichiarato “patrimonio dell ’Umanità”.

Continua – precedenti puntate 18, 21 e 23  giugno

29 Giugno 2012Permalink

23 giugno 2012 – Il cammino di Santiago 3

2 giugno, secondo giorno (b) – San Sebastian (in basco Donostia)– Pamplona (in basco Iruña)

In prossimità dell’oceano un po’ alto sulla costa si vede un palazzo, incongruo per il nostro gusto così com’è goticheggiante e oscuro dove oggi apriremmo spazi alla luce. Fu fatto costruire  da Isabella II regina di Spagna (1833–1868) , o meglio da sua madre, la reggente Maria Cristina, dato che Isabella abbisognava di cure di acqua di mare. L’origine reale e la moda della talassoterapia resero San Sebastian un luogo di villeggiatura già famoso nella belle époque.

 

 

 

 

Dopo la telegrafica esperienza marina (o meglio oceanica anche se su una deliziosa baia interna) arriviamo a Pamplona, il che ci rimette sulla via del Cammino di Santiago.
Io però non sono ancora in sintonia con un pellegrinaggio. Sono ancora disorientata a parte la mia prevenzione nei confronti dei pellegrinaggi, non più antiche avventure sia pure con un sostrato religioso ma percorsi oscillanti fra pietà religiosa e turismo che spesso se ne approfitta. Non mi libererò mai dell’orribile immagine dei pellegrinaggi organizzati in Israele e soprattutto nei Territori Occupati.
A Pamplona, sede dell’Università dell’Opus Dei (brr), sfioriamo antiche mura che mi sembrano interessanti … ma non c’è tempo di occuparsene.
Naturalmente non mancano una grande chiesa, un enorme convento ma per ora la mia attenzione è attratta da quello che manca e che mi interrogherà per buona parte del viaggio: la presenza di strutture che siano testimonianza di vita civile organizzata.
Che faceva la borghesia in Spagna, se c’era?
Continua – precedenti puntate 18 e 21 giugno

23 Giugno 2012Permalink

21 giugno 2012 – Il cammino di Santiago 2

Premessa. Poiché la presidente di Biblia, rivolgendosi ai partecipanti al viaggio in Spagna, ha segnalato il mio blog ripeto qualche nota che forse sarà utile 
                            a
i miei compagni di viaggio che volessero leggere diariealtro
Sarei molto lieta se aggiungeste le vostre note alle mie, approfittando dello spazio per i commenti che si trova alla fine di ogni pezzo.
Purtroppo il mio non è un sito ma un blog dove ogni testo che venga pubblicato seppellisce il precedente.
Per chi volesse seguire il percorso della mia memoria (e, spero, della vostra) senza prendere visione  di altri argomenti – di cui diariealtro si occupa da anni- identificherò le tappe del Cammino di Santiago nelle categorie Biblia, viaggi e nel tag viaggio Spagna 2012.
Al termine del diario del Cammino di Santiago (1-11 giugno) darò notizia dei i miei due giorni a Madrid.

2 giugno, secondo giorno (a) – Bilbao (in basco Bilbo)– Loyola (comune di Azpeitia)–

Si inizia con una visita veloce a Bilbao dopo una notte trascorsa in un albergo dal nome inusuale, Seminario. Penso che prima di essere albergo fosse proprio seminario. Enorme.
Ma quanti preti c’erano in Spagna?
In una piazza di Bilbao, mentre la guida ci illustra le caratteristiche della città, scopro in cima a un palazzo una grande scritta: Caja Laboral Popular. Non resisto al desiderio di fotografarla e ci riesco. Sono attratta dal richiamo al lavoro nel cui ambito molti in Europa cercano di realizzare di nuovo una dignità negata finché non mi rendo conto che Caja significa Cassa e che deve trattarsi di una specie di banca cooperativa. Poco so delle banche come istituiti finanziari in Italia e non mi azzardo oltre nel considerarne il significato in Spagna, anzi nei Paesi Baschi.
Silvano mi dice di aver scoperto (o forse è stato Francesco?) una scritta Abbasso il re.
Non l’ho vista ma la segnalo perché mi sembra la giusta risposta di chi lavora (o vorrebbe poter lavorare) a un sovrano impegnato – in un momento di crisi – a cacciare elefanti intrecciati con avventure erotico-senili. Mah!
Girando per la città scopro strutture che ero abituata a chiamare bovindo (bay window ossia finestre a golfo) finché non ho scoperto che in Alto Adige vengono chiamate ercher (trovo anche la grafia erker) e ora so che qui sono miradores. Il nome ‘miradores’ mi richiama gli spazi delle deliziose finestre che ho conosciuto in Palestina dove ci si può sedere su comodi davanzali trasformati in divanetti, per guardare ciò che accade all’esterno. Sembra che il desiderio di case luminose e nello stesso tempo protette dalla riservatezza sia stato comune a molti popoli.
Niente da dire sulla seconda tappa, Loyola, che propone la radicale modifica nella vita di Sant’Ignazio, fondatore della compagnia di Gesù. Mi riesce difficile collocare Loyola (che risale a un evento del XVI secolo) nel percorso di quella straordinaria avventura medievale che fu – e che ancora è- il pellegrinaggio a Santiago.
Scaccio dalla mente i frammenti di notizie che ancora vi si trovano relative alle Reducciones dell’America latina e penso Matteo Ricci, il gesuita mandarino che nulla ha a che fare con la presentazione retorica e un po’ melensa che l’edificio dove nacque Ignazio offre. In ogni caso mi sembra che il Sant’Ignazio che viene proposto a Loyola poco dica della complessità, delle contraddizioni, del bene e del male della Compagnia di Gesù.
E al di là della ovvia segnalazione del gesuita card Martini mi viene in mente  padre Dall’Oglio e il suo straordinario monastero di Mar Musa (Siria) che resta uno dei ricordi più alti di un mio viaggio in Siria di qualche anno fa. Non solo aveva curato il restauro dello splendido antico edificio ma ne aveva rinnovato il significato di luogo d’incontro delle popolazioni della zona creando uno spazio vivo  per il dialogo intereligioso. Pochi giorni fa p. Dall’Oglio è stato espulso dalla Siria pare in seguito a un appello da lui rivolto a Kofi Annan in occasione della sua visita nel paese.
Chi volesse saperne di più può navigare su internet usando il nome di Dall’Oglio e del suo monastero. Si trova anche la lettera aperta a Kofi Annan.        A fianco: Deir mar Musa

La presidente di Biblia manda un messaggio al pullman uno

Agnese, che viaggia sul pullman 2, ci regala un testo di Miguel de Unamuno che trascrivo.
Per me, che spesso mi sentirò soffocare dalla sacralità pesante delle immagini dorate, è un momento di respiro, come il ricordo di padre dall’Oglio. Ci sono situazioni in cui per dure che siano le scelte di libertà danno la sensazione della leggerezza e l’espressione del dubbio rassicura.

“LA PREGHIERA DI UN ATEO” [Bilbao, 2 giugno 2012]

Ascolta il mio pregare Tu, Dio che non esisti,
raccogli nel tuo nulla queste mie doglianze.
Tu che ai poveri uomini nulla consenti
senza consolazione di inganno. Non resisti
alla nostra supplica e di nostra brama ti adorni.
Quando più dalla mia mente ti allontani
più ricordo i placidi racconti
con cui mi addolcì le tristi notti l’amor mio.
Quanto sei grande mio Dio! Sei tanto grande
che non sei neppure Idea, e molto angusta
è la realtà per quanto a contenerti
la si espanda. Io soffro nel tuo costato
Dio inesistente, poiché se Tu esistessi
davvero esisterei pur io.

                                   Miguel de Unamuno y Jugo

Continua – precedente puntata 18 giugno

21 Giugno 2012Permalink