28 ottobre 2020 Fratelli tutti – Commenti de La barba di Aronne e di Noi siamo chiesa

Il profumo della fratellanza. L’incontro interreligioso in Campidoglio

Chiesa di tutti Chiesa dei poveri 23/10/2020, 14:43

Newsletter n. 207 del 10 ottobre 2020

Dalla barba di Aronne

Care Amiche e Amici,

non era mai successo che la Repubblica Italiana – insieme al papato della Chiesa cattolica, al patriarcato di Costantinopoli, al Rabbino capo di Francia, al rappresentante del Grande Imam del Cairo, a un buddista giapponese, a una indù e a molti altri leader religiosi del mondo intero – firmasse un appello a tutte le altre Repubbliche e Regni per chiedere ai governi e a tutti gli uomini e le donne di passare a condotte di fraternità e di pace e costruire una sola umanità,  nella persuasione, che è anche una confessione di fede, che “nessuno si salva da solo”.

È accaduto martedì sera, e non in un’enclave religiosa come Assisi, ma a Roma, nella piazza del Campidoglio, che un tempo fu l’ombelico del mondo e dove dopo l’ultima guerra mondiale nacque l’unità dell’Europa, così come ora si vorrebbe che da lì nascesse l’unità del mondo.

Si dirà che questo evento, promosso dalla comunità di s. Egidio, ma con l’evidente regia e governo di papa Francesco, è stato un evento di vertice, senza partecipazione di popolo, che infatti non c’era a causa della pandemia; e tuttavia  il vero ospite dell’incontro è stato il popolo di Roma con il suo Comune, il suo retaggio e la sua Sindaca. Ed è verissimo che si è trattato di un’iniziativa dei leader, come se il mondo improvvisamente avesse trovato un bandolo, una guida; ma il movente non è stato il potere,  è stato che  “i fratelli vivano insieme”, ciò che, come dice il salmo delle Ascensioni, è ragione di soavità e di gioia e  “come olio profumato”  dal capo scende sulla barba, la barba di Aronne, e da lassù si spande in tutto il mondo, in modo che si faccia l’unità, perché non uno, non gli uni invece degli altri, non gli uni contro gli altri, ma tutti insieme siano salvi.

E non a caso negli straordinari discorsi dei leader, davvero ciascuno eco di culture diverse, sono stati convocati, per compiere l’impresa, il passato e il futuro. Papa Francesco ha evocato una sola parola di Gesù: «Basta!», la parola detta ai discepoli che volevano approvvigionarsi di spade. Il patriarca Bartolomeo ha chiamato in causa Anassìmene, il filosofo di Mileto del VI secolo a.C. che aveva individuato i quattro elementi su cui tutto si tiene, l’aria, l’acqua, il fuoco, la terra, per dire che se a tenerli insieme non è la casa comune, di cui dobbiamo aver cura, tutto si disintegra  ed esce dalla vita creata da Dio; e questa casa è come una casa di specchi, dove il volto di ciascuno riflette l’immagine di Dio e si riflette nel volto degli altri. Il Rabbino di Parigi ha ricordato un midrash in cui si racconta la nascita del tempio, e insieme lo si demitizza: c’erano due fratelli che avevano un campo di cui condividevano il raccolto, e ognuno voleva dare di più all’altro, sicché spesso si alzava di notte per andare ad aggiungere del proprio grano  altro grano al raccolto dell’altro, sicché i due cumuli risultavano sempre uguali; finché una notte essi si incontrarono, scoprirono il reciproco dono e si abbracciarono piangendo; e sulla terra bagnata da quelle lagrime Dio volle che fosse costruito il suo tempio; perciò  il tempio che ora si deve ricostruire è questa fraternità. Il presidente Mattarella ha messo in campo la Repubblica Italiana che «riconosce e onora» gli sforzi delle religioni per contribuire a un avvenire di sviluppo e di eguaglianza per le persone e i popoli, offrendo in tal modo una “testimonianza che è profezia”. E su tutti vegliava, con la mano stesa, Marco Aurelio, l’imperatore filosofo che aveva dato del povero la definizione più rigorosa: «colui che ha bisogno dell’aiuto altrui e non ricava da se stesso tutto ciò che è utile alla vita», il che equivale a dire che tutti siamo poveri, «nessuno si salva da solo».

E poi è successa una cosa straordinaria: il rappresentate del Grande Imam di Al Azhar, Ahmad Al Tayyeb, ha raccontato la scena, a cui ha assistito, di papa Francesco e l’Imam Al Tayyeb che si spartivano un pezzo di pane alla tavola del papa a Santa Marta. Certamente quello spezzar del pane non era stato preceduto in quel caso da alcuna formula di consacrazione; però se si pensa che il divieto della “communicatio in sacris” è il macigno che ancora rimane a impedire l’incontro ecumenico tra le diverse Chiese cristiane, si può misurare la portata profetica di questo comunicare nel pane tra il papa cristiano e l’imam islamico; qui, come nel pensiero comune che, per dichiarazione esplicita del papa ha contribuito ad ispirargli l’enciclica Fratelli tutti, siamo oltre il dialogo tra Islam e cristianesimo, siamo a una comunione in cammino.

Nel sito pubblichiamo una lettura di “Noi siamo Chiesa” dell’enciclica Fratelli tutti“Un appassionato appello all’unità umana”.

L’articolo che trascrivo viene dal sito di Adista       https://www.adista.it/articolo/64364

Per raggiungere l’articolo di Noi siamo chiesa, segnalato al termine del testo de La Barba di Aronne, trascrivo anche il link.  Merita veramente una lettura

https://www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/un-appassionato-invito-allunita-umana

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28 Ottobre 2020Permalink

27 ottobre 2020 – Cominciò nel 2001

«Costruiamo una sola umanità!»: il 27 ottobre, XIX Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico 

redazione 25/10/2020, 08:09

La Giornata  ecumenica del dialogo cristiano-islamico nasce dall’iniziativa di un gruppo di intellettuali, religiosi e professori universitari che nel 2001, all’indomani della tragedia delle Torri gemelle, decise di lanciare un appello al dialogo con l’islam. «Noi, cristiane e cristiani di diverse confessioni e laici, impegnati da anni nel faticoso cammino del dialogo coi musulmani italiani o in un lavoro culturale sull’islam – recitava il primo appello – crediamo che l’orrendo attentato di New York e Washington costituisca una sfida non solo contro l’Occidente ma anche contro quell’islam, largamente maggioritario in tutto il mondo, che si fonda sui valori della pace, della giustizia e della convivenza civile».

I promotori intendevano scongiurare «un allarme preoccupante», ossia che quanto accaduto potesse «mettere in discussione o rallentare il dialogo con i fratelli musulmani, compagni di strada sul cammino della costruzione di una società pluralista, accogliente, rispettosa dei diritti umani e dei valori democratici».

La Giornata giunge nel 2020 diciassettesima edizione e che, da alcuni anni, ricorre il 27 ottobre “nello spirito di Assisi”: il primo e grande incontro mondiale delle Religioni per la pace, voluto da papa Giovani Paolo II nel 1986 nella città umbra.

L’appello dei promotori per questa edizione rileva il fatto che: «dopo 19 anni siamo ancora a parlare di dialogo cristiano-islamico come fosse la prima volta. Ma molto è cambiato. Il nostro è stato un cammino importante e positivo. Il pensiero va ai tanti amici e amiche del dialogo che hanno costruito centinaia di iniziative dal nord al sud del paese, a chi non c’è più e a chi ha percorso con noi un pezzo di strada. E come il primo giorno sentiamo forte il bisogno di riscoprire l’umanità che tutti ci unisce. E come il primo giorno sentiamo forte il bisogno di impegnarci contro le guerre, la produzione delle armi e contro l’ingiustizia sociale che nega il lavoro, le cure mediche, distrugge l’ambiente e ogni spiritualità basata sul riconoscersi fratelli e sorelle con un’unica Madre Terra da amare e difendere».

La pandemia del covid-19 è stato «un segnale forte per tutta l’umanità – scrivono gli organizzatori -.  Ci ha detto con chiarezza che non siamo onnipotenti e che abbiamo bisogno gli uni degli altri per costruire una vita degna di essere vissuta. Occorre superare ogni discriminazione e affermare sempre che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”(art. 3 Costituzione). Occorre fermare la guerra e la produzione di armamenti».

questa pagina è possibile leggere l’appello integrale..

https://www.ildialogo.org/cEv.php?=http://www.ildialogo.org/cristianoislamico/2020_1595665407.htm

27 Ottobre 2020Permalink

24 ottobre 2020  – Incontro per la pace. Il grande imam di Al-Azhar

Nota di augusta: in un momento
di tante e confuse informazioni diverse
 per fortuna c’è Adista

Incontro per la pace/Imam Al-Tayeb: «La globalizzazione della fratellanza umana»

Redazione 21/10/2020, 23:11

ROMA-ADISTA. Il grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, non era presente all’incontro di preghiera per la pace «Nessuno si salva da solo. Pace e fraternità» promosso dalla Comunità di sant’Egidio ieri pomeriggio al Campidoglio. Ha però inviato un messaggio, che è stato letto da Mohamed Abdel Salam Abdellatif, segretario generale dell’Alto Comitato per la Fratellanza umana.

«Il mondo sta vivendo da quasi un anno un incubo terrificante a causa dell’epidemia di Coronavirus. Neanche uno stato è sfuggito alle sue ripercussioni, nessun popolo è sfuggito, nessuna economia si è salvata dai suoi effetti devastanti, e quanto sono più pesanti le ferite del cuore. Ciò che aggrava la dolorosa realtà è la vista di questi milioni di rifugiati, sfollati, senzatetto e vittime di zone di conflitto. Questa epidemia ha peggiorato le loro terribili condizioni in assenza della necessaria assistenza sanitaria. Allo stesso modo, interi popoli non sono stati in grado di affrontare l’epidemia.

Nonostante tutti questi rischi posti dal Coronavirus, c’è un’altra antica epidemia che si rinnova, che pensavamo sarebbe scomparsa di fronte a un pericolo che minacciava l’intera umanità, l’epidemia della discriminazione e del razzismo, una malattia che colpisce ed erode la coscienza umana. Ma, anziché osservarne la scomparsa, siamo stati scioccati nel vedere nuove forme di discriminazione a causa del Coronavirus, al punto che abbiamo sentito appelli ad abbandonare alcuni gruppi di persone al loro destino per offrire le cure prioritariamente ad altre persone, abbiamo sentito voci che chiedono di testare il vaccino su un certo gruppo di persone, sono voci che attestano solo la disumanità da parte di chi le pronuncia.

Oggi, ci aspettiamo con il mondo intero che gli sforzi scientifici siano coronati dal successo nella ricerca di un farmaco che ci salvi da questo incubo che sta per completare un anno dalla sua apparizione, mentre continua a uccidere l’umanità.

Vorrei riaffermare che la cura per l’odio umano e il razzismo è quell’antidoto che sgorga dal cuore delle amare esperienze che abbiamo vissuto e che prova colui che è dotato di una coscienza viva. Questo antidoto è la fratellanza umana, in cui vedo una solida immunità capace di affrontare le epidemie intellettuali e morali.

Il concetto di fratellanza umana non significa che ci accontentiamo di accettare l’altro, ma piuttosto che ci battiamo per il suo bene e la sua sicurezza, ci rifiutiamo di discriminarlo a causa di qualsivoglia differenza, e che non risparmiamo sforzi nel diffondere questi alti principi tra la gente.

Illustri partecipanti,

Il nuovo ordine mondiale ha promosso il concetto di globalizzazione e ci ha promesso che avrebbe portato per il mondo intero i valori della libertà, della giustizia e dell’uguaglianza, che rappresentano valori umani veramente meravigliosi. Tuttavia, abbiamo presto scoperto, purtroppo, che questi nobili valori hanno portato all’umanità sfruttamento disumano con l’esclusione del diverso, l’imposizione di un unico modello culturale, l’eliminazione delle identità, la rivendicazione del diritto alla tutela dei popoli, la pretesa dell’esistenza di un modello culturale unico adatto all’umanità, mentre modelli diversi sarebbero diventati una reliquia della storia. La globalizzazione è così caduta nell’equivoco e nella contraddizione tra i proclami e la realtà della gente, portando delle ricadute ancora più malvagie delle epoche più buie. Abbiamo visto cadere questi valori quando il mondo ha preferito ignorare popoli interi costretti all’esodo e vittima di uccisioni e della morte per fame come è il caso per i Rohingya che sono stati abbandonati alla loro sorte in mare aperto.

L’avvento del Coronavirus ha annunciato al mondo la morte della globalizzazione che aveva diviso il mondo, separato gli esseri umani, allontanato la morale e i valori, emarginato la religione. Oggi è giunto per noi il momento di adottare una nuova globalizzazione, basata sulla fratellanza umana, che promuova l’uguaglianza di tutti gli esseri umani quanto a diritti e doveri, che radichi la convivenza sociale e si impegni al rispetto delle specificità e delle identità religiose e culturali, che fermi la corsa agli armamenti e reindirizzi le centinaia e migliaia di miliardi spesi per le armi verso l’istruzione, l’assistenza sanitaria e la ricerca scientifica. Allora, e soltanto allora, potremo far fronte ai disastri e alle epidemie e saremo più forti di fronte alle varie crisi.

Dinanzi a questa crisi asfissiante abbiamo, come dotti e religiosi appartenenti alle diverse religioni, il ruolo importante di far ritornare i popoli alla religione e al suo messaggio autentico che innalza i valori umani, che sono stati emarginati e abusati, ed accusati spesso di essere la causa del terrorismo e dell’estremismo, e dopo che l’ateismo e le filosofie mondane e materiali sono riuscite ad oscurare ciò che implicano i messaggi celesti, ossia il bene, l’amore, la pace.

Lasciatemi commentare qui l’orrendo omicidio a Parigi.

Nella mia veste di sheykh di al-Azhar dichiaro davanti a Dio onnipotente che io dissocio me stesso e i precetti della religione islamica e gli insegnamenti del profeta Maometto – su di lui la pace e la benedizione di Dio – da questo peccaminoso atto criminale e da tutti coloro che perseguono questa ideologia perversa e falsa. Allo stesso tempo confermo che insultare le religioni e abusare dei simboli sacri sotto lo slogan della libertà di espressione, rappresenta una forma di ambiguità intellettuale e un esplicito appello all’immoralità. Questo terrorista e la sua gente non rappresentano la religione di Maometto – su di lui la pace e la benedizione di Dio – proprio come il terrorista neozelandese che ha ucciso i musulmani nella moschea non rappresenta la religione di Gesù, la pace sia su di lui.

Permettetemi di esprimere nuovamente la mia stima a Papa Francesco, Papa della Chiesa Cattolica, per la sua importante enciclica Fratelli Tutti, che ha offerto una diagnosi molto precisa circa la realtà del mondo e le sue malattie, e lo ha fatto da punti di vista differenti e sotto diversi aspetti, con questo coraggioso concetto umano, che aiuta gli amanti del bene e della pace a formarsi una nozione completa sulle sofferenze della “fratellanza umana” e le aspettative di raggiungerla.

Egregio pubblico!

Curiamo insieme le ferite dell’umanità, e riscopriamo i valori della misericordia, la giustizia e la tolleranza… Facciamo ritornare alla gente il sorriso strappato dalle guerre e i conflitti… Forse questi sogni sono ambiziosi ma la loro concretizzazione non è difficile per Dio Altissimo, se crediamo in Lui e nella fratellanza umana, alla quale siamo stati chiamati, e alla necessità di seminarla nelle anime delle nostre società e le generazioni future».

https://www.adista.it/articolo/64357?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=email_this&utm_source=email

 

24 Ottobre 2020Permalink

29 marzo 2020 – Quando essere controcorrente fa bene

  • Do molta importanza al mio blog e sono felice di segnalare la sua prima new entry.  Fra un po’ non la segnalerò più: farà parte della normalità.

Meditazioni su una sfilata di moda…

Mi ha sempre affascinato come l’arte, la musica, l’architettura siano espressione e anzi precedano le nuove sensibilità e i cambiamenti di modi di pensare e agire. Ieri un articolo mi ha fatto aggiungere anche l’alta moda a questi rilevatori di nuove influenze. Non seguo mai l’alta moda che ho sempre considerato una follia assurda con i suoi modelli immettibili e le sue stravaganze ma l’articolo di Maria Corbi su Live del Messaggero Veneto mi ha fatto pensare.
La giornalista ha seguito le sfilate di Parigi di Chanel, Balenciaga e tutti presentavano modelle con i corpi completamente coperti. E il set diventa un monastero, dice.
Questo le offre l’occasione di una interessante serie di considerazioni collegando il concetto di pudore all’evoluzione della società.
Afferma che ’estetica e l’etica condivisa, sono temi che influenzano e dirigono l’ispirazione. […] Dalla rivoluzione dei costumi consacrata dal 1968 ed esplosa poi nei decenni successivi, la lotta al pudore ha proceduto di pari passo con quella al conformismo ( la minigonna di Mary Quant…) […]
Da quel momento le donne hanno infranto regole e tabù, scoprendo le forme femminili come provocazione, ma anche come affermazione di sé. Ma la Corbi continua: la nuova estetica femminile, fatta di seduzione e corpi esposti da scelta è diventata oppressione , un nuovo freno al raggiungimento non solo dell’eguaglianza, ma anche dell’inclusione. E più avanti prosegue: E’ ormai chiarissimo che il pensionamento del senso del pudore è stato uno dei tanti modi che l’altro sesso ha usato per sottomettere le donne.
Poi la giornalista allarga il concetto di caduta del pudore al sociale. Nel nuovo millennio  l’arrivo delle società social ha accelerato tutto, …., dando un nuovo significato alla spudoratezza, a una esposizione non solo dei corpi, ma anche delle vite delle persone messe a nudo su Facebook, Instagram, &C. E soprattutto la nuova formula televisiva, i reality, che … annientano la privacy, ma anche l’educazione e la decenza. [… ]  Poi il reality trash si è trasferito anche nelle istituzioni , nel linguaggio e nel comportamento dei politici. Perché il pudore è considerato un freno al raggiungimento del successo sempre più connesso al concetto di popolarità e non di merito e valore. Una società costruita sui like  [… ] dimentica il vero significato del pudore, ossia la difesa della nostra intimità e quindi libertà.
Ma anche se sarebbe interessante approfondire sia la spudoratezza come oppressione, sia il legame tra l’esposizione dei corpi e quella delle anime, io voglio ritornare al senso delle sfilate di mannequin vestite con tuniche monastiche.
Sta finendo il periodo in cui il raggiungimento del piacere costituisce il fine del nostro agire? E’ finito il periodo in cui è obbligatorio piacere per sentirsi realizzati?
Inizia un periodo di gravi difficoltà che non consente sprechi di nessun tipo di risorse? Notare che le sfilate a cui si riferisce la Corbi erano prima del diffondersi della pandemia in Europa
Stiamo andando verso un nuovo Medioevo?
Dove non voglio dare a esso alcuna connotazione negativa, pensiamo alle grandi cattedrali costruite in quel periodo, alle grandi realizzazioni in letteratura e nell’arte. Medioevo come ritorno ad un senso profondo di spiritualità, ad una riscoperta dei valori fondanti, ad una riscoperta di Dio. Ieri sera guardando la benedizione Urbi et Orbi di Papa Francesco mi sembrava di assistere ad una Sacra Rappresentazione medioevale sul sagrato della chiesa. Profonde le parole di Francesco con lunghi momenti di silenzio assoluto: pulizia mentale. Bellissima e coinvolgente la coreografia in cui ha partecipato anche il cielo con le luci soffuse del tramonto e quelle gocce di pioggia o di pianto che scendevano sul volto del Cristo crocifisso Il tutto estremamente commovente e coinvolgente.
Quante persone l’hanno seguita? Era pensabile solo un mese fa?
GIULY

  • Commento autoritario e non autorevole (suppongo) della amministratrice.
    Nemmeno la new entry è tenuta a condividerlo.
    Per ora mi faccio carico io di raccogliere le new entry e gestirle.
    E’ un sistema un po’ dittatoriale ma dopo la paziente (da parte mia) esperienza fallita di facebook – dove non intervengo più sfinita dai like, dalle battute che si rincorrono per un po’ poi sparisce tutto e si ricomincia – faccio a modo mio. Tanto leggere questo vecchio blog non è obbligatorio e se qualcuno vuol discutere mi scriva (i miei corrispondenti ricevono segnalazioni dei pezzi che mi sembra utile segnalare e per ciò stesso dispongono del mio indirizzo. Altrettanto potrà fare la new entry se crede) . A mia insindacabile decisione pubblicherà.
    Leggo spaventata che i miracolisti sono già emersi e chiacchierano di apparizioni contemporanee all’intervento del papa. Vadano a Medjugorje quando il signor covid19 consentirà.
    Il rosario della nota località croata è pubblicizzato da tale senatore Matteo Salvini di facile reperibilità per gli interessati del genere.
    Non vado oltre perché non voglio sciupare l’effetto del bel commento di giuly che condivido, ringraziandola..
29 Marzo 2020Permalink

30 gennaio 2020 – L’INDIFFERENZA CUSTODE DEL PREGIUDIZIO CHE GENERA ODIO

Posso trascrivere solo la breve ma significativa presentazione dell’articolo che segue perché al testo completo del dibattito è possibile arrivare solo con l’ascolto, un ascolto lungo (più di un’ora) ma molto importante e sarebbe cosa bella se qualcuno fosse così abile da trascriverl0 (link in calce)
Aiuta anche nella revisione di concetti che ancora ci vengono proposti come certezze e ci impediscono di leggere la storia senza pregiudizi che proteggono chi pur si esercitò nelle radici della violenza senza ammetterlo.

20 gennaio 2020   –  DALL’ANTIGIUDAISMO ALL’ANTISEMITISMO

La Giornata della Memoria celebra ogni anno il ricordo del 27 gennaio 1945, data in cui l’Armata Rossa entrò nel campo di concentramento di Auschwitz (Polonia).
In questo giorno speciale la Scuola della Cattedrale presieduta da Mons. Gianantonio Borgonovo, Arciprete del Duomo di Milano, propone una profonda riflessione su argomenti di fortissima attualità prendendo spunto dalla pubblicazione del volume Bibbia e antisemitismo teologico (Paideia, 2020).
Quando iniziò a elaborare la sua strategia per la conquista del potere, Adolf Hitler sapeva che il suo programma antisemita aveva bisogno di ottenere l’appoggio della teologia e della chiesa. Nel gennaio del 1933 Hitler divenne nuovo cancelliere del Reich.
Pochi mesi più tardi, Gerhard Kittel, stimato professore di Nuovo Testamento all’università di Tübingen ed esperto internazionale di ebraismo, pubblicò Die Judenfrage (La questione ebraica): in quest’opera, fondandosi sulla sua esegesi neotestamentaria, proponeva un regime di apartheid per gli ebrei tedeschi.
Anche Walter Grundmann, figura chiave del movimento Deutsche Christen (Cristiani tedeschi), utilizzò le sue competenze esegetiche per costruire un’immagine de-giudaizzata e ariana di Gesù nella sua opera Wer ist Jesus von Nazareth? (Chi è Gesù di Nazaret?), 1940.
Negli anni trenta e quaranta altri esegeti più moderati presero posizione su ebrei, ebraismo e antisemitismo.
Le loro opere sono esempi di come la chiesa e la teologia si siano occupate di ebrei ed ebraismo nella situazione di uno stato razzista.
L’evento, introdotto e coordinato da Armando Torno, si è tenuto lunedì 27 gennaio 2020 e ha visto la partecipazione di Daniele Garrone, Professore di Antico Testamento presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma, Gadi Luzzatto Voghera, Direttore della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, e di Mons. Gianantonio Borgonovo, Arciprete del Duomo di Milano e Professore di Antico Testamento presso la Facoltà Teologica

https://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.com/2020/01/dallantigiudaismo-allantisemitismo.html

Questo articolo fa seguito all’articolo di Daniele Garrone (biblista e pastore protestante valdese, docente di Antico Testamento alla Facoltà Valdese di Teologia), tratto dal Sole 24 Ore – 26 gennaio 2020 che ho pubblicato qualche ora fa.

30 Gennaio 2020Permalink

30 gennaio 2020 – L’indifferenza, custode dell’odio

“L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. L’indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori”. Sono alcune parole della ‘definizione d’autore che la senatrice a vita Liliana Segre, superstite dell’Olocausto e testimone della Shoah italiana, ha scritto per il vocabolario Zingarelli 2020”.

Giornata della memoria 2020 – Un commento di Daniele Garrone (biblista e pastore protestante valdese, docente di Antico Testamento alla Facoltà Valdese di Teologia), tratto dal Sole 24 Ore – 26 gennaio 2020

Alle radici dell’odio. Il processo che portò il secolare antigiudaismo cristiano a mutare nell’ancora più aberrante antisemitismo, concepito nel mondo tedesco dell’Ottocento

Noi accecati dal disprezzo per gli ebrei
In Germania, ma non solo, l’ostilità contro gli ebrei ebbe un’impennata negli anni Ottanta del XIX secolo e da allora non smise di crescere, fino alla Shoah. Una delle sinistre parole propagandistiche che ebbero subito grande seguito fu «gli ebrei sono la nostra disgrazia», messa in circolo nel 1879 da Heinrich von Treitschke (18341896). Il giornalista Wilhelm Marr (1819-1904) introdusse il termine «antisemitismo», e anche questa invenzione ebbe tragicamente grande fortuna. Il pastore luterano e predicatore alla corte prussiana Adolf Stoecker (1835-1909), fondatore di un Partito cristiano sociale in funzione antisocialista, cominciò anch’egli ad additare negli ebrei la principale minaccia per la nazione e il popolo tedeschi. Sono gli inizi di una deriva che porterà alla politica razzista del governo nazista e al sostegno di massa che essa ricevette. Il resto è storia tragicamente nota.
La riflessione avviata dopo la seconda guerra mondiale e dopo la Shoah da parte delle chiese cattolica e protestanti fece emergere che il peso che gravava su di esse non consisteva solo nel tracollo morale di quei cristiani che avevano sostenuto l’antisemitismo razzista o lo avevano assecondato o ignorato: occorreva risalire più indietro, a quello che l’ebreo francese Jules Isaac chiamò «l’insegnamento del disprezzo».
Le pietre d’inciampo, che ricordano le vittime della Shoah, fanno impattare anche sulla storia della cristianità e mettono di fronte all’«antigiudaismo cristiano», fatto non soltanto di pregiudizi volgari e di esplosioni odio, ma anche di insegnamenti veicolati nelle prediche, nella catechesi e nella teologia; di norme restrittive e oppressive imposte da una società che si concepiva come «cristiana». Se parliamo di «antigiudaismo», distinguendolo dall’antisemitismo otto e novecentesco con la sua dimensione razzista pseudoscientifica, non è per minimizzare il primo, ma per individuarne con maggiore precisione i tratti.
Una visione negativa dell’ebraismo e l’emarginazione degli ebrei hanno dominato la società cristiana per secoli e secoli. Quando gli antisemiti di fine Ottocento indicano negli ebrei «la nostra disgrazia» e li accusano di essere un corpo estraneo e non integrabile, al tempo stesso numericamente infimo eppure potentissimo, al punto da costituire una terribile minaccia per l’integrità del «popolo» e un pericolo per lo Stato, dirigono i loro strali contro un bersaglio a cui erano già state attribuite quelle stesse fattezze in secoli di polemica cristiana.
Per tutto il Medioevo, gli ebrei furono costretti da autorità cristiane a condurre un’esistenza ai margini della società, bollati da contrassegni che li rendessero identificabili, tollerati per convenienza oppure arbitrariamente espulsi, esclusi dalla maggior parte delle professioni, talora esposti alle aggressioni di folle che li ritenevano colpevoli di avvelenare pozzi, di profanare ostie per ripetere l’oltraggio a Cristo o di rapire e uccidere bambini cristiani per scopi rituali.
Questa misera esistenza imposta agli ebrei dal mondo «cristiano» veniva interpretata in base alla nozione di «popolo testimone», che risale a Sant’Agostino di Ippona: questa è la condizione degli ebrei perché questo è il castigo divino per il loro rifiuto del messia e per la sua morte, di cui sono ritenuti responsabili in solido, come popolo «deicida». Non devono scomparire, ma rimanere in questa condizione per testimoniare del trionfo della chiesa; l’errore e la colpa di cui pagano il fio devono, per contrasto, far emergere la superiorità del cristianesimo e attestarne la verità. È il messaggio che illustrano, in varie cattedrali medioevali (ad esempio, le cattedrali di Notre-Dame a Parigi, di Friburgo in Brisgovia, di Strasburgo; il duomo di Bamberga) le statue di due donne contrapposte: umiliata, accecata perché non riconosce la verità, la sinagoga; fiera e incoronata, la chiesa. Quello che era il popolo eletto viene considerato reietto, soppiantato dalla Chiesa che lo ha sostituito ed è divenuta il nuovo, anzi il vero, Israele.
Si insegna che una sola lettura delle Scritture ebraiche, il nostro Antico Testamento, è legittima: quella che porta a Cristo. È la rivendicazione dell’interpretazione cristiana della Bibbia ebraica come unica legittima che conduce Martin Lutero – che aveva promosso, in sintonia con l’Umanesimo, l’accesso al testo ebraico dell’Antico Testamento – alle sue drastiche affermazioni antiebraiche (Gli ebrei e le loro menzogne, 1543): travisano le Scritture, sono blasfemi, dunque non possono essere tollerati in mezzo alla cristianità; se ciò avvenisse, i cristiani sarebbero corresponsabili e ne dovrebbero rendere conto il giorno del giudizio. Di lì a poco, con la bolla Cum nimis absurdum (1555) di Papa Paolo IV, la Controriforma farà un ragionamento analogo: poiché è del tutto inconcepibile che gli ebrei, condannati da Dio alla schiavitù per il loro errore, vivano in mezzo ai cristiani, devono essere segregati in un quartiere chiuso: è la nascita dei ghetti.
Il bagaglio di preconcetti e stereotipi negativi che riassumiamo con il termine «antigiudaismo» ha fatto parte per secoli e secoli del bagaglio culturale del «cristiano qualunque», veicolato com’era nei discorsi «normali», nelle chiese e nel quotidiano, nella teologia come nell’immaginario. Quando entrarono in azione i personaggi di fine Ottocento citati all’inizio, la categoria dello «ebreo» esisteva già, anzi aveva radici secolari. Bastava ravvivarla nel contesto di un mondo che si andava industrializzando e urbanizzando e perciò era attraversato da fermenti sociali inediti; un mondo in cui i nazionalismi si rafforzavano proiettando risentimento contro un presunto elemento «estraneo», dissolutore dell’anima popolare sul fronte interno.
Dopo la Shoah, dapprima con fatica e poi con maggiore risolutezza e incisività, le chiese hanno cominciato a fare i conti con la storia tragica del loro rapporto con il popolo ebraico: pietre miliari sono la dichiarazione conciliare Nostra Aetate n. 4 in ambito cattolico-romano e pronunciamenti di sinodi di chiese protestanti.
Sempre di più, i vari aspetti del rapporto tra cristiani ed ebrei sono oggetto di indagini approfondite. Ne è un esempio il volume che verrà presentato a Milano domani 27 gennaio alla Scuola della cattedrale, dedicato ad alcuni degli esponenti dell’esegesi storica e critica sviluppatasi, prima in ambito protestante e soprattutto in Germania, a partire dall’Illuminismo. Ne emergono vari tratti: da visioni del giudaismo come decadimento rispetto all’ebraismo biblico, come angusto particolarismo contrapposto all’universalismo cristiano, fino a teologi che sostennero l’antisemitismo nazista, come nei casi di Rudolf Kittel e di Walter Grundmann; ma anche approcci più simpatetici, legati però al proposito di convertire gli ebrei. Un importante case study che si aggiunge ad altre ricerche, il cui numero cresce, e che devono continuare, non per additare dei colpevoli, ma per essere sicuri di essere cambiati noi.

L’analisi storica è essenziale, ma non esaurisce il compito che attende i cristiani: si tratta di nuovo del bagaglio di ogni «cristiano qualunque»: la conoscenza deve prendere il posto del pregiudizio o del sentito dire, il rispetto deve sostituire il sospetto e la polemica; la solidarietà con chi rimane altro da noi, eppure ci è così vicino, deve soppiantare l’inimicizia. Tanto più urgente di questi tempi, in cui in tutta Europa molti discorsi, amplificati dai social, assomigliano in modo preoccupante a quelli degli anni Venti e Trenta del secolo i cui errori e orrori credevamo sepolti per sempre.
Daniele Garrone

Giornata della memoria 2020 – Un commento di Daniele Garrone, docente di Antico Testamento (Facoltà Valdese di Teologia), tratto dal Sole 24 Ore

Si veda anche (i miei commenti fra qualche giorno)

2 novembre 2019.  Liliana Segre, una senatrice che si fa ostacolo all’indifferenza
Vi prego di prendere in considerazione la foto di Willi Brandt)
https://diariealtro.it/?p=6963

17 luglio 2019   Al Segretario di stato vaticano è noto il problema del certificato di nascita, negato ai nati in Italia, figli di sans papier
https://diariealtro.it/?p=6730

30 Gennaio 2020Permalink

17 dicembre 2019 – Una intervista che ci propone una pagina di storia

L’Espresso 17 novembre
Padre Sorge: «Ruini sbaglia a benedire Matteo Salvini. Il Vaticano fece lo stesso col Duce»

Il grande gesuita racconta i suoi tre Papi, la politica e gli attacchi contro Bergoglio. «Ci vuole un sinodo della chiesa italiana. Per dire che odio, razzismo e chiudere i porti ai naufraghi sono contro il vangelo»
di Marco Damilano

Nella mia lunga vita ho avuto tre sogni: diventare un santo sacerdote gesuita; impegnarmi con tutte le forze nella costruzione della città dell’uomo; realizzare con fede e amore la Chiesa del Concilio, rinnovata, libera dal potere, povera, in dialogo con il mondo. Il primo sogno, ahimè, è ancora tale, ma ho fiducia che il Signore lo compirà. Il secondo sogno l’ho visto realizzarsi progressivamente nel lungo arco della mia vita, soprattutto negli anni ’80, quando mi trovai a combattere la mafia che in Sicilia mirava al cuore dello Stato. Gli undici anni vissuti a Palermo li ho passati quasi tutti sotto scorta armata. Agostino Catalano, uno dei miei “angeli”, saltò in aria con Paolo Borsellino. Purtroppo non potei essere vicino a lui e alla sua famiglia, perché mi trovavo in America Latina. Il terzo sogno lo rincorro da 50 anni (cioè, dalla fine del Concilio), metà dei quali alla Civiltà Cattolica, accanto a tre grandi papi».
También están los jesuitas, si diceva in America Latina: se la situazione è disperata, ci sono i gesuiti. Eccone uno illustre, un grande vecchio italiano. Padre Bartolomeo Sorge il 25 ottobre ha compiuto novant’anni, parla nella casa di Gallarate che ospitò negli ultimi anni il cardinale Carlo Maria Martini. Ha diretto dal 1973 al 1985 la rivista Civiltà Cattolica, ha promosso la “primavera di Palermo” con il sindaco Leoluca Orlando negli anni ’80. Oggi usa i social. Un tweet su Matteo Salvini: «Non basta baciare in pubblico Gesù: l’ha già fatto anche Giuda». Si calca un basco nero sul capo e si racconta.

Nella leggenda nera dei suoi avversari lei è stato un potente gesuita, influente nella Chiesa e tra i politici cattolici. È vero che stava per essere nominato cardinale?
«L’ho saputo con certezza solo di recente, leggendo i documenti pubblicati documenti pubblicati da Stefania Falasca nel suo libro sulla morte di papa Luciani. Ho appreso che Giovanni Paolo I voleva mandarmi patriarca a Venezia al suo posto, rimasto vacante dopo la sua elezione al pontificato. Provvidenzialmente il cardinale Antonio Poma, presidente della Cei, si oppose e la ebbe vinta. Per due motivi. Il primo fu che, dopo la lettera di Enrico Berlinguer al vescovo Luigi Bettazzi, avevo auspicato che i cattolici non temessero di confrontarsi culturalmente con i comunisti. Il secondo, che fin dalla relazione finale che tenni al convegno della Chiesa italiana su “Evangelizzazione e promozione umana” (1976), prevedendo la fine della Dc, mi davo da fare affinché si trovasse un modo nuovo di presenza politica dei cattolici in Italia, diverso dal partito democristiano. Fu così che persi la gondola…».

Lei è un italiano del ’900. Che formazione ha avuto?
«Sono nato a Rio Marina, nell’isola d’Elba. La mia famiglia si trattenne qualche tempo in Toscana e poi si trasferì in Veneto. Morto mio papà in guerra, non ci siamo più mossi da Castelfranco. A 17 anni entrai nella Compagnia di Gesù, desideroso soprattutto di dedicarmi all’apostolato spirituale. Non avrei mai immaginato di finire in politica! Studiai filosofia nella facoltà dei gesuiti milanesi e teologia in Spagna, all’Università di Comillas. Erano gli anni della dittatura di Franco e, come da noi durante il fascismo, circolavano le barzellette. Un esempio? Un signore – raccontavano – giunge di corsa, tutto trafelato, al palazzo del Caudillo. Lo fermano: “Che cosa vuole? Perché tutta questa fretta?”. “Devo sparare un colpo a Franco”. “Beh! Allora si metta in coda!”».

Subito però i suoi superiori la spostarono sulla politica.
«È così. Terminata la formazione, nel 1960, fui inviato subito alla Civiltà Cattolica. Direttore era padre Roberto Tucci. Avevo appena 30 anni, mi concessero cinque anni di tempo per specializzarmi. Dopo un biennio alla facoltà di Scienze Sociali dell’Università Gregoriana, mi laureai in scienze politiche alla Sapienza di Roma e cominciai a “scarabocchiare” sulla rivista, Divenni così politologo, giornalista e vice-direttore, finché il generale dei gesuiti padre Pedro Arrupe, nel 1973, mi nominò direttore. In quella posizione, privilegiata ma piena di responsabilità, fui testimone diretto del periodo più difficile del post-Concilio. Gli anni esaltanti della rinascita e della nuova e tormentata primavera ecclesiale».

Gli anni, anche, dell’inverno: il terrorismo, le divisioni e la contestazione nella Chiesa, la fine del pontificato di Paolo VI e l’elezione del papa polacco Giovanni Paolo II che si abbatté sul cattolicesimo italiano.
«Finché visse Paolo VI, ebbi sempre le spalle coperte. Il papa mi voleva bene e mi incoraggiava. Un giorno, in un’udienza privata, mi disse: “Lei, padre, fa sempre un passo avanti, prima che arriviamo noi”, ma aggiunse subito: “vada avanti! Prosegua sempre nella fedeltà adulta al Magistero della Chiesa” (parole sue!). Nei dodici anni della mia direzione, la rivista fu sempre improntata alla linea di papa Montini. Le prime difficoltà iniziarono per me nel 1978 quando, morto Paolo VI e dopo la meteora di papa Luciani, venne eletto papa Giovanni Paolo II. Nella Chiesa italiana il clima cambiò visibilmente. A partire dal Convegno ecclesiale di Loreto nel 1985, l’interpretazione profetica del Concilio, sostenuta con coraggio e sapienza da Montini, fu lasciata cadere. La visione wojtyliana di una Chiesa “forza sociale”, apertamente schierata in difesa dei “valori non negoziabili”, prese il sopravvento sulla visione montiniana della Chiesa del dialogo e della “scelta religiosa”».

La scelta religiosa era il distacco dal collateralismo, del voto per la Dc. Contestata dal nuovo potere forte del mondo cattolico: Comunione e liberazione.
«Il modello principale dell’impegno dei laici nel mondo, costituito dall’Azione Cattolica, fu messo in discussione dall’affermarsi del nuovo stile battagliero e militante di Comunione e Liberazione, più vicino allo stile di papa Wojtyla. In una intervista al Sabato (settimanale di Cl) mi permisi di farlo notare: “Se oggi avessi 17 anni, sarei certamente un ciellino. Infatti trovo in Cl quell’entusiasmo che ieri, da ragazzo, mi attrasse nell’Azione Cattolica. Il problema è che, tra ieri e oggi, c’è stato di mezzo il Concilio, il quale ha spiegato chiaramente che il Signore ci comanda di salare il mondo, non di trasformare il mondo in una saliera!” Non l’avessi mai detto! Non me l’hanno più perdonato, neppure a distanza di anni».

Infatti lei fu estromesso dalla direzione di Civiltà Cattolica.
«Di fronte alle crescenti difficoltà che incontravo nel mantenere la rivista fedele alla linea montiniana, ne parlai con il padre generale Hans-Peter Kolvenbach: “Se bisogna cambiare linea editoriale, è meglio cambiare il direttore”. Quando fui destinato a Palermo, in molti scrissero: padre Sorge è stato spedito in esilio. In realtà, il Centro Studi Sociali dei gesuiti di Palermo stentava a decollare, mentre la situazione in Sicilia era drammatica. Bisognava fare qualcosa. Nacque così l’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe, che segnò l’inizio del proliferare delle scuole sociali e politiche, un po’ in tutte le diocesi italiane».

Il centro Arrupe approvò e sostenne la giunta di Leoluca Orlando con la Dc e insieme il Pci, che, alla fine degli anni ’80, diede origine alla Primavera di Palermo, divenendo un caso nazionale. Per questo, lei e padre Ennio Pintacuda foste attaccati dai socialisti con Claudio Martelli, , dagli andreottiani e perfino dal presidente Cossiga. Vi paragonavano ai gesuiti rivoluzionari del ‘700 in America Latina, quelli del film “Mission”…
«Mi rendevo perfettamente conto della delicatezza della situazione politica, che si sarebbe creata dando vita alla giunta di Palermo. Ma era necessario farlo, se si voleva rompere il predomino che la mafia aveva in città. Ricordo il decisivo intervento di Sergio Mattarella, che al telefono, senza mai alzare la voce ma portando convincenti ragioni politiche, vinse in extremis le ultime resistenze di chi a Roma si opponeva al varo della giunta Orlando. Fu un’esperienza difficile, ma piena di speranza».

Il 16 novembre 1989, in Salvador, sei gesuiti e due donne furono trucidati all’università dagli squadroni della morte. Tra loro il rettore padre Ignacio Ellacuría. In Sicilia in quegli anni la mafia uccise un prete, padre Pino Puglisi, e lei girava sotto scorta.
«Furono anni terribili. Ma non dimenticherò mai la gioia che provai quando vidi l’intera città di Palermo reagire apertamente contro la mafia, superando la paura e l’omertà che l’avevano tenuta a lungo inchiodata. Finalmente si era svegliata la coscienza popolare, reagendo alla rassegnazione dominante, che mi aveva impressionato negativamente, quando giunsi in Sicilia».
Che pontefice è il primo gesuita papa, Francesco?
«Per me, è una prova che Dio guida la storia e la Chiesa. C’era bisogno di un papa che avesse il coraggio evangelico di riprendere il cammino della riforma interna della Chiesa, voluta dal Concilio, proseguendo l’opera iniziata da Paolo VI e rimasta interrotta con la sua morte, dopo che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, con altrettanta generosità, si erano spesi per rinnovare i rapporti ad extra della Chiesa con il mondo. Erano da prevedere le reazioni violente, che oggi si abbattono su papa Francesco da parte di chi, in fondo, dimostra solo di non aver veramente accettato il Concilio».

Qual è lo scontro nella Chiesa di papa Bergoglio?
«Il problema sta nella interpretazione del Concilio. Nella Chiesa si sono confrontate, fin dall’inizio, la lettura profetica, fatta da Giovanni XXIII, da Paolo VI e da Papa Luciani, e l’altra lettura (del tutto legittima) di natura prevalentemente giuridica, come si è sempre applicata in passato nella interpretazione dei testi dei 20 precedenti concili ecumenici. Non si tratta di un confronto astratto e teorico, coinvolge la vita concreta e le scelte quotidiane dei cristiani».

Vale anche per la Chiesa italiana? In Italia le chiese si svuotano e la maggior parte degli italiani si disinteressa delle discussioni interne dei vescovi e del clero. Mentre, per beffa, la rappresentazione del cristianesimo sembra occupata sulla scena pubblica da Matteo Salvini, che brandisce la corona del rosario nelle piazze e perfino nell’aula del Senato?
«Credo che nella Chiesa italiana si imponga ormai la convocazione di un Sinodo. I cinque Convegni nazionali ecclesiali, che si sono tenuti a dieci anni di distanza uno dall’altro, non sono riusciti – per così dire – a tradurre il Concilio in italiano. C’è bisogno di un forte scossone, se si vuole attuare la svolta ecclesiale che troppo tarda a venire. Solo l’intervento autorevole di un Sinodo può avere la capacità di illuminare le coscienze sulla inaccettabilità degli attacchi violenti al papa, sulla natura anti-evangelica dell’antropologia politica, oggi dominante, fondata sull’egoismo, sull’odio e sul razzismo, che chiude i porti ai naufraghi e nega solidarietà alla senatrice Segre, testimone vivente della tragedia nazista della Shoah, sull’assurda strumentalizzazione politica dei simboli religiosi, usati per coprire l’immoralità di leggi che giungono addirittura a punire chi fa il bene e salva vite umane. La Chiesa non può più tacere. Deve parlare chiaramente. È suo preciso dovere non giudicare o condannare le persone, ma illuminare le coscienze».

Però un ecclesiastico importante ha parlato, è il cardinale Camillo Ruini. Per dire che Salvini reagisce alla scristianizzazione e con lui la Chiesa deve parlare, per farlo maturare. Lei lo esorcizza, Ruini lo benedice.
«Nella storia della Chiesa italiana, Ruini è l’ultimo epigono autorevole della stagione di papa Wojtyla. Giovanni Paolo II, dedito totalmente alla sua straordinaria missione evangelizzatrice a livello mondiale, di fatto rimise nelle mani di Ruini le redini della nostra Chiesa, nominandolo per 5 anni segretario generale della Cei, per 16 anni presidente dei vescovi e per 17 anni vicario generale della diocesi di Roma. Per quanto riguarda il suo atteggiamento benevolo verso Salvini, dobbiamo dire che è del tutto simile a quello che altri prelati, a suo tempo, ebbero nei confronti di Mussolini. Purtroppo la storia insegna che non basta proclamare alcuni valori umani fondamentali, giustamente cari alla Chiesa, se poi si negano le libertà democratiche e i diritti civili e sociali dei cittadini».

Ruini afferma anche di considerare irrilevante e finito il ruolo dei cattolici democratici, che lui chiama «il cattolicesimo politico di sinistra», e invece si compiace per la sua scelta di influenzare il centrodestra: quasi la rivendicazione di un ruolo strategico. Anche per lei è così?
«Una opinione personale, per quanto autorevole e degna di rispetto, non riuscirà mai a cambiare la storia o a riscriverla in modo diverso da quella che essa veramente fu».

E di Matteo Renzi che pensa? Anche lui è un bersaglio dei suoi tweet.
«Ripeto il giudizio che ne ho dato pochi giorni fa. È impressionante vedere che, nel momento in cui la crisi politica si fa più acuta, emerge sempre l’uno o l’altro personaggio che mira a porsi come l’uomo solo al comando, l’uomo della Provvidenza. Sia Berlusconi, sia Renzi, sia Salvini mostrano la medesima propensione. Nessuno di loro, dopo le sconfitte subite, ha mai pensato di farsi da parte, come sarebbe stato logico e onesto. Ciascuno di loro ha continuato a ritenersi il salvatore d’Italia! È un sintomo caratteristico del populismo, di una malattia mortale della democrazia, che più di una volta, ha già spianato la strada a regimi totalitari e alla dittatura»

Faccia un altro sogno, in conclusione.
«La mia è un’età, nella quale i sogni non si fanno più, ma si raccontano. Rimane invece sempre viva la speranza, che come si dice è l’ultima a morire. La mia speranza è questa: che i giovani, dopo aver letto il racconto che ho fatto dei tre sogni della mia vita, continuino – loro sì – a sognare e s’impegnino con entusiasmo a proseguire il rinnovamento della Chiesa e dell’Italia».

http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2019/11/15/news/a-benedire-salvini-ruini-sbaglia-1.340844

17 Dicembre 2019Permalink

14 agosto 2019 – Il coraggio della responsabilità

La lezione sulla paura di Gustavo Zagrebelsky e Ezio Mauro: “Si combatte col coraggio”

La discussione scivola sull’italianità, meglio: sul suo tradimento. “Rosario, Nutella e pizza”, la sintesi di Zagrebelsky che ricorda i simboli impugnati da Salvini sui palchi dei comizi, via social. “Non mi riconosco in quella italianità, non mi sento italiano quando c’è qualcuno che dice che lui è il padre di 60 milioni di italiani”. Ezio Mauro rivendica una certa idea di Italia che non è quella attualmente egemone, quella posticcia che il governo gialloverde vuole rappresentare. Il primo passo è distinguersi “da quegli altri”, riconoscere che c’è un altro campo. “Non c’è dubbio” annuisce il costituzionalista. E ancora una volta gli applausi confermano l’umore della piazza. Sì, c’è un’altra Italia                                     [fonte 1]

Non sempre per fortuna tutti tacciono. Fra coloro che non si rifiutano alla responsabilità della parola ci sono anche cattolici che non dimenticano di essere cittadini e non si rifugiano in una chiesa come fosse un bunker.       [fonte 2]

Il dovere del rispetto

Siamo un gruppo di laici e religiose italiane e straniere, missionarie nel mondo, riuniti ad Assisi e sentiamo di unirci alle tante denunce che salgono da varie voci di cittadini italiani con il seguente contributo.

La preghiera di ringraziamento alla Vergine Maria, Madre di Gesù fatta in veste istituzionale di Vice Primo Ministro di una Repubblica laica e aconfessionale, che rappresenta tutti i cittadini italiani credenti di varie religioni e non credenti è una VIOLAZIONE alla Costituzione (cf Articoli 2, 3, 7, 8, 19 e 20) che garantisce il pluralismo confessionale e vieta la discriminazione tra i culti (sent. 440/1995) esige l’equidistanza e l’imparzialità della legislazione rispetto a tutte le confessioni religiose (sent. 508/2000).                                                                                    [continua – nota deja vu]

[fonte 1 ]
https://www.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2019/2019/06/08/news/la_lezione_sulla_paura_di_gustavo_zagrebelsky_ed_ezio_mauro_si_combatte_col_coraggio_-228290118/?ref=search

[fonte 2]
https://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.com/2019/08/il-dovere-del-rispetto.html?fbclid=IwAR32QmmMXmsLXOGt-yiKrp9_tMp52pqF2PUWsD07sUp_dsiQBtF9beV0-w0#more

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/vescovo-mazara-attacca-salvini-che-bacia-rosario-indecente-1739473.html

Nota deja vu    
Vangelo secondo Giovanni 20, 1 Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. 2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3 Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. 4 Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5 Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, 7 e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9 Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. 10 I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.11 Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro

https://www.monasterodibose.it/fondatore/articoli/articoli-su-quotidiani/10633-maria-di-magdala-apostola-degli-apostoli

Nota finale
Ieri su La Repubblica c’era un ottimo articolo di Ezio Mauro.
Spero di poterlo scaricare, prima o poi.

14 Agosto 2019Permalink

6 giugno 2019 – Dichiarazione del Presidente Mattarella in occasione della fine del Ramadan

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della fine del Ramadan (Eid al Fitr), ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Al termine del Ramadan desidero porgere ai cittadini italiani di fede islamica e ai musulmani ospiti o residenti nel nostro Paese un sincero augurio di felice e sereno Eid al Fitr.
La realizzazione di società inclusive e pacifiche, rispettose dei diritti delle persone, con identico rispetto per quelle appartenenti a minoranze religiose, esige la partecipazione di tutti e rappresenta un dovere nei confronti delle giovani generazioni.
Alle istituzioni e ai singoli cittadini compete prevenire e contrastare l’incitamento all’odio e alla violenza, mentre i leader religiosi sono chiamati all’insostituibile ruolo di promozione delle fedi quali strumento di pace, dialogo e comprensione tra culture diverse.
Il pieno rispetto della libertà di coscienza – principio che trova ampio riconoscimento ed efficace tutela nella Costituzione repubblicana – consente di contrastare efficacemente l’estremismo violento e le discriminazioni su base religiosa, valorizzando l’armonica convivenza tra quanti professano credi diversi.
Con questi auspici, rinnovo a quanti festeggiano oggi l’Eid al Fitr i più sentiti auguri».

Roma, 04/06/2019

https://www.quirinale.it/elementi/30184?fbclid=IwAR0GOhuNyBEvcIrgqNLOAw2Zqq5_kCY-jT8i3r4Z6fo3Lvue2BpciSthydo

Costituzione  Art. 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

NOTA:
Nell’anno islamico 1440 (calendario gregoriano 2019) Il ramadan inizia il 5 maggio e termina il 4 giugno.

6 Giugno 2019Permalink

31 marzo 2019 – Un papa e un re fanno il loro lavoro

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO IN MAROCCO
[30-31 MARZO 2019]

APPELLO
DI SUA MAESTÀ IL RE MOHAMMED VI
E DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO
SU GERUSALEMME / AL QODS CITTÀ SANTA E LUOGO DI INCONTRO
________________________________________

In occasione della visita al Regno del Marocco, Sua Santità Papa Francesco e Sua Maestà il Re Mohammed VI, riconoscendo l’unicità e la sacralità di Gerusalemme / Al Qods Acharif e avendo a cuore il suo significato spirituale e la sua peculiare vocazione di Città della Pace, condividono il seguente appello:

«Noi riteniamo importante preservare la Città santa di Gerusalemme / Al Qods Acharif come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo.

A tale scopo devono essere conservati e promossi il carattere specifico multi-religioso, la dimensione spirituale e la peculiare identità culturale di Gerusalemme / Al Qods Acharif.

Auspichiamo, di conseguenza, che nella Città santa siano garantiti la piena libertà di accesso ai fedeli delle tre religioni monoteiste e il diritto di ciascuna di esercitarvi il proprio culto, così che a Gerusalemme / Al Qods Acharif si elevi, da parte dei loro fedeli, la preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità sulla terra».

Rabat, 30 marzo 2019

S.M. il Re Mohammed VI
Amir al Mouminine

S.S. Papa Francesco

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2019/3/30/appello.html

 

31 Marzo 2019Permalink