15 ottobre 2023 – La conoscenza fa paura, ovunque

14 OTTOBRE 2023              Sospeso il premio per la palestinese  Adania Shibli alla Fiera del Libro di Francoforte.
                                             Scrittori e case editrici arabe lasciano l’evento di Shady Hamadi |

La Fiera del Libro di Francoforte annuncia la cancellazione della cerimonia di premiazione di Adenia Shibli, autrice palestinese del libro “Un dettaglio minore”. La motivazione, diffusa in una nota da Litprom, agenzia letteraria che organizza il premio, è “la guerra in Israele”. In compenso, “spazio addizionale sarà concesso alle voci israeliane”, ha fatto sapere, quasi in contemporanea, Juergen Boos, direttore della fiera tedesca.

Il libro della Shibli si trascina dietro polemiche fin da questa estate, cioè da quando Ulrich Noller, giornalista e membro della giuria del premio, si era dimesso contro la decisione di premiare la scrittrice palestinese. A riaccendere la discussione c’è stato poi un articolo di giornale, uscito questa settimana, in cui il libro, che racconta la vera storia di una beduina stuprata e uccisa dai soldati israeliani nel 1949, è stato accusato di “descrivere Israele come una macchina assassina”. Il volume, tradotto e pubblicato in tedesco nel 2022, si è aggiudicato il prestigioso premio LiBeraturpreis, dato ad autori provenienti dall’Asia, Africa e Mondo arabo. Annualmente, il riconoscimento viene consegnato durante una cerimonia solenne alla Fiera del Libro di Francoforte che è uno dei più grandi e autorevoli ritrovi dell’editoria mondiale.

Le dichiarazioni di Boos e la cancellazione della cerimonia di premiazione della Shibli hanno sollevato la protesta delle case editrici arabe e di molti autori. Dall’Autorità del libro di Sharja, fino all’Associazione degli editori arabi degli Emirati, passando per molte case editrici indipendenti arabe e scrittori, è arrivato l’annuncio del ritiro della loro partecipazione dall’evento a Francoforte. “Sosteniamo il ruolo della cultura e dei libri – scrive in un comunicato l’associazione degli editori arabi degli Emirati –, per incoraggiare il dialogo e la comprensione fra le persone”. E concludono: “Crediamo che questo ruolo sia importante ora più che mai”.

Said Khatibi, celebre scrittore algerino, ha anche lui annunciato la cancellazione della sua partecipazione perché, scrive su Facebook, “speravamo che la letteratura giocasse un ruolo importante per costruire un dialogo fra le parti”. Ma, continua Khatibi che aveva in programma due incontri, “la fiera ha preso una posizione politica di una sola parte contro l’altra”, i palestinesi. Nei giorni passati, il direttore Boos aveva dichiarato che “la fiera condannava fermamente il barbaro terrore di Hamas” e che “il loro pensiero era per le vittime, i loro parenti e le persone che stanno soffrendo per questa guerra”, non menzionando le vittime a palestinesi. A tentare di spegnere le polemiche è la Litprom che, dopo il polverone, ha comunicato di voler riorganizzare la cerimonia. Ma soltanto dopo la fine della fiera.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/10/14/sospeso-il-premio-per-la-palestinese-adania-shibli-alla-fiera-del-libro-di-francoforte-scrittori-e-case-editrici-arabe-lasciano-levento/7323358/

 

Un precedente italiano documentato il 4 marzo 2022
https://diariealtro.it/?p=7858

15 Ottobre 2023Permalink

15 ottobre 2023 _ Allarme in Europa_ Antisemitismo

Pagine Ebraiche 24 / L’Unione informa 15 ottobre 2023 – 30 Tishrì 5784

Allarme in Europa. Dopo il massacro l’odio

Germania, Francia e Gran Bretagna sono tra i paesi dove le aggressioni antisemite sono molto aumentate dopo il 7 ottobre data del massacro di oltre 1.300 civili israeliani per mano dei terroristi di Hamas. Violenze fisiche, insulti e minacce ad adulti e bambini, sinagoghe sfregiate con scritte anti-israeliane, manifestazioni inneggianti le azioni terroristiche solo alcuni degli atti registrati. Ci sarà “tolleranza zero contro l’antisemitismo”, ha promesso il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Sostenuto anche dai governi francese e britannico, Scholz ha vietato tutte le attività inneggianti i crimini di Hamas in Israele, compreso l’uso dei loro simboli, in Germania. “Chiunque lo farà sarà perseguito”, ha dichiarato. Negli ultimi giorni in Francia 24 persone sono state arrestate in seguito a una serie di incidenti antisemiti: il ministero dell’Interno ha vietato le manifestazioni pro-palestinesi nel paese, ritenendole una minaccia all’ordine pubblico. Dal 7 ottobre in Regno Unito sono più che quadruplicati gli episodi di antisemitismo rispetto all’anno precedente. A registrarlo, un report del Community Security Trust, ente che si occupa di sicurezza delle comunità ebraiche. Il governo di Londra, sulla base di questa indagine, si è impegnato a stanziare nuovi fondi per proteggere scuole e sinagoghe.

In Italia la minaccia antisemita è soprattutto circoscritta alla rete e non c’è stata una crescita del fenomeno, spiegano i ricercatori del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec) di Milano. La situazione continua ad essere però monitorata attentamente e il governo ha garantito massima tutela alle istituzioni ebraiche. Venerdì Hamas ha istigato i musulmani a manifestare a favore dei palestinesi nel giorno di preghiera: sulla base di questo incitamento, le tre scuole ebraiche di Amsterdam hanno deciso di rimanere chiuse. Anche nel nord di Londra alcune scuole ebraiche non hanno aperto i cancelli venerdì. Sabato alcune centinaia di manifestanti ha invaso Trafalgar Square sventolando vessilli anti-israeliani. In Spagna, la comunità ebraica di Barcellona ha cancellato settimane di eventi a causa delle preoccupazioni per la sicurezza.

https://mail.google.com/mail/u/0/#inbox/FMfcgzGtxdcZNzTMtmlSvljGgTrNxzMR

 

 

15 Ottobre 2023Permalink

11 ottobre 2023 – Una voce grande: Gideon Levy

Gideon Levy, firma prestigiosa di Haaretz, a suo tempo arrivato in Israele facendo l’aliyah:
Gideon Levy: “Israele punisce i palestinesi dal 1948, senza fermarsi un attimo”
Dietro tutto quello che è successo, l’arroganza israeliana. Pensavamo che ci fosse permesso fare qualsiasi cosa, che non avremmo mai pagato un prezzo o saremmo stati puniti per questo.
Continuiamo senza confusione. Arrestiamo, uccidiamo, maltrattiamo, derubiamo, proteggiamo i coloni massacrati, visitiamo la Tomba di Giuseppe, la Tomba di Otniel e l’Altare di Yeshua, tutto nei territori palestinesi, e ovviamente visitiamo il Monte del Tempio – più di 5.000 ebrei sul trono.
Spariamo a persone innocenti, caviamo loro gli occhi e spacchiamo loro la faccia, li deportiamo, confischiamo le loro terre, li saccheggiamo, li rapiamo dai loro letti, effettuiamo la pulizia etnica, continuiamo anche l’irragionevole blocco di Gaza, e tutto andrà bene.
Costruiamo un’enorme barriera attorno alla Striscia, la sua struttura sotterranea costa tre miliardi di shekel e siamo al sicuro. Ci affidiamo ai geni dell’Unità 8200 e agli agenti dello Shin Bet che sanno tutto e ci avviseranno al momento opportuno.
Stiamo spostando metà dell’esercito dall’enclave di Gaza all’enclave di Huwara solo per garantire le celebrazioni del trono dei coloni, e tutto andrà bene, sia a Huwara che a Erez.
Poi si scopre che un primitivo, antico bulldozer può sfondare anche gli ostacoli più complessi e costosi del mondo con relativa facilità, quando c’è un grande incentivo a farlo.
Guarda, questo ostacolo arrogante può essere superato da biciclette e motociclette, nonostante tutti i miliardi spesi per questo, e nonostante tutti i famosi esperti e imprenditori che hanno guadagnato un sacco di soldi.
Pensavamo di poter continuare il controllo dittatoriale di Gaza, gettando qua e là briciole di favore sotto forma di qualche migliaio di permessi di lavoro in Israele – questa è una goccia nell’oceano, anch’essa sempre condizionata ad un comportamento corretto – e in al ritorno, mantenetelo come la loro prigione.
Facciamo la pace con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti – e i nostri cuori dimenticano i palestinesi, così che possano essere spazzati via, come molti israeliani avrebbero voluto.
Continuiamo a detenere migliaia di prigionieri palestinesi, compresi quelli detenuti senza processo, la maggior parte dei quali prigionieri politici, e non accettiamo di discutere il loro rilascio anche dopo decenni di prigione.
Diciamo loro che solo con la forza i loro prigionieri possono ottenere la libertà.
Pensavamo che avremmo continuato con arroganza a respingere ogni tentativo di soluzione politica, semplicemente perché non ci conveniva impegnarci in essa, e sicuramente tutto sarebbe continuato così per sempre.
E ancora una volta si è rivelato non essere così. Diverse centinaia di militanti palestinesi hanno sfondato la recinzione e hanno invaso Israele in un modo che nessun israeliano avrebbe potuto immaginare.
Alcune centinaia di combattenti palestinesi hanno dimostrato che è impossibile imprigionare due milioni di persone per sempre, senza pagare un prezzo elevato. Proprio come ieri il vecchio bulldozer palestinese fumante ha demolito il muro, il più avanzato di tutti i muri e le recinzioni, ha anche strappato di dosso il mantello dell’arroganza e dell’indifferenza israeliana.
Ha demolito anche l’idea che sia sufficiente attaccare Gaza di tanto in tanto con droni suicidi e vendere questi droni a mezzo mondo per mantenere la sicurezza.
Ieri Israele ha visto immagini che non aveva mai visto in vita sua: veicoli militari palestinesi che pattugliavano le sue città e ciclisti provenienti da Gaza che entravano dai suoi cancelli.
Queste immagini dovrebbero strappare il velo dell’arroganza. I palestinesi di Gaza hanno deciso che sono disposti a pagare qualsiasi cosa per un assaggio di libertà. C’è qualche speranza per questo? NO. Israele imparerà la lezione? NO.
Ieri già parlavano di spazzare via interi quartieri di Gaza, di occupare la Striscia di Gaza e di punire Gaza “come non è mai stata punita prima”. Ma Israele punisce Gaza dal 1948, senza fermarsi un attimo.
75 anni di abusi e il peggio l’attende adesso. Le minacce di “appiattire Gaza” dimostrano solo una cosa: che non abbiamo imparato nulla. L’arroganza è destinata a durare, anche se Israele ha ancora una volta pagato un prezzo elevato.
Benjamin Netanyahu ha una responsabilità molto pesante per quanto accaduto e deve pagarne il prezzo, ma la questione non è iniziata con lui e non finirà dopo la sua partenza.
Ora dobbiamo piangere amaramente per le vittime israeliane. Ma dobbiamo piangere anche per Gaza. Gaza, la cui popolazione è composta principalmente da rifugiati creati da Israele; Gaza, che non ha conosciuto un solo giorno di pace.
11 Ottobre 2023Permalink

11 ottobre 2023. Due articoli che non diffonderò. Il pregiudizio si trova ovunque

9 Ottobre 2023     Sulle “colpe” di Israele

Perché tra l’editoriale di Haaretz, che attribuisce a Netanyahu una grande responsabilità, e la dichiarazione degli studenti di Harvard, che accusano il regime israeliano, c’è un’enorme differenza.
di Anna Momigliano

Ci sono i fatti, in questo caso fatti atroci, che cambieranno la storia, in peggio, nei decenni a venire, e poi ci sono le reazioni ai fatti, che a volte fanno schifo pure quelle ma di cui ci dimenticheremo nel giro di una settimana. Proprio perché delle seconde presto non ci ricorderemo più, vale la pena di cristallizzarle per un secondo. Mentre dei terroristi attaccavano cittadine, kibbutz, persino un festival, nel Sud di Israele, ammazzando civili, uomini, donne e bambini, stanandoli casa per casa, mentre i terroristi – chiamateli anche “gruppo radicale” come ha fatto il Post, non sono quelle due parole che fanno la differenza – postavano festanti immagini di cadaveri dissacrati, in un raccapricciante cross-over tra Bucha e il Bataclan, capitava che un giornale israeliano pubblicasse un editoriale che accusava il primo ministro: «Il disastro che si è abbattuto su Israele porta la responsabilità chiara di una persona: Benjamin Netanyahu». Quell’editoriale, nella sua versione in inglese, è girato moltissimo sui social occidentali.

Sui social occidentali però è girata moltissimo anche un’altra accusa, lo screenshot di una dichiarazione, firmata da svariate dozzine di associazioni studentesche di Harvard, che decretavano: «Riteniamo il regime israeliano interamente responsabile dei fatti violenti». Il ragionamento era questo: l’attacco terroristico non si è svolto in un vuoto storico, sono decenni che gli israeliani hanno fatto di Gaza una prigione a cielo aperto, sono 75 anni che gli israeliani ammazzano i palestinesi, la priorità adesso è evitare la “rappresaglia coloniale”. Il fatto che le due accuse, quella di Haaretz e quella degli studenti di Harvard, girassero nella stessa bolla, mi spinge a pensare che la gente non ha capito un cazzo.

A questo punto si potrebbe fare un bel discorsetto sul moral high ground, sul fatto che i giornalisti di Haaretz (glasnost: persone che conosco, giornale con cui collaboro) scrivevano sotto i razzi, mentre perdevano amici e parenti, mentre aspettavano notizie di un redattore asserragliato coi figli piccoli in un kibbutz, e invece le Karen di Harvard sputavano sentenze dal New England. Si potrebbe buttarla sul moral high ground, che su internet tira parecchio, ma la verità è che sono due accuse completamente diverse, perché dicono cose completamente diverse.

Cosa intende Haaretz quando dà la colpa a Netanyahu?

Che è un incompetente e un pazzoide nazionalista, dove le due cose vanno a braccetto. Da quando è al potere, Netanyahu ha concentrato tutti gli sforzi a consolidare la presenza dei coloni e dell’esercito in Cisgiordania, ma ha di fatto indebolito l’apparato securitario in tutto il resto del Paese. Quando i terroristi sono entrati nei kibbutz e nelle cittadine vicine a Gaza non c’era neanche mezzo soldato, e sì che quelle parti un tempo erano considerate pericolose. Accecato dalla sete espansionistica, ma anche dall’illusione che i terroristi palestinesi non fossero veramente pericolosi (sorpresa: lo sono), Netanyahu ha trasformato l’esercito israeliano in una forza di protezione per il coloni, e abbiamo visto i risultati, per tutti.

Le Karen di Harvard invece dicono altro. Dicono: l’occupazione è disumana, è da mo’ che i palestinesi vengono ammazzati a Gaza, che cosa vi aspettavate? Dicono: la priorità non è evitare che di ripeta il cross-over tra Bucha e il Bataclan, ma evitare che Israele si vendichi. Spero non ci sia bisogno di spiegare perché è moralmente ripugnante, ma forse si può ricordare perché è, fattualmente, suicida, che, se facciamo nostra la prospettiva del “che cosa vi aspettavate?”, si va verso una escalation senza fine. Ora, l’indignazione per la conclusione (ve la traduco: Israele se l’è andata a cercare) non deve evitare di riconoscere che alcuni dei punti da cui partono sono validi. L’occupazione è moralmente sbagliata, è una violazione dei diritti umani e civili dei Palestinesi, e deve finire. Certo, l’occupazione è una delle cause per cui il conflitto continua ad andare avanti, e non si vedono vie d’uscita senza che essa finisca. Ma pensare che sia quella l’origine di tutto, e che basti eliminare quella per porre fine alle violenze significa non avere capito nulla, foss’anche che la guerra tra arabi e israeliani è cominciata da ben prima del 1967. Alle Karen di Harvard non penserà più nessuno tra qualche giorno. Forse non penseranno più neppure loro a quella dichiarazione, visto che a ottobre ci sono gli esami di metà semestre. Per gli altri, quelli per cui la guerra è un incubo, non un’occasione di virtue signalling, il peggio deve ancora venire.

https://www.rivistastudio.com/israele-           Per  aprire il link aggiungere    attacco-hamas

10 Ott. 2023  Moni Ovadia: “Israele ha coltivato l’odio, ora a pagare sono gli innocenti” di Lara Tomasetta 

alle 13:42 – Aggiornato il 11 Ott. 2023 alle 16:48

Israele dichiara lo stato di guerra. Una colonna di tank si dirige verso Gaza. Diluvio di bombe sulla striscia. Scontri con Hamas al confine. Il nuovo bilancio dei morti israeliani e palestinesi è in continuo aumento. Moni Ovadia, intellettuale, attore, scrittore e musicista di origini ebraiche parla di “pentola a pressione che doveva esplodere”. E punta il dito anche contro la comunità internazionale, colpevole di non essere intervenuta per cercare una soluzione di pace concreta, lasciando Isreale “libera di colonizzare i territori palestinesi”.

L’ambasciatore d’Israele a Roma, Alon Bar, ha dichiarato a TPI: “noi, finora, avevamo imparato a vivere con questa costante minaccia del terrorismo palestinese, in qualche modo adeguandoci. Pensavamo potesse durare. Ma avevamo torto. Oggi abbiamo imparato che questo non è più possibile”. Come commenta questa affermazione?

«Più che convivere con la minaccia del terrorismo palestinese, gli israeliani hanno sigillato Gaza in una scatola di sardine. Cioè sottoponendo gli abitanti di Gaza a una vita infernale. L’Onu ha dichiarato Gaza territorio inabitabile 2 anni fa, mi sembra improprio il discorso. Convivere col terrorismo palestinese sì, in qualche modo l’affermazione è vera ma dimentica la cosa fondamentale, che la vita del palestinese a Gaza non è una vita da esseri umani. In quelle condizioni l’odio e l’esasperazione montano, ora dopo ora, minuto dopo minuto, e il risultato è stato questo».

Cos’è Gaza oggi? Una prigione? Un campo di concentramento?

«Peggio. È una scatola di sardine esagitata. Tutto è sotto il controllo di Israele, i confini terrestri, quelli marittimi e lo spazio aereo. Decidono loro, l’energia, l’elettricità e l’acqua. Ed è una delle zone più popolate del mondo. Poi ci sono state diverse operazioni israeliane che hanno reso la vita ancora più infernale. Gli israeliani hanno deciso: teniamoci il pericolo del terrorismo. Hanno fatto tutto fuorché cercare una soluzione. A Gaza non si può entrare, non si può uscire».

Stiamo vedendo le immagini di un film di cui ci è stato mostrato solo il finale. Ma cosa è successo prima?

«Sono 75 anni che Gaza è sigillata, prima c’erano anche i coloni israeliani ma non solo. Il popolo palestinese è diviso tra Gaza e Cisgiordania. In Cirsgiordania gli israeliani si sono appropriati di terre, hanno tenuto in prigione anche quella parte di palestinesi. La situazione è veramente spaventosa e allora questa violenza che è scoppiata doveva venir fuori prima o poi. Non è un modo di vivere quello».

Tutto questo ovviamente non giustifica l’orrore di questo giorni.

«È ovvio. Come sempre pagano gli innocenti. Anche questi israeliani che sono stati uccisi in modo atroce. Quelli che sono stati presi come ostaggi, non posso immaginare l’angoscia loro e quella dei loro parenti. Ma tutto questo perché nessuno si è curato dei palestinesi, schiavi e non padroni del loro destino».

Il ruolo di Hamas qual è?

«È la forza che governa quel territorio. Una forza che ha la parte armata. Ma le condizioni di vita a Gaza sono un inferno, è normale che la gente covi odio e disperazione, quando si viene rinchiusi e blindati. Nessuno riuscirebbe a vivere in una condizione del genere senza cercare di ribellarsi. Naturalmente ognuno si ribella con i mezzi che ha. I palestinesi in pratica hanno il terrorismo perché non hanno un esercito. Non hanno le armi, né l’esercito strutturato che ha Israele. Quindi esprimono la loro ribellione con gli strumenti che hanno. E anche se questo ha prodotto un orrore spaventoso che ci ferisce e ci lascia sgomenti, si è lasciata marcire questa situazione senza intervenire».

Lei ha parlato anche di una comunità internazionale “complice”.

«Certo, la comunità internazionale non ha fatto niente per imporre una soluzione politica basata sulla legalità nazionale. I governi israeliani hanno occupato, colonizzato e sottoposto a un regime vessatorio di prigionia 2 milioni di palestinesi a Gaza e altri 3 milioni in Cisgiordania. Forse di più. Non è un modo per evitare che poi scoppi la pentola a pressione. Si coltiva l’odio. Quattro bambini su cinque a Gaza sono depressi. Alcuni meditano il suicidio. Sono come dei topi che non posso uscire. Tutti hanno detto che Israele ha diritto di difendersi, i diritti dei palestinesi? Ci fosse stato qualcuno che avesse detto questo concetto. Ci vuole anche il rispetto dei palestinesi. Invece no. Loro devono star lì e morire in quella situazione. Adesso ci saranno migliaia di morti, però questa esplosione di ribellione selvaggia e violenza è motivata dalle condizioni di vita. Ci sono bambini che non hanno mai vissuto se non in prigionia. Ragazzini che poi hanno reazioni pensando a quando potranno farlo anche loro. Questa situazione è un disastro. E la comunità internazionale avrebbe dovuto imporre a Israele di risolvere questa situazione sulla base di negoziati veri, non di chiacchiere senza costrutto».

Amiram Levin, ex generale israeliano, a inizio 2023 ha rilasciato un’intervista alla radio Kan in Israele in cui ha fatto riferimento al “totale apartheid” nella Cisgiordania occupata: “Da 56 anni non vi è democrazia. Vige un totale apartheid. L’IDF (esercito israeliano), che è costretto a gestire il potere in quei luoghi, è in disfacimento dall’interno. Osserva dal di fuori, sta a guardare i coloni teppisti e sta iniziando a diventare complice dei crimini di guerra”.
È così?

«Prima di sentire Lei, ascoltavo l’opinione di uno studioso dell’ISPI che diceva non è una democrazia, è una democrazia etnica. Israele è una democrazia per gli ebrei, non per i palestinesi. I palestinesi non vivono in democrazia ma in apartheid. In discriminazione».

Il leader più longevo di Israele, che si vantava di non aver mai cominciato una guerra, ora deve condurre un conflitto che si annuncia lungo e difficile. Sapendo che questo sarà probabilmente il suo passo di addio. Cosa pensa di Netanyahu?

«Netanyahu è il peggio del peggio per me. È un uomo che sta cercando di sfuggire alla galera e si appoggia al peggio della società israeliana e della classe dirigente. A dei fanatici che sostengono il partito dei coloni e che sono totalmente incompetenti. E questa è anche la ragione per la quale il tanto celebrato servizio segreto israeliano non ha potuto fronteggiare i missili che arrivavano. Evidentemente si occupavano di altro. Di dare spazio ai coloni per derubare i palestinesi delle loro terre».

L’attacco contro Israele si crede fosse preparato da mesi e si nutrono sospetti sul ruolo dell’Iran. Lei come giudica?

«Ognuno fa la sua politica in quei territori. La cosiddetta realpolitik impone di cercarsi i propri amici, quelli che possono servire. L’Iran vuole avere un ruolo e questo evidentemente provoca delle politiche di potere.È possibile che l’Iran abbia fornito dei missili, non escludo che quel Paese fondato su un fondamentalismo fanatico abbia svolto una funzione, ma questo avviene in un contesto che favorisce il peggio del peggio. Che cos’hanno da perdere i palestinesi di Gaza e quelli della Cisgiordania? L’Iran si appoggia ad Hamas, ad Hezobollah. Questo le garantisce di poter giocare un ruolo».

Cosa pensa dell’atteggiamento del governo italiano?

«Non è solo il governo italiano. I governi europei si limitano a fare dichiarazioni di circostanza. “Siamo vicini a Israele”. Che razza di posizione è questa? È per dire noi siamo quelli bravi che stanno con quelli bravi. Invece di partecipare a un movimento di paesi che avrebbero dovuto sollecitare una risoluzione di pace. Quante volte si è sentito dire “due popoli, due stati”. Sono chiacchiere, vaniloqui perché la possibilità di renderlo realtà è stata compromessa dall’attività di colonizzazione israeliana. Non correre rischi. Altrimenti gli israeliani mi dicono che sono antisemita. Perché questa è la storia. Questo non è far politica, mettere la testa sotto la sabbia. In particolare gli europei che non sanno muovere un passo se non arriva la Nato a dirgli cosa fare».

https://www.tpi.it/esteri/moni-ovadia-israele-ha-coltivato-lodio-ora-a-pagare-sono-gli-innocenti-202310101045968/?fbclid=IwAR0t-aqiWw-3eXx8q4urhyz7lYyVgCrZdhnoM8uKJFaEzT583iWEphz3BIo

11 Ottobre 2023Permalink

7 ottobre 1943 / 7 ottobre 2023 _ Un ricordo nella pagina de l’Unione informa

Da Pagine Ebraiche 24  ‘Unione Informa e Bokertov sono pubblicazioni edite dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

L’Unione informa 6 ottobre 2023 – 21 Tishrì 5784

L’ANNIVERSARIO

7 ottobre 1943, la Rsi si scatena contro l’Arma

L’ordine di disarmo fu firmato dal criminale fascista Rodolfo Graziani, ministro delle Difesa e delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana. Poche ore dopo, il 7 ottobre del ’43, paracadutisti tedeschi e SS entrarono in azione nelle caserme romane, cercando di arrestare il maggior numero possibile di carabinieri. Il timore dei nazisti era che, fedeli al loro codice di onore, molti di loro avrebbero costituito un inciampo rispetto ad alcuni progetti di prossima attuazione in città, tra cui il rastrellamento degli ebrei poi avviato casa per casa all’alba del 16 ottobre. Nei giorni successivi al fermo, oltre duemila carabinieri saranno deportati nei campi di concentramento e 600 di loro, entrati a far parte dei cosiddetti IMI (gli Internati Militari Italiani), perderanno la vita tra gli stenti. Ad Affile (RM), invece, nella “sua” valle dell’Aniene, un mausoleo celebra dal 2012 la figura del “maresciallo d’Italia”.

“L’arresto dei carabinieri romani fu la più grossa operazione contro una forza armata, che era anche una forza di polizia: aveva pertanto l’obbligo per legge di svolgere la propria attività anche in un regime di occupazione”, sottolinea a Pagine Ebraiche lo storico Antonio Parisella, presidente del Museo Storico della Liberazione di via Tasso e promotore della ricerca che ha portato nel 2008 alla pubblicazione del libro 7 ottobre 1943. La deportazione dei Carabinieri romani nei Lager nazisti a cura di Anna Maria Casavola. Lo studio “ha fatto sì che, almeno l’Arma dei Carabinieri, facesse sua la necessità di ricordare quel che era accaduto”.

Un approfondimento poi allargatosi alla ricostruzione degli arresti e delle deportazioni avvenute nel ’44, in particolare tra quanti scelsero di prendere parte attiva alla Resistenza. Fa notare al riguardo Parisella: “I carabinieri coinvolti nelle operazioni di Resistenza al nazifascismo furono un numero considerevole, andando a costituire forze di polizia partigiane di fondamentale importanza, anche nel proteggere i contadini da ricatti e tentativi di estorsione”. Storie che meritano di essere conosciute, ma di cui non c’è forse sufficiente consapevolezza. “Nei circuiti ‘Unione Informa e Bokertov sono pubblicazioni edite dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.scolastici l’argomento inizia ad essere presente. Non è purtroppo così, a parte l’Arma con le sue iniziative, in quelli istituzionali. Non credo che questi fatti si sappiano, c’è una rilevante ignoranza dei dati”, il pensiero dello storico.

Il mausoleo di Affile per il carnefice Graziani, stigmatizzato più volte anche dall’Ucei, che in passato ne ha chiesto la demolizione, resta intanto in piedi. “Per noi della Valle Aniene”, disse l’assessore regionale del Lazio e oggi ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, partecipando alla sua inaugurazione, “l’affetto per il generale Rodolfo Graziani è stato sempre un punto di riferimento”. Diverso il parere Parisella: “Oggi, per fortuna, è un rudere che nessuno si fila più”

L’ordine di disarmo fu firmato dal criminale fascista Rodolfo Graziani, ministro delle Difesa e delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana. Poche ore dopo, il 7 ottobre del ’43, paracadutisti tedeschi e SS entrarono in azione nelle caserme romane, cercando di arrestare il maggior numero possibile di carabinieri. Il timore dei nazisti era che, fedeli al loro codice di onore, molti di loro avrebbero costituito un inciampo rispetto ad alcuni progetti di prossima attuazione in città, tra cui il rastrellamento degli ebrei poi avviato casa per casa all’alba del 16 ottobre. Nei giorni successivi al fermo, oltre duemila carabinieri saranno deportati nei campi di concentramento e 600 di loro, entrati a far parte dei cosiddetti IMI (gli Internati Militari Italiani), perderanno la vita tra gli stenti. Ad Affile (RM), invece, nella “sua” valle dell’Aniene, un mausoleo celebra dal 2012 la figura del “maresciallo d’Italia”.

“L’arresto dei carabinieri romani fu la più grossa operazione contro una forza armata, che era anche una forza di polizia: aveva pertanto l’obbligo per legge di svolgere la propria attività anche in un regime di occupazione”, sottolinea a Pagine Ebraiche lo storico Antonio Parisella, presidente del Museo Storico della Liberazione di via Tasso e promotore della ricerca che ha portato nel 2008 alla pubblicazione del libro 7 ottobre 1943. La deportazione dei Carabinieri romani nei Lager nazisti a cura di Anna Maria Casavola. Lo studio “ha fatto sì che, almeno l’Arma dei Carabinieri, facesse sua la necessità di ricordare quel che era accaduto”.

Un approfondimento poi allargatosi alla ricostruzione degli arresti e delle deportazioni avvenute nel ’44, in particolare tra quanti scelsero di prendere parte attiva alla Resistenza. Fa notare al riguardo Parisella: “I carabinieri coinvolti nelle operazioni di Resistenza al nazifascismo furono un numero considerevole, andando a costituire forze di polizia partigiane di fondamentale importanza, anche nel proteggere i contadini da ricatti e tentativi di estorsione”. Storie che meritano di essere conosciute, ma di cui non c’è forse sufficiente consapevolezza. “Nei circuiti scolastici l’argomento inizia ad essere presente. Non è purtroppo così, a parte l’Arma con le sue iniziative, in quelli istituzionali. Non credo che questi fatti si sappiano, c’è una rilevante ignoranza dei dati”, il pensiero dello storico.

Il mausoleo di Affile per il carnefice Graziani, stigmatizzato più volte anche dall’Ucei, che in passato ne ha chiesto la demolizione, resta intanto in piedi. “Per noi della Valle Aniene”, disse l’assessore regionale del Lazio e oggi ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, partecipando alla sua inaugurazione, “l’affetto per il generale Rodolfo Graziani è stato sempre un punto di riferimento”. Diverso il parere Parisella: “Oggi, per fortuna, è un rudere che nessuno si fila più”

7 Ottobre 2023Permalink

8 settembre 2023 Sono passati ottant’anni 2. Qualche notizia pro memoria

La Repubblica 8 settembre 2023
8 settembre 1943, l’Italia firma l’armistizio. Ecco cosa accadde ottant’anni fa
a cura della redazione Cultura

Fu l’inizio della feroce occupazione tedesca del nostro Paese, ma anche della Resistenza che portò alla rinascita dell’Italia democratica

Che cosa è successo l’8 settembre 1943?

L’8 settembre 1943 segna la data in cui venne reso pubblica, tramite un proclama del maresciallo Pietro Badoglio, diventato primo ministro il 25 luglio in seguito alla deposizione di Mussolini, la firma dell’armistizio di Cassibile. L’armistizio, così chiamato perché era stato firmato il 3 settembre nella località siciliana, prevedeva che l’Italia si arrendesse incondizionatamente alle Nazioni Unite e abbandonasse l’alleanza con la Germania di Hitler. La firma dell’armistizio il 3 settembre prevedeva che rimanesse segreto per cinque giorni: il pomeriggio dell’8 settembre 1943 alle ore 17:30, corrispondenti alle 18:30 italiane, il generale Dwight Eisenhower ne diede notizia, in lingua inglese, su Radio Algeri.

Il proclama di Badoglio fu trasmesso alle 19:42 dai microfoni dell’Eiar. Il giorno stesso della firma dell’armistizio gli angloamericani sbarcarono a Salerno, iniziando a risalire verso Nord. Dal 28 agosto Mussolini si trovava a Campo Imperatore, ai piedi del Gran Sasso, controllato da 250 carabinieri e guardie di pubblica sicurezza. Nelle prime ore del 12 settembre un gruppo di paracadutisti tedeschi, con un’operazione denominata Quercia, lo libera e lo trasporta per via aerea prima a Pratica di mare, poi a Vienna e infine a Monaco di Baviera.

Quali furono le conseguenze della proclamazione dell’armistizio? 

Nella notte tra l’8 e il 9 settembre il re Vittorio Emanuele III fugge da Roma insieme alla regina Elena, al principe ereditario Umberto, al maresciallo Badoglio e lo Stato maggiore al completo. A Pescara si imbarcano sulla corvetta “Baionetta” e 48 ore dopo arrivano nel porto di Brindisi. Lasciato senza comandi sia in Italia che all’estero, l’esercito italiano è allo sbando: si tratta di oltre un milione di uomini dislocati in Italia e di 900.000 dislocati nei Paesi occupati. Un esercito male equipaggiato, con armamento inadeguato alle esigenze del momento, che resta senza direttive.

La Germania, ormai ex alleato, dà il via all’Operazione Achse, che prevede che i reparti della Wehrmacht e le SS prendano il controllo del territorio dell’Italia settentrionale e centrale fino a Roma. Le truppe tedesche prendono subito possesso di aeroporti, stazioni ferroviarie e caserme, cogliendo di sorpresa le forze armate italiane. Era previsto che chi accettava di continuare a combattere al fianco dei tedeschi potesse conservare le armi; chi rifiutava era da considerarsi prigioniero di guerra da internare in Germania, chi si fosse opposto sarebbe stato passato per le armi.

A Roma, presso l’ambasciata tedesca, il 28 settembre viene istituito in assenza di Mussolini stesso, che ancora si trovava in Germania, lo “Stato Fascista Repubblicano d’Italia” che verrà denominato più tardi Repubblica Sociale Italiana a partire dal 1 dicembre, detta poi Repubblica di Salò dal nome della località sul lago di Garda che era sede del Ministero della cultura popolare e delle agenzie di stampa. Pur rivendicando l’intero Regno d’Italia, la Repubblica di Salò coincideva con il territorio ancora nelle mani delle truppe nazifasciste, e andò riducendosi progressivamente man mano che gli Alleati avanzavano verso nord.

Come nacque la Resistenza?


Le forze politiche antifasciste (comunisti, socialisti, democristiani, azionisti, liberali) danno vita il 9 settembre 1943 al Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), che nei 20 mesi successivi sarà guida politica e militare della lotta di Liberazione. I tedeschi nei giorni immediatamente successivi all’armistizio hanno disarmato e catturato in Italia e all’estero circa 800.000 soldati italiani: la gran parte degli uomini, deportati nei lager, sarà protagonista della “Resistenza disarmata” dei cosiddetti internati militari italiani (IMI).

La Resistenza, guidata da antifascisti che hanno combattuto il regime fascista nel corso di tutto il Ventennio, è composta da forze con diverso orientamento e vi partecipano civili di ogni età e militari che hanno rifiutato l’arruolamento a Salò e che, sfuggiti alla cattura e alla deportazione, decidono di partecipare alla ricostruzione dell’Italia democratica. In clandestinità, il CLN riesce a organizzare comitati militari che assumono la responsabilità dell’organizzazione delle forze che vanno raccogliendosi in città e in montagna, e si radicano nel territorio.

Le formazioni partigiane si organizzano in brigate (le “Garibaldi”, le “Giustizia e Libertà”, le “Matteotti”, le “Mazzini”, le “Autonome”, etc.) mentre nelle città prendono vita le SAP (Squadre di Azione Patriottica) e i GAP (Gruppi di Azione Patriottica), dediti a operazioni di reclutamento e propaganda, sabotaggio, guerriglia urbani

 

8 settembre 1943, l’Italia firma l’armistizio. Ecco cosa accadde ottant’anni fa – la Repubblica

8 Settembre 2023Permalink

8 settembre 2023 – Sono passati 80 anni. Mi serve far memoria di qualche data

25 luglio 1943  arresto Mussolini  governo Badoglio

31 luglio  Roma città aperta

3 settembre  Armistizio di Cassibile
A causa dell’avanzata degli Alleati dal sud Italia, il governo italiano  il 3 settembre 1943, aveva firmato a Cassibile la prima versione di un armistizio con gli inglesi e gli americani, abbandonando di fatto l’alleanza con i tedeschi. L’accordo era stato firmato dal generale Giuseppe Castellano.

8 settembre annuncio armistizio

Fuga Re 9  settembre 1943
La fuga da Roma del re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoiae del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio  consistette nel precipitoso abbandono della capitale – all’alba del 9 settembre 1943– alla volta di Brindisi, da parte del sovrano, del capo del Governo e di alcuni esponenti della Real Casa (fra cui la regina/moglie e l’erede Umberto), del governo presieduto da Pietro Badoglio  e dei vertici militari. Nessuna disposizione fu assicurata alle truppe e agli apparati dello Stato utile per  fronteggiare le conseguenze dell’Armistizio.
Questo avvenimento segnò una svolta nella storia italiana durante la seconda guerra mondiale.

16 ottobre 1943 Rastrellamento del ghetto di Roma

Regno del Sud  L’espressione si riferisce alla situazione creatasi nei territori controllati dal Regno d’Italia dopo l’annuncio dell’armistizio di Cassibile

24  marzo 1944 Fosse ardeatine

4 giugno1944 Liberazione di Roma
Il 4 giugno 1944 Roma venne liberata e Vittorio Emanuele III nominò l’indomani il figlio Umberto quale Luogotenente del regno, ritirandosi a vita privata. Umberto si insediò al Quirinale e, su proposta del CLN, affidò l’incarico di formare il nuovo governo a Ivanoe Bonomi, anziano leader politico già Presidente del Consiglio prima dell’avvento del fascismo. Il nuovo governo si insediò così in luglio nella Capitale

Repubblica di Salò . settembre 1943- aprile 1945

La Repubblica Sociale Italiana (RSI), anche conosciuta come Repubblica di Salò, fu un regime collaborazionista della Germania nazista, ( settembre 1943 -aprile 1945), voluto da Adolf Hitler e guidato da Benito Mussolini, al fine di governare parte dei territori italiani controllati militarmente dai tedeschi dopo l’armistizio di Cassibile

8 Settembre 2023Permalink

22 agosto 2023 – Una mia scelta dall’ultima pagina di “Cerco solo di capire”, il blog di Giancarla Codrignani.

22 agosto 2023
“Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!”, punto esclamativo incluso casomai non si fosse capita l’assertività. Poi, attacchi al femminismo, all’ambientalismo, ai clandestini, solo delinquenti e stupratori, par di capire. Il tutto condito da un linguaggio triviale e sessista. Libro numero 3 in classifica dei saggi su Amazon, uscito pochi giorni fa e autoprodotto, a colpire il ruolo dell’autore: Roberto Vannacci, 55 anni, generale di lungo corso, già a capo dei paracadutisti della Folgore e oggi alla guida dell’Istituto geografico militare (esautorato dal Ministro Crosetto. Non basta.

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“Sono un obiettore di coscienza al servizio militare, e aderisco alla campagna di “Obiezione alla guerra” del Movimento Nonviolento. Sostengo tutti gli obiettori e credo che se fossero accolti, ascoltati e sostenuti, come i tanti nonviolenti che agiscono da sempre in tutte le parti del mondo, se fosse sostenuto il progetto di Difesa civile non armata e nonviolenta della Patria, riusciremmo davvero a fare passi concreti per “ripudiare la guerra”, ed onorare la nostra Costituzione. Pensiamoci. Di più. Quando stringiamo accordi coi dittatori, quando gli vendiamo armi, quando aumentiamo le spese militari. Quando non cerchiamo giustizia, libertà, democrazia, diritti, uguaglianza. Per tutti. MAURO BIANI, il vignttista di Repubblica

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Michela Murgia è stata una grande intellettuale a cui va riconosciuto un magistero morale popolare. Anche una profezia cattolica: l’omaggio del card. Zuppi (“credeva ai legami d’anima, perché siamo generati non dal sangue, ma dallo Spirito”) e il funerale religioso debbono essere passati come la tradizionale “occupazione” degli interessi ecclesiastici. Michela era citata e ha scritto per l’Osservatore Romano. La spaccatura interna al mondo cattolico risulta evidente, se il testamento resta un fatto laico senza considerazione sulla contraddizioni – laiche e religiose – sui vincoli dell’amore.

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Comunicare: di destra, di sinistra. Dice Salvini: ”Non guardo mai la tv: perché dovrei pagare il canone?” di pancia. La sinistra racconta tutte le sfumature del “lavoro povero” (chiamato così da tutti), come se non ci fosse il lavoro “nero” o il “no” al reddito di cittadinanza senza ragionare sul valore della spesa di 30 mld senza effetti quando andiamo a fare la spesa. Il “metodo destra” – come fu all’origine del fascismo – è intuitivo. Anzi, ti vieta di ragionare.

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Alternative für Deutschland: se pensassero che è nazismo, forse non lo direbbero. Ma sono proprio nazisti e oggi negano posto a scuola agli handicappati: stiano in aule speciali e non tolgano opportunità ai “sani”. Anche Lgbtq+ possono essere troppo diversi, intoccabili.

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Il Ponte sullo Stretto: le tre linee che collegano la Basilicata da Potenza a Foggia, Napoli e Taranto sono sospese per lavori di aggiustamento. Tra Vaglio e Trevigno, sempre Basilicata frana e crollo di un ponte: isolate? Gente, avete votato Salvini.

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Pagare i Parlamentari. Uno polemica mortificante con Fassino che difendeva gli emolumenti più o meno reali (per legge sono diversi quelli dei senatori e quelli dei deputati), stroncabile dalla richiesta che ci viene dall’Europa di regolare le prestazioni (“talora” gratuite dei vari professionisti “onorari”, giudici o ambasciatori). Inutile ricordare che sia i greci che i romani, che i moderni nel formarsi degli Stati democratici hanno retribuito le cariche pubbliche per non lasciarle nelle mani dei nobili e dei ricchi. Oggi gli eletti del popolo sono dei professionisti e vanno retribuiti. Io con il mio stipendio di insegnante, senza figli e senza altri incarichi, non ce l’avrei fatta per le spese che di cui ho dovuto farmi carico; ma questo non significa che non si debba tornare alla costituente quando Teresa Mattei pensava allo stipendio del metalmeccanico. Infatti proprio l’eletto dal popolo fa un lavoro di massima responsabilità (è, tra l’altro, “a disposizione” e non ha quasi più vita personale normale (cose queste di scarsa importanza e comuni ad altri “mestieri”.ma fare il legislatore è come fare il giudice costituzionale (come “paga” l’ultimo livello dovrebbe essere superiore a quello di senatore o deputato), non può essere un mestiere o una professione. Infatti è questione di lessico: si è perduta la terminologia originaria: non ci sono mai stati “stipendi”; ma indennità; né “pensioni”, ma vitalizi. Poi ognuno è libero di fare (secondo me) antipolitica e decidere che andava bene quando i diritti li stabiliva il regime e la camera dei fasci e delle corporazioni.
La produttività del Parlamento va certamente controllata. Dall’informazione (che ha “diritto” di averla e “dovere di praticarla criticamente). Ma soprattutto dall’elettore.

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La settimana prima di Ferragosto due fatti internazionali che riguardano il mondo: In Ecuador l’uccisione del giornalista anticorruzione Fernando Villas – che non avrebbe vinto, ma faceva paura – mostra che il potere delle cosche della droga – che in pochi anni hanno unito l’Ecuador (negli ultimi 3 anni la droga requisita è passata da 79 a 200 tonnellate, mentre nella sola Guayaquil si sono commessi 1.537 omicidi) a Colombia e Perù (che producono il 60 e il 26% della coca del mondo) – sono uno dei poteri forti. Poi il golpe in Niger: nessuno sapeva l’importanza di questo paese la cui democrazia godeva del sostegno delle potenze occidentali poco attente negli anni a promuovere democrazia anche negli altri paesi dell’Africa nera. Errori da non scontare, perché i partiti islamici radicali vincono perché il Niger odia la Francia, ma nessuno ama l’Occidente, anche se ormai ne condivide le ambizioni di consumo. In Niger l’Europa poteva intervenire insieme con la Francia ricorrendo all’ art. 1 e 2 del Trattato del Quirinale per la cooperazione bilaterale rafforzata: tempestività.

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I Palestinesi. Il Vaticano ha ricevuto il ministro degli Esteri dello Stato Palestinese Riad Malki. Nell’incontro è stato sottolineata la crescita della conflittualità religiosa, oltre che militare, che porta a radicalizzare le posizioni: conseguenze dei movimenti nazionalisti religiosi e della politica israeliana in territorio palestinese. Anche se positive le proteste del popolo israeliano contro la riforma della giustizia e se il rappresentante palestinese ha espresso un giudizio positivo sul suo omologo israeliano Eli Cohen, “uomo di pace”, si rammaricava che la questione non è più sull’agenda delle cancellerie occidentali: c’è una normalizzazione in atto, nonostante gli “accordi di Abramo (che il ministro palestinese ritiene positivi). “Noi palestinesi nell’eventualità di nuovi patti per le zone B e C pretenderemo che sia assegnato agli Usa e all’Unione Europea il ruolo di garanti…(analogamente) focalizzarci sull’Iniziativa di PaceAraba, approvata da tutti gli Stati arabi ed islamici” Contestualmente “dobbiamo far crescere una pacificazione anche tra i nostri popoli senza la quale gli accordi trai vertici politici contano poco. I cristiani di Terra Santa con le loro scuole lo fanno, ma è difficile ispirare sentimenti di pace quando ogni giorno sopporti i soprusi… Auspichiamo che la diplomazia della Santa Sede, che sta giocando un ruolo importante e generoso nel conflitto russo-ucraino, possa esercitare efficacemente le sue note ed apprezzate capacità anche in questa situazione. Occorre ricreare quel clima di dialogo che portò 30 anni fa agli accordi di Oslo,…. Sono passati quasi 10 anni dalla bella iniziativa di Papa Francesco di piantare con i due presidenti un ulivo della pace nei giardini vaticani. È ora di innaffiare e fare crescere quell’albero”. Non so come lo leggiate voi: sono parole di chi non ha speranza.

E il cinismo: forse molliamo Zelinsky. Pechino affronta la sua “bolla” alla Lehman Brothers fa paura. Biden sigla i “Principi di Camp David” patto di ferro Usa-Giappone-Corea di prevenzione anticinese, ma validi anche se vincesse Trump. Trump deve vedersela con diversi processi per corruzione e brogli, mentre la Cina ha annunciato di voler rendere noto il presunto piano di Washington sul cyber-attacco contro il “Centro di monitoraggio terremoti” di Wuhan. Ma lo spionaggio non viola il diritto internazionale?

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Vignetta pagata dal contribuente. I produttori di grano, i pastifici e dell’intera catena alimentare legata ai prezzi delle materie prime rese fluide della guerra ucraina, non hanno notizie dal governo. Il ministro Lollobrigida in materia ha versato mezzo milione per una campagna di pubblicità della “pasta” all’insegna di un personale slogan “La pasta, integratore di felicità”.

 

 

22 Agosto 2023Permalink

28 luglio 2023 _ C’è famiglia e famiglia. A i componenti di questa che non c’è più è concesso un nome

Fati, Pato, Marie – Refugees in Libya
La madre si chiamava Fati Dosso (30 anni), la figlia Marie (6 anni). Sono le due persone morte abbracciate nel deserto tra Tunisia e Libia e ritratte nella foto che nei giorni scorsi ha fatto il giro del mondo. Un durissimo atto d’accusa contro il presidente Kais Saied, il responsabile delle deportazioni alla frontiera che è stato ricevuto in Italia tra domenica e lunedì dalla premier Meloni e dal capo dello Stato Mattarella. L’identità delle vittime è stata ricostruita dalla giornalista Antonella Napoli e dal collettivo Refugees in Libya. Nello scatto qui sopra c’è anche Pato, marito e padre. Di lui non si hanno più notizie.
da Il manifesto 27 Luglio 2023
Sono riuscita a riprendere questa notizia dalla Bacheca che l’amico Lino Di Gianni mi ha reso disponibile.
28 Luglio 2023Permalink

17 LUGLIO 2023 – Ieri è scomparso mons. Luigi Bettazzi, ultimo testimone del Concilio Vaticano II

 

Addio a monsignor Bettazzi, vescovo di sinistra. Era l’ultimo testimone del Concilio Vaticano II

Storia di Serena Sartini • 2 h fa

Addio a monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea ed ex presidente di Pax Christi, ultimo testimone del Concilio Vaticano II. È morto ieri mattina all’età di 99 anni. «Ha ricevuto l’Eucaristia, l’Unzione degli Infermi e la Benedizione Papale, con grande lucidità – hanno riferito dalla Diocesi – rispondendo con un filo di voce alle preghiere e manifestando una sorridente riconoscenza alle persone che gli sono state accanto».

Nato nel 1923 a Treviso, monsignor Bettazzi in gioventù si era trasferito a Bologna, città di provenienza della madre, dove era stato ordinato sacerdote nel 1946. Ha partecipato a tre sessioni del Concilio Vaticano II al termine del quale è stato ordinato vescovo di Ivrea, diocesi che ha amministrato fino al 1999. Dal 1968 è stato presidente nazionale di Pax Christi, e nel 1978 ne è diventato presidente internazionale, fino al 1985 vincendo per i suoi meriti il Premio Internazionale dell’Unesco per l’Educazione alla Pace. Ultimo testimone del Concilio Vaticano II, monsignor Bettazzi si è portato dietro l’impronta conciliare per tutta la vita: l’attenzione alle questioni sociali, al mondo del lavoro, alla politica, agli ultimi, sono state al centro del suo ministero, durante il quale (ma anche in pensione) ha assunto spesso posizioni scomode e certamente non in linea con la tradizione ecclesiastica. Diventò celebre per lo scambio di lettere col segretario del Partito Comunista Enrico Berlinguer, per il quale fu aspramente criticato, sulla conciliabilità o no della fede cattolica con l’ideologia marxista, o comunque con l’adesione al Partito comunista. Giudicò inaccettabile la decisione di ridurre il personale dell’Olivetti per aumentare la produttività dell’impresa e mettere in salvo i conti. Famoso anche per le sue battaglie per l’obiezione fiscale alle spese militari, nel 1992 partecipò alla marcia pacifista a Sarajevo, insieme a don Tonino Bello, nel mezzo della guerra civile in Bosnia. Altra presa di posizione fortemente criticata fu quella assunta nel 2007, quando si dichiarò a favore del riconoscimento delle unioni civili.

Il cordoglio per la sua scomparsa è arrivato dall’ex premier Romano Prodi – che lo ha definito «voce profetica che ha accompagnato la vita religiosa e civile» – e dall’attuale segretario del Pd, Elly Schlein. Per il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, mons. Bettazzi è stato «promotore di pace e di dialogo con tutti». «Il sorriso, la gentilezza, la fermezza, l’ironia, la capacità di leggere la storia e di portare il messaggio di pace sono stati i suoi tratti essenziali», conclude il presidente dei vescovi italiani. Martedì i funerali nel Duomo di Ivrea.

 

https://www.msn.com/it-it/notizie/italia/addio-a-monsignor-bettazzi-vescovo-di-sinistra-era-l-ultimo-testimone-del-concilio-vaticano-ii/ar-AA1dXq6x?ocid=msedgdhp&pc=U531&cvid=cedc1b1e843d481784a191a50581de8a&ei=11

 

 

17 Luglio 2023Permalink