21 novembre 2015 – Sbucano i bambini invisibili – Settima puntata

Quando la realtà si fa beffe di noi e ce lo meritiamo

Ieri volevo scrivere qualche cosa sul 20 novembre, nel ricordo della giornata del 1989, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione internazionale sui diritti del minore.
Avevo segnalato la ricorrenza nel mio consueto calendario del primo del mese e mi sembrava giusto approfondire finché non  trovai un articolo a pag. 48 de La Repubblica ‘Un futuro da costruire’ della giornalista Valeria Fraschetti Ne ricopio l’incipit: “Per i bambini di un campo profughi iracheno l’opportunità di una vita più giusta passa anche per un rubinetto con acqua corrente. Per un neonato della Sierra Leone può essere il documento con la registrazione della sua nascita.

Proseguo con una a successiva citazione ”Offrire un’infanzia senza diseguaglianze è un traguardo che può essere perseguito percorrendo strade molto diverse. E l’Unicef ce lo ricorda pubblicando il rapporto ’Per ogni bambino ‘ la giusta opportunità’

A questo punto mi ritrovai dominata da uno stato d’animo ormai consueto fra lo scoraggiamento e la rabbia e mi arenai su una domanda:
Perché a un bambino figlio di cittadini della Sierra Leone (tanto per restare all’esempio) se nasce in Italia e i suoi genitori non hanno il permesso di soggiorno il certificato di nascita è negato per legge, e questo non interessa a nessuno, rispettabile UNICEF compresa che però se ne occupa se la stessa situazione si presenta in Africa?

A me sembra una scelta da cultura colonialista intesa a provocare paura, quella paura che crea schiavitù almeno morale (ma non avere il certificato di nascita è stata la prassi di ogni sistema schiavistico. Non dimentichiamo che l’Europa si pronunciò contro la tratta degli schiavi, senza abolirla immediatamente, in un atto del Congresso di Vienna -1815 – mentre negli Stati Uniti gli schiavi continuavano ad essere elencati nominativamente  nei registri delle proprietà private).
Certamente l’Italia non dispone di una storia coloniale imponente come quella di altri stati europei ma non manca di crimini intesi a conquistare e insieme a spaventare le popolazioni. Ne cito due perché un elenco puntuale allungherebbe troppo questo post:

  • 1931 – impiccagione di Omar al Muktar per consolidare la conquista della Libia;
  • 1935 – uso dei gas asfissianti e dell’iprite nella cd Africa Orientale italiana

Quindi, consapevole che l’uso della paura per assoggettare altri  (e sostanzialmente schiavizzare) non ci è storicamente ignoto, come non mi è ignoto il mezzo per impaurire e schiavizzare oggi, per il momento con sistemi democratico-soft , ho deciso di approfondire il riferimento all’Unicef e, andando a cercare il rapporto originale evocato dall’articolo de La Repubblica,  ho trovato quanto ricopio

“Rapporto UNICEF “Every Child’s Birth Right”

Nel giorno del 67° anniversario dell’UNICEF (la cui istituzione da parte dell’ONU risale all’11 dicembre 1946), l’organizzazione lancia un nuovo Rapporto secondo il quale circa 230 milioni di bambini sotto i 5 anni non sono stati mai registrati alla nascita – circa 1 su 3, a livello globale.

«La registrazione alla nascita è più di un semplice diritto. Riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino» spiega Geeta Rao Gupta, Vicedirettore dell’UNICEF. «La registrazione alla nascita è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dai progressi della propria nazione».

Dalla Somalia al Congo, la mappa dei neonati invisibili

Il nuovo rapporto, intitolato “Every Child’s Birth Right: Inequities and trends in birth registration” (Diritto alla nascita per ogni bambino. Diseguaglianze e tendenze nella registrazione alla nascita), presenta analisi statistiche condotte su 161 Stati, con i dati e le stime sul fenomeno più aggiornate disponibili, per ciascun paese.

 

A livello globale, nel 2012, solo circa il 60% dei neonati è stato registrato alla nascita. Il tasso varia significativamente a seconda delle regioni, con livelli più bassi in Asia Meridionale e in Africa Subsahariana.
I 10 Stati con i tassi di registrazione alla nascita più bassi sono, nell’ordine: Somalia (3%), Liberia (4%), Etiopia (7%), Zambia (14%), Ciad (16%), Tanzania (16%), Yemen (17%), Guinea Bissau (24%), Pakistan (27%) e Repubblica Democratica del Congo (28%).

Anche quando i bambini vengono regolarmente registrati, a molti di loro non rimane traccia della registrazione avvenuta. In Africa Orientale e Meridionale, ad esempio, solo circa metà dei bambini registrati dispone di un certificato di nascita. Nel mondo, 1 bambino registrato su 7 non ha il certificato di nascita.  In molti Paesi, ciò è dovuto a costi di registrazione troppo onerosi per i più poveri. Altrove, invece, il certificato di nascita semplicemente non viene rilasciato alle famiglie.

Certificato di nascita, molto più che un pezzo di carta

I bambini non registrati alla nascita o privi di documenti di identificazione sono spesso esclusi dall’accesso alla scuola, all’assistenza sanitaria e alla sicurezza sociale. Se un bambino viene separato dalla sua famiglia durante un disastro naturale, un conflitto o a causa di qualche forma di sfruttamento, la riunificazione diventa assai più difficile a causa della mancanza di documentazione ufficiale.

«La registrazione alla nascita e il relativo certificato sono fondamentali per garantire a un bambino il suo pieno sviluppo» prosegue Rao Gupta. «Tutti i bambini nascono con un potenziale enorme. Se la società non riesce a contarli tutti, e perfino a non riconoscere la loro esistenza, sono più vulnerabili a subire abusi e ad essere abbandonati.  È inevitabile che in questo modo il loro potenziale verrà sensibilmente vanificato.»

La registrazione alla nascita quale componente essenziale del registro anagrafico di un Paese, migliora la qualità delle statistiche socio-demografiche, aiutando la programmazione e l’efficienza delle misure varate da un governo.

Per l’UNICEF, la mancata registrazione di un bambino alla nascita è sintomo di disuguaglianze e disparità sociali. I bambini più frequentemente colpiti da questa disuguaglianze sono queli che appartengono a determinati gruppi etnici e religiosi, quelli che abitano in aree rurali o remote, i figli di famiglie povere o di madri analfabete.

I programmi di sviluppo devono identificare le ragioni per cui le famiglie non registrano i bambini, dai costi alla scarsa conoscenza delle norme, dalle barriere culturali al timore di subire ulteriori discriminazioni o emarginazione.

Quando l’anagrafe viaggia sullo smartphone

L’UNICEF utilizza approcci innovativi per aiutare governi e comunità a migliorare i loro sistemi di registrazione anagrafica. In Kossovo, ad esempio, lo UNICEF Innovations Lab ha sviluppato un sistema di identificazione e di segnalazione delle nascite non registrate efficiente, efficace e a basso costo, basato su una piattaforma di SMS.

In Uganda, il governo – con il supporto dell’UNICEF e del settore privato – sta implementando una soluzione denominata MobileVRS che usa una nuova tecnologia di messaggistica via smartphone per completare le procedure di registrazione in pochi minuti, un processo che normalmente richiede mesi.

Sempre su questo tema, l’UNICEF ha reso pubblico oggi anche “A Passport to Protection. A Guide to Birth Registration Programming”, manuale per aiutare gli operatori adibiti alla registrazione alla nascita.

http://www.unicef.it/doc/5228/registrazione-alla-nascita-nel-mondo-un-terzo-dei-bambini-resta-invisibile.htm#

Conclusione
Fra gli stati inadempienti al dovere della registrazione anagrafica, e della conseguente garanzia del certificato di nascita, ne sono segnalati dieci per essere quelli con i tassi di registrazione alla nascita più bassi. Evidentemente l’Italia non si colloca nella serie dei ‘più bassi’, viola solo un diritto affermato in legge … e chi se ne infischia? E’ solo un diritto di soggetti che non possono difendersi!

21 Novembre 2015Permalink