17 agosto 2013 – I diritti umani non vanno in ferie 4

Non so come ciò che è accaduto verrà riportato dalla stampa ma nei prossimi giorni non avrò tempo  per analisi e nemmeno il modo di documentarmi.
Mi garantisco quello che posso ancora registrare.

Al CIE di Gradisca un piccolo passo verso la “normalità”:

 I DIRITTI UMANI NON VANNO IN FERIE

 Rientrando a Gradisca, dopo un paio di giorni di assenza, la calma sembra tornata. 
 Alcuni materassi però sono ancora sistemati sopra il tetto; mi auguro ancora per poco perché all’idea che qualcuno possa di nuovo salirci non può che tenerci in allerta.
Arrivo, annunciando preventivamente che dopo la mia visita avrei tenuto una conferenza stampa nel piazzale antistante.
 Mi aspettavano.    La Prefettura avvisata.   Tutto regolare.    Nessun blitz.
 La collaborazione prima di tutto.

 Sapevo che oggi, con ogni probabilità, avrebbero restituito i cellulari: prima grande conquista dopo i colloqui tenutisi prima con gli “ospiti” e poi con il Prefetto e il Questore -dopo due anni di misura straordinaria direi che può essere definito un grande risultato per loro.

 Una volta dentro sono stata dissuasa dall’entrare a dialogare con loro: avevano avuto rimostranze nei miei confronti nei giorni precedenti, ma non mi faccio intimorire.

 Il dialogo e la fiducia per aver mantenuto la parola, prima di tutto.

 La diffidenza e il timore che io possa essere come tanti altri che fanno la visita e poi…chi li vedi più sono altissimi, ma quanto accaduto oggi rischia di valere più di mille carte scritte.

 Il ripristino della mensa, dal momento che necessita di lavori di manutenzione, non potrà essere agibile prima di una settimana.
 La cosa non mi turba. Loro lo sanno e mi auguro che sappiano attendere.  Entro.

 Mi accolgono, insospettatamente, con atteggiamento positivo.

 Sono contenti. Sembravano bambini. Piccoli pezzi di libertà. Poter comunicare e ricevere comunicazioni: impagabile! Parlare con la famiglia, ma soprattutto poter ricevere telefonate, perché l’uso del telefono pubblico per parlare con l’esterno non gli era mai stato negato.

 Mi trattengo qualche minuto con loro e mi dicono che hanno visto tutte le trasmissioni televisive, che sono contenti che si parli di loro, ma le richieste che avanzano di continuo sono l’impegno di diminuire il numero di mesi di “trattenimento” (perché è così che bisogna chiamarlo senza paura) da 18 a 6 mesi.

 Effettivamente, a parte alcuni casi e da quanto sostiene il Questore, parrebbe sia così.

 Prima di andare via, una raccomandazione: sono con voi se voi siete rispettosi…non posso dire delle regole, perché le regole NON CI SONO!!!
 Vengono decise di volta in volta e la cooperativa al suo interno deve fare di tutto perché venga rispettato. In ultimo, come extrema ratio, interviene la polizia.
 Mi auguro che mantengano la parola data.

 Nel frattempo sul piazzale antistante mi aspettano numerosi i giornalisti per la conferenza stampa.
 Perché una conferenza stampa il 16 agosto: perché i diritti umani NON VANNO IN FERIE!
 …e diventa lo slogan della conferenza…

 Intervengono tutti, tutte le associazioni che i questi anni hanno operato perché il CIE potesse diventare qualcosa di umano, la tenda per la pace. l’associazione laciasciateCIEntrare, il centro Balducci e molti altri. Qualcuno mi chiede: e la Bossi/Fini? ha fatto acqua da tutte le parti, la mia risposta, e quando una norma è palesemente sbagliata, bisogna avere il coraggio di cambiarla.

 Alla riapertura della Camera questo deve essere uno dei prossimi impegni. Il PD in questi giorni, per bocca della nostra Presidente, si è sbilanciato con dichiarazioni aperte.
 Ora dobbiamo continuare con i fatti: Senza Paura!
 Unico vero dispiacere: che si voglia con determinazione farmi apparire, in una diatriba tra guardie e ladri, dalla parte dei ladri.
 La difesa delle forze dell’ordine rimane in capo alla destra.
 Ma capiamoci. Qui, e cito don Di Piazza, nessuno vuole il CIE.

 La mia posizione è netta.
 Siamo lì per tutti, dai cittadini di Gradisca che subiscono sul loro territorio situazioni di forte anomalia e disagio, alle forze di polizia che anziché impegnarsi sul territorio sono costretti presidiare un luogo che, di fatto, non dovrebbe essere presidiato, agli operatori della cooperativa che non percepiscono lo stipendio da molti mesi e, ultimi nella catena perché non sostenuti da alcuna istituzione ufficiale a differenza di tutti gli altri, i “rifiuti” della società: gli immigrati irregolari.

 D’altronde chi vuoi che li voglia degli ex delinquenti, stranieri per di più, o dei senza diritto in un momento in cui la crisi morde qualsiasi settore? Meglio disfarsene e relegarli in una struttura fino a 18 mesi. O fino a quando lo stato d’origine dà l’ok per il rimpatrio – la loro “casa” – da dove, gioco forza, riprenderebbero lo stesso percorso.

 Ed è un cane che continua a mordersi la coda: ma i diritti umani NON VANNO IN FERIE!

Il mio commento pubblicato su facebook

Grazie Serena! e ti prego di ricordare che nessun diritto umano va in ferie, né quelli di chi li urla dai tetti né quelli di chi può solo affidarli alla civiltà consapevole di altri.
Ancora una volta ti ricordo i bambini cui la legge nega l’appartenenza a un ordinamento giuridico. Sono i figli degli immigrati irregolari che, per  registrarne la nascita, dal 2009 devono presentare il permesso di soggiorno che non hanno. E’ una norma che è stata pensata – sulla pelle di neonati (ma si può immaginare una vigliaccheria peggiore?) – per facilitare l’identificazione e l’espulsione dei padri.
I figli diventano il loro CIE!
Il fatto che possa non essere applicata non cancella la vergogna e il pericolo di una simile norma.
Hai firmato la proposta di legge 740 la cui approvazione – che rimedierebbe questa situazione – non comporta oneri per lo stato. Mettila nel ‘pacchetto’ delle questioni che tratterrete in parlamento.
“Filo spinato
Tu scrivi dell’uomo nel lager
io – del lager nell’uomo
per te il filo spinato è all’esterno
per me si aggroviglia in ciascuno di noi
– Pensi che ci sia tanta differenza?
Sono due facce della stessa pena”.
(Ryszard Kapuściński)

ore 23
Gradisca (GO) – La mobilitazione di fronte al CIE. I migranti lanciano bozzoli e psicofarmaci dall’interno: la prova delle violenze

17 Agosto 2013Permalink

27 aprile 2013 – In carcere per liberarsi dal pregiudizio

Trascrivo con notevole ritardo rispetto alla pubblicazione la notizia che riprendo dal mensile Ho Un Sogno n.217 –reperibile presso la Libreria cooperativa   Universitaria (CLUF) – Udine Via Gemona 22

 Anche a Udine la scuola pubblica estende l’attività oltre le aule degli istituti scolastici, non solo per far partecipare attivamente e consapevolmente studenti  e insegnanti alla vita del territorio, ma anche per offrire servizi in carcere, un luogo che si immagina estraneo alla nostra vita.
Nel Carcere, o meglio nella Casa Circondariale di Udine, si svolgono quindi corsi di educazione per adulti  che preparano i detenuti ad affrontare consapevolmente la vita ‘fuori’ delle mura in cui sono ristretti e, se il caso, anche un esame per l’acquisizione di titoli di studio.
A tale proposito la Costituzione offre un indirizzo molto preciso “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato [art. 27]”.
Dall’esperienza di questa attività è nato “Il piacere della legalità? Mondi a confronto”, un progetto  che si svolge ormai da sei anni per la  promozione dell’interazione fra istituzioni del territorio regionale e istituti scolastici udinesi (Centro territoriale Permanente della casa circondariale e Pomeridiano, scuola media Valussi, Liceo delle Scienze Sociali “Caterina Percoto” e l’Istituto Scolastico per l’Istruzione Superiore “Bonaldo Stringher”),
Garantire ad adolescenti e giovani, anche attraverso lo studio, e in particolare lo studio della Costituzione, occasioni concrete per appropriarsi del ruolo di cittadini consapevoli è il principale obiettivo della proposta di formazione.
Le realtà non scolastiche che, unitamente ad associazioni di settore,  partecipano al progetto (Casa Circondariale di Udine, Casa Circondariale di Tolmezzo, Ufficio Esecuzione Penale Esterna-Udine, Comando dei Carabinieri- Udine, Questura – Ufficio Minori, Guardia di Finanza-Udine, Biblioteca comunale- Udine) offrono anche una presenza nelle scuole.
Specularmente alcuni studenti dell’ultimo anno del Liceo Percoto entrano nella casa circondariale per incontrarsi con loro ‘colleghi’ là ristretti in un’attività formativa comune che meriterà una più ampia analisi.
Ragazze e ragazzi non sono invitati a chinarsi pietosamente sul carcerato ma a conoscere una situazione, a capire il punto di vista di altri che non possono incontrare nella vita quotidiana, in sostanza è loro offerta un’opportunità straordinaria per liberarsi dal pregiudizio e per sviluppare il pensiero critico oltre il conformismo che soffoca.
Il punto di vista con cui quest’anno viene affrontato il programma ‘Il piacere della legalità?’ è individuato come ‘Etica individuale – Etica pubblica’.
Sembra un’occasione di cui il mondo di una scuola diffusa può giovarsi per la crescita della consapevolezza e della responsabilità attiva di tutti.

27 Aprile 2013Permalink

27 marzo 2012 – Cittadinanza o anagrafe?

Due fratelli bosniaci – trattenuti in un Centro di Iden tificazione ed Espulsione –ne sono usciti a seguito della sentenza di un giudice di Modena.
Trascrivo da Il resto del Carlino che, fra le varie fonti che ho cercato di raccogliere, mi è sembrato equilibrato nell’esposizione:
“Modena, 22 marzo 2012 – Andrea e Senad, i due fratelli di origine bosniaca trattenuti al Cie e finiti al centro di una lunga polemica, sono stati rilasciati. Il giudice di pace ha infatti accolto il ricorso dei due fratelli ed ha annullato il decreto di espulsione emesso dal questore di Modena. L’avvocato Luca Lugari ha dichiarato che si tratta di una sentenza storica, perché sancisce l’impossibilità di espellere chi è nato in Italia da genitori stranieri. E’ la prima volta in Italia che questo principio viene affermato da un magistrato”.

Quel che capisco io

I due fratelli stavano in un centro di identificazione: perché?.
Evidentemente  qualcuno aveva dubitato della loro identificazione ma, nati in Italia più di vent’anni fa – quindi precedentemente al pacchetto sicurezza –, la loro identificazione, garantita dalla registrazione anagrafica, non era e non è soggetta a dubbio.

Quel che mi aspetto

Strilli di coloro che, singoli, associati o organizzati in rete si proclamano difensori dei diritti dei migranti, per sostenere (come fa la Lega per trarne opposte conclusioni) che è stata loro riconosciuta la cittadinanza italiana (cosa manifestamente impossibile, a mio parere).
D’altra parte ho ampia casistica di persone (anche con responsabilità istituzionale) che confondono cittadinanza e registrazione anagrafica).

Quel che non mi aspetto

1 -Un sussulto di decenza parlamentare per togliere quel residuo del pacchetto sicurezza che vuole non registrabili i figli di immigrati irregolari  (ho scritto decine di volte che – a mio parere – la circolare emanata in contraddizione con la legge non è misura adeguata e sufficiente anche se funziona);
2 – un’assunzione di responsabilità da parte dei sindaci per rivendicare, anche su questo problema, la loro dignità di Ufficiali di stato civile in uno stato democratico;
3 – un sussulto di decenza da parte della società civile variamente organizzata perché la smetta di usare i proclami di presunta solidarietà per finalità esclusiva di opposizione politica e pre elettorale.

27 Marzo 2012Permalink

13.12.2011 CIE – Riaperto l’accesso agli organi d’informazione

Roma 13 dicembre 2011             Oggetto: accesso ai centri

La pressione migratoria determinata dal massiccio afflusso di cittadini stranieri provenienti dai paesi del Nord Africa, che ha interessato l’intero territorio nazionale, aveva reso necessario,  nel prevalente obiettivo di  non intralciare le attività di accoglienza loro rivolte,  limitare l’ingresso solo alle categorie di soggetti o Enti richiamati nelle direttive n. 1305-11050/110(4) del 1 aprile e dell’8 aprile 2011.
Il significativo decremento dei flussi provenienti dal Nord Africa registratosi nell’ultimo mese del corrente anno e l’attivazione  del complesso sistema di accoglienza consentono ora di poter  revocare le direttive del 2011 e di ripristinare i contenuti della direttiva del 24 aprile 2007, ad integrazione della quale si ritiene, peraltro,  di impartire le seguenti ulteriori disposizioni. 

–       le SSLL, per la preventiva comunicazione. inoltreranno Ie istanze di accesso corredandole delle proprie valutazioni in merito – al competente . Dipartimento per le Libertà Civili e l’immigrazione e per conoscenza al gabinetto del Ministro.
–       l. SS,LL., oltre che per motivi di ordine pubblico, potranno differire l’accesso nei centri anche per ragioni di sicurezza nei casi in cui la struttura sia interessata a lavori di ristrutturazione o comunque dalla esecuzione di rilevanti lavori di manutenzione straordinaria.-        

IL MINISTRO           Annamaria Cancellieri

Nel linguaggio formale della direttiva è contenuta una storia che brevemente richiamo.
La direttiva del 24 aprile del 2007  (ringrazio l’amico che mi ha aiutato a recuperarne i contenuti) diceva che
Sarà consentito l´accesso in tutti i Centri di accoglienza, identificazione e permanenza temporanea ai rappresentanti delle organizzazioni umanitarie internazionali e nazionali, come l´Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), l´Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e la Croce Rossa Italiana. Saranno anche accolte le richieste di accesso provenienti da Sindaci, Presidenti di Provincia e Presidenti di Giunta e di Consiglio Regionale. I soggetti del privato sociale, in relazione alle proprie finalità, saranno ammessi a svolgere specifiche attività di assistenza sulla base di convenzioni con gli enti locali o con i Prefetti.
I giornalisti, con i fotocineoperatori che li accompagnano, potranno accedere ai Centri sulla base di un´autorizzazione che sarà rilasciata dai Prefetti, sentiti gli enti gestori delle strutture interessate. Nel determinare le modalità e i tempi delle visite, si dovrà tener conto delle esigenze di tutela della privacy di coloro che sono ospitati nei Centri e della necessità di non creare intralcio alle attività svolte all´interno delle strutture.

 

Questa direttiva fu revocata lo scorso mese di aprile e ora si ritorna a quelle disposizioni cancellando le disposizioni emanate lo scorso aprile, regnanti il cav. Berlusconi e il leghista on Maroni.

Così commenta la Federazione Nazionale della stampa (il cui comunicato è pure riportato nel sito dell’ASGI, citato in apertura

Roma, 13 dicembre 2011
Prot. n. 205

Il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Roberto Natale, comunica:
“E’ un’ottima notizia la decisione del ministro Cancellieri di aprire di nuovo ai giornalisti le porte dei Cie. Finalmente viene ripristinato il nostro diritto-dovere di raccontare ciò che avviene in queste strutture. E’ una decisione che giova anche alla credibilità delle istituzioni italiane preposte all’accoglienza degli immigrati, perché il blocco disposto ad aprile dall’allora ministro Maroni autorizza da mesi il sospetto che all’interno di Cie e Cara vengano praticati trattamenti lesivi dei diritti umani. La revoca del divieto è una riaffermazione di basilari principi costituzionali, per la quale anche la Fnsi ringrazia il ministro Cancellieri e tutti i parlamentari che si sono battuti per il risultato di oggi. Ma un ringraziamento va anche alle molte organizzazioni che, insieme a Fnsi e Ordine dei Giornalisti, hanno dato vita nei mesi scorsi alla campagna “LasciateCIEntrare”: positivo esempio di come, in difesa del diritto all’informazione, si possano saldare alleanze importanti tra le rappresentanze professionali e le voci della società civile. Ora ci auguriamo che di questo diritto d’accesso ristabilito l’informazione italiana faccia uso intenso”.

E ora commento io


Commento io dal mio punto di osservazione interessato al CIE e al CARA di Gradisca (Go).
Da mesi e mesi gruppi locali interessati all’organizzazione dei centri protestavano per gli impedimenti all’ingresso.
Ora possono fare due cose (e io temo si adageranno sulla prima)
1. Continuare a protestare perché l’apertura non è indiscriminata (che è la soluzione abituale e, a mio parere,  più comoda).

2. Attivare qualche consigliere regionale a raggiungere il prefetto di Gorizia per informarsi sulla natura e la durata dei lavori di ristrutturazione all’interno del centri, creando le condizioni per una presenza giornalistica attenta e competente non appena ciò sarà possibile.
So che agire da pignoli e pedanti osservatori delle regole è faticoso e richiede attenzione e accortezza, che non sembrano attitudini proprie di chi protesta senza progetti ma solo accodandosi ad altri che hanno cominciato, ma a volte consente di raggiungere qualche risultato che può disturbare interlocutori disattenti se non ostili più della protesta stessa.
So che dire queste cose non serve a nulla e può dar fastidio (ammesso che qualcuno di coloro cui sono dirette legga il mio blog) ma io scrivo anche a mia futura memoria.

23 Dicembre 2011Permalink

12 dicembre 2012 – I custodi dell’imene

La prima vittima: fra apparenza e realtà 

Una ragazzina denuncia uno stupro, discinta e insanguinata (almeno così la descrivono i giornali) risulta credibile e… ma sui risultati di questa credibilità tornerò dopo.
Ora voglio soffermarmi su di lei, per cui provo una grande pena.
Quando si rende conto dei risultati della sua denuncia, confessa: aveva inventato tutto.
Si trattava di una bugia difensiva perché la famiglia la voleva –povero oggetto che la compravendita tribale pretendeva integro alla prevista consegna– vergine fino al matrimonio.
Se la storia finisse qui potremmo pensare al normale sacrificio della dignità e della decenza altrui in nome di un arcaico, ma non concluso, mercato matrimoniale, in onore della famiglia patriarcale dove, se il patriarca è padrone, trova sempre complici servili quale che ne sia il genere e quale che ne sia la religione, se in una religione il clan si riconosce.
Ma la storia non finisce qui perché la ragazzina, istintivamente, capisce (o almeno io capisco così) che deve stornare l’interesse dei sui familiari-custodi dal suo imene e rivolgerlo ad altri.
Gli altri sono lì, pronti all’uso, pubblicamente pubblicizzati senza riserve di consapevolezza.
Così aveva affermato un deputato della Lega Nord: “Ora che la pioggia è riuscita nell’impresa in cui aveva fallito il sindaco Piero Fassino, ossia lo sgombero del campo nomadi abusivo sul Lungo Stura Lazio, mi auguro che il comune provvederà all’identificazione di tutti gli irregolari che vivevano in quel campo”.
E’ un’affermazione che a suo  tempo avevo letto da varie parti e che ora ho ritrovato e rendo leggibile da qui, riportando alla fine anche l’indirizzo della fonte * per esteso. 

E che i ‘colpevoli’ fossero pronti all’uso quella poveretta lo sapeva, probabilmente glielo avevano detto in casa se si è sentita in dovere di precisare che i suoi stupratori erano zingari e alla sua dichiarazione (che saranno i carabinieri a verificare non i familiari) questa famiglia, evidentemente ben organizzata,  riesce a promuovere immediatamente una crociata contro i campi rom, ripercorrendo l’antica lezione dei crociati storici che, strada facendo, non si facevano scrupolo di devastare le comunità di ebrei che la chiesa aveva indicato come deicidi.
Ognuno ha il suo dio e ognuno i suoi nemici da combattere!
C’è da sperare che ora la povera ragazzetta non sia mutilata per sempre della gioia di un fondamentale rapporto umano ma che qualcuno l’aiuti, nel far pace con se stessa (ma sarà mai possibile?), a farsi forte di quel senso di responsabilità e rispetto di sé di cui finora è stata derubata (e questa sì è violenza e di questo furto quella poveretta è stata ed è veramente vittima). 

Nella realtà, le altre vittime

Mentre la marcia proseguiva il fratello della ragazzina veniva a conoscenza della verità e –sempre che i giornali non mentano – si precipitava a fermare l’avanzata dei neo crociati, ma era troppo tardi. Chi risarcirà ora i rom cui è stata risparmiata solo la vita?

 

Ma i rom non sono le sole vittime del pregiudizio e del bisogno del capro espiatorio .
Non posso non pensare a tutti i ‘no’ che mi sono stati detti quando cercavo di sostenere la necessità di modificare la legge che pretende la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione della nascita, negando quindi – ai figli di sans papier e ai sans papier stessi – il diritto alla genitorialità.
E’ chiaro che dalla negazione di questo diritto discendono una serie di danni che non sto qui a ricordare (ne ho scritto per tre anni nel mio blog, chi volesse farne memoria può attivare i tag anagrafe e bambini).
Ora c’è una proposta di legge che vuole dare dignità al nostro patto sociale superando  la ferita profonda che nega il riconoscimento dell’esistenza per ragioni burocratiche (ne ho scritto nel mio blog il 2 e il 5 dicembre). Sarà sostenuta? Non lo so. 

Resta per me la ferita provocata da una politica che, a parte la scelta di mezzi cartacei e non fisici, ritengo perfettamente parallela e consona alla marcia dei neocrociati torinesi e, soprattutto, permane l’orrore che mi ha provocato l’indifferenza dei sindaci a fronte del ruolo di garanti del  territorio che dovrebbero governare, ruolo loro negato in legge a danno dei più deboli. Ed estendo questo orrore alle chiese (metto in primo luogo quella cattolica per il potere sulle coscienze e politico che le è riconosciuto) nei riguardi di questo problema. 

Nota che vorrei inutile, ma so che non lo è:  So bene che una circolare, precipitosamente emanata dall’allora ministro dell’interno Maroni, ha ‘concesso’ la registrazione anagrafica per i figli dei sans papier, ma una circolare non è legge e in legge il divieto permane.
Anche di questo ho scritto in questo mio blog e voglio segnalare che l’unica realtà associativa che, a mia conoscenza,  abbia colto il significato di questo problema (prima della proposta di legge di cui ho riferito) è stato il GrIS (Gruppo immigrazione e salute del Friuli Venezia Giulia) di cui riporto per esteso il comunicato emesso il 28 ottobre scorso (leggibile alla fonte da qui). 

Un segno di civiltà – il comunicato del GrIS

Il Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS) Friuli Venezia Giulia (della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – SIMM) ha aderito alla campagna ‘L’Italia sono anch’io’ che promuove due proposte di legge a iniziativa popolare relative ai diritti dei migranti.
In particolare il GrIS del FVG ritiene che la proposta di Nuove norme sulla Cittadinanza, riconoscendo ad ogni nuovo nato in Italia il diritto ad esserne cittadino, attengano direttamente ai propri obiettivi di promozione della salute come diritto umano al completo benessere fisico, mentale e sociale, come ribadito, nel maggio di quest’anno, dalle “Raccomandazioni finali dell’XI Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni”
Poiché è chiaro che un diritto è tale solo se si declina in termini di uguaglianza, il GrIS del FVG non può non guardare con preoccupazione alla legislazione in vigore che – dal 2009- impone ai migranti irregolari che vogliano registrare la nascita del proprio figlio la presentazione del permesso di soggiorno, documento che – per definizione – non possiedono.
Qui non si tratta di attribuzione di cittadinanza ma di garantire ad ogni bambina e ad ogni bambino sin dalla nascita, un nome e una nazionalità, come vuole la Convenzione di New York del 1989 che in Italia è legge (n.176/1991) evitandone la discriminazione in nome di un cavillo burocratico.
L’assenza di un certificato di nascita comporta gravi conseguenze per la tutela della salute.
Siamo al corrente che è stata precipitosamente emanata dal governo, a pochi giorni dall’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ una circolare interpretativa che apre una procedura che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite.
Ma ciò non basta.
La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 del 2009 (cd. pacchetto sicurezza).

 

NOta finale: 

Al riferimento  della fonte * relativa alle dichiarazioni pro alluvione di un deputato leghista aggiungo anche alcuni riferimenti ad articoli di giornali che descrivono la vicenda della efficace crociata torinese 

* http://www.polisblog.it/post/12287/per-la-lega-lalluvione-a-torino-sgombera-i-campi-rom-dato-di-fatto-o-razzismo  

http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/12/12/news/santini_ovunque_e_tapparelle_chiuse_sandra_piange_ora_come_ne_esco-26452967/?ref=HREC1-4 

http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/12/11/news/torino_ultr_bruciano_il_campo_ro
m_terrore_per_uno_stupro_inventato-26420781/?ref=HREC1-1  

http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_10/torino-caccia-stupratori_46a32a40-2341-11e1-bcb9-01ae5ba751a6.shtml  

http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/433883/

12 Dicembre 2011Permalink

23 Novembre 2011 – “Una follia negare la cittadinanza”

“Una follia negare la cittadinanza” , così titola la stampa del 22 novembre, facendo riferimento al discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica il 15 novembre  e che è possibile leggere per intero nel sito del Quirinale (si può fare anche da qui).
Così il Presidente esprime la sua consonanza con la legge a iniziativa popolare per cui vengono raccolte le firme nel contesto dell’iniziativa ‘L’Italia sono anch’io’  (per chi fosse interessato ricordo che, oltre che nei  banchetti che vengono promossi in luoghi vari delle città italiane,  è possibile  firmare anche negli uffici elettorali dei comuni).
Sempre da La Stampa apprendo che il senatore Marino ha depositato un disegno  di legge conforme a quello a iniziativa popolare, firmato da 113 senatori, di cui ho trovato notizia nel sito web del senatore che potete raggiungere anche da qui)  

Contrastare la discriminazione  –  Pro memoria.

Sono pienamente convinta che l’attribuzione della cittadinanza ai nuovi nati risolverebbe  (non oso ancora dire risolverà: nella pervasività della cultura della paura e della discriminazione, che la Lega Nord ha saputo abilmente suscitare, l’indicativo mi sembra troppo impegnativo) la maggior parte dei problemi che si oppongono a misure di civiltà relative a precisi diritti fondamentali.
Voglio ricordare la definizione datane dalla Corte Costituzionale che  ha detto come  tali diritti appartengano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», di talché la «condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi»
La Corte si è espressa, riferendosi specificatamente ai matrimoni, con la sentenza n.245 dello scorso mese di luglio  (leggibile da qui) di cui ho scritto nel mio pezzo del 6 agosto.
Dopo che è stata pubblicizzata l’iniziativa de l’Italia sono anch’io alcuni comuni hanno comunicato ai residenti stranieri che compivano 18 anni – e che, diventando maggiorenni, non avrebbero potuto giovarsi del ricongiungimento familiare o di altre forme di tutela riservata ai minori – la possibilità di chiedere la cittadinanza italiana.
Ne ho scritto, ricordando che tale iniziativa è stata condivisa anche dal comune di Udine.
nel mio pezzo del 10 novembre che si può leggere da qui.

Last but not least: figli di sans papier.

Finalmente posso ordinatamente segnalare alcune importanti  iniziative positive.
Resta per me fondamentale la problematica della discriminazione, già al momento della registrazione anagrafica, dei figli di immigrati irregolari.
Ne ho scritto tante volte e, azionando i tag bambini o anagrafe, ne uscirà un materiale forse eccessivo, ma non avevo altro mezzo che scrivere per dire che io non  ci sto.
Ci sono casi in cui al responsabilità personale diventa ineludibile.
A titolo di informazione cito soltanto il mio articolo pubblicato dalla rivista Il Gallo che è leggibile anche da qui.
Fortunatamente della questione si è fatto carico il Gruppo immigrazione e salute – GrIS  del Friuli Venezia Giulia con il comunicato che ancora una volta trascrivo

Il Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS) Friuli Venezia Giulia (della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – SIMM) ha aderito alla campagna ‘L’Italia sono anch’io’ che promuove due proposte di legge a iniziativa popolare relative ai diritti dei migranti.
In particolare il GrIS del FVG ritiene che la proposta di Nuove norme sulla Cittadinanza, riconoscendo ad ogni nuovo nato in Italia il diritto ad esserne cittadino, attengano direttamente ai propri obiettivi di promozione della salute come diritto umano al completo benessere fisico, mentale e sociale, come ribadito, nel maggio di quest’anno, dalle “Raccomandazioni finali dell’XI Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni”.
Poiché è chiaro che un diritto è tale solo se si declina in termini di uguaglianza, il GrIS del FVG non può non guardare con preoccupazione alla legislazione in vigore che – dal 2009- impone ai migranti irregolari che vogliano registrare la nascita del proprio figlio la presentazione del permesso di soggiorno, documento che – per definizione – non possiedono.
Qui non si tratta di attribuzione di cittadinanza ma di garantire ad ogni bambina e ad ogni bambino sin dalla nascita, un nome e una nazionalità, come vuole la Convenzione di New York del 1989 che in Italia è legge (n.176/1991) evitandone la discriminazione in nome di un cavillo burocratico.
L’assenza di un certificato di nascita comporta gravi conseguenze per la tutela della salute.
Siamo al corrente che è stata precipitosamente emanata dal governo, a pochi giorni dall’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ una circolare interpretativa che apre una procedura che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite. Ma ciò non basta.
La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 del 2009 (cd. pacchetto sicurezza). 

Una risposta

La richiesta conclusiva del comunicato ha trovato una risposta il cui primo segnale è visibile nel sito della camera dei deputati.
Trascrivo:
Atto Camera: 4756 Proposta di legge: LEOLUCA ORLANDO: “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno”.
Per ora un indizio, spero che quanto prima venga pubblicato il testo della proposta.
Ne darò immediatamente notizia.

Sono pienamente consapevole che la circolare interpretativa di cui parla il comunicato (e ampiamente illustrata nell’articolo de Il gallo)  è stata utile strumento per chi, con competenza e onestà, si occupa di assistere gli immigrati nell’espletamento delle procedure che li riguardano ed è stata rispettata dai comuni non inquinati dal flusso dilagante di inciviltà.
Ma, se a un operatore –vuoi dell’ente locale vuoi del mondo associativo- tanto può bastare, non è così per un cittadino che, in quanto tale, non può accettare che motivi di discriminazione dichiarati in legge costringano un neonato a non avere genitori che la legge riconosca e a diventare apolide.
E’ per questo che da tre anni – e sono stati anni di frustrazioni e delusioni cocenti – mi occupo della registrazione anagrafica dei neonati figli di immigrati irregolari.

La peste è contagiosa.

Prima sono venuti a prendere gli zingari,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo zingari;
poi sono venuti a prendere gli ebrei,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo ebrei;
poi sono venuti a prendere i comunisti,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo comunisti;
poi sono venuti a prendere gli omosessuali,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo omosessuali;
infine sono venuti a prendere noi,
e non c’era più nessuno capace di protestare.
Martin Niemöller

23 Novembre 2011Permalink

6 luglio 2011 – L’Italia sono anch’io. Una campagna per una diversa cittadinanza.

Riporto alcuni stralci dai molti documenti che illustrano la campagna di cui i promotori hanno dato notizia il 22 giugno.
A titolo di esempio collego il sito del centro Astalli e della CGIL.

Scopo della campagna è riportare all’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico il tema dei diritti di cittadinanza e la possibilità per chiunque nasca o viva in Italia di partecipare alle scelte della comunità di cui fa parte.
Oggi nel nostro Paese vivono oltre 5 milioni di persone di origine straniera. Molti di loro sono bambini e ragazzi nati o cresciuti qui, che tuttavia solo al compimento del 18° anno di età si vedono riconosciuta la possibilità di ottenere la cittadinanza, iniziando nella maggior parte dei casi un lungo percorso burocratico. Questo genera disuguaglianze e ingiustizie, limita la possibilità di una piena integrazione, disattende il dettato costituzionale (art. 3) che stabilisce l’uguaglianza tra le persone e impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il pieno raggiungimento.

I promotori della campagna si propongono di contribuire a rimuovere questi ostacoli, attraverso un’azione di sensibilizzazione che inizia ora, ma soprattutto attraverso la modifica dell’attuale legislazione che codifica le disuguaglianze.
Per questo, dall’autunno 2011 promuoveranno la raccolta di firme per due leggi di iniziativa popolare, una di riforma dell’attuale normativa sulla cittadinanza, l’altra sul diritto di voto alle elezioni amministrative.
Alla conferenza stampa di presentazione della Campagna partecipano: il sindaco di Reggio Emilia e presidente del Comitato promotore Graziano Delrio, l’editore Carlo Feltrinelli, Vera Lamonica, della segreteria nazionale della Cgil, Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci, il presidente delle Acli Andrea Olivero, Lorenzo Trucco dell’Asgi.

Attualmente l’unica possibilità di acquisto della cittadinanza per questa fascia della popolazione immigrata è quella che riconosce allo straniero nato in Italia, solo al raggiungimento della maggiore età ed entro un anno da questa data, la facoltà di chiedere la cittadinanza italiana, a condizione che vi “abbia risieduto legalmente senza interruzione”. L’applicazione della normativa, però, ha confermato il carattere del tutto residuale di questa disposizione, in quanto la necessità di residenza (non solo la regolare presenza, come invece sarebbe auspicabile), anagraficamente registrata ed ininterrotta per l’intero arco della minore età, costituisce, nella maggioranza dei casi, ragione ostativa alla richiesta.
In condizioni ancora più difficili si trovano i minori che arrivano in Italia piccoli o piccolissimi con i genitori o per i ricongiungimenti famigliari: vivono e crescono in Italia, frequentano le scuole italiane, ma per diventare cittadini italiani dovranno seguire, a partire dai 18 anni, lo stesso percorso burocratico degli immigrati stranieri adulti

La proposta di legge della campagna L’ITALIA SONO ANCH’IO riconosce un diritto per i tantissimi minori che crescono e vivono in Italia da italiani : i bambini e le bambine che, nati in Italia da genitori privi di titolo di soggiorno, o entrati in Italia entro il 10° anno di età, vi abbiano soggiornato legalmente, possono diventare italiani con la maggiore età se ne fanno richiesta entro due anni. Un percorso che dà una certezza ai bambini e alle bambine di poter diventare cittadini una volta maggiorenni. Inoltre, su richiesta dei genitori, diventano cittadini italiani i minori che hanno frequentato un corso di istruzione. 

NOTA: Ho evidenziato in grassetto, oltre l’intitolazione dei due oggetti della campagna anche la frase che riprendo qui:
“La proposta di legge della campagna L’ITALIA SONO ANCH’IO riconosce un diritto per i tantissimi minori che crescono e vivono in Italia da italiani : i bambini e le bambine che, nati in Italia da genitori privi di titolo di soggiorno, o entrati in Italia entro il 10° anno di età, vi abbiano soggiornato legalmente
E’ la questione di cui mi occupo da più di due anni e per cui ora, a livello locale, non ero riuscita a suscitare alcun interesse  se non da parte di alcune singole  persone.
Fra i miei molti scritti sull’argomento voglio ricordare la lettera al Presidente della Repubblica che ho inviato alla fine dello scorso anno.

Ora spero che l’autorevolezza dei proponenti la campagna e la pluralità delle loro appartenenze suscitino interesse anche nelle soporifere realtà politiche, istituzionali e associative del Friuli Venezia Giulia.
Certamente non vi vorrà molto a un così ampio e variegato schieramento di forze a raccogliere le firme necessarie alle proposte di legge; sarà soprattutto importante il lavoro di informazione e formazione (non uso la parola sensibilizzazione: troppo labile e inconsistente si è finora dimostrata–almeno nelle realtà che conosco – la consapevolezza delle problematiche connesse alla presenza straniera suscitata, appunto, sensibilizzando).
Per fortuna i regolamenti della camera e del senato prevedono, rispettivamente al comma 4 dell’art. 107 e al comma 2 dell’art. 74, che le proposte di legge a iniziativa popolare non decadano con al fine delle legislatura in cui sono state presentate.
Quindi se questo parlamento non se ne occuperò –o non lo farà rapidamente – il dibattito è aperto anche alla prossima legislatura.

Per me, dato che il mio interesse si è mosso a partire dall’esame che ho condotto sulla lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94/2009 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) restano aperti alcuni problemi su cui voglio riflettere e di cui certamente scriverò, come al solito a mia futura memoria.
Per ora mi limito a far riferimento al mio articolo pubblicato dal mensile Il Gallo che è raggiungibile nel mio blog in data 15 marzo e anche da qui.

6 Luglio 2011Permalink

15 marzo 2011 – quaderni de Il Gallo, periodico genovese

quaderni de IL GALLO   – Marzo 2011  – Anno XXXV  (LXV) N. 710   NORME DI LEGGE LESIVE DI UMANITÀ (pag. 12) 

La paradossalità della situazione, così complessa da essere ignorata anche dagli organi di informazione, ci ha indotto a chiedere alla competenza dell’amica Augusta De Piero precise indicazioni – purtroppo un po’ complesse – sulle norme vigenti relative all’iscrizione anagrafica si nascite, matrimoni, morti da parte di stranieri presenti in Italia in situazioni di clandestinità. 

Sono ormai trascorsi due anni dall’approvazione della legge ‘Disposizioni in materia di sicurezza pubblica’ ( Legge 15 luglio 2009, n. 94  pubblicata nella  Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2009) e se non è facile, né forse possibile, trarne un bilancio, sembra però necessario farsi consapevoli del contenuto della norma, anche esaminandola punto per punto.
Qui ci soffermeremo soltanto su un aspetto che identifica i casi in cui il migrante deve presentare il permesso di soggiorno per ottenere determinati documenti (art. 1, la lettera g,  comma 22) .Leggere il testo e decriptarlo è necessario per capire. Così dice la legge in vigore (94/09):

g) all’articolo 6, comma 2, le parole: «e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi» sono sostituite dalle seguenti: «per quelli inerenti all’accesso  alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»;

Ed ecco il testo della norma precedente (Legge 6 marzo 1998, n. 40; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2 e 148):

2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno <…>  devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.

Nel 2009 quindi l’eccezione, precedentemente prevista per gli atti di stato civile, è deliberatamente soppressa e quindi la presentazione del permesso di soggiorno diventa necessaria anche per registrare nascite, matrimoni, morti. E’ importante sottolineare che la condanna a diventare apolidi, a non sposarsi, ad avere nel corpo di un estinto, per quanto caro, un ostacolo alla propria vita resa altrimenti possibile dall’essere migranti, non consegue ad una espressione esplicitamente e chiaramente discriminatoria, ma a un gioco linguistico di addizioni e sottrazioni di parole.
Naturalmente se una persona priva di permesso di soggiorno per qualsivoglia motivo (si tratti anche di un migrante che sia diventato irregolare per la perdita del lavoro) viene identificata come tale (e quale luogo più appropriato di un pubblico ufficio!) ne segue l’espulsione. La clandestinità, identificata surrettiziamente con l’irregolarità, è reato!
Queste disposizioni inducono quindi di fatto i genitori che si trovino in questa situazione a non iscrivere il neonato all’anagrafe, facendone un apolide privo di ogni diritto.

Lo Stato si fa creatore di apolidi

Persino il governo in carica deve essersi accorto della enormità per cui uno stato democratico si fa creatore di apolidi se, a pochi giorni dalla approvazione della legge, il Ministero dell’interno  ha emanato una circolare  (Circolare n. 19 del 7 Agosto 2009, concernente indicazioni operative in materia di anagrafe e   stato civile in applicazione della legge n.94,)  che dice essere possibile la registrazione anagrafica, anche in assenza del fatale permesso.
Al di là della stravaganza di una circolare che supera la legge (e che, come è stata emanata, così può essere cancellata senza interventi del parlamento), qualcuno ha finalmente cominciato ad accorgersi della intollerabilità di questa norma. Di recente il Giudice di Pace di Trento ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale di un provvedimento di espulsione conseguente le pubblicazioni di matrimonio di una cittadina cilena (priva appunto del permesso) con un italiano.
In attesa della pronuncia della Corte il provvedimento di espulsione é stato sospeso , mentre il giudice ricordava che il diritto a contrarre matrimonio ha carattere di universalità e può essere esercitato quindi indipendentemente dalla regolarità del soggiorno e dalla cittadinanza [1].
Torniamo ora alle dichiarazioni di nascita per cui non sembra esserci stato il tipo di interesse meritato dalle pubblicazioni di matrimonio, ma è chiaro che i genitori di un neonato, costretti a vedere in lui una minaccia alla loro permanenza in Italia, privi di mezzi per avvicinare un legale che ne sostenga la causa, non possono che agire in conseguenza della propria paura.
Certamente la mamma che partorisca in ospedale e riconosca il proprio bambino è protetta dall’obbligo al segreto sanitario (fermamente difeso dalle categorie professionali interessate) che in un primo tempo la Lega N0rd avrebbe voluto cancellare, con il complice consenso dei partiti di maggioranza e che è stato mantenuto nell’elenco delle eccezioni alla presentazione del permesso di soggiorno, confermando la permanenza dell’articolo già presente nella normativa precedente la legge 94 e non cancellato:

 5, L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul     soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia     obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.

Però la registrazioni anagrafica non si ferma qui: la nascita e l’eventuale paternità deve essere dichiarata anche in Comune.
In virtù della circolare ricordata sopra l’immigrato irregolare non deve esibire il permesso di soggiorno, ma, presentandosi pubblicamente,  può rendersi visibile ad un anonimo denunciante. Il meccanismo che crea tale situazione e attraversa subdolamente leggi e burocrazie è stato svelato da un fatto preciso [2]. Il 28 novembre 2010 la questura di Milano ha denunciato un medico  per  favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I soccorsi erano stati prestati a un egiziano irregolare che si era sentito male durante la protesta alla ex Carlo Erba a Milano. Il silenzio dovuto del medico era stato aggirato da una denuncia che, anche se anonima, aveva determinato la reazione dei pubblici uffici garanti della sicurezza.
E’ chiaro che il problema della registrazione anagrafica  potrebbe essere risolto assicurando la cittadinanza italiana a chi nasce in Italia, soluzione certamente auspicabile ma di lungo percorso cui non sarebbe di ostacolo la soluzione del piccolo problema della registrazione anagrafica di cui il governo è a piena conoscenza. Ne fa fede la risposta ad una recente interrogazione parlamentare:

Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94/09 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”.
E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.
Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (artt. 2,3,30 ecc .), nonché con la tutela del minore sancita dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27/05/1991), in particolare agli artt. 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.
Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge 94/09 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le disposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessita di prospettare interventi normativi in materia.
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO   (Miche1ino Davico)”

Il Ministero è quindi consapevole che la situazione di irregolarità dei genitori non deve negare i diritti del bambino, ma il problema non si risolve finché permane l’obbligo di presentazione dei documenti di soggiorno che pubblicano la condizione di chi si presenta con el conseguenze di cui si è detto. Finora istituzioni e società civile non hanno dimostrato interesse al problema.
Ma .. non è mai troppo tardi! 


[1] Il provvedimento trentino è stato segnalato dal prezioso sito dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione e la relativa ordinanza può essere letta all’indirizzo: http://www.asgi.it/public/parser_download/save/giudice_pace_tn_
ord_680_2010.pdf

[2] All’indirizzo  http://www.simmweb.it(sito della Società Italiana di medicina delle Migrazioni) la notizia in questione si trova in data 30 novembre, mentre in data 10  gennaio 2011. è riportata la dichiarazione dell’ordine dei medici della provincia interessata.

15 Marzo 2011Permalink

15 dicembre 2010 – Se l’istituzione è forte, è più forte della politica – 4

Una data importante: 10 dicembre

Nel mio scritto del 6 dicembre riportavo un passo della relazione ‘Bambini e Migrazioni’ del Convegno Congiunto della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) e del Gruppo di Lavoro Nazionale Bambino Immigrato (GLNBI –SIP, dove SIP sta per Società Italiana di Pediatria).
Quella relazione è diventata la base per il documento conclusivo (che potete leggere qui) e che significativamente è stato così sottoscritto: “Formulato il 20 novembre 2010, 21mo anniversario della Convenzione di New York sui Diritti dell’Infanzia – Sottoscritto il 10 dicembre 2010, Giornata Mondiale sui Diritti Umani a 62 anni dalla proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”        

Ora l’impegno culturale e civile, unito alla competenza professionale dei firmatari, offrono un grosso contributo a chi voglia occuparsi del problema migratorio da cittadino e non da benefattore, ma resteranno inefficaci – se non all’interno di qualche dimensione privata – se le istituzioni politiche (dal parlamento ai comuni) non se ne faranno carico.

A questo processo potranno dare un significativo apporto le associazioni di settore, informando, stimolando, verificando, senza limitarsi, come alcune fanno, a promuovere la propria immagine.
In questi giorni sono invasa da messaggi postali (grosse buste che getto con rabbia prima di aprirle: mi basta il nome del mittente) e da e-mail destinate alla cancellazione senza lettura, che mi chiedono denaro.
Non darò un euro a chi non si colloca in un processo dove tutti concorrono a un obiettivo condiviso e ognuno fa, consapevolmente, la sua parte, nel contesto di una cultura che non sfugge né ai doveri di solidarietà né ai comportamenti propri di una moderna concezione della cittadinanza.

Fra i vuoti della politica e gli svolazzi dei buoni sentimenti.

Sabato scorso, a conclusione della manifestazione indetta dal Pd, l’on Bersani, segretario del partito, ha ripetuto una espressione che aveva già proferito nella trasmissione di Fazio ‘ Vieni via con me’. Ha detto di volere leggi  “che impediscano che il disordine dell’immigrazione ricada sulla parte più debole della nostra popolazione e che dicano finalmente ad un bambino qui e figlio di immigrati: tu sei dei nostri, sei un italiano”.

Come temevo ho verificato purtroppo che molti ascoltatori si sono commossi, ne hanno ammirato la bontà d’animo (come se la cittadinanza avesse a che fare con un sentimento) e, soddisfatti della loro occasione di piccola catarsi stagionale, si sono fermati lì.
Nobile sogno (e così lo ha chiamato Bersani) quello di trasferire il concetto di cittadinanza dallo jus sanguinis allo jus loci, praticabile certo in un paese civile che però, a voler essere sfrenatamente ottimisti, a noi richiederebbe tempi lunghissimi per farsi realtà. E io spero si faccia realtà.
Io chiedevo solo di impegnarci in una corretta amministrazione dell’anagrafe, impegno altrettanto nobile, anche se meno esaltante, che non è certamente ostacolo alla modifica delle modalità di fondo del concetto di cittadinanza, anzi potrebbe facilitarne l’approccio.
E allora perché tanta difficoltà a cogliere il senso di una proposta così modesta?
Ho una mia interpretazione

Non sanno riconoscere il razzismo

L’idea mi è venuta quando, parlandone con qualche giornalista, mi sono sentita chiedere la segnalazione di un caso, perché altrimenti le mie considerazioni –pur condivise dagli interlocutori – non avrebbero potuto costituire notizia.
Quindi per i giornalisti, almeno per quelli che ho interpellato, l’esistenza di un principio razzista in legge non fa notizia, le notizie devono emozionare e perciò vogliono il loro cadaverino fresco di giornata.
Non si rendono conto che una persona che, per proteggere il neonato e se stesso, nasconda la nascita di un figlio non viene certo a raccontare pubblicamente il fatto e non sono al corrente che, intrecciando con solidale competenza varie disposizioni e circolari, chi si occupa dei migranti può riuscire ad allungare il periodo di permanenza in Italia di persone pur identificate irregolari.
Ma se questo risultato è risposta a un impegno attento e intelligente non può bastare a chi considera la realtà con il filtro della politica (intesa come faccenda della polis e non del gioco delle tre seggiole) e non ignora la storia (che non si riduce a tramandare usanze popolari e ad esaltare il conseguente ‘buon senso’, trasformando il pregiudizio in luogo comune).
Una prassi non può sostituire l’affermazione di un principio fondativo.
E invece basta. Perché?
E’ un altro tema che voglio affrontare in una prossima, e spero ultima, puntata
Ho bisogno di dar ordine ai miei pensieri sempre più turbati.

continua

15 Dicembre 2010Permalink

21 agosto 2010 – Chi garantisce il diritto di esistere?

Una notizia da Israele.

Il 16 agosto 2010 Lucia Cuocci (di cui ben conosco la conoscenza profonda della realtà israelo-palestinese) ha pubblicato su facebook un articolo del giornalista israeliano Aviad Glickman. Era in lingua inglese e io ho deciso di tradurlo.
Chi comunque volesse leggerlo nell’originale potrebbe farlo da qui. 

Eccone il testo:
“Lunedì il tribunale distrettuale di Gerusalemme ha deciso che lo Stato é responsabile per la morte avvenuta nel 2007 di Abir Aramin, una ragazzina palestinese di 10 anni e risarcirà la sua famiglia.
Il tribunale ha stabilito che la ragazzina è stata uccisa da un proiettile vagante di gomma sparato da un ufficiale della Guardia Confinaria.
Secondo la sentenza lo sparo fu il risultato di una negligenza dello Stato.
Inoltre con procedura civile la famiglia della ragazzina ha presentato appello all’Alta Corte di Giustizia chiedendo che gli sparatori israeliani siano sottoposti a processo dopo che il Pubblico Ministero avrà chiuso la causa intentata contro di loro.
Il giudice Orit Efal-Gabai ha affermato nella sua sentenza che non c’é dubbio che la sparatoria, avvenuta nel villaggio di Anata nella West Bank, ha violato delle regole di ingaggio.
”La sparatoria non aveva come obiettivo dimostranti o lanciatori di pietre. Abir e i suoi amici camminavano luongo una strada da cui non erano state lanciate pietre contro le Guardie confinarie. Secondo la sentenza  “non c’era un apparente motivo per sparare in quella direzione”.
L’azione legale, promossa nel mese di luglio 2007 dall’avvocato di parte civile Lea Tsemel in rappresentanza dei genitori di Abir, ha richiesto un risarcimento per la famiglia.
Per determinare l’ammontare del danno il giudice Efal-Gabai ha stabilito una successiva udienza che si terrà in ottobre. La sentenza si è basata sulle testimonianze degli amici di Abir. “Hanno vissuto un’esperienza veramente pesante e sono stati testimoni del ferimento di Abir ” ha affermato il giudice, aggiungendo che la versione degli eventi data dallo Stato, secondo la quale Abir sarebbe stata ferita da una pietra e non da una pallottola di gomma, era inattendibile.
In seguito alla morte di Abir la famiglia ha presentato un rapporto di un anatomopatologo che stabiliva che era stata colpita da un proiettile sebbene la Polizia Israeliana affermasse che un’autopsia aveva dimostrato che non era stata uccisa da un proiettile di gomma.
Il gruppo per i diritti umani Yesh Din e Bassan Aramin, padre di Abir, hanno presentato una petizione all’Alta Corte contro il procuratore generale e due ufficiali della Guardia Confinaria, chiedendo che gli stessi fossero processati.
A seguito dell’appello il Pubblico Ministero ha annunciato ulteriori indagini sulla morte della ragazzina.”
 

La notizia non è sorprendente: le morti di bambini palestinesi, colpevoli solo di vivere nei Territori Occupati, sono frequenti e non solo a Gaza, terra terribile di strage infinita, ma anche nella West Bank.
  Nel 2003 la fotografia di una bambina uccisa copriva i muri di Betlemme e così ne scriveva un coraggioso giornalista israeliano, Gideon Levy, in un articolo che il quotidiano Ha’aretz pubblicò con il titolo “Uccidere i bambini non è più una faccenda tanto importante” (Domenica 17 ottobre 2004, Cheshvan 2, 5765 secondo il calendario ebraico) : “Kristen Saada era nell’auto dei genitori, di ritorno a casa dopo una visita di famiglia, quando i soldati colpirono la macchina con una raffica di proiettili. Aveva 12 anni al tempo della sua morte … La pubblica indifferenza che accompagna questo seguito di sofferenze ignorate fa di ogni israeliano il complice di un crimine. Persino i genitori, che capiscono che cosa significa l’angoscia per il destino dei figli, si girano dall’altra parte e non vogliono sentir parlare dell’ansietà dei genitori dall’altra parte della barriera. Chi avrebbe creduto che i soldati di Israele avrebbero ucciso centinaia di bambini e che la maggioranza degli israeliani sarebbe rimasta in silenzio? Persino i bambini palestinesi sono diventati parte della campagna di disumanizzazione: uccidere centinaia di loro non è più una faccenda tanto importante”. 

E poco importante é rimasta, tanto che i casi singoli non fanno più notizia.
E invece l’articolo che ho riportato sopra, segnala un fatto di estremo interesse: l’intervento di un tribunale su un caso specifico, la morte di un’altra bambina per cui il padre e Yesh-Din, un gruppo israeliano impegnato nella difesa dei diritti umani, chiedono giustizia.

I diritti dei bambini: giustizia e politica.

La giustizia può agire caso per caso, diventando forse spia di un disagio, la politica potrebbe produrre indicazioni di ordine generale tali da modificare una situazione.
Questo non accade in Israele e non accade in Italia.
Le leggi balorde che vengono votate avviandoci a un democratico precipizio affondano nella stessa pubblica indifferenza di cui scriveva ormai sette anni fa Gideon Levy.
La nostra Costituzione “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” nel rispetto di quei “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” che “la Repubblica riconosce e garantisce”.
Non a caso l’art. 2 usa il termine Repubblica e non Stato ad indicare tutti i livelli dell’ordinamento, ognuno dei quali sembra –fra silenzio e consenso – sfuggire alle proprie responsabilità o violare i principi della Carta.

Paradossalmente gli attivissimi sindaci leghisti non esitano a proclamare oscenità,  pronunciandosi nella consapevolezza del loro ruolo, pur violato e umiliato dalle loro stesse affermazioni, mentre quelli che ancora hanno coscienza della dignità di ogni cittadino e cittadina non osano parlare e delegano il rispetto dei diritti ad associazioni certamente meritevoli ma sempre più implose su se stesse e incapaci di stimolare le istituzioni locali a un esercizio pubblico e trasparente del proprio ruolo.
Sindaci, province, regioni sostengono queste associazioni –sfuggendo alle proprie responsabilità istituzionali e coprendosi dietro l’altrui ‘bontà’ per non urtare direttamente il diffuso razzismo del buon senso- e quel rapporto appare materia di voto di scambio.
Non é una bella deriva.

 Sindaci d’Italia fra abiezione e dignità

Propongo di nuovo la fotografia del manifesto del Sindaco di San Martino dall’Argine, che ho già pubblicato il 26 novembre 2009, sperando che qualcuno mi indichi un documento altrettanto esplicito ma promotore dei diritti dei cittadini, forti o deboli che siano, e non della pratica della caccia all’uomo già cara al Ku Klux Klan. 
Ho il dubbio che non esista nulla di altrettanto esplicito e trasparente ma speculare e opposto.
Le scritto precedente riporta il testo di un’interrogazione parlamentare che chiede la revisione di un punto di una legge intollerabile ma, a proposito della registrazione anagrafica dei figli dei sans papier, particolarmente abietta.
Attendo con curiosità di sapere se vi sia almeno un altro parlamentare –comunque collocato – capace di farsi carico del problema e se i sindaci sono disposti a farsi carico del fatto che la legge impone una umiliazione del loro ruolo. Un loro primario obiettivo dovrebbe essere l’evidenza della popolazione che vive sul loro territorio: gli ostacoli costruiti dal nuovo concetto di sicurezza possono renderlo impraticabile

21 Agosto 2010Permalink