Il 22 febbraio 2021 fu ucciso Luca Attanasio, ambasciatore italiano in Congo.
Con lui morì il carabiniere Vittorio Iacovacci che l’accompagnava.
Tanto avvenne in un tentativo di rapimento presso il villaggio Kibumba.
Il 27 dicembre scorso la moglie Zakia Seddiki – che insieme a lui , nell’ottobre 2020, aveva ricevuto il premio Internazionale Nassiriya per la Pace –
ha concesso una intervista, firmata da Niccolò Carratelli, a La Stampa.
Ne ricopio il testo
«Luca ave va la forza di unire le persone e sta continuando a farlo».
Zakia Seddiki cerca invano di non commuoversi , mentre davanti agli ambasciatori italiani riuniti alla Farnesina ricorda il marito, «uno di voi», ucciso a 43 anni in un agguato in Congo, nel febbraio 2021.
Nel nome di Luca Attanasio sono state attivate 40 borse di studio per altrettanti giovani in 12 diversi paesi, quasi tutti africani: dal Congo al Niger, dalla Somalia all’Etiopia. Un progetto della fondazione Mama Sofia, di cui Seddiki è presidente , in collaborazione con l’Università telematica eCampus e lo stesso ministero degli esteri. I ragazzi saranno individuati dalle nostre ambasciate attraverso dei bandi specifici , poi frequenteranno corsi di lingua italiana per prepararsi a seguire quelli universitari veri e propri.
«Luca amava ripetere che essere ambasciatori è una missione – ricorda Zakia di fronte ai colleghi del diplomatico – significa non lasciare indietro nessuno in qualsiasi parte del mondo».
A lei, invece, Attanasio ha lasciato tre bellissime bambine (la più grande ha 5 anni, le due gemelline quasi 4): «Le cresco pensando a lui , ai valori che condividevamo, e in loro rivedo il suo amore ».
Cosa significa per lei presentare questa iniziativa alla Farnesina?
«Mi commuove riuscire a fare qualcosa di concreto insieme a tutti questi colleghi di Luca, condividere questo impegno con loro, che fanno lo stesso lavoro e sanno cosa significa. Luca era una persona concreta, voleva aiutare gli altri in modo tangibile ed è bello dare continuità alle sue idee con questo progetto».
E’ un progetto di cui avevate parlato fra voi?
«Con Luca abbiamo vissuto la realtà delle scuole e del sistema di istruzione in alcuni Paesi e abbiamo capito che l’unico modo per cambiare davvero il futuro di quei ragazzi è puntare all’educazione: farli studiare perché possano prendere in mano la loro vita. E’ uno dei tre obiettivi per cui è nata la nostra fondazione Mama Sofia, gli altri sono le cure sanitarie e l’accesso all’acqua potabile».
Perseguire questi obiettivi è un modo per sentire Luca ancora vicino?
«Per quello ci sono le nostre figlie, mi basta guardare loro per sentire che lui c’è. Ma per me è molto importante continuare la strada intrapresa insieme, provare a realizzare alcune nostre idee. E’ anche un modo per cercare di calmare il dolore che mi accompagna tutti i giorni ».
Sono passati quasi due anni da quel tragico giorno di febbraio, ma forse a voi sembra ieri…
«E’ così, è ancora molto complicato per noi, la ferita è fresca e fa male. Le bambine chiedono sempre del loro papà, lo ricordiamo tutti i giorni. La verità è che non riusciamo ad accettare quello che è successo ».
Come riesce a crescere le vostre tre figlie da sola, senza il papà?
«Ancora più dei progetti della fondazione , la famiglia che abbiamo costruito rappresenta la continuità della vita con lui. Il mio primo pensiero è essere una buona madre, cerco di essere presente e per fortuna ho la mia di mamma che mi aiuta. Voglio far crescere le bambine secondo i valori che io e Luca condividevamo: la pace, l’umanità, il rispetto dei diritti umani. Così sento di onorare la memoria anche di Luca, di dare loro anche il suo amore ».
Lei ha chiesto in più occasioni verità e giustizia. C’è un processo in corso a Kinshasa, ma il rischio è che ne esca una verità di comodo. Cosa spera?
«A chiedere verità e giustizia non siamo solo noi familiari , ma un intero paese. L’Italia quel giorno ha perso due suoi figli , l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci che voglio ricordare in questo momento. Ecco, visto che Luca era un uomo delle istituzioni , io posso solo dire che mi fido delle istituzioni italiane e spero che tutti si impegneranno per arrivare a una verità vera e all’accertamento delle responsabilità ».
Due anni dopo, cosa resta di Luca Attanasio?
«Luca può essere un esempio per i giovani, a loro dobbiamo trasmettere la memoria di quello che ha fatto nella sua vita, il suo messaggio di umanità. Con Mama Sofia proviamo a onorarlo realizzando i suoi profetti . Mi diceva sempre che era orgoglioso di me per il mio impegno nella fondazione. Ho bisogno di pensare che Luca sia sempre orgoglioso di me, ovunque si trovi , e per questo non mi fermo ».