19 marzo 2012 – Apolidi e UNHCR

L’ UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) ha recentemente reso pubblico un documento che l’Associazione Studi Giuridici Emigrazione (ASGI) ha riportato nel suo sito, corredato dallo studio (in inglese) su cui il testo  si fonda.
Il documento è limpido.
Si apre con un’affermazione che, in un paese che si considera civile, dovrebbe dar luogo a conseguenze che non interessano né i cittadini italiani, né i legislatori: “Un bambino che nasce apolide oggi affronterà un futuro incerto ed insicuro” e precisa che “A livello globale, gli apolidi, ovvero le persone che non posseggono la nazionalità di alcuno stato, sono circa 12 milioni, di cui addirittura la metà potrebbero essere bambini”
Poi ci propone la seguente considerazione: “Gli apolidi sono tra le persone più povere ed emarginate al mondo, spesso sono popolazioni invisibili che risultano difficili da censire”.
In Italia tale difficoltà – che il documento UNHRC riferisce all’impossibilità delle madri in alcuni paesi dell’Africa, dell’Asia e anche americani ad attribuire ai figli la propria cittadinanza anche autonomamente dal marito e comunque dal padre del bambino – permane in legge, limitatamente ai figli di coloro che, privi di permesso di soggiorno, dovrebbero esibirlo all’atto dell’iscrizione dei nuovi nati, esponendosi così al rischio di espulsione.
A fronte della vergogna di questa norma l’allora Ministro dell’Interno Maroni ‘rimediò’ con una circolare che dice essere obbligo iscrivere in ogni caso il neonato nei registri dello stato civile del comune al fine di garantirgli il certificato di nascita (Non credo di dover chiarire ulteriormente dato che da tre anni scrivo nel mio blog di questo problema e non mi faccio scrupolo a diffondere gli scritti. Mi collego comunque al più dettagliato mio intervento in merito come pubblicato dal mensile genovese Il Gallo).
Se da allora è possibile riconoscere i propri figli a seguito di una circolare permane però in legge la negazione della genitorialità che sarebbe possibile cancellare senza nessun passaggio parlamentare.
Credevo che i cittadini italiani si sarebbero sentiti offesi dalla presenza in  legge di una norma di sapore razzista (come altro definire la discriminante burocratica identificata da rappresentanti delle istituzioni proni alla cultura della Lega Nord?).
Credevo ma sbagliavo perché la questione non interessa neppure – fatte salve  pochissime eccezioni fra cui ricordo il GrIS– le organizzazioni che si dichiarano interessate ai diritti dei migranti, comprese quelle che –per meglio tutelarli – si sono messe in rete.
A questo punto mi sento finalmente di dichiarare un mio sospetto.
I neonati, di cui mi sono interessata, non votano, non chiedono di votare, non manifestano in piazza, non si aggregano per onorare con la loro presenza gli autoproclamati tutori di diritti (o almeno di alcuni diritti).
Non offrono fama e onore, o almeno visibilità, a chi eventualmente li protegga.
Ora, a seguito del documento dell’UNHRC potrebbe esserci qualche progetto finanziato a promuovere una legislazione intesa ad evitare l’apolidia nei paesi in cui vi sono difficoltà (almeno quelle di genere) a riconoscere i propri figli e garantire loro il godimento della cittadinanza nello stato in cui sono nati o almeno quella dei loro genitori (fosse pure uno solo di essi).
E allora associazioni (e anche chiese? Perché no? L’ipocrisia è ben diffusa) andranno, forti della loro civile provenienza, a spartirsi il bottino o almeno offriranno il loro consenso a chi può spartirselo. Sarà un bottino miserello? Meglio che nulla:  siamo in crisi! E, in ogni caso, un impegno per sollecitare una modifica della legge non assicurerebbe guadagno alcuno.
Ricordo che una proposta di modifica c’è, è all’attenzione del parlamento, ma viene ampiamente ignorata.

19 Marzo 2012Permalink

13 febbraio 2012 – Ancora informazioni non deprimenti …..

Segnalazione

Dal 28 gennaio scorso l’utilissimo  sito della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni ha reso disponibili nell’area Dossier del sito simmweb (raggiungibile anche da qui) i collegamenti con le schede riassuntive dei dati Istat e dei rapporti Caritas Migrantes dal 2005 ad oggi.
Per chi sia interessato a ragionare con il sostegno della statistica questo spazio rappresenta veramente una risorsa.

La registrazione delle nascite e la chiesa anglicana.

Traduco dal sito www.eni.ch  (Ecumenical News International – PO Box 2100 – CH – 1211 Geneva 2 – Switzerland) e di seguito riporto il testo inglese per chi volesse la certezza della notizia.

La rete anglicana promuove la campagna per la registrazione delle nascite.

Nelle nazioni industrializzate il certificato di nascita è dato per scontato anche se viene considerato una noiosa burocrazia. Ma nel mondo sviluppato  l’esistenza di questo documento può fare la differenza fra la piena partecipazione ai diritti di cittadinanza o la semplice sopravvivere.
Per questo la Rete Internazionale della Famiglia Anglicana (IAFN) ha lanciato una campagna mondiale per la registrazione delle nascite.
La rete chiede alle chiese anglicane di associarsi con i governi e altri enti per garantire che i bambini nati nel 2012 e negli anni seguenti vengano registrati.
La IAFN ha affermato in un recente documento “Pià  che una formalità legale, la registrazione delle nascite apre la porta alla scolarizzazione e alle cure mediche. Senza tale documento le persone non possono essere in grado di ottenere un passaporto, comprare una casa o un terreno, o sposarsi”,

Anglican network starts campaign for birth registrations

(ENInews)–In industrialized nations, a birth certificate is taken for granted, even regarded as a bit of tedious bureaucracy. But in the developing world, the existence of such a record can mean the difference between full participation in citizenship, or barely living. That’s why the International Anglican Family Network (IAFN) has launched a global campaign to register births. The network is calling on Anglican churches to partner with government and other agencies to ensure that babies born in 2012 and after are registered. “More than just a legal formality, birth registration opens the door to education and healthcare,” the IAFN said in a recent news release. “Without it, people may not be able to obtain a passport, own a house or land, or marry.” [555 words, ENI-12-0040]

 Per quanto il nostro paese possa vivere un periodo di sofferenza non può considerarsi economicamente sottosviluppato ma sembra vivere in un pesante clima di sottosviluppo culturale.
Questo blog conosce bene (sono più di tre anni che ospita notizie e considerazioni in proposito) il problema della registrazione anagrafica e sa che per due anni una normativa razzista ha impedito il matrimonio alle coppie uno dei cui membri fosse privo del permesso di soggiorno, tanto che solo il coraggio di pochi che hanno denunciato questa vergogna ha permesso alla corte costituzionale di cancellare la norma proibizionista.
E’ rimasto però in legge il vincolo che vuole la presentazione del permesso di soggiorno per registrare la nascita di un proprio figlio. Che questo vincolo sia praticamente aggirato con strumenti burocratici di livello inferiore alla legge e quindi sia possibile registrare le nascite non basta a chi si consideri cittadino responsabile.
Lo scorso mese di novembre è stata presentante in parlamento una proposta di legge finalizzata a porre rimedio alla situazione (questo blog ne ha scritto il 2 dicembre scorso e non solo) ma in parlamento nulla ancora si è mosso.
Potremmo provare a ricorrere  alla chiesa anglicana, certamente minoritaria in Italia ma, dato che quella maggioritaria si segnala per un indecente silenzio in proposito. usiamo degli strumenti che si rendono disponibili!

13 Febbraio 2012Permalink

9 febbraio 2012 – Alcuni casi interessanti di corretta giustizia

Una vetrina ad Adro (BS).

Nella vetrina della sede della Lega Nord di Adro (BS) si poteva leggere il manifesto che con fatica trascrivo: “Cara la me romana [Romana  è il nome della vittima] sono tutti bravi a fare i culattoni con i culo degli altri (tipico dei comunisti: quello che è tuo è mio e quello che è mio è mio) portatelo a casa tua il beduino sfrattato (non paga l’affitto da due anni) poi nella casa del comune ci mettiamo  gente anziana e bisognosa ma di Adro. Prima i nostri e poi gli altri! W la lega nord W Bossi”
Nel sito dell’Asgi si spiega l’origine di quel manifesto: “Con tutta evidenza, il manifesto trae origine dall’opposizione manifestata dalla segretaria locale della CGIL nei confronti delle politiche e dei comportamenti adottati dalla Lega Nord locale, partito di maggioranza nel consiglio comunale (tra cui la famosa apposizione di centinaia di simboli della Lega Nord, il c.d. “Sole delle Alpi”, sulle suppellettili e sulle strutture della scuola comunale) nonché del suo impegno a favore dell’inclusione sociale e della non discriminazione degli immigrati residenti.  …Più nell’immediato, la frase si riferiva all’impegno dell’interessata a favore di una famiglia di immigrati che era stata oggetto di una procedura di sfratto”.
Il Tribunale di Brescia  – leggiamo sempre nel sito della Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione –  ha giustamente ravvisato nei contenuti e nel linguaggio utilizzato nel manifesto affisso sulla pubblica via una portata diffamatoria associata ad una valenza razzista e xenofoba, resa esplicita dall’utilizzo del termine denigratorio “beduino” per identificare un immigrato di provenienza mediorientale. Di conseguenza, il giudice di Brescia ha accolto il ricorso proposto dalla diretta interessata, da ASGI e Fondazione Guido Piccini di Brescia, ritenendo che il comportamento in oggetto abbia costituito una molestia razziale in quanto posto in essere “allo scopo di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo” (art. 2 c. 3 d.lgs. n. 215/2003) e questo con una motivazione di fondo evidentemente razzista e fondata sul disprezzo nei confronti degli immigrati extracomunitari.

Esclusi dal servizio sanitario, ma ….

Osservando con un po’ d’attenzione gli interventi della magistratura o anche semplicemente certe indicazioni di carattere amministrativo, è possibile ritrovare concetti interessanti e confortanti.
Per esempio il 30 gennaio il sito della Società italiana di medicina delle migrazioni ha pubblicato una sentenza del Tribunale del lavoro di Milano con la quale non si procede «alla cancellazione automatica della scelta del cittadino extracomunitario» se non in caso di «mancato rinnovo del permesso di soggiorno, così come comunicato all’Asl dagli organi competenti». In base al provvedimento della Regione, invece, le Asl erano autorizzate a rimuovere il nominativo anche solo in assenza di informazioni aggiornate da parte degli uffici per l’immigrazione.
E’ la risposta a quanto aveva deciso quattro anni fa la Regione Lombardia che aveva chiesto alle ASL di cancellare coloro il cui permesso di soggiorno fosse scaduto, senza che vi fosse stata formale comunicazione da parte degli uffici per l’immigrazione.
I medici, che avessero continuato a curare i loro pazienti avrebbero dovuto restituire le somme ricevute in relazione ai pazienti non in regola con il permesso di soggiorno, conteggiate con valore retroattivo.

I comuni non debordino dalle loro funzioni

L’UNAR Ufficio della Presidenza del Consiglio dei Ministri (istituito nel 2003 in attuazione della Direttiva dell’Unione europea 43/2000 per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica) ha valutato discriminatoria  la delibera del Comune di Azzano X (Pn) che esclude gli stranieri dall’assistenza sociale in quanto “contraria alla normativa nazionale sull’immigrazione e non conforme al diritto dell’Unione europea in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari, e di parità di trattamento a favore dei lungo soggiornanti e dei rifugiati”.
Lo apprendiamo dal sito dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione che ha pubblicato la notizia nel suo sito il 18 gennaio scorso.
Più volte, nel corso degli ultimi anni, avevamo registrato analoghe prese di posizione dell’UNAR nei confronti di casi segnalati relativi a singoli atti di comuni e regioni ma ora è l’ufficio è intervenuto  con tre raccomandazioni che evidentemente vogliono prevenire atti discriminatori.
Le tre raccomandazioni riguardano: l’ accesso all’edilizia residenziale pubblica (n. 14 del 30 gennaio 2012), l’iscrizione anagrafica (in questo caso si tratta dell’iscrizione nei registri della popolazione residente   -n.15 del 30 gennaio 2012) e le  tariffe differenziate polizze RCA (n. 16 del 31 gennaio 2012).
Senza entrare nel merito di ogni singolo documento vogliamo proporre solo una citazione che finalmente – dopo anni di grida oscillanti fra la brutalità di politiche finalizzate all’esclusione e proclami ispirati all’indeterminata e spesso confusa volatilità dei buoni sentimenti – comincia a dare un nome alle cose. La troviamo nella raccomandazione n. 15.
Citando, ed evidentemente condividendo, una sentenza del Tribunale di Brescia si afferma infatti che tra le materie che  il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali riconosce di competenza di un Sindaco ci sono anche “competenze in materia di ordine pubblico e sicurezza, tra le quali non rientrano, all’evidenza, le iscrizioni anagrafiche condizionate all’esistenza di requisiti ben individuati ed eguali per tutti i soggetti richiedenti, siano essi cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti in Italia”.
Se questo principio fosse stato presente nella formulazione del ‘pacchetto sicurezza’ e, per la nostra regione, nella predisposizione di numerose leggi che la corte Costituzionale ha regolarmente rinviato ne avrebbe tratto beneficio un lavoro istituzionale, causa di tante deviazioni, fra cui –last but not least – quella dei i costi inutili della politica che per motivi di pretestuosa propaganda sceglie di perdere tempo producendo decisioni non solo insensate ma inapplicabili.
Crediamo sia importante segnalare che i casi di discriminazione che possono essere posti all’attenzione dell’Unar non riguardano solo gli stranieri ma ogni situazione in cui qualcuno possa venir penalizzato in nome di una sua condizione: significativamente l’homepage dell’UNAR riporta il primo comma dell’art. 3 della Costituzione.
Un apposito spazio inoltre “consente a chi si ritiene vittima di discriminazione razziale o a chi ha assistito a fatti del genere di informare l’ UNAR che utilizzerà queste informazioni per cercare di rimuovere la discriminazione segnalata”.

9 Febbraio 2012Permalink

12 dicembre 2012 – I custodi dell’imene

La prima vittima: fra apparenza e realtà 

Una ragazzina denuncia uno stupro, discinta e insanguinata (almeno così la descrivono i giornali) risulta credibile e… ma sui risultati di questa credibilità tornerò dopo.
Ora voglio soffermarmi su di lei, per cui provo una grande pena.
Quando si rende conto dei risultati della sua denuncia, confessa: aveva inventato tutto.
Si trattava di una bugia difensiva perché la famiglia la voleva –povero oggetto che la compravendita tribale pretendeva integro alla prevista consegna– vergine fino al matrimonio.
Se la storia finisse qui potremmo pensare al normale sacrificio della dignità e della decenza altrui in nome di un arcaico, ma non concluso, mercato matrimoniale, in onore della famiglia patriarcale dove, se il patriarca è padrone, trova sempre complici servili quale che ne sia il genere e quale che ne sia la religione, se in una religione il clan si riconosce.
Ma la storia non finisce qui perché la ragazzina, istintivamente, capisce (o almeno io capisco così) che deve stornare l’interesse dei sui familiari-custodi dal suo imene e rivolgerlo ad altri.
Gli altri sono lì, pronti all’uso, pubblicamente pubblicizzati senza riserve di consapevolezza.
Così aveva affermato un deputato della Lega Nord: “Ora che la pioggia è riuscita nell’impresa in cui aveva fallito il sindaco Piero Fassino, ossia lo sgombero del campo nomadi abusivo sul Lungo Stura Lazio, mi auguro che il comune provvederà all’identificazione di tutti gli irregolari che vivevano in quel campo”.
E’ un’affermazione che a suo  tempo avevo letto da varie parti e che ora ho ritrovato e rendo leggibile da qui, riportando alla fine anche l’indirizzo della fonte * per esteso. 

E che i ‘colpevoli’ fossero pronti all’uso quella poveretta lo sapeva, probabilmente glielo avevano detto in casa se si è sentita in dovere di precisare che i suoi stupratori erano zingari e alla sua dichiarazione (che saranno i carabinieri a verificare non i familiari) questa famiglia, evidentemente ben organizzata,  riesce a promuovere immediatamente una crociata contro i campi rom, ripercorrendo l’antica lezione dei crociati storici che, strada facendo, non si facevano scrupolo di devastare le comunità di ebrei che la chiesa aveva indicato come deicidi.
Ognuno ha il suo dio e ognuno i suoi nemici da combattere!
C’è da sperare che ora la povera ragazzetta non sia mutilata per sempre della gioia di un fondamentale rapporto umano ma che qualcuno l’aiuti, nel far pace con se stessa (ma sarà mai possibile?), a farsi forte di quel senso di responsabilità e rispetto di sé di cui finora è stata derubata (e questa sì è violenza e di questo furto quella poveretta è stata ed è veramente vittima). 

Nella realtà, le altre vittime

Mentre la marcia proseguiva il fratello della ragazzina veniva a conoscenza della verità e –sempre che i giornali non mentano – si precipitava a fermare l’avanzata dei neo crociati, ma era troppo tardi. Chi risarcirà ora i rom cui è stata risparmiata solo la vita?

 

Ma i rom non sono le sole vittime del pregiudizio e del bisogno del capro espiatorio .
Non posso non pensare a tutti i ‘no’ che mi sono stati detti quando cercavo di sostenere la necessità di modificare la legge che pretende la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione della nascita, negando quindi – ai figli di sans papier e ai sans papier stessi – il diritto alla genitorialità.
E’ chiaro che dalla negazione di questo diritto discendono una serie di danni che non sto qui a ricordare (ne ho scritto per tre anni nel mio blog, chi volesse farne memoria può attivare i tag anagrafe e bambini).
Ora c’è una proposta di legge che vuole dare dignità al nostro patto sociale superando  la ferita profonda che nega il riconoscimento dell’esistenza per ragioni burocratiche (ne ho scritto nel mio blog il 2 e il 5 dicembre). Sarà sostenuta? Non lo so. 

Resta per me la ferita provocata da una politica che, a parte la scelta di mezzi cartacei e non fisici, ritengo perfettamente parallela e consona alla marcia dei neocrociati torinesi e, soprattutto, permane l’orrore che mi ha provocato l’indifferenza dei sindaci a fronte del ruolo di garanti del  territorio che dovrebbero governare, ruolo loro negato in legge a danno dei più deboli. Ed estendo questo orrore alle chiese (metto in primo luogo quella cattolica per il potere sulle coscienze e politico che le è riconosciuto) nei riguardi di questo problema. 

Nota che vorrei inutile, ma so che non lo è:  So bene che una circolare, precipitosamente emanata dall’allora ministro dell’interno Maroni, ha ‘concesso’ la registrazione anagrafica per i figli dei sans papier, ma una circolare non è legge e in legge il divieto permane.
Anche di questo ho scritto in questo mio blog e voglio segnalare che l’unica realtà associativa che, a mia conoscenza,  abbia colto il significato di questo problema (prima della proposta di legge di cui ho riferito) è stato il GrIS (Gruppo immigrazione e salute del Friuli Venezia Giulia) di cui riporto per esteso il comunicato emesso il 28 ottobre scorso (leggibile alla fonte da qui). 

Un segno di civiltà – il comunicato del GrIS

Il Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS) Friuli Venezia Giulia (della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – SIMM) ha aderito alla campagna ‘L’Italia sono anch’io’ che promuove due proposte di legge a iniziativa popolare relative ai diritti dei migranti.
In particolare il GrIS del FVG ritiene che la proposta di Nuove norme sulla Cittadinanza, riconoscendo ad ogni nuovo nato in Italia il diritto ad esserne cittadino, attengano direttamente ai propri obiettivi di promozione della salute come diritto umano al completo benessere fisico, mentale e sociale, come ribadito, nel maggio di quest’anno, dalle “Raccomandazioni finali dell’XI Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni”
Poiché è chiaro che un diritto è tale solo se si declina in termini di uguaglianza, il GrIS del FVG non può non guardare con preoccupazione alla legislazione in vigore che – dal 2009- impone ai migranti irregolari che vogliano registrare la nascita del proprio figlio la presentazione del permesso di soggiorno, documento che – per definizione – non possiedono.
Qui non si tratta di attribuzione di cittadinanza ma di garantire ad ogni bambina e ad ogni bambino sin dalla nascita, un nome e una nazionalità, come vuole la Convenzione di New York del 1989 che in Italia è legge (n.176/1991) evitandone la discriminazione in nome di un cavillo burocratico.
L’assenza di un certificato di nascita comporta gravi conseguenze per la tutela della salute.
Siamo al corrente che è stata precipitosamente emanata dal governo, a pochi giorni dall’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ una circolare interpretativa che apre una procedura che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite.
Ma ciò non basta.
La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 del 2009 (cd. pacchetto sicurezza).

 

NOta finale: 

Al riferimento  della fonte * relativa alle dichiarazioni pro alluvione di un deputato leghista aggiungo anche alcuni riferimenti ad articoli di giornali che descrivono la vicenda della efficace crociata torinese 

* http://www.polisblog.it/post/12287/per-la-lega-lalluvione-a-torino-sgombera-i-campi-rom-dato-di-fatto-o-razzismo  

http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/12/12/news/santini_ovunque_e_tapparelle_chiuse_sandra_piange_ora_come_ne_esco-26452967/?ref=HREC1-4 

http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/12/11/news/torino_ultr_bruciano_il_campo_ro
m_terrore_per_uno_stupro_inventato-26420781/?ref=HREC1-1  

http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_10/torino-caccia-stupratori_46a32a40-2341-11e1-bcb9-01ae5ba751a6.shtml  

http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/433883/

12 Dicembre 2011Permalink

2 dicembre 2011 – Una storia noiosa e qualche commento.

Alcune tappe di una storia noiosa.

Il 2 agosto del 2010 l’on, Orlando ha presentato un’interrogazione sulla questione che potrete leggere da qui.
Nel timore che finisse nel calderone delle interrogazioni inevase ho scritto al Presidente della Camera, per sollecitarlo a garantire un riscontro alla interrogazione Orlando.
La relativa corrispondenza può leggere qui.
Il sollecito del Presidente della Camera ha portato a una risposta scritta dell’allora sottosegretario Davico, un piccolo capolavoro di sintesi della rozzezza di un’intelligenza devastata dal pregiudizio che merita una lettura per aiutarci a ricordare quel che abbiamo passato e forse superato (ma non sono sicura).
Il 6 dicembre 2010 la Società Italiana  di Medicina delle Migrazioni (SIMM) affrontava il problema  in un suo documento. Il tema sarebbe stato ripreso il 24 dicembre di quest’anno in un comunicato del GrIS del Friuli Venezia Giulia, Gruppo locale Immigrazione e Salute della SIMM.
Sempre nel dicembre 2010 ho scritto al Presidente della Repubblica che mi ha risposto tramite, naturalmente, la sua segreteria  (corrispondenza leggibile da qui).
Per ciò che concerne l’informazione locale devo segnalare che, oltre al comunicato del GrIS citato sopra, ho sempre trovato spazio sul mensile udinese Ho un sogno e ho potuto scrivere un articolo su Il Gallo di Genova lo scorso mese di marzo.

L’amaro piacere di qualche commento

Evidentemente non riesco a liberarmi da ingenuità che l’esperienza imposta dall’età non dovrebbe consentirmi e quindi sono rimasta sconcertata dalle reazioni  che ho avuto modo di registrare quando parlavo  del problema della registrazione anagrafica dei figli di sans papier. Nello stesso tempo voglio tenere ben fermo il mio diritto all’indignazione e, qualche volta, al disgusto.
Mi è stato detto che ‘non è possibile quindi non è vero’, che ‘in questa situazione (Berlusconi ancora regnante) non ci sentiamo di parlare’, che ‘non protestiamo, ci affidiamo alla  sensibilizzazione’ o –meglio- ‘alla pancia’ (testuale e detto da donne … signore mie se nel ’74 ci fossimo avvitate sulle emozioni delle nostre pance non avremmo il divorzio!) e via blaterando…
Drammaticamente in molte associazioni ci si è affidati alla circolare del 2oo9 che ‘interpreta’ la legge dicendone il contrario e ammettendo quindi la registrazione anagrafica dei neonati.
Altro non poteva fare quello sciagurato ministero dell’interno, pena subire un richiamo da parte delle istituzioni europee, ma, se va detto ad onore degli operatori che collegando circolare e altre norme a tutela della maternità presenti nel testo unico del 1998 (che né la legge Bossi-Fini né il pacchetto sicurezza erano riusciti a cancellare),  riuscivano a proteggere neonati e genitori, non posso dimenticare che anche in associazioni sedicenti democratiche e sensibili (sic! Odio la sensibilità incompetente!|) correva voce che la situazione fosse sistemata, appunto con la circolare.
Ormai il criterio della beneficenza dilagante ad onore (e forse piacere) di chi la pratica e l’abbandono programmatico di ogni dignità di cittadinanza percorre –da destra a sinistra- tutta la nostra società che fu civile.
Per carità di patria non mi soffermo sul silenzio dei sindaci, pavidi minuscoli podestà, ignari del ruolo che dovrebbero esercitare nei confronti di tutti coloro che vivono – e nascono – nel loro territorio.

I matrimoni

A proposito della mia ingenuità colpevole di cui sopra, pur sapendo che la legge 94 del 2009 (lettera g comma 22 articolo 1) colpiva tutti gli atti di stato civile –e quindi oltre alla registrazione delle nascite negava anche quella dei matrimoni di chi non potesse presentare titolo di soggiorno – mi ero concentrata sulle nascite perché mi sembrava che la guerra ai neonati fosse quanto di più ripugnante si potesse segnalare (e comunque a tanto non erano arrivate nemmeno le leggi razziali del 1938).
L’indifferenza generale mi ha insegnato che non è così e, se la Corte Costituzionale è potuta intervenire a cancellare il divieto a celebrare matrimoni di persone prive di permesso di soggiorno (il pacchetto sicurezza aveva provveduto anche a una modifica del codice civile!), è stato perché una coppia mista  ha fatto ricorso contro il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di non so quale comune siciliano  e ha vinto la causa, per sé e per tutti gli altri che si troveranno nelle stesse condizioni (ma chi rimedierà ai danni compiuti nei due anni trascorsi? Chi chiederà perdono per aver negato l’esercizio di diritti fondamentali che spettano a tutti in condizioni di uguaglianza?  E a chi? Non credo che i sindaci che abbiano detto no alla celebrazione di matrimoni di sans papier abbiano preso nota del nome delle persone offese nell’ipotesi di poter rimediare in futuro).
Bisogna rendere onore a quei pochi che ancora esercitano il loro dovere di parola là dove è possibile, che ancora sanno cosa significhi un diritto  e non si limitano all’urlo o al piagnisteo che collega – in un sordido clima emotivo – chi non sa – o non vuole – fare altro.
Particolarmente interessante a questo proposito la posizione della chiesa cattolica i cui ministri di culto  nell’atto di celebrare matrimoni sono ufficiali di stato civile e si sono accodati al no dei sindaci che, consapevoli o inconsapevoli che fossero, li coinvolgeva.
Sull’argomento matrimoni, di cui ho trovato notizie nel sito della Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI),  ha pubblicato un mio articolo la rivista Confronti (novembre 2011 –www.confronti.net).

2 Dicembre 2011Permalink

23 Novembre 2011 – “Una follia negare la cittadinanza”

“Una follia negare la cittadinanza” , così titola la stampa del 22 novembre, facendo riferimento al discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica il 15 novembre  e che è possibile leggere per intero nel sito del Quirinale (si può fare anche da qui).
Così il Presidente esprime la sua consonanza con la legge a iniziativa popolare per cui vengono raccolte le firme nel contesto dell’iniziativa ‘L’Italia sono anch’io’  (per chi fosse interessato ricordo che, oltre che nei  banchetti che vengono promossi in luoghi vari delle città italiane,  è possibile  firmare anche negli uffici elettorali dei comuni).
Sempre da La Stampa apprendo che il senatore Marino ha depositato un disegno  di legge conforme a quello a iniziativa popolare, firmato da 113 senatori, di cui ho trovato notizia nel sito web del senatore che potete raggiungere anche da qui)  

Contrastare la discriminazione  –  Pro memoria.

Sono pienamente convinta che l’attribuzione della cittadinanza ai nuovi nati risolverebbe  (non oso ancora dire risolverà: nella pervasività della cultura della paura e della discriminazione, che la Lega Nord ha saputo abilmente suscitare, l’indicativo mi sembra troppo impegnativo) la maggior parte dei problemi che si oppongono a misure di civiltà relative a precisi diritti fondamentali.
Voglio ricordare la definizione datane dalla Corte Costituzionale che  ha detto come  tali diritti appartengano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», di talché la «condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi»
La Corte si è espressa, riferendosi specificatamente ai matrimoni, con la sentenza n.245 dello scorso mese di luglio  (leggibile da qui) di cui ho scritto nel mio pezzo del 6 agosto.
Dopo che è stata pubblicizzata l’iniziativa de l’Italia sono anch’io alcuni comuni hanno comunicato ai residenti stranieri che compivano 18 anni – e che, diventando maggiorenni, non avrebbero potuto giovarsi del ricongiungimento familiare o di altre forme di tutela riservata ai minori – la possibilità di chiedere la cittadinanza italiana.
Ne ho scritto, ricordando che tale iniziativa è stata condivisa anche dal comune di Udine.
nel mio pezzo del 10 novembre che si può leggere da qui.

Last but not least: figli di sans papier.

Finalmente posso ordinatamente segnalare alcune importanti  iniziative positive.
Resta per me fondamentale la problematica della discriminazione, già al momento della registrazione anagrafica, dei figli di immigrati irregolari.
Ne ho scritto tante volte e, azionando i tag bambini o anagrafe, ne uscirà un materiale forse eccessivo, ma non avevo altro mezzo che scrivere per dire che io non  ci sto.
Ci sono casi in cui al responsabilità personale diventa ineludibile.
A titolo di informazione cito soltanto il mio articolo pubblicato dalla rivista Il Gallo che è leggibile anche da qui.
Fortunatamente della questione si è fatto carico il Gruppo immigrazione e salute – GrIS  del Friuli Venezia Giulia con il comunicato che ancora una volta trascrivo

Il Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS) Friuli Venezia Giulia (della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – SIMM) ha aderito alla campagna ‘L’Italia sono anch’io’ che promuove due proposte di legge a iniziativa popolare relative ai diritti dei migranti.
In particolare il GrIS del FVG ritiene che la proposta di Nuove norme sulla Cittadinanza, riconoscendo ad ogni nuovo nato in Italia il diritto ad esserne cittadino, attengano direttamente ai propri obiettivi di promozione della salute come diritto umano al completo benessere fisico, mentale e sociale, come ribadito, nel maggio di quest’anno, dalle “Raccomandazioni finali dell’XI Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni”.
Poiché è chiaro che un diritto è tale solo se si declina in termini di uguaglianza, il GrIS del FVG non può non guardare con preoccupazione alla legislazione in vigore che – dal 2009- impone ai migranti irregolari che vogliano registrare la nascita del proprio figlio la presentazione del permesso di soggiorno, documento che – per definizione – non possiedono.
Qui non si tratta di attribuzione di cittadinanza ma di garantire ad ogni bambina e ad ogni bambino sin dalla nascita, un nome e una nazionalità, come vuole la Convenzione di New York del 1989 che in Italia è legge (n.176/1991) evitandone la discriminazione in nome di un cavillo burocratico.
L’assenza di un certificato di nascita comporta gravi conseguenze per la tutela della salute.
Siamo al corrente che è stata precipitosamente emanata dal governo, a pochi giorni dall’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ una circolare interpretativa che apre una procedura che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite. Ma ciò non basta.
La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 del 2009 (cd. pacchetto sicurezza). 

Una risposta

La richiesta conclusiva del comunicato ha trovato una risposta il cui primo segnale è visibile nel sito della camera dei deputati.
Trascrivo:
Atto Camera: 4756 Proposta di legge: LEOLUCA ORLANDO: “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno”.
Per ora un indizio, spero che quanto prima venga pubblicato il testo della proposta.
Ne darò immediatamente notizia.

Sono pienamente consapevole che la circolare interpretativa di cui parla il comunicato (e ampiamente illustrata nell’articolo de Il gallo)  è stata utile strumento per chi, con competenza e onestà, si occupa di assistere gli immigrati nell’espletamento delle procedure che li riguardano ed è stata rispettata dai comuni non inquinati dal flusso dilagante di inciviltà.
Ma, se a un operatore –vuoi dell’ente locale vuoi del mondo associativo- tanto può bastare, non è così per un cittadino che, in quanto tale, non può accettare che motivi di discriminazione dichiarati in legge costringano un neonato a non avere genitori che la legge riconosca e a diventare apolide.
E’ per questo che da tre anni – e sono stati anni di frustrazioni e delusioni cocenti – mi occupo della registrazione anagrafica dei neonati figli di immigrati irregolari.

La peste è contagiosa.

Prima sono venuti a prendere gli zingari,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo zingari;
poi sono venuti a prendere gli ebrei,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo ebrei;
poi sono venuti a prendere i comunisti,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo comunisti;
poi sono venuti a prendere gli omosessuali,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo omosessuali;
infine sono venuti a prendere noi,
e non c’era più nessuno capace di protestare.
Martin Niemöller

23 Novembre 2011Permalink

24 ottobre 2011 – Anagrafe e cittadinanza – Un intervento importante

GrIS e bambini irregolari

Ricevo e riporto integralmente.  Per conoscere il GrIS andare a Simmweb e procedere secondo le indicazioni  

  

      GrIS Fvg     s.i.m.m.         

      Gruppo Immigrazione Salute Friuli Venezia Giulia            

     Società Italiana di Medicina delle Migrazioni    

  “anagrafe e cittadinanza: bambini irregolari ? “   

Il Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS) Friuli Venezia Giulia (della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – SIMM) ha aderito alla campagna ‘L’Italia sono anch’io’ che promuove due proposte di legge a iniziativa popolare relative ai diritti dei migranti.
In particolare il GrIS del FVG ritiene che le proposte di Nuove norme sulla Cittadinanza, riconoscendo ad ogni nuovo nato in Italia il diritto ad esserne cittadino, attengano direttamente ai propri obiettivi di promozione della salute come diritto umano al completo benessere fisico, mentale e sociale, come ribadito, nel maggio di quest’anno, dalle ” Raccomandazioni finali dell’XI Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni “
Poiché è chiaro che un diritto è tale solo se si declina in termini di uguaglianza, il GrIS del FVG non può non guardare con preoccupazione alla legislazione in vigore che – dal 2009- impone ai migranti irregolari che vogliano registrare la nascita del proprio figlio la presentazione del permesso di soggiorno, documento che – per definizione – non possiedono.
Qui non si tratta di attribuzione di cittadinanza ma di garantire ad ogni bambina e ad ogni bambino sin dalla nascita, un nome e una nazionalità, come vuole la Convenzione di New York del 1989 che in Italia è legge (n.176/1991) evitandone la discriminazione in nome di un cavillo burocratico.  

L’assenza di un certificato di nascita comporta gravi conseguenze per la tutela della salute.  

Siamo al corrente che è stata precipitosamente emanata dal governo, a pochi giorni dall’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ una circolare interpretativa che apre una procedura che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite.
Ma ciò non basta.
La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”.
Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94/2009 (cd. pacchetto sicurezza).  

LA SALÛT E JE DI DUCJ
ZDRAVJE JE ZA VSIH
GESUNDHEIT IST FUER ALLE
ZDRAVLJE SVIMA
SHENDETI ESHTE PER TE GJITHE
SANATATEA ESTE A TUTUROR
GOOD HEALTH FOR ALL
LA SANTÉ POUR TOUS
LA SALUD ES PARA TODOS

Il GrIS è la prima associazione friulana che reagisce positivamente al richiamo della problematica dei diritti civili per i neonati, figli di immigrati irregolari.

A questo punto vorrei fare un breve bilancio dalle situazioni che ho conosciuto negli ultimi tre anni, ma attendo il consenso alla presentazione  di un documento che condivido completamente, ma non è mio.
Appena avrò un sì o un no alla pubblicazione riprenderò il discorso

Ritorno al mio blog del 21 ottobre – La morte di Gheddafi

Ritorno al 21 ottobre con un  link a un articolo di Caracciolo che introduce elementi di estremo interesse per collocare nel complicato scacchiere medio orientale la vicenda libica e segnatamente la morte (esecuzione?) di Gheddafi.

Ecco da Repubblica del 22 ottobre Islamismo e petrolio

L’ ESECUZIONE d i Gheddafi sarà forse l’ inizio della fine della rivoluzione libica. Forse. Di certo è una tappa importante della controrivoluzione geopolitica pilotata dalle petromonarchie del Golfo e dagli islamisti. Ossia dagli esclusi della prima ondata insurrezionale che dal 17 dicembre 2010 ha scosso il Nordafrica, a partire dalla Tunisia e dall’ Egitto. Sisma percepito con terrore dall’ Arabia Saudita e dai suoi satelliti nel Golfo. Regimi assolutisti che sposano il pubblico purismo islamico (di rado praticato in privato) al vincolo strategico con l’ America, fondato sullo scambio fra energia araba e asset militari a stelle e strisce rivolti contro l’ arcinemico comune: l’ Iran. Dopo il panico, la prima profilassi sotto specie di pioggia di dollari: quasi duecento miliardi elargiti pronta cassa dal re saudita ai suoi grati sudditi, varie decine dagli emiri del Golfo. Ma due eventi chiave marcano quasi contemporaneamente l’ avvio della controrivoluzione: l’ invasione saudita del Bahrein e la guerra per rovesciare Gheddafi, erratico nemico di Riyad e di quasi tutti i regimi arabi, oltre che degli islamisti. Il 12 febbraio le truppe saudite entrano a bandiere spiegate nel Bahrein in rivolta, nel timore che cada in mani iraniane. Buon esempio di “aiuto fraterno” che in tempi e contesti diversi avrebbe suscitato almeno la riprovazione delle nostre democrazie. Nulla di ciò. Anzi, sospiri di sollievo a Washington come a Londra, a Pechino come a Berlino, a Tokyo come a Parigi. Insomma ovunque si teme che la primavera araba possa estendersi ai custodi del più strategico tesoro energetico – le monarchie arabe del Golfo – tralignando in inverno globale. Proprio in quei giorni maturava in Cirenaica la rivolta contro Gheddafi. Dove l’ insofferenza popolare per l’ oppressione del duce libico affrettava il tentativo di colpo di Stato di alcuni ex fedelissimi del colonnello, supportati dall’ intelligencee da forze speciali francesi e britanniche. Scarsa attenzione si dedicava alla contingenza che le prime armi fossero state distribuite ai ribelli da un commando islamista che aveva assaltato la caserma di Derna. Meno ancora al fatto che l’ organo principe della disinformazione rivoluzionaria si confermava Al Jazeera, canale satellitare qatarino controllato dal più autocratico fra i petromonarchi, l’ emiro al-Thani. Un dittatore che vuole esportare la democrazia, sia pure molto lontano da casa sua – meglio, per tenercela lontana: un paradigma da segnalare nei futuri manuali di politologia. Quasi inosservata passerà poi la recente notizia delle dimissioni del direttore di Al Jazeera, smascherato da WikiLeaks come agente della Cia e prontamente sostituito da un cugino dell’ emiro. Inoltre, solo nella liberazione di Tripoli verrà pienamente in luce il ruolo decisivo delle brigate islamiste nella liquidazione del regime, ben più robuste delle raccogliticce milizie del Consiglio nazionale di transizione, referente dei francoinglesi e della Nato nella guerra contro Gheddafi. Le brigate islamiste erano e restano guidate da un jihadista doc come Abdel Hakim Belhaj. A ispirarle è lo sceicco Ali al-Salabi, esponente dei Fratelli musulmani, il quale ha chiesto e probabilmente otterrà le dimissioni del “primo ministro” del Cnt, Mahmud Jibril, e degli altri “secolaristi”. Di qui le persistenti rivalità fra i rivoluzionari libici, che si contendono armi in pugno quote di potere e di territorio. In attesa di stabilire chi sortirà vincitore dalla partita fra gli eversori del gheddafismo – temiamo ci vorrà del tempo e del sangue – questi e molti altri elementi inducono a stabilire che la rivoluzione libica segni insieme la fine di un’ odiosa tirannia e un passaggio rilevante nella controrivoluzione guidata dalle petromonarchie del Golfo. Una reazione ambiguamente assecondata dagli Stati Uniti, da altre potenze occidentali e non solo, accomunate ai sauditi nell’ interesse a scongiurare la destabilizzazione della Penisola arabica. Evento in sé catastrofico, che nella crisi economica attuale assumerebbe riflessi apocalittici. La sincronia fra invasione saudita del Bahrein e rivolta in Libia non è dunque meramente temporale, ma geopolitica. Si consideri solo che da questo doppio evento sono scaturite, fra le altre, queste conseguenze: a) il rapido declino delle istanze laiche e progressiste nelle piazze arabe e nordafricane, in parallelo all’ emergere di vari gruppi islamisti, dagli scaltri Fratelli Musulmani agli estremisti salafiti, spesso d’ intesa con gli autocrati sunniti del Golfo, Qatar in testa; b) il parallelo riaffermarsi delle Forze armate come centro del potere egiziano, non scalfibile dalle formazioni politiche emergenti; c) la rinuncia, almeno finora, a qualsiasi intervento occidentale o arabo in Siria – dove alAssad massacra a man salva gli oppositori – per timore che il prossimo regime si riveli più pericoloso dell’ attuale; d) il riesplodere degli istinti antisraeliani e antisemiti al Cairo e altrove; e) la parossistica tensione fra Arabia Saudita e Iran, dopo il presunto tentativo iraniano di assassinare l’ ambasciatore saudita a Washington. Il rischio di una guerra preventiva di Gerusalemme contro Teheran ne risulta accentuato. È presto per trarre un bilancio delle manovre in corso lungo la nostra periferia meridionale. Non è tardi per provare a interpretarle a partire non dai nostri desideri o dalle nostre edificanti semplificazioni, ma dalle ragioni e dagli interessi dei protagonisti, per quanto esoterici o esecrandi possano apparirci. Anche per evitare di caderne vittime.
LUCIO CARACCIOLO

 

24 Ottobre 2011Permalink

8 dicembre 2010 – Se l’istituzione è forte, è più forte della politica – 3

Una frase chiave

La frase chiave per comprendere il crimine che la legge sulla sicurezza pubblica rende praticabile anche dai benpensanti è stata scritta dal sottosegretario Michelino Davico (origine Lega Nord – ora Sottosegretario di Stato per l’ interno dal 12 maggio 2008)

Ricopio la frase, anche se l’intero testo della comunicazione Davico si trova nel mio pezzo del 6 dicembre.

E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.

Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (artt. 2,3,30 ecc .), nonché con la tutela del minore sancita dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27/05/1991), in particolare agli artt. 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.

L’inequivoca valutazione del ‘’diritto assoluto’ del neonato (suo, come persona non come grazioso bagaglio della sua famiglia) – espressa da un membro del governo in carica – nasce dallo stimolo proposto da un’interrogazione parlamentare (nella fattispecie dell’on. Orlando – vedasi i miei scritti del 6 dicembre e del 19 agosto).
Prima domanda: perché nessun altro parlamentare si é mosso, salvo –a mia conoscenza – qualcuno (ricordo in particolare l’on. Capano) durante il dibattito del 2008 e 2009 su quello che allora chiamavamo ‘pacchetto sicurezza’, diventato poi legge 94/2009, Disposizioni in materia di sicurezza pubblica?
Tentar di rispondere a questa domanda implica l’aprirsi di una catena di infamie silenziose che arriva fino agli enti locali e, ai mezzi di informazione e quindi alle organizzazioni di una società sedicente civile, alle chiese, ai gruppi di ispirazione religiosa genericamente intesi.

Ancora un po’ di esegesi di testi non sacri 

Il convincimento governativo relativo al diritto del neonato, come espresso dal sottosegretario Davico –origine Lega Nord- è inequivocabile.

Quindi gli sciagurati consapevoli (non tutto è ignoranza, anche se il livello di ignoranza montante non è un rassicurante spettacolo) sanno quello che fanno quando scrivono “all’articolo 6, comma 2, le parole: «e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi» sono sostituite dalle seguenti: «, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»” (art. 1, comma 22, lettera g della legge 94/2009). 

Decripto il testo non tanto artatamente astruso, quanto conforme a una sciatta abitudine di legiferare per modifiche delle norme precedenti  “Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e  «, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie», i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati”.Ne riassumo il senso per l’aspetto che ci interessa.

Le registrazioni degli atti di stato civile –nascite, matrimoni, morte –che venivano assicurate senza esibizione del permesso di soggiorno a norma del Testo Unico sull’immigrazione, Dlgs 286/1998, a seguito della legge 94 vengono concesse a condizione dell’esibizione del permesso stesso.

Di conseguenza l’immigrato irregolare (sia irregolarmente entrato o diventato tale a seguito della perdita del lavoro) non potrebbe avere figli che siano riconosciuti come suoi (se non fosse intervenuta la precaria garanzia della circolare interpretativa di cui ho scritto il 6 dicembre), non può sposarsi, non può uscire dal mondo dei vivi perché non gli è concessa la registrazione della morte.
Un essenziale documento di cui può disporre è la tessera Stranieri Temporaneamente Presenti (STP) che gli garantisce una serie di misure sanitarie (a tutela sua e della comunità in cui vive), contro cui, almeno in Friuli Venezia Giulia, la Lega Nord ha espresso un’opposizione feroce.
Inoltre gli è assicurato l’accesso alla scuola dell’obbligo a seguito di un emendamento dell’on. Mussoline, accolto nella legge 94. Se poi è capace e meritevole e vuol proseguire gli studi … torniamo all’esibizione del permesso di soggiorno.

Se i diritti dei nascituri non ci interessano, il trastullo offerto dai giullari invece

Tra l’altro la richiesta di un documento che l’irregolare non può avere “per la contraddizion che nol consente” (Dante, Inferno, XXVII, 118-120) sembra una incongruenza folle, quasi che la numerazione 22 del comma tante volte citato fosse una scelta sarcastica e non una casualità. Certamente la pretesa che i cittadini italiani, ancorché parlamentari, per dimostrare la loro buona integrazione nella società debbano conoscere il vecchio romanzo di Heller non ha senso e quindi possiamo tranquillamente accettare come casuale la numerazione del comma 22.
E, in ogni caso, non preoccupiamoci perché sempre allegri bisogna stare, come cantava Jannacci, “che il nostro piangere fa male al re / fa male al ricco e al cardinale / diventan tristi se noi piangiam!”.
E a garanzia della serenità di chi se la può permettere la presenza dei giullari è assicurata; infatti chi eserciti ‘attività sportive e ricreative a carattere temporaneo’ non deve esibire il permesso che non ha.

Il candore di un leghista a collocazione ministeriale.


Nell’incipit della risposta all’on. Orlando firmata dal sottosegretario Davico possiamo leggere che la legge 94 è “volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”.

Così. per arginare il fenomeno dei matrimoni di comodo, il provvedimento governativo diventato legge a seguito di voto parlamentare, ha creato un’ampia voragine che probabilmente soddisfa il più osceno e volgare populismo, quello che condivide un razzismo profondo che l’esito, pur noto, delle leggi razziali del 1938 non ha evidentemente spento.
Non dimentichiamo però che il giudice di pace di Trento ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità di un provvedimento di espulsione di una immigrata – che si era scoperta criminale chiedendo le pubblicazioni di matrimonio con un cittadini italiano – ricordando che il diritto a contrarre matrimonio ha carattere di universalità e può essere esercitato quindi indipendentemente dalla regolarità del soggiorno e dalla cittadinanza.
Possiamo sperare nell’alta corte per il diritto sia degli sposi che dei neonati?

Continua

8 Dicembre 2010Permalink

6 dicembre 2010 – Se l’istituzione è forte, è più forte della politica – 2

L’argomento che scelgo diventa un’anguilla  

Ogni volta che cerco di affrontare la seconda puntata delle mie riflessioni la realtà mi impone cambiamenti rispetto a quello che avevo pensato fino a poco prima.  

Continuo a tenere come filo conduttore la questione della problematica iscrizione anagrafica dei figli degli immigrati irregolari.
Credo non ci sia misura più vergognosamente razzista della discriminazione di un neonato, che per legge diventa, per il solo fatto di essere nato, un pericolo per i propri genitori e per sé.  

Quando le istituzioni esprimono forza  

Il mio blog, anche nella sua precedente edizione, segue questa faccenda ormai da più di due anni e, solo da pochi mesi, ho ottenuto una prova di interesse da parte di un parlamentare che ha presentato un’interrogazione sull’argomento (Leoluca Orlando – vedi qui)
Decisa a fare tutto ciò che potevo perché quell’interrogazione non cadesse nel vuoto, il 7 settembre pubblicavo la lettera che avevo scritto al Presidente della Camera chiedendogli di adoperarsi affinché l’interrogazione avesse una risposta tempestiva precisando “e questo esito, ritengo, Le appartenga mentre evidentemente non Le appartiene l’indirizzo di ciò che il Ministro dirà”.
La lettera è leggibile integralmente anche da qui  

Il 5 novembre la segreteria del Presidente della Camera mi scriveva:
“Si comunica che il Presidente ha disposto la trasmissione della Sua e-mail alla Commissione parlamentare competente, affinché i deputati che ne fanno parte possano prenderne visione ed assumere le iniziative che ritengano opportune”.    

Non solo politici 

Il 19 e 20 novembre si svolgeva a Chieti il quarto convegno congiunto SIMM e SIP – GLNBI su “Bambini e Migrazioni”.

Una breve digressione dentro la digressione perché a me piace informare non proclamare.
Potete trovare notizie sul Convegno nel sito della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM- www.simmweb.it) .
E ricordo anche il significato delle altre sigle:
Sip (società italiana di pediatria http://www.sip.it/)
GLNBI (Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Immigrato http://www.glnbi.org/
  

Una delle relazioni centrali di quel convegno (Bambini stranieri in Italia: di quali leggi abbiamo bisogno. Intervento di Geraci e Mazzetti – potete leggerla da qui)  inseriva finalmente il riferimento al problema della registrazione anagrafica, dichiarando: Di fondo, ci sembra anche assolutamente necessario affrontare in modo definitivo la questione della iscrizione anagrafica dei figli degli immigrati irregolari oggi garantita grazie ad una circolare del Ministero dell’Interno del 7 agosto 2009 prot. 0008899: il “diritto umano” alla iscrizione anagrafica viene “prima” della questione della cittadinanza e attiene ai diritti civili fondamentali dei bambini (vedi le campagne per l’iscrizione anagrafica che molte ong conducono in vari paesi africani etc) e ci sembra fondamentale assumere iniziative che attribuiscano valore normativo al contenuto specifico di tale circolare fornendo così strumenti più sicuri e incontestabili per garantire tale diritto”.   

Il ministro risponde  

E torniamo così alla comunicazione del Presidente della Camera. Il 3 dicembre inaspettatamente (confesso il mio pessimismo) potevo scoprire che aveva centrato l’obiettivo e, tramite l’on. Orlando, ricevevo il testo che ricopio:
“Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94/09 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”.
E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.
Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (artt. 2,3,30 ecc .), nonché con la tutela del minore sancita dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27/05/1991), in particolare agli artt. 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.
Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge 94/09 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le disposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessita di prospettare interventi normativi in materia.
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO   (Miche1ino Davico)”  

 Un po’ di esegesi di testi non sacri  

Nella ministerial risposta sono dette chiaramente due cose importanti, mentre una –altrettanto importante –è taciuta.

Vediamo per ordine:  

1. L’inconsulta esclusione degli atti di stato civile (registrazione dell’atto di nascita, del matrimonio e di morte) da quelli per cui non è necessario presentare il permesso di soggiorno era stata progettata per “arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”.
E allora per non fare la fatica di immaginare un ostacolo a un percorso improprio si era creata una voragine ampia e – a parere del legislatore ignorante e in malafede – risolutiva del problema.  

2.  L’on. Sottosegretario si dimostrava informato sul fatto che: “Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (artt. 2,3,30 ecc .), nonché con la tutela del minore sancita dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27/05/1991), in particolare agli artt. 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie”  

3.  Ma ostentava di ignorare i rischi cui si espone un immigrato irregolare denunciando la nascita di un figlio, rischi che neppure il paravento della burocrazia può permettersi di cancellare.  

Infatti, e ce ne dà documentazione proprio il prezioso sito della SIMM, il 28 novembre la questura di Milano denunciava il medico che aveva soccorso un immigrato irregolare che partecipava su una gru alla protesta contro la ex Carlo Erba, senza che sia chiaro se la denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina si estenda anche al medico dell’Ospedale San Paolo che aveva preso in cura l’immigrato. 

E’ doveroso ricordare a questo punto che l’immigrazione cd ‘clandestina’ (perché non la chiamano irregolare?) a seguito della legge 94 è reato (vedi).

Lo schema dei rischi è chiaro  

I denuncianti non sono i medici (rispettosi del segreto sanitario che la Lega Nord e complici dei partiti di maggioranza non sono riusciti ad abolire) ma qualcuno che ha assistito all’attività di soccorso.
Lo stesso potrebbe avvenire per una persona (papà o mamma) che si rechi in Comune a denunciare la nascita di un figlio.
Proprio la Simm aveva creato il logo per una lunga battaglia per il rispetto del segreto sanitario, ma qui il  mio argomento anguilla si snoda e si allunga e lo devo rimandare a una prossima puntata.

 

6 Dicembre 2010Permalink

27 febbraio 2010 – Segni positivi che si commentano da sé.

Dichiarazioni del presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Udine.

 Prima di riportare le parole con cui il Presidente replica alle proposte della Lega Nord di abolire gli ambulatori per stranieri privi di permesso di soggiorno trascrivo una precisazione del GRIS -Gruppo Immigrazione Salute FVG, articolazione territoriale della S.I.M.M – Società Italiana di medicina delle Migrazioni.

“In questi anni a questi ambulatori si sono rivolti cittadini italiani o stranieri, per richiedere in caso di bisogno una normale visita medica come normalmente si fa con il proprio medico curante quando si sta poco bene:

– Irregolari (privi al momento di un permesso valido per il soggiorno)
– Clandestini (entrati in Italia senza documenti validi per l’ingresso)
– Richiedenti Asilo non ancora residenti in regione
– Cittadini italiani senza fissa dimora
– Emigranti friulani o giuliani iscritti all’AIRE (anagrafe della popolazione italiana residente all’estero)”.

 Ha dichiarato il dr. Conte, presidente provinciale dell’Ordine (dal Messaggero Veneto del 25 febbraio pag. 7), dopo aver spiegato l’infondatezza dei pretesi motivi economici per giustificare la richiesta di chiusura degli ambulatori:

”E’ la dimostrazione di una politica becera che non tiene conto dell’effettivo bisogno dei cittadini, dal momento che é molto meglio che la rete sanitaria abbai sotto controllo questi immigrati clandestini, portatori magari di qualche malattia a cui la popolazione friulana potrebbe essere esposta –non essendo più immunizzata- piuttosto che lasciarli girare come mine vaganti con conseguenza pericolose per la salute collettiva dei nostri cittadini”. E precisa ancora; “Ci scandalizza questo modo di fare politica sanitaria o, per meglio dire, non politica sanitaria; si tratta di una modalità assai superficiale di affrontare problemi che ci rattrista e ci addolora come professionisti e come cittadini”.

 Dalla associazione “Genitori Scuola Carlo Pisacane” di Roma

 Al Presidente del VI Municipio di Roma
Al Dirigente scolastico del IV Circolo didattico di Roma
Alla scuola POLO

 Siamo tutti responsabili del futuro dei nostri figli/e

Ogni volta che ci troviamo di fronte ad una evidente ingiustizia e in silenzio abbassiamo gli occhi e ci voltiamo dall’altra parte, siamo tutti responsabili delle conseguenze sul nostro presente e sul nostro futuro.

Ogni volta che esercitiamo il nostro dovere e il nostro diritto di cittadini e di genitori in modo superficiale, dobbiamo sapere che siamo tutti responsabili di ciò che scegliamo per noi, per i nostri figli e per i nostri nipoti.

Ogni volta che i diritti dell’infanzia non vengono messi al primo posto e la verità e la bontà non sono alla luce del sole, siamo tutti responsabili di un presente povero e di un futuro senza speranza. 

E’ per questo che chiediamo a tutti i cittadini e le cittadine, a tutti gli uomini e le donne di ogni credo religioso, a tutte le associazioni umanitarie, se è giusto e onesto che a settembre la scuola “Carlo Pisacane”, scuola del quartiere Tor Pignattara a Roma, non possa accogliere i nostri figli come alunni in I^ elementare; 38 bambini e bambine, che sono vissuti a Roma e a Roma hanno frequentato la scuola dell’infanzia, che parlano italiano, ma che saranno trattati in modo diverso rispetto ai loro coetanei, poiché i loro genitori sono immigrati in questo paese prima che loro nascessero e di conseguenza non sono ritenuti cittadini italiani. 

Tutto questo “grazie” alla circolare ministeriale e alla successiva circolare dell’ufficio scolastico regionale, le quali ritengono che per una “buona” integrazione degli alunni stranieri, la loro presenza non possa oltrepassare il limite del 30% in ogni classe, per cui superata questa soglia, gli alunni debbano essere ridistribuiti su tutto il territorio. 

In questo modo viene leso il diritto delle famiglie alla libera scelta dell’offerta formativa per i propri figli e soprattutto viene leso il diritto di noi genitori ad iscrivere i nostri bambini alla scuola del quartiere dove viviamo e lavoriamo, creando disagio alle famiglie che dovranno portare i bambini/e in scuole più lontane, creando disorientamento nei piccoli che si vedranno inseriti in un contesto a loro sconosciuto, senza continuità con la loro scuola materna, scuola primaria frequentata già da fratelli/sorelle e amici, senza un riconoscimento della loro storia personale e familiare, e non avendo la possibilità di coltivare amicizie al di là dell’orario scolastico. 

La scuola “Carlo Pisacane” è un punto di riferimento per questi bambini/e e per i loro genitori, come lo sono le parrocchia di S.Barnaba e S. Marcellino e le varie associazioni umanitarie, le quali tutte insieme nel tempo, hanno realizzato una rete di soggetti che con affetto e rispetto hanno provato ad affrontare insieme quelli che sono i problemi, le difficoltà e le gioie di uomini e donne che, siano in patria o vivano lontano dal loro paese d’origine, hanno a cuore il futuro dei loro bambini.
In questa scuola si studiano i programmi ministeriali come in qualsiasi altra scuola italiana, con uno standard degli obiettivi elevato che gli stessi alunni dimostrano di aver raggiunto nel corso degli studi successivi.
In questa scuola gli alunni leggono le storie di Pinocchio, tifano per la Roma e la Lazio, studiano la storia dell’antica Roma e dei gladiatori, guardano la tv italiana, cantano le canzoni di Laura Pausini, partecipano alle ore di religione cattolica.
In questa scuola, menzionata “per l’impegno profuso nel campo dell’educazione multietnica”, gli alunni hanno ricevuto un premio dall’Associazione Mazziniana Italiana per il lavoro di approfondimento sulle tematiche della cittadinanza compiuto quest’anno attraverso una “ricerca … sulla vita e sul pensiero del patriota caduto a Sapri per l’Italia unita nel segno della libertà e della giustizia”.
In questa scuola, alla consegna del premio, gli alunni, insieme italiani e “stranieri” hanno cantato, l’inno di Mameli, con la mano sul cuore, mentre nell’altra sventolano il tricolore. 

D’altronde, i cosiddetti “stranieri” il più delle volte non hanno mai visto il paese di origine dei loro genitori e considerano il loro quartiere tutto il loro mondo, giocando a calcetto nella parrocchia vicina, frequentando le associazioni territoriali, studiando danza nelle palestre limitrofe,passeggiando con i loro compagni lungo le strade del quartiere con un accento marcatamente romano, mentre le loro mamme frequentano i corsi di italiano.
Tutti sono orgogliosi della loro integrazione e riuscita scolastica, genitori e insegnanti, e quando un padre o una madre riceve le congratulazioni per le conquiste del proprio figlio/a, i loro occhi si bagnano di lacrime per la commozione, poiché i loro sacrifici non sono stati vani.
Si chiedono, ora, increduli rispetto a quanto sta succedendo intorno a loro, come mai i loro diritti non vengano rispettati, perché altri abbiano potuto scegliere liberamente la scuola dei loro figli mentre a loro venga negato questo diritto. Daim dice ”pago le tasse e do lavoro agli italiani, ho due bambini ed uno è già in questa scuola, perché non posso scegliere come gli italiani dove iscrivere mio figlio?”Come Daim sono in tanti ad avere gli stessi problemi logistici, due figli di cui uno già frequentante la Carlo Pisacane: Olga, Shafia, Mylene, Jan, Ayoub, Masudur, Khoiza, Habiba, Muazzom, Ruhul, Zhulifang, Amina, Shorif, Binash.
Maria invece ha cercato di iscrivere il proprio figlio alla scuola dell’Infanzia che nella zona è più frequentata dagli italiani. L’iscrizione è stata rifiutata ed ha iscritto il bambino alla Pisacane. Ora che il piccolo si è integrato le viene detto che non può più lasciarlo in questa scuola e si chiede, basita, cosa mai abbia di diverso suo figlio rispetto agli altri.
Anche Khaleda ha dovuto subire lo stesso travaglio. Aspetta il secondo bambino e racconta che, quando ha cercato di iscrivere il suo figlio maggiore alla scuola che aveva scelto, anche la sua iscrizione è stata rifiutata. E casualmente la scuola è la stessa di Maria…Khaleda aggiunge anche che è un vero paradosso che quando si è incinta no ci si possa spostare dalla residenza che viene dichiarata, che non si venga neanche rimpatriati e che poi, quando il bambino nasce, cresce nel territorio, frequenta la scuola dell’infanzia, venga mandato altrove, come se non avesse radici.
Nastrim ha accompagnato la sua bambina nella scuola Pisacane tutte le mattine, con costanza e affetto, e vuole per sua figlia una doverosa continuità.
Wassily, Gemma, Alam Monsur, Amina, cittadini che contribuiscono con le loro tasse al bene comune, rivendicano i loro diritti.
Federico ed Andrea, infine, sono italiani, e hanno scelto di iscrivere i loro figli alla Pisacane perché gli piace il piano formativo e vogliono valersi del diritto di iscrivere i loro figli dove vogliono, perché devono essere trattati diversamente da Khaleda, Wassily e gli altri.

A questo punto ci chiediamo e vi chiediamo: su quale base eparametri dobbiamo considerare un essere umano un cittadino italiano con diritti e doveri da rispettare ed agire?
A questo punto ci chiediamo e vi chiediamo: è giusto e responsabile agire nei confronti dei nostri bambini/e senza tener conto della loro sfera affettiva ed emotiva?
A questo punto ci chiediamo e vi chiediamo:quale futuro stiamo costruendo per i nostri bambini e le nostre bambine?

Associazione “Genitori Scuola Carlo Pisacane” di Roma

 

 

27 Febbraio 2010Permalink