14 dicembre 2018 – Integrazione precoce a Codroipo, provincia di Udine

Poco più di una settimana fa su facebook (il social che frequento per cercar di sapere cosa accade e cosa si racconta a proposito di notizie  che non compaiono sui mezzi di informazione)  si sono resi visibili bambolotti di pelle chiara e di pelle scura, che si diceva fossero vietati  all’asilo nido comunale di Codroipo.
Ho cercato di capirne di più e prima di tutto ho stabilito alcuni  punti fermi per orientarmi:

  • Il nido pur facendo parte del  sistema educativo non appartiene al MIUR ma al comune.  In base a questo è legittimo che sia il comune a misurarsi con i regolamenti dei nidi;
  • Considerando la  comunicazione bianco/nera era ben chiaro che le notizie si riferivano ai bambini figli di non comunitari, nati in Italia o portati piccolissimi dai loro genitori, dato che il nido offre un  servizio dai 3 mesi ai tre anni;
  • Se parlare di integrazione non è una presa in giro, il nido sarebbe un servizio da considerare con attenzione se non altro per facilitare l’uso precoce della lingua italiana (ed eventualmente del friulano) come strumento di comunicazione e perciò di integrazione (l’uso del condizionale non è casuale: siamo nell’era dei condizionali dato che molte certezze che credevamo acquisite ci ballano sotto i piedi);
  • Per ciò che concerne l’iscrizione di minori ai servizi scolastici ed educativi l’esibizione del permesso di soggiorno è  esclusa solo per la scuola dell’obbligo.  Quindi i piccoli che vengano iscritti ad asili nido e scuole dell’infanzia per frequentare i servizi educativi loro spettanti, se figli di non comunitari, devono reggere e superare il giogo del permesso di soggiorno dei genitori per cui rischiano di farsi spie della loro irregolarità. 
    Mantenere la norma che spie li vuole a me sembra una abuso grave quanto l’esercizio attivo della pedofilia, una scelta da vigliacchi ignoranti.

Purtroppo il superiore interesse del minore, principio ormai fermo nella legislazione, viene  eluso con la complicità silente dell’opinione pubblica.   

E’ tempo di tornare ai bambolotti  bicolore … anzi no perché nulla se ne dice nei documenti ufficiali del comune.

Prima di tutto trascrivo  i testi di due degli emendamenti al regolamento in vigore, proposti dalla maggioranza e approvati, se ho ben capito, con voto in aula

Articolo 1 secondo capoverso; testo originario

Opera in stretta collaborazione con la famiglia e non in alternativa ad essa, sostenendo le capacità educative dei genitori, favorendo la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, concorrendo alla prevenzione delle situazioni di svantaggio psicofisico e sociale e contribuendo ad integrare le differenze ambientali e socio-culturali anche assicurando la presenza di materiali ludico-didattici che fanno riferimento alle diverse culture.

Articolo 1 secondo capoverso; testo modificato

Opera in stretta collaborazione con la famiglia e non in alternativa ad essa, sostenendo le capacità educative dei genitori, favorendo la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, concorrendo alla prevenzione delle situazioni di svantaggio psicofisico e sociale con lo scopo di favorire in ogni bimbo la possibilità di svilupparsi e d esprimersi liberamente, contando su interventi educativi che gli consentano, senza inibirlo, di orientare le proprie energie verso comportamenti in cui egli riesca a stabilire proficue relazioni e a manifestare in modo costruttivo la propria iniziativa e inventiva, supportato da adeguati materiali ludico-didattici.

Articolo 2 primo capoverso; testo originario

Al nido ogni azione è svolta nel rispetto delle diverse fasi di crescita, dei personali ritmi di sviluppo di ciascun bambino e alla cultura di provenienza.

Articolo 2 primo capoverso; testo modificato

Al nido ogni azione è svolta nel rispetto delle diverse fasi di crescita, dei personali ritmi di sviluppo di ciascun bambino garantendo a tutti i piccoli uguali possibilità di sviluppo e di mezzi espressivi e contribuendo a superare i dislivelli dovuti a differenze di stimolazioni ambientali e culturali.

Da dove sbucano i bambolotti?
Si tratta di testi piuttosto anodini e, se bambolotti ne sono schizzati fuori, deve esserci stato qualche indicatore specifico.
Può essere guida all’interpretazione l’espressione soppressa  “culture di provenienza” che carica di un sapore particolare ogni altra modifica (testo originario art. 2 primo comma).
Con giri di parole insomma il piccolo utente del nido non deve sentirsi africano, asiatico o che so io .

E qui la faccenda si fa un po’ ridicola.
I piccoli che si avvalgono del nido possono (evidentemente per i nativi italiani la possibilità di iscrizione è ovvia):

  1. essere nati in Italia da genitori stranieri (nella speranza che costoro abbiano il permesso di soggiorno con cui possono iscrivere al nido i loro piccoli e che soprattutto l’avessero al momento di registrarne la dichiarazione di nascita perché, se così non fosse, quei piccoli avrebbero alte opportunità di venir nascosti per non essere spie dell’irregolarità dei loro genitori);
  2. possono essere stati portati dal paese d’origine (o meglio dalla costa libica del Mediterraneo) in ogni caso immemori del loro passato ma probabilmente legati al proprio  oggetto transizionale, rassicurante compagnia al nido quando al primo ingresso la novità dall’ambiente segnerà un distacco;
  3. potrebbero essere adottati e in tal caso la situazione sarebbe diversa dato che si tratterebbe di italiani, figli di italiani, a meno che anime identitarie fino alle colorazioni non trovino il modo di penalizzarli. E’ già accaduto.

E a questo punto anche i bambolotti possono entrare in scena, come ogni altro elemento di rassicurazione che accompagni i piccoli nel mondo dell’educazione.
Potranno tenerli con sé anche quando insorgesse il sospetto che provengano dei paesi d’origine (e se nati in Italia qual è il paese d’origine)?
O saranno loro sottratti in omaggio  alla certezza del diktat che vedremo fra poco?
E se i piccoli –chiaramente non originari dalla Cina – avessero con sé un oggetto made in China che accadrà?

L’aver cercato di capire non mi tranquillizza.
La genericità scivolosa degli emendamenti approvati  riportati sopra potrebbe suggerire anche preoccupanti interpretazioni.
Mentre mi arrovello ho la risposta da un esegeta che parla da un luogo dominante.
La traggo  da una intervista concessa da Massimiliano Fedriga,  presidente della Giunta regionale, a  Viviana Zamarian del Messaggero Veneto (8 dicembre pag. 15).
Ricopio segnalando le virgolette della citazione originale e mentre scrivo non riesco a trattenere una solitaria, amara  risata.
Il presidente ha affermato che «per integrare bambini che vengono da paesi lontani non bisogna dar loro materiale ludico-didattico del paese d’origine. Questi bambini devono conoscere tradizione e cultura del territorio in cui si sono trasferiti a vivere. Questo è fare integrazione»

Dalle dichiarazioni presidenziali si deduce che

  1. i bambini da 3 mesi a tre anni possono elaborare i loro ricordi in modo da farne  un patrimonio atto a stabilire una consapevole identità;
  2. tale identità deve essere cancellata per assicurare la conoscenza del territorio in cui sono capitati precocemente a vivere;
  3. l’integrazione consiste nel cancellare la memoria e ogni possibile influenza del loro breve passato;
  4. pragmaticamente ciò si ottiene (parola di presidente della Giunta Regionale) negando ai piccoli gli oggetti transizionali anche nel momento critico del distacco dalla mamma.

Appena mi immagino una persona deputata alla pulizia etno-ludico-didattica, da svolgersi in un quadro culturale di integrazione che sottrae a un piccolo l’oggetto ostacolo all’integrazione stessa vengo fulminata da un’immagine orrenda.

Giocattoli vintage a Majdanek

Majdanek è una località situata a circa quattro chilometri ad est di Lublino in Polonia.
Sarebbe restrittivo definirlo un museo, è un campo di concentramento praticamente rimasto com’era dai tempi del nazismo. I pannelli esplicativi e gli oggetti esibiti all’interno delle baracche sono più che sufficienti per rivivere l’orrore di questo campo. Sono visibili anche i forni crematori, nonché le camere a gas in cui veniva usato il famigerato Zyclon B.
In quel campo, che visitai qualche anno fa, vidi ordinati in una bacheca  i bambolotti di ‘celluloide’  (ai miei tempo si chiamava così)  li conoscevo bene perché ci giocavo anch’io come i miei piccoli coetanei cui furono sottratti prima che fossero  gasati e bruciati, ceneri nel vento.
Per far memoria della malvagità idiota quei bambolotti furono trattati come bottino di guerra e conservati tanto da poter essere esibiti anche oggi all’orrore di chi pensa a quali abissi di disvalore aggiunto possa arrivare la crudeltà, specialmente se organizzata.
Ma non è il punto di partenza: una visitazione delle piccole crepe nella condotta umana aiuta … almeno a capire la storia

14 Dicembre 2018Permalink