20 dicembre 2022 – LE CONCLUSIONI DELLA COMMISSIONE SEGRE VANNO RESE OPERATIVE

E’ uscito il  n. 270  del periodico  Ho un sogno (reperibile alla libreria CLUF di via Gemona 22) . Vive da 31 anni ed  è l’unica fonte di informazione per alcune notizie ignorate .
Questo numero porta due miei articoli,  Comincio dal primo che non sfugge alla mia costante attenzione ai ‘bambini fantasma’.
Naturalmente in HUS 270 c’è anche molto altro

Era il 6 giugno 2018 e Liliana Segre, che il presidente Mattarella il 19 gennaio aveva nominato senatrice a vita “per aver illustrato la Patria con altissimi metriti nel campo sociale”, si presentava al Senato con il suo primo discorso.
Se qualcuno avesse pensato a una meritatissima onorificenza per una vecchia grande signora si sarebbe sbagliato: il Senato si assicurava la presenza di una donna lucida e attiva, con una forte capacità comunicativa, a molti sgradita, tanto da scatenare minacce e indurre il Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza ad assegnarle una scorta. In risposta, la senatrice Segre propose come suo primo atto legislativo l’istituzione di una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni d’intolleranza, razzismo e antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. «Tale Commissione – aveva dichiarato – potrà svolgere una funzione importante: è un segnale che come classe politica rivolgiamo al Paese, un segnale di moralità, ma anche di attenzione democratica verso fenomeni che rischiano di degenerare»..
Dopo un percorso non facile, che la vide sempre presente, il 27 giugno 2022 la senatrice Segre presentò la relazione conclusiva dell’ampio lavoro votato all’unanimità.
Contemporaneamente le Nazioni Unite decidevano di promuovere la Giornata Internazionale contro i discorsi d’odio che si celebrerà ogni 18 giugno.

Non è possibile sintetizzare i temi che emergono da quel documento ricchissimo di riferimenti ma, come Ho un sogno, ne vogliamo segnalare uno connesso al lavoro di informazione che, con i nostri mezzi, abbiamo  sostenuto per anni.
Dal 2009, ci sono bambini che nascono in Italia cui è negata l’iscrizione nei registri di  stato civile, destinati a restare senza identità. Se il Parlamento prenderà atto del documento Segre come uno strumento vivo e operativo quale si propone, non potrà sottrarsi al dovere di cambiare la legge del 2009 riconoscendo che, al momento di registrare la nascita di un figlio in Italia, a nessuno può venir chiesto il permesso di soggiorno. La burocrazia può essere feroce nella sua apparente insignificanza e, nel caso specifico, farsi creatrice di bambini invisibili persino ai coetanei.
Il 13 ottobre 2022, Liliana Segre, Presidente del Senato, lo ha ricordato ancora imponendoci la sua immagine di bambina di otto anni, cacciata da scuola perché ebrea e, infine, “bersaglio d’odio”, identificata con un codice numerico tatuato sul braccio.
«In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su  Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica. Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica  nella mia mente perché ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una  sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova  per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!».

Augusta De Piero

Qui aggiungo per eventuali approfondimenti e verifiche

Per conoscere il testo integrale e la presentazione del documento della commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione alla violenza

https://reasonproject.eu/commissione-segre-la-relazione-conclusiva/

Legislatura 18ª – Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza – Resoconto sommario n. 54 del 22/06/2022 (senato.it)

Per conoscere il testo integrale  anche in video del discorso Segre  del 13 ottobre

Senato, il discorso della senatrice a vita Liliana Segre – integrale – YouTube

Il discorso integrale di Liliana Segre: nel tempio della democrazia a 100 anni dalla marcia su Roma (rainews.it)

20 Dicembre 2022Permalink

17 dicembre 2022 – Un appuntamento consueto – Lettera di Natale firmata da sacerdoti e laici

Come ogni anno esce la lettera di Natale firmata da sacerdoti e laici che si apre nel ricordo di don Di Piazza e prosegue con attenzione esplicita   a molte realtà difficili e offerte di solidarietà spesso ammirevoli. Quella lettera ricorda Hebe de Bonafini,  la fondatrice del Movimento delle Madri di  Piazza di maggio scomparsa lo scorso novembre.
Questo blog conosce benissimo quella vicenda e conosce lo sforzo immane della Madri  cui erano stati strappati figli e figlie dal regime dei colonnelli.
Le Madri sapevano delle figlie  i cui nati  venivano dati in adozioni fasulle ad ‘amici’ , dopo essere stati strappati ai genitori, alle madri costrette a partorire prima di essere ammazzate , privati  del nome che loro spettava e che le Madri hanno cercato  di poter loro attribuire riconoscendoli.
Ancora una volta la “lettera di Natale”  ci propone molte immagini di un mondo devastato ieri e oggi, un oggi in  cui una legge italiana ha studiato il modo di rendere  inesistenti come persone riconosciute  i  nati in Italia, se figli dei migranti irregolari.
Di questi  la lettera di Natale non fa parola: è una scelta diffusa che sostiene la scelta politica del 2009  e che certamente  non si impegna in una proposta di modifica legislativa grata a  chi vota e che quindi  non va disturbato  perché utile elettore elettore.
Ricordo a suo merito  l’intervento si Furio Honsell  alla celebrazione del 25 aprile a Tricesimo che offre alla sua PDLN16 la solidità del riferimento storico (si veda nel mio blog il post dello scorso 1 settembre)  riferimento che non salvò la proposta di legge intesa a riconoscere ogni nato in Italia e bocciata dalla maggioranza lo scorso  27  ottobre.
E’ chiaro che non rappresento nessuno e le mie parole  di oggi nascono dal rispetto della mia dignità, rispetto che devo a me stessa
Segue la Lettera
PRIMAVERA DI UMANITÀ

LETTERA DI NATALE 2022   Zugliano, 25 dicembre 2022

 LETTERA DI NATALE 2022
Carissime e carissimi,
in questi giorni di feste vi raggiunga il nostro abbraccio fraterno, segno della condivisione di fatiche e sofferenze, come pure di gioie e speranze.IL GRATO RICORDO DI DON PIERLUIGI
Il 15 maggio scorso abbiamo dato l’ultimo saluto all’amico don Pierluigi Di Piazza: a lui va il ricordo vivo e vivificante più affettuoso e riconoscente per i “piccoli segni” che in particolare in questi ultimi trent’anni hanno accompagnato la sua vita di uomo e di prete, e che l’hanno sempre visto al fianco di migranti, poveri ed emarginati.
Siamo grati di aver camminato con lui sulla medesima strada e di aver avuto l’occasione di essere partecipi anche attraverso la Lettera di Natale, di veri e propri “laboratori di umanità” dove, in autentico spirito di condivisione, siamo cresciuti in quella fraternità universale che sola dà senso e gusto alla vita.
Collegandoci al detto rabbinico “lo stolto ha il cuore nel lato sinistro, il saggio ce l’ha nel lato destro”, accogliamo quella sapienza che non rinnega certo il buon senso e va ad affermare come saggio è saper “vedere” il cuore dell’altro, a destra rispetto al nostro punto di osservazione; stolto è chi è capace di sentire esclusivamente il proprio cuore, incurante o scettico di quel che pulsa nel cuore altrui, vivendo di quel che per Pierluigi era il vero nemico dell’uomo: l’indifferenza. È nostra convinzione che la sua saggezza dipendesse dal fatto che il suo cuore battesse proprio “sul lato destro”, in quanto nella sua vita ha fatto del cuore degli altri il suo proprio cuore, tanto da temere – come spesso affermava – di non poterlo contenere.
Forse è da qui che siamo chiamati a ripartire, dall’idea di persona che alberga nel nostro cuore e che condiziona le relazioni personali, sociali, politiche, ecclesiali e comunitarie.
Desideriamo tenere fisso lo sguardo sulla sua profetica ed evangelica testimonianza accanto ai fragili della storia, richiamo continuo e pressante a tener vivo anche in noi questo impegno.L’IMPEGNO NEL QUOTIDIANO
Perché l’impegno di ciascuno è determinante. E la testimonianza infonde coraggio, quel coraggio che intravediamo, a esempio:

  • nella scelta da parte di alcuni portuali di Genova – protesta estesa poi a Napoli, Ravenna e Livorno – di bloccare il caricamento di quelle navi che trasportano morte, denunciando il traffico di armi (dirette probabilmente in Yemen e in Siria);
  • nella scelta di quel giovane ceceno che, per non divenire “operaio di morte”, ha disertato il richiamo alle armi e per aver salva la vita è dovuto scappare con la moglie e con i suoi due piccoli bambini, ed è stato accolto al Centro Balducci;
  • nella scelta di chi, nella tragica situazione dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, rifiuta di andare a combattere pagando di persona e si dichiara obiettore di coscienza sia in Russia che in Ucraina, volendo svolgere un servizio civile alternativo al servizio in armi;
  • nella scelta di Maryam Rawi, l’attivista portavoce di RAWA, l’associazione di resistenza di donne afghane all’orrore talebano che lotta con tante altre donne, a rischio della propria vita, per la libertà e i diritti delle donne in quel Paese;
  • nella scelta di Mahsa Amini, uccisa per aver protestato contro l’oppressione e delle migliaia di donne che anche in Iran rischiano la vita e il carcere lottando per la dignità e la libertà;
  • nella scelta delle ONG che, per salvare i migranti nei nostri mari, danno concreta attuazione alle leggi internazionali sull’obbligo di soccorso in mare sfidando politiche ingiuste e omertose;
  • nella scelta di numerose associazioni, gruppi, movimenti e comunità che continuano a resistere e a promuovere cammini di giustizia, di pace e di prossimità,
  • nella scelta di milioni di giovani che apertamente e pacificamente manifestano per le strade del mondo e operano da volontari in tanti ambiti della vita sociale richiamandoci all’impegno di prenderci cura di nostra madre Terra e di lottare accanto ai fragili e contro le ingiustizie e le iniquità del nostro mondo.

LE MIGRAZIONI E LE LORO NARRAZIONI
Il rapporto “Italiani nel Mondo 2022” promosso dalla Fondazione Migrantes afferma che il numero degli italiani residenti all’estero (oltre 5,8milioni, il 9,8% della popolazione) abbia superato quello degli stranieri residenti in Italia (quasi 5,2milioni, l’8,8%).
In questo contesto interculturale e di migrazioni universali, ci rattrista constatare quanto si stia rafforzando in Italia e in Europa la chiusura verso i migranti. Il numero di persone in fuga ha segnato un nuovo record nel 2022 con oltre 100 milioni di persone confermando la tendenza a crescere dell’ultimo decennio, seppure con numeri tali verso l’Europa e l’Italia da non giustificare alcuna presunta “invasione”.
Più dell’80% dei rifugiati, infatti, proviene da – e trova rifugio in – Paesi poveri del Sud del mondo dai quali i rifugiati stessi quasi mai vengono ricollocati verso l’Europa, creando in tal modo non solo dei campi, ma quasi interi paesi con funzioni di confinamento, come è stato ricordato proprio al Centro Balducci in un Convegno internazionale a inizio dello scorso mese di maggio, l’ultimo evento al quale Pierluigi ha partecipato.
Vogliamo far fronte a una narrazione delle migrazioni che fomenta inutili paure e pregiudizi, portando al rifiuto delle persone provenienti da altri Paesi.
Addolora profondamente che dal 2014 siano più di 50mila le persone morte sulle rotte di migrazione: i dati dell’International Organization for Migration (IOM) in un recentissimo rapporto confermano che più della metà dei morti si sia verificato sulle rotte verso e all’interno dell’Europa, e più del 60% del totale rimanga non identificato. Nonostante l’aumento delle perdite di vite umane, i Governi europei e il nostro in particolare non stanno realizzando alcun programma efficace di ricerca e soccorso in mare che consenta di almeno arginare la strage in corso. Solo le ONG, spesso criminalizzate, sono rimaste a ricordare che l’Europa è – o, meglio, dovrebbe essere – un progetto di unità politica basata sul rispetto dei diritti umani.
Anche nei nostri territori si presentano situazioni di estrema gravità con persone ammassate in caserme o abbandonate in strada, senza la pur minima attenzione ai loro diritti e ai loro reali bisogni.
Siamo convinti che si tratti di una tendenza che può essere invertita solo compiendo uno sforzo rinnovato e concertato per costruire in comune sentieri di pace, giustizia e solidarietà.
Non vogliamo quindi chiudere gli occhi di fronte a quelle guerre strumentali che facciamo ai migranti, ai richiedenti asilo, ai disperati della storia, a chi entra nelle nostre terre di confine percorrendo la Rotta balcanica, una delle vie di fuga più dure in Europa, segnate da violenze e continui respingimenti illegali. I medesimi respingimenti che preoccupanti dichiarazioni pubbliche di questi giorni dell’attuale sottosegretario agli Interni Prisco vede reintrodurre alla frontiera tra Italia e Slovenia.
Coloro che facciamo fatica a incontrare e accogliere non sono statistiche e meri numeri, non sono “carico residuale”, ma persone, fratelli e sorelle di questa umanità: il “prossimo tuo” per Gesù di Nazareth, per chi crede in Lui e per tante altre persone che ne condividono l’ideale di fratellanza.

UN CONTESTO SOCIALE COMPLESSO E SOFFERTO

Non vogliamo chiudere gli occhi di fronte alle tragedie attuali, sentendo nostro il dolore di tante famiglie per la perdita di persone care anche a causa della pandemia tuttora in corso, delle catastrofi naturali (è di sole poche settimane fa la frana che ha travolto nell’isola di Ischia il paese di Casamicciola), di tante guerre (oltre a quello tra Russia e Ucraina, ben altri 58 conflitti coinvolgono 160 Paesi) e di suicidi, vera e propria emergenza che ha segnato un considerevole aumento soprattutto all’interno di strutture come:
– carceri (il 2022 segna il macabro record in Italia: 79 persone, in Friuli l’ultima, il 7 novembre scorso, di un ventiduenne ospitato nella casa circondariale di Udine),
– caserme (i dati nazionali sono spietati: un uomo appartenente alle Forze armate, di polizia o di sicurezza ogni cinque giorni),
– e strutture dove sono accolti profughi e richiedenti asilo (ci ha colpito il suicidio del ventottenne pakistano appena entrato nel Cpr di Gradisca).
Non vogliamo chiudere gli occhi di fronte a un’“economia che uccide”: uccide l’uomo e il pianeta, porta alla crisi alimentare (quella aggravata dalle tre “C”: il Covid-19, i conflitti e il clima) con milioni di persone al mondo che muoiono di fame e una minoranza che butta via un terzo del cibo prodotto, mettendo a nudo che, se il pane quotidiano Dio lo dà a tutti, siamo noi che ancora non abbiamo imparato a condividerlo; un’economia che costringe 160 milioni di bambini al lavoro minorile per sopravvivere, che produce “scarti” e genera l’aumento delle situazioni di povertà “assoluta” (secondo il recente report di Caritas Italiana, solamente in Italia vede coinvolte due milioni di famiglie che non possono permettersi la spesa minima per condurre una vita accettabile).
Siamo per una “economia della vita”, amica della terra e dell’uomo. Per questo aderiamo idealmente e fattivamente anche noi al “Patto di Assisi 2022”, firmato da papa Francesco e da giovani economisti provenienti da tutto il mondo il 22 settembre scorso, che pubblichiamo in calce a questa lettera.

LA GUERRA E LA CORSA AL RIARMO
Non vogliamo rassegnarci ai conflitti che ci pongono popolo contro popolo. Lo scorso 27 marzo il pontefice ha affermato il “bisogno di ripudiare la guerra, luogo di morte dove i padri e le madri seppelliscono i figli, dove gli uomini uccidono i loro fratelli senza averli nemmeno visti, dove i potenti decidono e i poveri muoiono”. La guerra è un abominio e ci domandiamo se possa mai esistere una “guerra giusta”.
Per questo non vogliamo rassegnarci nemmeno all’uso indiscriminato delle armi. L’invasione di Putin, oltre ad aver portato distruzione e morte nelle città ucraine, ha avuto come effetto un pesante arretramento di qualsiasi progresso internazionale su disarmo e politiche di pace. Ci stiamo abituando al fatto che la guerra sia considerata un normale mezzo di risoluzione delle controversie internazionali determinando in questo decennio un arretramento storico senza precedenti dopo il 1948. Lo dimostrano la profonda crisi del sistema delle Nazioni Unite e le recenti decisioni di robusto aumento della spesa militare, che si va a sommare ad un trend già in decisa crescita.
Soprattutto ci sentiamo di esprimere forte preoccupazione sulla corsa agli armamenti, perché toglie vitali risorse, affamando intere popolazioni, e perché “alza l’asticella” aggravando la minaccia posta dalle armi nucleari, presenti in Italia anche e non solo nella base Usaf di Aviano.
Per contribuire a spalancare un futuro di pace, riteniamo sempre più necessario che il nostro Governo aderisca al Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari.
Tutti gli Stati nucleari e i loro alleati (tra i quali, purtroppo, anche l’Italia) hanno votato di recente contro una Risoluzione nel Primo Comitato Onu a sostegno del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (passata con 124 voti favorevoli). E addirittura votando contro o – come l’Italia – astenendosi su una seconda Risoluzione che ribadiva “la profonda preoccupazione per le conseguenze catastrofiche delle armi nucleari” sottolineando “che è nell’interesse della sopravvivenza stessa dell’umanità che le armi nucleari non vengano mai più utilizzate, in nessuna circostanza”. La risoluzione esortava inoltre gli Stati “a compiere ogni sforzo per eliminare totalmente la minaccia di queste armi di distruzione di massa”. Come può dirsi democratica una nazione come l’Italia se si astiene dal firmare tale documento?
Insomma, al momento nessuno vuole abbandonare gli arsenali nucleari, che garantiscono potere e predominio, nonostante un pericolo di guerra atomica distruttiva mai così vicino.
Abbiamo il diritto di vivere in un mondo libero da questa minaccia. E abbiamo il dovere di consegnare a figli e nipoti un futuro degno di questo nome, educandoli dalla più tenera età a prendersi cura delle persone che incontrano con uno sguardo universale verso chi soffre pur lontano fisicamente da loro.
Qualsiasi uso di arma nucleare, intenzionale o accidentale, avrebbe conseguenze catastrofiche, vastissime e durature per gli esseri umani e per l’ambiente: Hiroshima e Nagasaki lo insegnano. È necessario mettere le armi nucleari fuori dalla storia prima che siano loro a mettere fuori dalla storia l’intera umanità! Così affermava sir Józef Rotblat, fisico polacco Nobel per la pace per la lotta contro lo studio e l’utilizzo delle armi nucleari: “Ricordatevi la vostra umanità e dimenticate tutto il resto!”. Un’umanità che ci fa fratelli gli uni degli altri nella condivisione delle diversità che ci caratterizzano, perché è nell’accoglienza della diversità che non solo riscopriamo la nostra identità, ma ci ritroviamo dall’altro arricchiti.

SOLIDALI CON GLI ESCLUSI E GLI EMARGINATI

Mentre siamo drammaticamente coinvolti nei grandi cambiamenti epocali e in un vissuto di violenza e sopruso nei confronti dei più deboli, il Vangelo è per noi luce di speranza che c’invita a sentirci tenuti per mano da Gesù di Nazareth. È Lui che, incoraggiandoci a non aver paura e a camminare insieme, ci spinge a osare di più, abitando nella concretezza le periferie esistenziali. Gesù stesso, negli ultimi momenti della sua vita terrena, ci ha voluto affidare alla custodia del Padre perché potessimo avere in noi stessi “la pienezza della sua gioia” (cf. Gv 17,11.13), una gioia frutto della misericordia di un Padre che ci ama non per i nostri meriti, ma perché ne siamo figli e desidera che tutti siano parte di una vita piena. È questo che crea in noi la fiducia che nella nostra esistenza l’ultima parola l’avrà l’Amore. Ed è questa fiducia che vorremmo trasmettere a chi ci legge.
Nell’accogliere questo dono, percepiamo che celebrare il Natale significa viverlo in quella dimensione universale di fraternità; significa fargli spazio essendo solidali con gli esclusi ed emarginati della storia; significa trovare la forza per rinnovare l’impegno a stare dalla parte degli indifesi con la medesima fedeltà di Hebe de Bonafini, morta lo scorso mese di novembre all’età di 93 anni, attivista argentina tra le 14 fondatrici, nel 1977, delle Madri di Plaza de Mayo con le quali ha lottato tutta la vita sfidando il regime al potere e sfilando pacificamente nelle piazze per chiedere verità e giustizia per gli oltre 30mila desaparecidos uccisi sotto la dittatura.
L’umanissimo figlio di Dio, accolto nel Natale, c’insegni la strada per un tenore di vita improntato alla sobrietà, alla corresponsabilità e alla condivisione, proiettandoci verso un futuro possibile e realizzabile, più dignitoso per tutti.
E sarà un giorno di primavera per questa nostra umanità.

I firmatari:
i preti Alberto De Nadai, Albino Bizzotto, Antonio Santini, Fabio Gollinucci, Franco Saccavini, Giacomo Tolot, Gianni Manziega, Luigi Fontanot, Mario Vatta, Massimo Cadamuro, Nandino Capovilla, Paolo Iannaccone, Piergiorgio Rigolo, Pierino Ruffato, Renzo De Ros;
Andrea Bellavite;
l’Associazione “Esodo” di Venezia;
il Centro “Ernesto Balducci” di Zugliano (UD),
il Gruppo “Camminare Insieme” di Trieste

 

17 Dicembre 2022Permalink

11 dicembre 2022 – Un aggiornamento per non trascurare il significato del 10 dicembre

In una situazione di caos assoluto ho inserito da facebook  una pagina sensata

Oggi, leggasi riferimento al 10 dicembre 1948  _il grassetto è mio   augusta

“Oggi è il 74° anniversario della firma della Dichiarazione Universale dei #DirittiUmani delle Nazioni Unite. È un’occasione per rileggere il suo preambolo e i suoi 30 articoli. È un’occasione per riflettere sulle violazioni di questi diritti che ancora vengono compiute nel mondo e interrogarci su quanto ciascuno di noi fa e potrebbe fare per evitarlo. Molta strada c’è da percorrere anche nel nostro paese per garantire la piena applicazione di questi principi. Ogni armamento venduto ad un paese che non rispetta i diritti umani è una violazione dei diritti umani. Tutto ciò che non promuove pari opportunità nel lavoro, nei servizi sociali, nell’educazione è una violazione dei diritti umani. Ogni discriminazione di salario nei confronti di lavoratori immigrati o irregolari è una violazione dei diritti umani. Ogni respingimento di un migrante è una violazione dei diritti umani. Ogni giorno che passa senza cancellare la norma che impedisce a tutti i bambini nati in questo paese ad avere un nome è una violazione dei diritti umani. Fino a quando vogliamo chiudere gli occhi per non vedere?”.
Così si è espresso #FurioHonsell consigliere regionale di #OpenSinistraFVG.

Mio commento:

Credo sia la prima volta che nel ricordo anniversario della firma della Dichiarazione Universale dei #DirittiUmani delle Nazioni Unite si inserisce la questione dei neonati fantasma.
Ringrazio Honsell che ha capito e lo dice e cerco di non pensare alla opportunistica scelta del silenzio compiuta da parlamentari, consiglieri regionali, sindaci, sostenuti da una società che ritengo si ostini a chiamarsi civile. I neonati sono evidentemente nemici pericolosi.

Aggiungo:

Ezechiele 12, 2:
“Figlio dell’uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli.”

 

Per leggere l’intera dichiarazione:

https://unipd-centrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/Dichiarazione-universale-dei-diritti-umani-1948/9

https://www.ohchr.org/en/universal-declaration-of-human-rights

 

 

11 Dicembre 2022Permalink

11 settembre 2022 – Sicurezze: i bambini garantiti invisibili alla prossima legislatura

Premessa / Sfogo

Quando mi capita di svegliarmi di notte  –  e capita tutte le notti – ho imparato a non affannarmi.
Guardo il cellulare  vado sulla G che presumo indichi google e, fra tante scemenze,  trovo cose interessanti. Poi torno a dormire.
Questa notte ho trovato un articolo del giornalista Marco Politi, tratto da Il Fatto Quotidiano.
Invita all’abbonamento  – tutti i quotidiani ormai invitano all’abbonamento on line,  capita che lo facciano con offerte accattivanti  che non accetto per paura di trovarmi in trappola quando cesserà il tempo del vantaggio proposto. Così cerco di esercitare l’arte piratesca della copia.
Questa notte un conforto enorme.  Parecchie delle  osservazioni  autorevoli che trovo nell’articolo del vaticanista Marco Politi corrispondono ad osservazioni mie che avevo fatto ragionando sulla legge che nega il certificato di nascita ai figli dei sans papier . (Grazie in particolare al riferimento di Hitler – 1933, me lo tengo –mia certezza  ignorata – da qualche anno).
Tentando di comunicare con chi si dice attento ai diritti – e aver constatato che sono i diritti di chi si vede da cui è escluso chi è occultato – mi sono presa sberle varie a partire dal ridicolo del testo da scartare perché troppo lungo a .. ma lasciamo perdere.
Io mi aggrappo alla mia doverosa utopia che vuole  sostenere il diritto degli invisibili per legge per constatare che fra scemenze, sostegni impropri  anche a on. furbastri  caratterizzati da silenzi colpevoli e parole ambigue che piacciono, di fatto la legge infame che nel 2009 ha insozzato  il nostro panorama di regole democraticamente  inaccettabili passa alla prossima legislatura intatta,  beffarda  e indiscussa.
E’ una certezza  che non viene incrinata  neppure   da un lavoro critico che pure nella società civile c’è stato ma è stato soffocato, messo in disparte, estraniato dal dibattito  politico e dall’informazione che conta.
Così i bambini invisibili si fanno innominabili nella beffa sostenuta da chi se lo permettere  e asservisce altri a  scelte crudeli.
Così alla copia dell’articolo di Marco Politi premetto  l’articolo 6/2 del  Testo Unico sull’immigrazione  (dlgs 286/1998) dove i nati in Italia che non possono essere registrati nei registri di stato civ ile brillano per la loro assenza fra le eccezioni  previste per la presentazione del permesso di soggiorno 

  1. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie,(2) i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.
    (2) Parole inserite dalla Legge 15 luglio 2009, n. 94.

E ORA FINALMENTE L’ARTICOLO DI MARCO POLITI

Marco Politi  Scrittore e giornalista

Papa Francesco e l’allarme contro i sovranisti: così ha scelto di non restare a guardare

E’ una stagione di elezioni cruciali in varie parti del mondo, una stagione di scelte radicali, e papa Bergoglio lancia l’allarme contro i “salvatori” sovranisti. Il pontefice argentino, contrariamente a quanto affermato nel comunicato emesso per rabbonire il governo ucraino, continua a produrre messaggi politici, a fare politica, perché come molti suoi illustri predecessori (da Paolo VI a Giovanni Paolo II) è consapevole che la Santa Sede non vive in un vuoto pneumatico e i suoi moniti etici – si tratti della decolonizzazione o dell’invasione americana dell’Iraq – riguardano situazioni geopolitiche o sociali precise.

Si profilano importanti appuntamenti elettorali in Italia, Brasile e Stati Uniti. In tutti e tre i paesi i sovranisti autoritari sono all’attacco: la Lega di Salvini e l’aspirante premier neofascista Meloni in Italia, il presidente reazionario Bolsonaro che cerca la rielezione in Brasile, il fronte sovranista e suprematista di Trump mobilitato in America per le elezioni midterm con la speranza di controllare il Congresso. Francesco non resta a guardare passivamente l’evolversi della situazione.

La sua messa in guardia l’ha infilata nell’omelia per la beatificazione di Giovanni Paolo I e lì per lì pochi se ne sono accorti. Di papa Luciani Francesco ha lodato un pontificato, che ha presentato una Chiesa dal volto sorridente, non arcigno, non lamentosa. Ma spiegando il Vangelo il pontefice argentino è entrato nel vivo dell’attuale stagione politica. “Gesù – ha detto – attirava una folla numerosa ma non si comportava da astuto leader manipolatore”. Capita invece oggi, “specialmente nei momenti di crisi personale e sociale, quando siamo più esposti a sentimenti di rabbia o siamo impauriti da qualcosa che minaccia il nostro futuro”. E’ il momento in cui si diventa più vulnerabili, “e così, sull’onda dell’emozione, ci affidiamo a chi con destrezza e furbizia sa cavalcare questa situazione…”. In questa congiuntura – ammonisce Bergoglio – qualcuno si presenta “promettendoci di essere il ‘salvatore’ che risolverà i problemi mentre in realtà vuole accrescere… il proprio potere… la propria capacità di avere le cose in pugno”.

Da tempo Francesco ha colto il pericolo di crisi delle democrazie nell’emisfero occidentale. Era il 32 febbraio 2020, la pandemia del Covid si stava rapidamente espandendo, e a Bari – al convegno dei vescovi cattolici del Mediterraneo – il pontefice esclamava di ascoltare con paura gli slogan del populismo reazionario così simili “ai discorsi che seminavano paura e odio nel decennio ’30 del secolo scorso”. Cambiano i capri espiatori, ieri ebrei e rom, oggi i migranti o gli islamici. Il segno distintivo del populismo sovranista è di spaccare la società e indicare obiettivi di odio.

E’ da cinque anni che Bergoglio denuncia l’onda nera del sovranismo populista. Nel 2017, in un’intervista al quotidiano spagnolo Pais ammonì a non trascurare gli effetti dei messaggi di paura diffusi nelle società ad opera di partiti e movimenti. Negli anni Trenta del Novecento, sottolinea, di fronte alla crisi sociale e psicologica della società tedesca si presenta Adolf Hitler e proclama “Io posso”. E succede che coglie la vittoria alle elezioni del 1933. Hitler – ricorda Bergoglio – non rubò il potere, fu votato dal suo popolo… (e poi) distrusse il suo popolo”.

Parve a tanti uomini di Chiesa e del mondo politico che l’allarme lanciato da Francesco
a  Bari fosse una riflessione solitaria, tanto che nessun cardinale o arcivescovo tornò sull’argomento in appoggio al papa.

Poi, neanche un anno dopo, il presidente Trump aizzò la folla a Washington agitando la grande menzogna della “vittoria elettorale” rubata e si vide l’assalto brutale a Capitol Hill per impedire la proclamazione del nuovo presidente Biden. L’impensabile – nella più antica democrazia dell’Occidente – era accaduto. E improvvisamente si capì che nulla era al sicuro per sempre. Non si tratta dell’avvento di camicie nere o brune, ma di classi dirigenti che distorcono la democrazie.

L’Unione europea, negli ultimi anni, ha già conosciuto l’avvento di democrazie illiberali e nazional-clericali: Polonia e Ungheria. Ora in Italia, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale – unico caso in Europa – sta per affacciarsi al governo un partito (FdI) impregnato di cultura neofascista. Messa sotto schiaffo dalla stampa straniera Giorgia Meloni ha condannato da “soppressione della democrazia” durante il Ventennio, ma non ha ripudiato il simbolo della fiamma che scaturisce dalla tomba di Mussolini. Né ha avuto il coraggio di dichiarare che tra la Repubblica sociale e la rivolta partigiana, la parte giusta era dalla parte dei partigiani. Per non parlare della cultura dell’odio che traspare da molti suoi interventi.

Draghi, nel suo discorso al Meeting di Cl, è sembrato disinteressarsi della questione. Gli interessa solo l’allineamento atlantico e il rispetto dei patti economici europei. Francesco guarda più lontano. Parlando per grandi linee, avverte che i “salvatori”, di qua e di là dell’Atlantico, vogliono solo afferrare il potere. Bartolomeo Sorge, un celebre gesuita che ha segnato il cattolicesimo postconciliare italiano, rimarcava che il populismo – e specie il populismo sovranista – mitizza e idolatra il popolo ma in realtà cela il “dominio dei pochi” e non tutela affatto il bene comune. Peggio di tutti, nell’ottica bergogliana, è il “teopopulismo” che ammanta di religiosità la voglia di dominio. I crocifissi branditi da Salvini come l’aggressiva proclamazione di “cristiana” da parte di Meloni sono segnali evidenti.

 

11 Settembre 2022Permalink

2 agosto 2022 _ Fra violenza agita e violenza parlata.

L’orrore che non vorremmo vedere

Alika, nigeriano venditore ambulante cammina appoggiandosi a una stampella.
Si apre un diverbio con un italiano che gli prende la stampella, lo getta a terra e – con quella – lo ammazza di botte. La scena è documentata dalle solite foto dei telefonini
Non voglio associarmi alle descrizioni. Inserirò alla fine alcun i link che mi consentiranno di ricordare un episodio che difficilmente dimenticherò.

Voglio invece trascrivere  subito ciò che la moglie ha detto.
Lo  riprendo da un  post su facebook che aggiunge un commento che mi interroga:
« L’avevo visto uscire di casa la mattina. Nel pomeriggio mi ha chiamato una persona, mi ha detto che un uomo di colore era stato appena ucciso a bastonate e che aveva una stampella. Ho collegato subito la descrizione ad Alika e purtroppo ho avuto conferma che era lui.
Voglio guardare quell’uomo negli occhi e chiedergli perché l’ha fatto. Perché ha ucciso mio marito? Perché? »
“Da ore non riesco a scrollarmi di dosso le parole fortissime di questa donna, Charity Oriachi, moglie di Alika. La sua profonda dignità.
Vorrei solo che in tanti guardassero negli occhi questa donna, non solo chi ha ammazzato Alika con una stampella.
Anche chi lo ha ammazzato, per anni, a parole. Chi lo ha ammazzato con l’indifferenza.
Chi lo ha ammazzato con l’omertà. Chi lo ha ammazzato col silenzio”.

Voglio segnalare ancora una reazione inusuale da non ignorare:
« Non ci sarà nessuna omelia alla Messa domenicale, domani, nelle chiese dell’arcidiocesi di Fermo, nel cui territorio è avvenuto ieri il delitto di Alika, ambulante di origini nigeriane ucciso a bastonate per un diverbio in strada. La nostra Chiesa locale e le parrocchie di Civitanova – si legge nel comunicato dell’arcidiocesi, guidata da monsignor Rocco Pennacchio – di fronte all’uccisione di Alika scelgono l’atteggiamento del silenzio per lasciarci ferire il cuore e sconvolgere dell’accaduto».
Nella arcidiocesi di Fermo si è voluto scavare nella violenza riconoscendola in qualche modo un male radicato in una profondità indicibile e, a fronte di questo silenzio dal significato penitenziale,  mi preoccupa il tentativo immediato e diffuso di presentare l’assassino come un caso psichiatrico.
Anche se lo fosse  c’è il rischio che assumere questa ipotesi  come chiave di lettura  esclusiva del massacro di Alika possa farne strumento per  trasferire  la violenza in una dimensione altra, che non ci appartiene. E se non ci appartiene  possiamo anche non vederla.

Ci appartiene invece, senza riserve né dubbi,  la violenza di un silenzio che si fa elemento di continuità nella Fine (indecente) della 19ma legislatura della Repubblica.

Mi astengo da considerazioni generali, che ci  verranno sbattute  addosso in un tempo di campagna elettorale breve ma che non è difficile supporre feroce e volgare, per concentrarmi sui bambini  fantasma , riconosciuti anche nel volume collettaneo   Lessico della Dignità (Forum 2021 Editrice Universitaria Udinese) . Così ne scrive Francesco Bilotta nel saggio Responsabilità (pag. 242):
«Si pensi alla totale negazione della dignità (umana, personale e sociale) che subiscono i c.d. ‘bambini fantasma’ , ossia quei bambini nati in Italia da genitori che, non essendo in possesso del permesso di soggiorno, non si recano presso gli uffici anagrafici a denunciarne la nascita per timore di ritorsioni nei propri confronti. La mancata iscrizione nei registri di stato civ ile determina una condizione di invisibilità giuridica con ricadute gravi sulla possibilità per quei bambini di godere dei loro diritti fondamentali»

Potrebbero essere riconosciuti in  dignità e uguaglianza con una semplice legge che qualcuno ha auspicato ma la società organizzata  per essere solidale, almeno quella che sono riuscita a raggiungere, si è ben guardata dal volerlo e dal dirlo  con forza e determinazione consapevole.
E’ senza dubbio significativo  il silenzio ufficiale della  dalla Conferenza Episcopale Italiana che nel 2015   aveva indetto il  Sinodo  “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. Il Sinodo si concluse  con la relazione finale “al Santo Padre Francesco” che, segnalando le più varie criticità per le più varie situazioni , quando si trattò dei bambini riuscì a non nominare quelli che, senza registrazione, famiglia non potevano e non  possono avere.
E devo purtroppo riconoscere il peso dell’autorevolezza della CEI anche sulla società politica.
(in calce il link  press vatican ecc_ il punto relativo ai bambini è il n. 26)

Così il silenziatore legale dei bambini  passerà dalla 18ma  alla prossima legislatura e sarà ancora la condanna alla non esistenza giuridica delle piccole vittime della ‘violenza legislativa’, efficace violenza della parola apparentemente neutra  e del silenzio che non è rispetto ma censura.

Quel silenziatore  si legge nel Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 . Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. (Entrata in vigore del decreto: 2-9-1998  Ultimo aggiornamento all’atto pubblicato il 20/05/2022)
Così si esprime all’art. 6/2

«Fatta  eccezione  per  i  provvedimenti  riguardanti  attività sportive e ricreative a carattere temporaneo ,  per  quelli  inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35  e  per quelli  attinenti  alle  prestazioni  scolastiche   obbligatorie,   i documenti inerenti al soggiorno  di  cui  all’articolo  5,  comma  8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica  amministrazione  ai fini del rilascio di licenze,  autorizzazioni,  iscrizioni  ed  altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati»

Fra chi è  ‘eccezione’ cui non è chiesto di presentare “i documenti inerenti al soggiorno  di  cui  all’articolo  5,  comma  8” – non ci sono i non comunitari che si rechino in comune a registrare la nascita di un figlio per assicurargli l’iscrizione nei registri di stato  civ ile.
E questo dall’entrata in vigore della legge 94/2009, 8 agosto 2009.

La morte che ha  cancellato la vita di  Alika può disturbare,  e  chiamare caso psichiatrico il suo massacratore può rappresentare un tentativo  di renderci estranea la violenza visibile che ci sconvolge, mentre la cancellazione  di questi piccoli sembra invece non essere elemento di disturbo.
Purtroppo i vescovi italiani uniti nella CEI nel 2015 non solo li hanno silenziati ma ne hanno anche rinnovato il silenziatore strumentalizzandoli ad altri scopi.
Ne ho scritto nel mio blog il  13 giugno 2022

La società civile (nel caso assumendo anche la propria responsabilità politica) ha trovato finalmente voce nel coraggioso tentativo finale del consigliere regionale Honsell di presentare una legge nazionale nella forma inconsueta di testo da approvarsi al consiglio regionale.
Non so che ne sarà: temo sia reso vano dalla scomparsa per fine legislatura del destinatario ,
il confuso e confusionario parlamento italiano, ma voglio segnalare una voce  finalmente responsabile.
Riporto il titolo della Proposta di Legge Nazionale N. 16
<<Modifica all’articolo 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno>>

CEI_bambini esclusi

https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2015/10/24/0816/01825.html

E ancora nel mio blog diariealtro
13 giugno 2020 – Quando i Vescovi non dicono il vero (diariealtro.it)

Due link che descrivono la morte di Alika

AVVENIRE
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/alika-ucciso-a-bastonate-in-centro-civitanova-marche-aggressione-choc

AGENSIR  _  don ALBANESE, comunità di Capodarco
https://www.agensir.it/italia/2022/07/30/nigeriano-aggredito-a-morte-a-civitanova-marche-don-albanesi-ucciso-da-una-rabbia-ancestrale-e-trattato-peggio-di-un-animale/

2 Agosto 2022Permalink

22 luglio 2022 – Non è il tempo di scherzare

Chi non c’è non  si vede e chi non si vede non c’è

E ci apprestiamo , in un’estate rovente piena di disgrazie, ad affrontare la XIX legislatura (elezioni fra due mesi!). A causa di un parlamento che ha scelto di non impegnarsi nella rimozione di una  pesante norma di inciviltà, per l’ottava volta il governo cadente la passerà al nuovo che in qualche modo arriverà.
Eppure si trattava (e si tratterebbe) di un impegno parlamentare senza vincolo di spesa, semplice nella formulazione ma … assoggettarsi opportunisticamente al pregiudizio sembra una voglia inarrestabile dei nostri parlamentari e, temo , a 360°.
E non posso negare che questa voglia imperversi anche nella società civile che altrimenti si dichiara paladina dei diritti umani.
Mi spiego: regnante con il suo quarto governo quel tale on. B. che oggi sembra essere stato fra i registi della dissennatezza che ha portato alla caduta del governo Draghi pochi mesi prima della sua fine naturale (marzo 2023),  fu votata una legge che meritò il voto di fiducia voluto dal ministro dell’Interno tale on. Roberto Maroni (Lega allora Nord): era la legge 94/2009.
La norma che voglio segnalare  si rotolò per sette governi fino all’attuale e, intatta, passerà al prossimo quale che sia. Nel dlgs 286/1998 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) così si esprime (art. 6/2):
Fatta  eccezione  per  i  provvedimenti  riguardanti  attività sportive e ricreative a carattere temporaneo ,  per  quelli  inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35  e  per quelli  attinenti  alle  prestazioni  scolastiche   obbligatorie,   i  documenti inerenti al soggiorno  di  cui  all’articolo  5,  comma  8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica  amministrazione  ai fini del rilascio di licenze,  autorizzazioni,  iscrizioni  ed  altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati”.

Per capire bisogna leggere quel che non c’è. Nella norma si elencano le eccezioni alla presentazione del  (semplifico) permesso di soggiorno  ma non  ci sono i genitori dei nati in Italia che si presentino allo sportello del comune a registrarne la nascita privi appunto di quel documento.
Potrebbero quindi, per la paura di essere identificati come irregolari, astenersi da quell’atto dovuto, negando al loro piccolo il certificato di nascita che gli spetta come diritto personale.
Nella legge precedente alla 9/2009 c’erano (cd Turco Napolitano).  Nel 2009 sono stati esclusi dalle eccezioni elencate.
Nel 2020 un  piccolo gruppo teatrale friulano (NonSoChe) si impegnò in uno spettacolo costruito ad hoc e si impegnò volontariamente ad informare, con l’antico mezzo dello spettacolo teatrale; sul problema della negazione del certificato di nascita a una categoria artatamente  precostituita (i “figli di…”) appunto.
Il 22 aprile 2021 la capogruppo del Pd alla Camera presentò la pdl 3048  “Modifica all’articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno”  che avrebbe dovuto, se approvata, rimuovere l’ostacolo della presentazione del permesso di soggiorno anche peri migranti non  comunitari ,.
A questo punto però fece una giravolta tutt’altro che apprezzabile: anziché impegnarsi nel dibattito parlamentare dichiarò volerla presentare in una trasmissione Tv mattutina chiamata agorà.
Non  so se tanto sia accaduto: disgustata ho lasciato perdere. In questa vicenda già squallida ci mancava la propaganda tv.
Poco tempo dopo il segretario del suo partito (on. Letta) dichiarava da parlamentare il suo impegno per lo ius scholae.
Entrambi gli onorevoli, per  questa vicenda tutt’altro che onorabili, fingevano di non sapere che
”La richiesta di cittadinanza italiana  non può essere accolta in assenza di un  certificato di nascita”.
Dovrebbero arrivarci da soli  ma, nel caso, li informa il 12mo Rapporto sul monitoraggio della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in  Italia.
Possono andare a leggere il punto 11 del VI  capitolo del Rapporto e, se credono, lo possono verificare anche nel precedente Rapporto (novembre 2020) .

Conclusione personale, tanto per chiarire.
Non sono una persona che si nega agli impegni nella società civile  e anche alla battaglia politica che in questa può svolgersi, ma mai mi impegnerò in qualcosa che sia presa in giro di diritti fondamentali di chi non  può difendersi da sé.
Onorevoli del Pd e simili, fate chiarezza prima che la campagna elettorale cominci. Valgo solo uno ma credo che vi servano anche gli spiccioli.

22 Luglio 2022Permalink

26 dicembre 2021 – Per una riscrittura dell’art. 3 della Costituzione: non tutti i cittadini hanno pari dignità sociale

Da molto tempo trascuro il mio blog.
Mi sento quindi obbligata a riprendere la questione della registrazione anagrafica dei nati in Italia, negata dal 2009 ai figli dii migranti privi del permesso di soggiorno.
L’art. 3 della Costituzione afferma al primo comma che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Il legislatore italiano sembra averlo rimosso dalla propria attenzione e offre lo stesso disimpegno alla Agenda 2030 delle Nazioni Unite il cui obiettivo 16.9 afferma:
“Entro il 2030 fornire identità giuridica per tutti, inclusa la registrazione delle nascite”.
E’ stata presentata una proposta di legge (3048) che si intitola “”Modifica all’articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno”
A otto mesi dalla presentazione però dormicchia con firme del solo Pd e si srotola stancamente fra prese di distanza delle associazioni riconosciute e altrimenti impegnate nella tutela e promozione dei diritti civili ed umani.
Così i mezzi di comunicazione non ne parlano.

A differenza di quanto accaduto costantemente negli anni scorsi nel numero di dicembre anche il periodico Ho un sogno ha scelto di tacerne .
Che doveva scrivere: che l’emendamento presentato dal consigliere Honsell al consiglio regionale del FVG è stato respinto?
Nel blog Diariealtro lo si può leggere in data 7 dicembre con il link

7 dicembre 2021 – In consiglio regionale si chiacchiera di famiglia

Comunque nel numero di dicembre Ho un Sogno pubblica una riflessione importante che offre il quadro giuridico e filosofico per collocare correttamente il problema della registrazione anagrafica negata.
Perciò lo trascrivo.

SOLIDARIETÀ
La parola solidarietà ci sollecita subito considerazioni di carattere morale. Non è immediato quasi per nessuno associarla al diritto. In altre parole, quasi nessuno pensa che la solidarietà sia un dovere, ossia un comportamento sostenuto dalla forza della legge. Anzi, a ragionare in questo modo sembra di trovarsi dinanzi a un controsenso. Infatti, avendo in mente la sua accezione morale, è piuttosto difficile disgiungerla dalla libertà di scegliere se assumere o meno un atteggiamento solidale nei rapporti con gli altri.
Eppure, la nostra Costituzione è chiara al riguardo, quando all’articolo 2 parla di «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Quindi non solo doveri, ma addirittura inderogabili, cioè doveri che nessuno ha il potere di cancellare in alcun modo. Doveri che caratterizzano trasversalmente tutto il nostro vivere collettivo, come ci ricordano i tre aggettivi, “politica, economica e sociale”. In alcune sue pronunce, la Corte costituzionale si spinge ancora oltre: ne fa una precondizione per la piena esplicazione della personalità individuale.
In altre parole, secondo la Consulta, la solidarietà è in grado di produrre lo spazio sociale necessario per consentire a ogni persona di realizzarsi nelle proprie relazioni.
Stefano Rodotà ce ne ha parlato in un libro dal titolo “Solidarietà: un’utopia necessaria” (Laterza, 2014). Fin dalle primissime pagine del volume, della solidarietà si dice che è un principio «volto a scardinare barriere, a congiungere, a esigere quasi il riconoscimento reciproco e così a permettere la costruzione di legami sociali nella dimensione propria dell’universalismo». Come tutti i principi giuridici, si tratta di una regola peculiare, perché il legislatore si limita a indicarci un obiettivo senza precisare come concretamente dobbiamo comportarci per raggiungerlo. Dunque, viene spontaneo chiedersi quale sia il fine del principio della solidarietà. Possiamo rispondere, sempre con le parole di Rodotà: uno degli elementi costitutivi della solidarietà «è la finalità dell’inclusione, che porta con sé anche l’ineliminabile attitudine cooperativa con altre persone».
La nostra Costituzione non poteva che partire dalla dimensione collettiva della solidarietà nel momento stesso in cui fondava uno Stato sociale. Quanto di questa visione è ancora presente nella nostra organizzazione sociale? Quanto le nostre politiche sociali sono effettivamente sulle nostre scelte quotidiane la consapevolezza di far parte di una collettività? Se si riuscisse a cogliere l’imprescindibilità del principio di solidarietà per la piena attuazione della legalità costituzionale, probabilmente dovremmo rivedere il contenuto di molte regole e di molti nostri comportamenti.
A ben pensarci, potrebbe essere uno dei tanti modi per cominciare a superare la cultura neoliberale che ci sta soffocando.
Francesco Bilotta Docente di diritto privato, Università di Udine

26 Dicembre 2021Permalink

25 novembre 2021 – L’importanza fondamentale del dare un nome alle cose

L’importanza fondamentale del dare un nome alle cose , secondo Zygmunt Bauman  

Ritrovo  un articolo scritto a un anno dalla morte di Zygmunt  Bauman.  Lo  ricopio volentieri perché pone un  problema che mi interessa come tale e per il suo impatto con una situazione sempre più caotica.
Mentre ci si affanna a sostenere la legge che dal 2009 nega il nome ai figli dei sans papier, mi fa piacere trovare un ragionamento sull’importanza dei nomi.

8 gennaio 2018  –  Un anno senza Zygmunt Bauman  di David Bidussa
Osservatorio su storia e memoria

Il futuro e il passato si sono scambiati i ruoli?

È la domanda generativa da cui parte Zygmunt Bauman in Retrotopia, l’ultimo libro compiuto a cui abbia messo mano prima di morire. Libro che segna una tappa importante di riflessione, ma che non chiude né definisce un percorso.

Bauman è convinto che futuro e passato si siano scambiati i ruoli. Il futuro ci spaventa, dice, perché lo percepiamo come una retrocessione, come perdita della possibilità di avanzamento perché non siamo in grado di controllarlo. E comunque dal futuro riceviamo immagini che non ci piacciono, immagini di arretramento. Per questo preferiamo rifugiarci nel passato.

E conclude: “Una volta privata del potere di modellare il futuro, la politica tende a trasferirsi nello spazio della memoria collettiva”

Affermazione che segnala la prosecuzione di un sentiero su cui Bauman si è incamminato da tempo, non più soddisfatto di “Società liquida”, la metafora che a lungo ha segnato il passaggio tra XX e XXI secolo. Quello scavo nel malessere attuale nasce dalla consapevolezza della fine della promessa della società del Welfare, e dalla volontà, al tempo stesso, di tener ferma la necessità di una politica democratica e riformista.

Allo scavo intorno a quel tema Bauman – prima di quella sua ultima fatica, che per noi rimane la spia di un percorso riflessivo inconcluso – lavora già da tempo con vari interventi. Questa la sua convinzione: la politica non è la gestione naturale delle cose, e non è nemmeno la naturalità dello sviluppo. La politica è l’indizio di una scelta che nasce da una decisione, consapevole. Scelta che indirizza il presente, prefigura un futuro e riordina il passato.

Quando Zygmunt Bauman nel 2013 pubblica La ricchezza di pochi avvantaggia tutti. Falso! (Laterza) sembra che inviti a una riconsiderazione del modello di sviluppo che egli intravede in corsa dall’inizio del XXI secolo.

Quel percorso, ha come parola centrale la diseguaglianza, ma soprattutto, come sottolinea in Retrotopia, riguarda la nostalgia, il rimpianto costante per il passato. Sentimento che esprime senso al nostro agire, secondo Bauman, una volta che il futuro sia percepito non solo come incerto, ma come tempo segnato dalla perdita di status.

Condizione che fa da carburante alla costruzione dell’identità. L’identità è sempre il risultato di un processo di convinzione, anche quando chiama a proprio sostegno le testimonianze del passato. Ma soprattutto quando invoca in nome del futuro le parole che danno senso al proprio desiderio.

Retrotopia designava una sfera di sentimenti, ma non individuava ancora una parola (anche se il titolo ha una sua efficacia, come molte altre volte è capitato a Bauman contribuendo alla costruzione del lessico del nostro tempo presente). L’assenza di quella parola è forse il segno più tangibile del vuoto che ha lasciato Zygmunt Bauman.

Il nome è importante, non solo per i significati che include, ma perché l’atto di denominare non è un dato tecnico, ma descrive un processo culturale e intellettuale di primaria importanza.

È nel nome che la lingua manifesta il suo carattere ontologico: nel nome il mondo viene alla presenza, nel nome l’uomo si apre alla verità del mondo. In esso la parola dell’uomo si apre, prima ancora che alla conoscenza del mondo, all’incontro con il mondo e la sua lingua si svela tutt’altro che semplice strumento per afferrare e impadronirsi di ciò che non ha lingua.

Le cose esistono, ma non basta indicarle. Per comprenderle, perché acquistino per noi un significato, siano discutibili, entrino a pieno titolo nella riflessione pubblica e dunque siano oggetto di confronto, e di crescita, occorre che abbiano un nome. La facoltà di nominare come aveva intuito molto tempo fa Walter Benjamin nel suo Sulla lingua in generale e sulla lingua dell’uomo (1916), è quella condizione e quella possibilità che consente poi di dare un volto e, nel tempo, contenuto alle cose. Non consente solo di riconoscerle, ma di parlarne.

Una tra le cose che ci mancano di Zygmunt Bauman, a un anno dalla sua scomparsa – era il 9 gennaio 2017 – anche se non ce lo siamo detti, è proprio la parola con cui provare a dare un volto al carattere di questo nostro tempo. Quale sarebbe stata la parola che Zygmunt Bauman ci avrebbe suggerito per dare profondità e definire una genealogia del presente nel corso del 2017? Noi in questo anno non l’abbiamo individuata.
Noi siamo “orfani di una parola” capace di dare non solo una descrizione ma anche un significato a questo nostro tempo.

https://fondazionefeltrinelli.it/un-anno-senza-zygmunt-bauman/

 

25 Novembre 2021Permalink

24 aprile 2021 – Dal 24 aprile 1915, al 25 aprile 1945 a … domani mattina

Troppe questioni si precipitano dentro questo calderone che assomma due giorni:
– il 24 aprile ,   il genocidio armeno  (inizio 24 aprile 2015)
– il 25 aprile, la data simbolo della liberazione.

Il genocidio armeno e non solo
Per la prima data segnalo che oggi il presidente americano Joe Biden ha riconosciuto ufficialmente il genocidio armeno in una dichiarazione diffusa
dalla Casa Bianca, precisando che il gesto è inteso a  “confermare la storia”.
Al link in  calce unisco una piccola, inadeguata
fotografia  del monumento che lo  ricorda.
L’avevo visitato durante un viaggio con alcuni amici ma
il giorno dopo    non ho partecipato all’attività comune
prevista e ho voluto ritornarci da sola.
Sapevo che non  sarei tornata più in  Armenia e quel
monumento  mi aveva suscitato la stessa impressione
indescrivibile del lager di  Majdanek, dove avevo visto (ordinatamente archiviati come gli assassini avevano voluto) i bambolotti giocattolo dei bambini che poco dopo sarebbero stati gasati, per poi cremarne il corpo nudo, privato di tutto, anche dell’ultimo legame d’affetto rassicurante che i bambolotti trasmettono.
Allora constatando una crudeltà gratuita e inutile mi chiedevo  a che cosa servisse rubare bambolotti e conservarli come prede di guerra, in una situazione in cui era ovvio  ammazzare bambini. Non bastava?                            (Anche per questo c’è un link in calce   –  fonte 1)
La spiegazione l’aveva già offerta  Eichmann che durante il processo in Israele (che si sarebbe concluso con la condanna a morte) che i bambini si uccidono perché crescendo, nel ricordo dei loro cari strappati alle loro piccole vite, possono diventare nemici pericolosi.
Nell’Argentina dei colonnelli ne avevano fatto un altro uso: portate le prigioniere incinte fino al parto, le ammazzavano e affidavano i piccoli a coppie desiderose di adozioni.

Ma che c’entrano i bambolotti di Majdanek che mi ossessionano?

Oggi è il 24 aprile e domani è il 25 aprile.

Chi vada a visitare il monumento alla Resistenza in piazza 26 luglio a Udine   potrà leggere una citazione di Pietro Calamandrei che trascrivo:

Quando io considero questo misterioso e miracoloso moto di popolo, questo volontario accorrere di  gente umile, fino a quel giorno inerme e pacifica, che in una improvvisa illuminazione sentì che era giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore, mi vien fatto di pensare a certi inesplicabili ritmi della vita cosmica, ai segreti comandi celesti che regolano i fenomeni collettivi, come le gemme degli alberi che spuntano lo stesso giorno s’accorgono che è giunta l’ora di mettersi in viaggio. Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini”.

Morire da uomini per vivere da uomini

Forse un punto d’arrivo possibile (non  definitivo certamente).
Le questioni che mi tormentano sono troppo importanti perché io mi senta di chiuderle qui con una analisi insufficiente  e certamente incompleta.
Ma una domanda me la faccio:
Chi domani sarà in piazza (penso più piazze virtuali che fisiche) porterà con sé il pensiero di chi soffre in ogni parte del mondo ma anche vicino a noi,  probabilmente chiederà di affrontare la tragedia delle rotta balcanica con corridoi umanitari, chiederà soccorsi nel Mediterraneo, dirà no ai respingimenti, proporrà progetti solidali, parlerà del 25 aprile nato dal sacrificio consapevole di tanti, compiuto  “per vivere da uomini”.
Un processo lungo, che non si ferma perché da lì è nata la Costituzione.
Ma non  è un processo lineare. Si scoprono e si praticano significati importanti che nascono da mutate situazioni, nazionali e internazionali, da una cultura che ha esplorato altre strade.
Fra le tante cose che sono rimaste un punto fermo in  questa storia è la certezza che

 i figli possono essere usati come armi paralizzanti per i genitori.
Se sarà chiaro che non solo non è stata bloccata una legge che impedisce con un raggir

o crudele di riconoscere i propri nati in Italia ma che tutto questo è accettato dall’opinione pubblica che non trova nulla da dire e consapevolmente tace,  avrà vinto la crepa che introduce la paura come forza che assicura “sicurezza”  oggi … domani chissà.

La legge che ha voluto questa ignobile norma dice proprio così: “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”.
Certo questo non  è vivere da uomini e da donne
Nello scrivere questo poche note che so ormai essere inefficaci , non mi arrendo al neutro universale. Domani vedremo

Una scommessa con me stessa: Oggi questo scritto va nel mio blog, se la giornata di domani mi consentirà di cambiare idea anche con un piccolo – ma credibile – segnale (no a pacche sulle spalle, reali e simboliche) sarò felice di passarlo su facebook con una autocritica altrimenti metterò in fila un’altra occasione di preoccupazione per il futuro.

(fonte 1)
https://www.lincontro.news/breve-storia-del-genocidio-armeno/

(fonte 2)
14  dicembre  1918 .  Integrazione precoce a Codroipo, provincia di Udine

https://diariealtro.it/?p=6278

 

24 Aprile 2021Permalink

5 dicembre 2020 – Natale: La messa di mezzanotte fra opportunismo e correttezza di informazione

Il Giornale da tempo si è fatto fonte di ecclesiologia sull’orario delle messe di mezzanotte.
Negli interventi  ecclesial/politici proposti  era ben chiaro l’intento di rendere complessa e scarsamente affidabile  l’indicazione del comportamento da tenersi in vista del ‘coprifuoco’ annunciato dal governo.
Per fortuna questa volta il comunicato emanato dalla  conferenza episcopale  l’1 dicembre risulta improntato al rispetto di regole che propongano correttezza e sicurezza in un momento difficile.
Ne riprendo alcuni passaggi dalla agenzia stampa che lo ha diffuso

Roma, 2 dic. (askanews) – I vescovi italiani smontano sul nascere la polemica sull’orario della messa di Natale al tempo del coronavirus e, alla vigilia delle nuove direttive del Governo, indicano “la necessità di prevedere l’inizio e la durata della celebrazione in un orario compatibile con il cosiddetto “coprifuoco’”. La linea è stata decisa dal consiglio episcopale permanente, che a causa del coronavirus si è svolto in video-conferenza mentre il cardinale presidente, Gualtiero Bassetti, è convalescente al Gemelli dopo un ricovero in terapia intensiva per il Covid: “Pensavo di essere giunto al limit”, il suo messaggio ai confratelli. Il “parlamentino” dei vescovi italiani, guidato dal vescovo di Fiesole Mario Meini, “si è confrontato circa le prossime celebrazioni natalizie, in modo particolare sull’orario della Messa nella notte di Natale”, si legge nel comunicato finale. “I Vescovi ricordano quanto scritto nel recente ‘Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia’: ‘Le liturgie e gli incontri comunitari sono soggetti a una cura particolare e alla prudenza. Questo, però, non deve scoraggiarci: in questi mesi è apparso chiaro come sia possibile celebrare nelle comunità in condizioni di sicurezza, nella piena osservanza delle norme’. Da qui la certezza che sarà così anche per le celebrazioni del Natale, come peraltro avvenuto finora. Tenuto conto delle diverse situazioni, è stato detto, sarà cura dei Vescovi suggerire ai parroci di ‘orientare’ i fedeli a una presenza ben distribuita, ricordando la ricchezza della liturgia per il Natale che offre diverse possibilità: Messa vespertina nella vigilia, nella notte, dell’aurora e del giorno. Per la Messa nella notte – hanno condiviso i Vescovi – sarà necessario prevedere l’inizio e la durata della celebrazione in un orario compatibile con il cosiddetto ‘coprifuoco’”. Nessun problema, dunque: le messe “di mezzanotte” si celebreranno, prevedibilmente, prima delle 22.

https://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/messa-natale-vescovi-smontano-sul-nascere-polemica/

Desidero però aggiungere un articolo del biblista Alberto Maggi , che fa chiarezza su un  problema da altri pretestuosamente abusato

  Mezzanotte? A Natale non è certo l’ora della messa quella che conta

Mentre, in piena pandemia, si discute dell’ora in cui cominciare e finire la messa natalizia (che quest’anno non sarà “a mezzanotte”), come ricorda su ilLibraio il biblista Alberto Maggi, nei primi secoli la Chiesa non celebrò neppure il Natale, in quanto la festività più importante era la Pasqua. Solo verso il quarto secolo si iniziò a celebrare anche la nascita del Salvatore unitamente all’Epifania. Quanto alla scelta della mezzanotte, si è diffusa solo con l’avvento della luce elettrica…

Generazioni di bambini sono stati vessati in prossimità del Santo Natale dall’ansiogena filastrocca di fine ottocento, del poeta Guido Gozzano La notte santa. In questa poesia si narra di una coppia di sprovveduti, Maria e suo marito Giuseppe, che alle sei di sera giungono finalmente a Betlemme e cercano un alloggio dove riposare. E qui comincia la litania volta a far crescere l’ansia, scandita da un implacabile campanile (esistevano quindi prima di Cristo), che scandisce le ore: “scocca lentamente le sei”. E alle sei di sera inizia la ricerca del posto dove poter passare la notte, anche perché Maria è ormai prossima al parto. Ci si chiede come mai questa coppia di sconclusionati si sia messa in viaggio, con una donna incinta al nono mese, percorrendo i circa centocinquanta chilometri da Nazaret a Betlemme per i quali si impiegava, con una media di una quindicina di km al giorno, una decina di giorni a piedi (e se c’era una cavalcatura questa era per diritto del maschio mai della femmina).

E i due cominciano a cercare l’alloggio. La prima osteria presso la quale chiedono ospitalità è quella del “Caval grigio”. Giuseppe manda avanti la moglie (vedranno le sue condizioni) per richiedere alloggio. Ma niente da fare, le stanze sono piene di forestieri arrivati per assistere al prodigio, non c’è un posto per loro e “il campanile scocca lentamente le sette”. Non c’è problema, basta provare all’ “Osteria del moro”. Questa volta è Giuseppe (visto l’insuccesso della moglie), a richiedere ospitalità, ma anche qui sono strapieni, perfino nei soppalchi e ballatoi, non c’è un rifugio per loro e l’oste li invita a tentare all’osteria più vicina, quella del “Cervo bianco”. E “il campanile scocca lentamente le otto”. Al “Cervo bianco” la richiesta per un alloggio la rivolgono insieme marito e moglie, supplicando almeno un sottoscala; macché: l’osteria è strapiena di astronomi che attendono di vedere la cometa. E che fa il campanile? “Scocca lentamente le nove”. Tentano all’osteria dei “Tre merli” (ma quante osterie c’erano a Betlemme?!) e, dato che è una donna la proprietaria, è Maria che ci riprova, attirando l’attenzione della locandiera sulle sue condizioni di partoriente. Neanche a parlarne, c’è gente persino sui tetti. Sono negromanti, magi persiani, egizi, greci, che attendono l’arrivo della stella, e “il campanile scocca lentamente le dieci”… La situazione si fa drammatica, mancano due ore per mezzanotte, e Maria rischia di partorire Gesù per strada. Senza molte speranze, esaurite le osterie, provano all’albergo, quello dell’altosonante nome di “Oste di Cesarea”. Macché. È pieno di dame e cavalieri e l’albergatore non ha alcuna intenzione di mescolare i suoi ospiti con gente di basso rango come un falegname, e “il campanile scocca lentamente le undici”… Che si fa? Maria è ormai agli stremi, per giunta ha cominciato anche a nevicare. L’unica soluzione è offerta da una provvidenziale stalla, c’è anche un asino e un bue, serviranno come riscaldamento, e finalmente “il campanile scocca la Mezzanotte Santa” e si scioglie l’ansia perché “è nato il Sovrano Bambino”.

In passato nell’immaginario collettivo, per la notte del Natale, ha inciso più questa filastrocca, insegnata a generazioni di bambini, che il vangelo con i suoi scarni asciutti dati. Se poi si aggiunge la bellissima melodia Tu scendi dalle stelle (Quanno nascette ninno) dovuta all’estro poetico di un santo, Alfonso Maria de’ Liguori, dove il neonato è presentato tremante, al freddo e al gelo, ecco che la notte di Natale diventa una dolce fiaba che fa tornare ogni uomo bambino.

I vangeli che non trattano di sentimenti, ma di significati, non offrono alcuna indicazione sul giorno, tantomeno sull’ora in cui è nato Gesù, e anche l’anno della sua nascita è approssimativo. Gli unici evangelisti che narrano della natività sono Matteo e Luca. Matteo scrive che Gesù è nato “a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode” (Mt 2,1) e Luca afferma che Giuseppe e Maria si sono recati a Betlemme da Nazaret per via del censimento, ma si trovavano già a Betlemme “quando si compirono per lei giorni del parto” (Lc 2,6). Quindi avevano viaggiato quando le condizioni della donna lo permettevano e non certamente gli ultimi quindici giorni. Se dai vangeli, che pur contenendo elementi storici non sono una cronaca ma una teologia, si volesse desumere una possibile indicazione della data della nascita di Gesù, è certamente da escludere il mese di dicembre. L’evangelista Luca afferma, infatti, che quando Gesù nacque “c’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge” (Lc 2,8). Betlemme, ultima città della Giudea posta ai margini del deserto, è sita a quasi ottocento metri sul livello del mare, più alta di trenta metri di Gerusalemme, e d’inverno, quando spira il gelido vento del deserto, è impossibile pernottare all’aperto a meno di non rischiare l’assideramento. I pastori normalmente vegliavano i loro greggi all’aperto nel periodo che andava dalla Pasqua (marzo/aprile) alla festa delle Capanne (settembre/ottobre), quindi eventualmente in questo arco di tempo si può ipotizzare l’evento.

I primi secoli la Chiesa non celebrò il Natale, in quanto la festività più importante era la Pasqua. Solo verso il quarto secolo si iniziò a celebrare anche la nascita del Salvatore unitamente all’Epifania. La scelta del venticinque dicembre fu dovuta al bisogno di soppiantare la popolarissima festosa celebrazione pagana del solstizio d’inverno. La nascita dell’invincibile sole (“Natalis (solis) invicti”), festa stabilita dall’imperatore Aureliano, fu sostituita con la nascita di Gesù, al quale si accostava la profezia di Malachia sul “sole di giustizia” (Ml 3,20).

Il riferimento alla mezzanotte, come ora della nascita del Cristo, non è in alcuna maniera cronologico, ma spirituale-teologico, ed è liberamente ispirato a due testi della Sacra Scrittura, dal Libro della Sapienza, dove si legge che “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale…” (Sap 18,14), e dal profeta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1). Celebrare il Natale a mezzanotte è una popolare tradizione che si è diffusa con l’avvento della luce elettrica, ma la liturgia della Chiesa non dà alcuna indicazione sull’orario della messa, che dipende da opportunità pastorali, ovvero le esigenze dei partecipanti, tanto che nel Nuovo Messale, è persino scomparsa la dicitura che appariva nel precedente: “Secondo la tradizione costante delle Chiese in Italia la Messa della notte di Natale si celebri a mezzanotte a meno che ragioni pastorali, valutate dall’Ordinario del luogo, non consiglino di anticiparne l’ora”.

Se gli evangelisti non hanno voluto fornire indicazioni esatte sui momenti della natività, è perché ad essi non interessa il calendario, ma la teologia, e vogliono centrare l’attenzione del credente sull’evento. Con Gesù Dio non è più da cercare, ma da accogliere, e con lui, il “Dio con noi” (Mt 1,23), e come lui, andare verso ogni uomo per manifestare la tenerezza infinita del Padre.

venerdì 4 dicembre 2020
Mezzanotte? A Natale non è certo l’ora della messa quella che conta: interviene il biblista Maggi – ilLibraio.it

 

5 Dicembre 2020Permalink