Ho ricevuto dal Movimento di Volontariato Internazionale del Friuli Venezia Giulia (Notizie dal MoVi Numero 23/2014) una copia della loro pubblicazione da cui ricavo una pagina che trascrivo, isolando un passaggio per evidenziarlo.
In questa pagina si riporta un articolo che fa riferimento a un’iniziativa dell’Unicef relativa ai paesi del Terzo Mondo, di cui l’autorevole organizzazione stigmatizza ciò che in Italia tace.
Perché taccia non lo so.
A seguire nella stessa pagina del MoVi c’è un articolo di Elia Beacco (che pure riporto, ringraziando l’autrice anche per la pertinenza dei link)
Notizie dal MoVI n 23-2014 a cura del MoVi – FVG
L’esercito dei bambini invisibili
L’Unicef alza il velo su un altro fenomeno dal quale giungono ulteriori conferme delle enormi contraddizioni che caratterizzano il nostro mondo moderno. Parliamo dei «bambini invisibili», ovvero di quei bimbi fisicamente esistenti ma di cui, da un punto di vista legale, non ve ne è traccia su questa Terra. Di loro non esiste nulla di scritto, un certificato di nascita, un atto di registrazione, né altro documento che possa comprovarne l’esistenza. In sostanza sono fantasmi, o meglio visibili all’occhio umano, invisibili per la società in cui vivono. Sono in tutto 230 milioni, ovvero un piccolo su tre sotto i cinque anni ufficialmente «non esiste», in sostanza nel 2012 solo il 60% dei neonati nel mondo sono stati registrati all’anagrafe o in qualsivoglia ufficio pubblico. Molti di loro però non possono fornirne la prova: un piccolo su sette infatti è registrato ma non possiede un certificato di nascita.
Cifre che sbalordiscono. Ancora una volto i più vulnerabili sono i bimbi del Sud del mondo come spiega il rapporto Unicef, non a caso scelto per il 67 esimo compleanno dell’agenzia delle Nazioni Unite. I tassi più elevati di «invisibilità» si registrano in Asia meridionale e nell’Africa sub-sahariana. La triste classifica dei tassi di registrazione più bassi vede ai primi dieci posti i soliti nomi, Somalia (con il 3%), Liberia, (4%) Etiopia (7%), Zambia (14%), Chad (16%), Tanzania(16%), Yemen (17%), Guinea Bissau (24%), Pakistan (27%) e Congo (28%). Claudia Cappa, esperta Unicef per le statistiche, spiega che «in certi Paesi solo il padre può registrare un figlio, per le madri single è impossibile». Spesso entrano in gioco anche le barriere culturali e i costi troppo alti, mentre altre volte le famiglie hanno paura che registrando un figlio possano subire discriminazioni.
«La registrazione delle nascite è di vitale importanza – dice il vice direttore esecutivo di Unicef, Geeta Rao Gupta – E’ la chiave per garantire che i bambini non vengano dimenticati e che non vengano negati i loro diritti. Il certificato di nascita è il passaporto di un bambino».
L’Unicef stessa ha messo a punto alcuni strumenti per contrastare il fenomeno, mettendo la tecnologia al servizio dei bimbi meno fortunati. In Kosovo è stato sviluppato un sistema efficace e con un costo limitato che permette di segnalare i piccoli che «non esistono» con un sms. Speriamo sia un apripista per portare alla luce sempre più bimbi invisibili.
“Constatiamo che oggi in Italia ci sono bambini cui è negata un’esistenza giuridicamente riconosciuta, destinati a vivere nascosti. Approvare una legge che garantisca il diritto alla registrazione anagrafica per tutti i figli, indipendentemente dalla situazione giuridico- amministrativa dei genitori senza la necessità di esibire documenti inerenti al soggiorno. In modo da evitare che ci siano “nati invisibili” con conseguenze aberranti di ordine sociale e sanitario” (Augusta De Piero).
Sono infatti questi gli effetti prodotti da una normativa ambigua e contraddittoria (Legge 94 del 15/07/2009 e Circolare del 7/08/2009) circa l’obbligo di presentazione del permesso di soggiorno per registrare gli atti di nascita, obbligo poi contraddetto dalla successiva circolare. Comunque il risultato è che molti stranieri senza documenti ancora non registrano i propri figli per paura di essere denunciati. Un dramma che può raggiungere l’assurdo: madri immigrate irregolari che partoriscono in una struttura ospedaliera ma non possono riconoscere e registrare all’anagrafe il loro bimbo appena nato, rendendolo così adottabile.
In Parlamento – presso la Commissione Affari Costituzionali – da più di un anno è depositata una proposta di Legge (n. 740) ad oggi ancora non discussa – che può correggere questa situazione inaccettabile. Ma evidentemente considerata di non sufficiente urgenza ed importanza, visto che non è stata ancora presa in considerazione nonostante la petizione che l’accompagna e ne sollecita l’esame ( per firmare la petizione).
Elia Beacco