22 novembre 2025- E non parlatemi più di Abramo e Isacco

Francia sotto shock: “Dobbiamo essere pronti a perdere i nostri figli”. Scoppia il caso

I francesi devono davvero essere pronti a “perdere i propri figli”? È la domanda che, come un’onda improvvisa, ha attraversato la Francia dopo le parole del generale Fabien Mandon, capo di Stato maggiore degli eserciti, pronunciate durante il congresso dei sindaci. Parole che hanno toccato corde profonde e risvegliato paure radicate. «Quel che ci manca è la forza d’animo di essere disposti a soffrire per proteggere ciò che siamo», ha dichiarato il generale. E poi l’affondo che ha fatto esplodere la polemica: «Se il nostro Paese vacilla perché non è pronto ad accettare di perdere i propri figli… allora siamo a rischio». Un messaggio forte, arrivato proprio mentre l’Europa valuta il piano di pace americano sull’Ucraina e Macron intensifica le consultazioni con gli alleati di fronte alla strategia aggressiva della Russia.

22 Novembre 2025Permalink

31 ottobre 2025 – I palestinesi senza futuro in Cisgiordania

Internazionale  n.  1638  31 ottobre 2025                                                                               

GIDEON  LEVY   I palestinesi senza futuro in Cisgiordania

In Cisgiordania nessuno ha sentito parlare del cessate in fuoco a Gaza: né l’esercito, né i coloni , né l’amministrazione civile, né ovviamene  i tre  milioni di  palestinesi che vivono sotto la loro tirannia. Non percepiscono minimamente la fine della guerra.  Da  Jenin a Hebron  non si vede  nessun cessate il fuoco. Per due anni in Cisgiordania c’è stato un regno del terrore oscurato  dalla guerra nella Striscia, che ha  fatto da pretesto discutibile e da cortina fumogena , e non ci sono segnali che questo regime stia per finire.
   Tutti i decreti draconiani imposti  ai palestinesi il 7 ottobre 2023 restano in vigore, e alcuni sono stati resi ancora più dura.
La violenza dei coloni non si ferma e lo stesso vale per il coinvolgimento dell’esercito e della polizia israeliana negli scontri.  A Gaza vengono uccise e costrette alla fuga  meno persone rispetto ai mesi scorsi, ma  in Cisgiordania le cose vanno avanti  come se non ci fosse stato alcun cessate il fuoco.
   L’amministrazione Trump, così attiva  e risoluta a Gaza, chiude gli occhi sulla Cisgiordania e mente a se stessa sulla situazione nella regione.  Per loro è sufficiente bloccare l’annessione.  “Non succederà perché ho dato  la mia parola ai paesi arabi”, ha detto il 23 ottobre il presidente Donald Trump, mentre alle sue spalle Israele fa di tutto per distruggere, derubare e impedire la possibilità di vivere in Cisgiordania.
   A volte sembra  che il capo del comando centrale dell’esercito  israeliano  Avi  Bluth  – leale e obbediente al suo superiore, nel ministero delle finanze  Bezalel Smotrich , che è anche il ministro della difesa –  stia conducendo un esperimento in collusione con coloni e forze  di polizia; vediamo quanto possiamo tormentarli prima che esplodano.
   La  speranza che la loro sete di violenza si placasse una volta interrotti i bombardamenti a Gaza è  stata spazzata via. La guerra nella Striscia era solo una scusa. Nel momento in cui i mezzi di informazione non parlano della Cisgiordania  e alla maggior parte degli israeliani e degli statunitensi  non importa  niente di quello che succede lì,  il tormento può andare avanti.  Anzi il 7 ottobre è stata un’occasione storica per i coloni e i loro collaboratori, che hanno avuto la possibilità di fare quello che per anni non avevano osato fare.
   Non è più possibile  essere palestinesi in Cisgiordania.  Non è stata distrutta come Gaza, non sono morte decine di migliaia di persone, ma la vita   è diventata impossibile.  Non sappiamo per  quanto tempo Israele potrà stringere ancora la sua morsa senza  che avvenga una esplosione di violenza,  stavolta  giustificata.
   Circa duecentomila palestinesi della Cisgiordania  che prima lavoravano in Israele da due anni sono disoccupati. I  salari di decine di migliaia di dipendenti dell’Autorità nazionale palestinese sono stati ridotti in modo significativo, perché Israeke ha trattenuto le tasse che riscuote per conto della stessa dell’Autorità nazionale palestinese.  Ovunque ci sono povertà e disagio. E lo stesso vale per i posti di blocco.  Non ce ne sono mai stati così tanti , di sicuro non per tutto questo tempo.  Adesso se ne contano a centinaia.
   Ogni insediamento ha recinzioni di ferro che si aprono e chiudono a turno.
Non c’è modo di sapere che cosa è aperto e che cosa è chiuso né, cosa ancora più  importante ,  quando. E’ tutto arbitrario. Tutto  avviene  su pressione dei coloni,  che hanno assoggettato l’esercito israelian0. Ecco come stanno le cose da quando  Bezalel Smotrich è ministro in  Cisgiordania.
   Quel  maledetto 7 ottobre sono stati istituiti  circa 120 nuovi avamposti di insediamenti, quasi sempre in modo  violento, per  un totale di decine di migliaia di acri , il tutto con il sostegno dello stato. Non passa settimana senza che si sia creato un avamposto.
   Anche la portata della pulizia etnica, il vero obiettivo dei coloni, è senza precedenti: il 24 ottobre su Haaretz  la giornalista Hagar  Sheaz ha ricordato che nel corso della guerra a Gaza gli abitanti di ottanta villaggi palestinesi sono fuggiti per paura dei coloni che si erano impadroniti dei loro territori.
   Il  volto della Cisgiordania sta cambiando.  Trump può vantarsi di aver fermato l’annessione,  ma ormai l’annessione è più radicata  che mai.  Dal centro di comando che l’esercito statunitense ha istituito a Kyriat Gat  si può vedere Gaza, ma non si vede  Kyriat  Arba, l’insediamento alle porte di Hebron.
   La Cisgiordania sta chiedendo a gran voce un intervento internazionale esattamente come fa la Striscia di Gaza.  I soldati, siano essi statunitensi, europei,  emiratini o perfino turchi ,  devono proteggere i suoi abitanti.  Qualcuno deve salvarli dalle  grinfie dell’esercito israeliano e dei coloni.
   Immaginate un soldato straniero che a un posto di blocco impedisce il passaggio a coloni teppisti che stanno per commettere un  pogrom.  Un sogno.

1 Novembre 2025Permalink

21 settembre 2025  «Preti contro il genocidio», lunedì veglia a Roma

21 settembre 2025  «Preti contro il genocidio», lunedì veglia a Roma

La rete, nata nelle ultime settimane, ha raccolto già l’adesione di oltre 1200 sacerdoti di 34 Paesi. Non solo parroci ma anche vescovi e, al momento, un cardinale

La mobilitazione del 22 settembre per la Palestina vedrà anche la partecipazione dei “Preti contro il genocidio”, una rete nata nelle ultime settimane e che ha raccolto già l’adesione di oltre 1200 sacerdoti di 34 Paesi. Non solo parroci ma anche vescovi e, al momento, un cardinale. Si ritroveranno lunedì pomeriggio a Sant’Andrea al Quirinale per una preghiera che sarà anche un momento di mobilitazione. In rappresentanza di questa nuova realtà a manifestare a Roma saranno una cinquantina. Un momento pubblico di preghiera e testimonianza «per ribadire la condanna del genocidio in corso a Gaza e dare voce a chi non ha voce» che sarà guidato da padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, e padre Fernando García Rodriguez, superiore generale dei missionari saveriani. Nel dettaglio, alle 15 ci sarà la preghiera comunitaria presso la Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale; alle 16 prenderà il via la marcia che percorrerà via Quattro Fontane , Piazza Barberini, via del Tritone , Piazza di Pietra al Pantheon con arrivo a Piazza Sant’Ignazio. Alle 17.30 i sacerdoti incontreranno i media presso la Chiesa del Caravita.

Al momento non risultano tra i partecipanti all’evento di Roma nomi di vescovi. In ogni caso, anche se non saranno fisicamente presenti, diversi di loro hanno dato il loro sostegno, dal cardinale di Rabat, Cristobal Lopez Romero, all’ex vicario apostolico dell’Anatolia, mons. Paolo Bizzeti. Nell’elenco dei vescovi che sostengono la rete ci sono anche il vescovo emerito di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, e l’ex vescovo di Caserta Raffaele Nogaro. Nell’elenco dei presuli delle persone che hanno firmato la petizione figurano don Luigi Ciotti (Libera) e don Nandino Capovilla (Pax Christi), di recente cacciato da Israele dove si era recato per un pellegrinaggio.

Il termine genocidio, riferito a quanto sta accadendo a Gaza, tuttavia non è stato fatto proprio dal Vaticano. Le associazioni cattoliche intanto hanno lanciato un appello alla preghiera per la pace: domani parteciperanno all’Angelus a Piazza San Pietro, mentre lunedì 22 si terrà una veglia di preghiera a Santa Maria in Trastevere, in collegamento con il Patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa.

https://www.ilsole24ore.com/art/preti-contro-genocidio-lunedi-veglia-roma-AHUzEElC

22 Settembre 2025Permalink

5 luglio 2025 – Nuovo presidente Commissione Pontificia tutela minori

Papa Leone XIV ha nominato monsignor Thibault Verny nuovo presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori il 5 luglio 2025, in sostituzione del cardinale Seán O’Malley.

5 luglio 2025

Jean-Charles Putzolu – Città del Vaticano
Monsignor Thibault Verny è il nuovo presidente della Pontificia Commissione per la tutela dei minori. Metterà la sua esperienza francese al servizio della Chiesa universale, pur conservando le sue responsabilità diocesane. Presidente del Consiglio per la prevenzione e la lotta contro la pedofilia in seno alla Conferenza episcopale del proprio Paese fino allo scorso giugno, ha passato il testimone a monsignor Gérard Le Stang, vescovo di Amiens, eletto nel corso dell’ultima assemblea plenaria.

Prima nell’arcidiocesi di Parigi e poi all’interno della Conferenza dei vescovi di Francia, monsignor Verny ha partecipato attivamente alla lotta contro gli abusi nella Chiesa, dedicandosi all’ascolto e all’accompagnamento delle vittime, nonché alla necessaria interazione con le autorità civili e giudiziarie. Egli vede nella propria nomina anche una forma di riconoscimento del lavoro svolto dalla Chiesa francese con l’istituzione della Ciase (Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa), fino alla pubblicazione del rapporto del suo presidente Jean Marc Sauvé, e all’istituzione dell’Inirr, istanza di riparazione e risarcimento. Il presule intende proseguire il lavoro del suo predecessore, il cardinale cappuccino statunitense Seán Patrick O’Malley, con cui ha avuto modo di collaborare più volte, per radicare una cultura della protezione delle persone vulnerabili. Lo confida in questa intervista ai media vaticani.

Monsignor Verny, lei assume la presidenza della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, istituita da Papa Francesco nel marzo 2014. Leone XIV l’ha scelta per succedere al cardinale O’Malley che ha da poco compiuto 80 anni. Come accoglie la nomina?

Tre parole mi sono venute in mente e nel cuore. Innanzitutto la parola umiltà di fronte all’importanza e alla gravità della missione e delle sfide che ne derivano. Poi la parola gratitudine, nei confronti del nostro Santo Padre, Leone XIV, per la fiducia che mi ha dimostrato; gratitudine ovviamente anche nei confronti del cardinale O’Malley, con il quale ho avuto occasione di collaborare nella Pontificia Commissione, e per tutto il suo lavoro. La terza parola è determinazione a proseguire e approfondire questo lavoro.

Lei ha esperienza all’interno della Conferenza episcopale su questo delicato tema. Ora potrà metterla a frutto per la Chiesa universale…

In Francia, la mia missione, prima nell’arcidiocesi di Parigi e poi nella Conferenza episcopale, mi ha permesso di ascoltare le vittime e di accompagnarle nel loro cammino. È stata un’esperienza decisiva. Ho anche avuto modo di lavorare con gli interlocutori della società civile, in particolare della giustizia, con i quali abbiamo potuto mettere a punto protocolli di lavoro che hanno permesso di stabilire una metodologia. È anche significativo poter lavorare con le autorità civili, oltre, naturalmente, a tutte le diocesi di Francia.

Quali saranno, secondo lei, le priorità della Pontificia Commissione e le sue priorità per la Chiesa universale?

Penso innanzitutto ai membri della Commissione per la tutela dei minori e a tutti coloro che vi lavorano. Sono commosso dal poter continuare ad approfondire questo lavoro con ciascuno dei membri e con la squadra in carica. Le priorità saranno quelle di proseguire il lavoro già presentato attraverso la relazione annuale, le iniziative nei Paesi che ne hanno bisogno e attraverso il progetto Memorare per sostenere le Chiese nell’accoglienza e nell’accompagnamento delle vittime. Prossimamente saranno pubblicate le linee guida. Forniscono indicazioni per l’accompagnamento e la protezione dei minori. Un altro punto che mi sembra importante sarà quello di poter mettere in rete le iniziative. Troppo spesso i singoli Paesi lavorano per conto proprio. È necessario invece potersi sostenere a vicenda e poter condividere ciò che si fa.

Qual è, secondo lei, l’importanza del lavoro con le vittime e del loro accompagnamento?

La Pontificia Commissione non ha il compito di sostituirsi alle strutture locali e alle Conferenze episcopali. Si tratta di sensibilizzare i diversi episcopati, gli ordini e le congregazioni religiose nei vari Paesi, sull’ascolto e l’accompagnamento specifico delle vittime. All’interno della Pontificia Commissione per la tutela dei minori è fondamentale che ci siano le vittime, i loro genitori ed i familiari che portano la propria esperienza insostituibile. Mi sembra che dobbiamo continuare a implementare una mentalità, una cultura, all’interno delle Chiese per diffondere la protezione dei minori e far sì che diventi naturale, sia nella Chiesa, sia nelle famiglie e anche nella società.

Qual è la sua valutazione del lavoro della Pontificia Commissione così come l’ha visto dalla sua diocesi, e in particolare nel clima di ostilità, o almeno di diffidenza, da parte di alcuni settori dell’opinione pubblica, che la stessa Commissione e la Chiesa hanno dovuto affrontare?

Penso che il termine ostilità non sia necessariamente adeguato. Direi piuttosto esigenza. Esigenza nei confronti della Chiesa per quanto riguarda la sua missione, il suo posto nella società e l’aspettativa di una Chiesa veramente esemplare, in grado di prendersi cura delle persone vulnerabili e in particolare dei minori. C’è questa parte di umiltà che la Chiesa deve avere, il riconoscimento della verità per poter guardare al futuro. Per quanto riguarda tutto il lavoro svolto dalla Pontificia Commissione sin dalla sua creazione, esso deve continuare a radicarsi sia nel panorama romano, quello della Curia, sia in quello delle Conferenze episcopali e delle congregazioni religiose. E il rapporto annuale contribuisce in tal senso.

A un certo punto, si poteva pensare che la fiducia fosse venuta meno tra i fedeli, o una parte di essi, e i rappresentanti della Chiesa. Oggi è stato fatto un lavoro di riconciliazione? È necessario continuare su questa strada?

Rimango cauto. La fiducia non si ottiene per decreto. Si guadagna e si costruisce giorno dopo giorno. C’è la tentazione di voler parlare d’altro, di voler voltare pagina. Tuttavia, il lavoro di verità e di accompagnamento delle vittime deve continuare. La protezione dei minori rimane e sarà sempre un tema di attualità. È questa la condizione per cui il Vangelo sarà ascoltabile e credibile.

Monsignor Verny presidente della Pontificia Commissione per la tutela dei minori – Vatican News


 

12 Settembre 2025Permalink

30 agosto 2025 _ Da Avvenire di oggi

Appello interreligioso alle Istituzioni Italiane, ai cittadini e ai credenti in Italia

Questo appello nasce dalla convinzione dell’improrogabile necessità di favorire qualsiasi iniziativa di incontro per arginare l’odio, salvaguardare la convivenza, purificare il linguaggio e tessere la pace. Responsabilità di singoli e di soggetti collettivi!
È un appello che esprime il tanto che unisce, messo a dura prova da quanto sta accadendo, ma nella certezza che il dialogo deve trovare le soluzioni a quanto umilia le nostre fedi e resistere. Ciascuno di noi – primi firmatari – avrebbe certamente qualcosa da aggiungere per esprimere il dolore che proviene dalle rispettive comunità, nelle quali vi sono posizioni e convinzioni diverse, così come aspettative rispetto a determinati fatti e scelte. L’appello è aperto a quanti condividono questa preoccupazione unitaria che genera responsabilità comune, mettendo da parte, in questo documento, quanto divide, per rafforzare ciò che ci unisce, nello sforzo comune di capire il dolore e le ragioni dell’altro, generando un impegno rinnovato per trovare soluzioni giuste e durature per tutti. In modo particolare, l’appello è aperto al “Tavolo delle religioni” che da tre anni si trova presso la sede della CEI nell’intento di cercare una “Via italiana del dialogo interreligioso”.

***
Appello alle Istituzioni Italiane, ai cittadini e ai credenti in Italia

“Sta lontano dal male e fa il bene, cerca e persegui la pace”. (Salmo 34, 15)
“Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli
che sono nel pianto”. (Rm 12,15)
“Abbiamo prescritto ai figli di Israele che chiunque ucciderà una persona
è come se avesse ucciso l’intera umanità, e chiunque avrà dato la vita a una persona sarà come se avesse dato la vita all’intera umanità.
Sono giunti loro i Nostri inviati con le prove chiare eppure molti di loro,
pur dopo questo, sono stati intemperanti sulla terra”. (Corano, V: 32)

La coscienza dei tempi oscuri che stiamo attraversando e del potere di illusione che soffia anche sulla tragedia in corso in Medio Oriente, ci richiama, come leader di comunità religiose, come credenti e come
cittadini, a denunciare l’insinuarsi di pericolose generalizzazioni e dannose confusioni tra identità politiche, nazionali e religiose e ci spinge a richiamare alla cautela nello scambio di informazioni e alla pacatezza nei toni e nelle azioni.
L’abuso della religione per la sopraffazione altrui ci costringe ad assistere a una polarizzazione che si nutre di un fanatismo travestito da servizio verso il nostro comune Dio e il bene dei fedeli, assecondando una falsa giustizia superiore e nascondendosi dietro una finta fratellanza.
Il giustizialismo populista, una folle prospettiva suprematista e la mediatizzazione di un vittimismo sordo alle ragioni della responsabilità ci obbligano a denunciare una strumentalizzazione anche della politica: si tratta di un male che si nasconde dietro il paravento della “maggior ingiustizia dell’altro”, e che mira solo a rendere tutte le parti in gioco pedine inconsapevoli della distruzione del mondo ricostruito e ricostituito nel secondo dopoguerra.
Dobbiamo denunciare la nefandezza di una propaganda che, sfruttando ingenuità e visceralità, ottenebra un discernimento sano e banalizza il senso profondo della nostra stessa umanità, inducendo a schierarsi l’uno contro l’altro, ma mai a favore del Bene, fomentando alternativamente antisemitismo e islamofobia o rianimando le inveterate avversioni al cristianesimo cattolico e alle religioni in generale, anziché collaborare insieme per una vera Pace. Condividere originalità, curiosità per i significati dei nostri testi sacri, con studio e conoscenza, e difendere da ogni abuso e distorta interpretazione, che allontanano verso derive dell’odio, pregiudizio e violenza altrui.
L’odio e la violenza non hanno mai alcuna legittimità, portano solo alla diffusione della crudeltà di chi cura ambiguamente interessi paralleli volgarizzando e corrompendo le interpretazioni e la natura autentica dei testi sacri per benedire l’uso delle armi e organizzare la morte dell’altro. “Nessuna sicurezza sarà mai costruita sull’odio. La giustizia per il popolo palestinese, come la sicurezza per il popolo israeliano, passano solo per il riconoscimento reciproco, il rispetto dei diritti fondamentali e la volontà di parlarsi” (Dichiarazione “Fermi tutti” di Bologna).
Il dovere di lavorare per una responsabile convivenza ci richiama come religiosi alla necessità di promuovere coesione sociale sulla base di valori condivisi, a fronte della grande costernazione che ci suscita il dolore degli altri.
Bisogna ripartire dalla testimonianza della sacralità della vita e dalla santità della terra come doni di Dio che nessuno possiede in esclusiva a discapito dell’altro. Questo patrimonio va custodito insieme come occasione per riconoscere la dinamica della scienza sacra, la fratellanza autentica e la vera Pace nella vittoria dello Spirito sulla tragica ostinazione al male.
“Incontriamoci tutti!”, incontriamoci subito – almeno in Italia – vescovi, rabbini e imam, dalle varie regioni. Un incontro semplice, diretto, non convenzionale né confessionale, per testimoniare insieme una responsabilità comune (Lettera aperta “Incontriamoci tutti” della COREIS da Milano). Una responsabilità che sappia trasmettere il messaggio autentico di pace, speranza, carità, fratellanza e giustizia dei discendenti di Abramo anche attraverso soluzioni concrete: auspichiamo che, sulla scia di questo messaggio, le nostre comunità religiose possano promuovere attività locali e nazionali, culturali e formative, con l’attivo coinvolgimento delle Istituzioni nazionali e delle amministrazioni comunali.
Dobbiamo assieme riconoscere quel germe di odio che pianifica anche qui la devastazione e l’abuso di spazi reali e ideali. Lo sviluppo del nostro Paese si è affermato grazie ai ponti tra comunità antiche e di nuova immigrazione che siamo chiamati a difendere attraverso la prova della convivenza e il rigetto del
nemico inventato. Poter credere che esiste un domani libero verso il quale alzare lo sguardo e impegnarsi assieme.
Come segno di speranza, in queste settimane, in alcune città italiane, religiosi ebrei, cristiani e musulmani hanno già trovato l’ispirazione e il coraggio per incontrarsi e confrontarsi, nella preghiera e nella fede certa che la Giustizia divina non si riveste delle barbarie cui l’umanità sembra oggi essersi assuefatta nella “normalizzazione del male”.
Il 23 luglio è stata infatti diffusa la dichiarazione congiunta “Fermi Tutti” dell’Arcivescovo di Bologna, Card. Matteo Zuppi, e del Presidente della Comunità Ebraica di Bologna, Daniele De Paz, “Sulla guerra a Gaza e sulla responsabilità comune per la pace”. Un appello ai credenti e ai cittadini a unire le proprie voci per reagire alla guerra in corso dentro la striscia di Gaza e gli attacchi su Israele: “Tacciano le armi, le operazioni militari in Gaza e il lancio di missili verso Israele. Siano liberati gli ostaggi e restituiti i corpi. Si sfamino gli affamati e siano garantite cure ai feriti” (Dichiarazione “Fermi tutti” di Bologna).

L’appello di Bologna ha avuto un precedente e un seguito significativi:
• la Marcia per la Pace del 5 dicembre 2023 a Bologna, guidata dal Card. Matteo Zuppi, dal Presidente della Comunità Ebraica, Daniele De Paz, e dal Presidente dell’UCOII, Yassine Lafram, con la partecipazione di centinaia di cittadini;
• il 24 luglio la COREIS Italiana ha aderito all’appello inviando la lettera di sostegno “Incontriamoci tutti”, rivolta anche alla CEI, all’UCEI, all’Assemblea Rabbinica Italiana, all’Arcivescovo di Milano e alla Senatrice Liliana Segre;
• il 4 agosto anche il “Tavolo della Speranza”, costituito a Torino da rappresentanti cristiani, ebrei, musulmani e laici, ha sostenuto pubblicamente l’appello. “La coscienza dei credenti, indipendentemente dalla fede di appartenenza, non può non essere fortemente turbata dalle notizie provenienti dal
teatro di guerra e l’impegno personale nella preghiera e nel dialogo è l’unico modo per liberarsi dal senso di impotenza che, per ammissione dello stesso Papa Leone XIV, sta attanagliando chi invoca la tregua e l’accordo”.
Siamo grati per queste testimonianze di una reazione e di un coordinamento da parte di diversi esponenti interreligiosi che vogliono ora, con questa dichiarazione nazionale, promuovere una chiarezza di intenzioni, di metodo e linguaggio, di contenuti e di finalità, per giungere alla vera pace e, soprattutto, in nome della nostra comune responsabilità, a preservare l’autentica dignità di ogni comunità religiosa e di ogni essere umano.

Noemi Di Segni
Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI)
Yassine Lafram
Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (UCOII)
Abu Bakr Moretta
Presidente del Comunità Religiosa Islamica Italiana (COREIS)
Naim Nasrollah
Presidente della Moschea di Roma
Imam Yahya Pallavicini
Comunità Religiosa Islamica Italiana (COREIS)
Cardinale Matteo Maria Zuppi
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI

 

30 Agosto 2025Permalink

29 agosto 2025 _ Cristiani, musulmani ed ebrei per la pace: “Bisogna arginare l’odio”

Cristiani, musulmani ed ebrei per la pace: “Bisogna arginare l’odio”

Da Roma un appello che risuona soprattutto per il Medio Oriente, teatro di conflitti e tensioni, con la proposta di un incontro tra vescovi, rabbini e imam in Italia che sia “diretto, non convenzionale né confessionale, per testimoniare insieme una responsabilità comune”

Vatican News

«Questo appello nasce dalla convinzione dell’improrogabile necessità di favorire qualsiasi iniziativa di incontro per arginare l’odio, salvaguardare la convivenza, purificare il linguaggio e tessere la pace. Responsabilità di singoli e di soggetti collettivi!». È con queste parole che prende avvio l’appello interreligioso diffuso a Roma oggi e promosso dai rappresentanti delle comunità ebraiche, cristiane e musulmane di tutta Italia.

Le firme del documento

L’appello, firmato da Noemi Di Segni (Unione delle comunità ebraiche italiane), Yassine Lafram (Unione delle comunità islamiche d’Italia), Abu Bakr Moretta e Yahya Pallavicini (Comunità religiosa islamica italiana), Naim Nasrollah (presidente della Moschea di Roma) e dal cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, richiama la necessità di «trovare soluzioni a quanto umilia le nostre fedi e resistere».

L’attenzione per il Medio Oriente

Parole che risuonano soprattutto per il Medio Oriente, teatro di conflitti e tensioni sempre più tragiche. «La coscienza dei tempi oscuri che stiamo attraversando e del potere di illusione che soffia anche sulla tragedia in corso in Medio Oriente, ci richiama, come leader di comunità religiose, come credenti e come cittadini, a denunciare l’insinuarsi di pericolose generalizzazioni e dannose confusioni tra identità politiche, nazionali e religiose». I firmatari denunciano inoltre la “nefandezza di una propaganda che, sfruttando ingenuità e visceralità, ottenebra un discernimento sano e banalizza il senso profondo della nostra stessa umanità”, fomentando antisemitismo, islamofobia e avversione verso il cristianesimo cattolico e le religioni in generale. “Nessuna sicurezza sarà mai costruita sull’odio. La giustizia per il popolo palestinese, come la sicurezza per il popolo israeliano, passano solo per il riconoscimento reciproco, il rispetto dei diritti fondamentali e la volontà di parlarsi”.

Una proposta concreta

Da qui la proposta concreta di un incontro tra vescovi, rabbini e imam in Italia: «Un incontro semplice, diretto, non convenzionale né confessionale, per testimoniare insieme una responsabilità comune», con l’auspicio che le comunità religiose possano promuovere attività locali e nazionali con il coinvolgimento delle istituzioni. «Il dovere di lavorare per una responsabile convivenza ci richiama come religiosi alla necessità di promuovere coesione sociale sulla base di valori condivisi», si legge ancora nell’appello, che si conclude con un ringraziamento per le testimonianze maturate nelle scorse settimane a Bologna, Milano e Torino, come segno di speranza in un tempo segnato dalla violenza.


Cristiani, musulmani ed ebrei per la pace: “Bisogna arginare l’odio” – Vatican News

29 Agosto 2025Permalink

18 agosto _ Dal Corriere della Sera : Un testo del giurista Sabino Cassese

Prima pagine del Corriere della sera.  18 agosto
Cosa ci dice quell’incontro tra i due zar  di Sabino Cassese

Trump, 79 anni, imprenditore immobiliare, al secondo mandato come presidente degli Stati Uniti, e Putin, 72 anni, al potere come primo ministro e come presidente della Russia da 26 anni, sono due tipici rappresentanti di quella che, nel suo ultimo libro, Giuliano da Empoli ha chiamato «l’ora dei predatori»
Il libro è uscito in Francia con il titolo «L’heure  des prédateurs», edito da Gallimard 2025.

Pag  28_I rapporti.
Il vertice tra i presidenti americano e russo  ha certamente toccato questioni  oltre la  guerra in  Ucraina

L’incontro tra  i predatori di Sabino Cassese

Che cosa si siano detti ha poca importanza, perché i predatori, quando si incontrano, si annusano e misurano la forza reciproca, non scambiano idee e propositi.
Possiamo però immaginare che cosa i due abbiano pensato. L’enigmatico ex funzionario del Kgb vive nel culto di Pietro il Grande e di Caterina II e vede l’espansione a Occidente come movimento naturale della Russia.  Caterina II era prussiana e il suo preferito e amato generale Potemkin era il conquistatore di quella zona dell’Ucraina che la Russia rivendica.L’imprevedibile presidente americano, abile nell’alternare parole e silenzi per tenere l’opinione pubblica sospesa, aspira più di ogni altri ad apparire e ad essere il padrone del mondo, pensando, quindi, a una globalizzazione molto diversa da quella che finora si è realizzata, dove al centro sta lui e non l’Onu.

Se non possiamo indovinare né quel che si sono detti, né il risultato dell’incontro, possiamo intuire quale ne sia stato l’oggetto e quale il ruolo dei protagonisti

Quanto all’oggetto, è sicuro che le due parti non abbiano solo discusso la questione ucraina. Conveniva a Trump perché questo attenua la concessione che ha fatto a un aggressore, colpito da un mandato di arresto della Corte penale internazionale, ricevendolo come un sovrano sul territorio della nazione che rappresenta.
Conveniva allo zar perché serve ad occultare eventuali cedimenti o arretramenti.
Conveniva ad ambedue, quindi, una decisione «a pacchetto», nella quale alla questione principale se ne aggiungono altre, per raggiungere un accordo con concessioni reciproche.
Quanto al ruolo di Trump, è evidente che, come gli è consueto, abbia tentato di sommarne più di uno: quello di esploratore in vista di futuri negoziati; quello di delegato dei Paesi europei, per avviare più equilibrati negoziati con gli interessati principali; quello di pacificatore, una specie di Onu monocratico, per supplire all’evidente fallimento dell’organizzazione internazionale in questa vicenda; quello di mediatore; quello di rappresentante dell’Occidente. Così è riuscito a coprire il fatto che non può presentarsi come il vicino di casa dell’aggredito, né come l’alleato, né come il giudice terzo tra due parti in conflitto tra di loro. Dunque, ha svolto un ruolo multifunzionale, così legittimando una sua veste di padrone del mondo.

Altrettanto ricca la panoplia dei ruoli di Putin: ha dovuto dare legittimazione all’invasione di una nazione vicina, difendendosi dall’accusa di aggressore; rinverdire il ruolo della Russia come potenza mondiale che ha spartito la gestione del mondo con l’America; dare una giustificazione della propria espansione verso Occidente.
Lo scenario aperto da questo incontro prospetta due nuove realtà, una che riguarda il mondo intero e l’altra che riguarda l’Europa.
Quella che riguarda il mondo intero ha a che fare con la globalizzazione. Essa si è svolta finora mediante il multilateralismo, la cessione di compiti regolatori a organismi universali, e in forme pubblicistiche. Ora, la globalizzazione di cui è portatore il presidente degli Stati Uniti si svolge in forza del ruolo globale di una sola nazione e vede come attori globali grandi imprese private americane. Dunque, è una globalizzazione diversa, che cambia l’ordine del mondo, da multilaterale a uni-nazionale, da statale a privatistico.

L’altra prospettiva riguarda l’Europa. Pietro il Grande nel ‘600 e Caterina II nel ‘700 hanno sempre guardato al modello occidentale e mirato all’espansione russa in Occidente. La politica estera della Francia, fino a metà dell’Ottocento, è stata quella di favorire la mancata unificazione germanica in funzione di cuscinetto rispetto all’avanzata russa (allora l’Ucraina non esisteva e la Polonia era debolissima). Fu Tocqueville che richiamò l’attenzione sulla «necessità di evitare il pericolo di cadere presto o tardi sotto il gioco e l’influenza diretta e irresistibile degli zar» (sono parole scritte nel 1850 nei suoi «Souvenirs») e che quindi l’interesse dell’Europa fosse di favorire l’unità tedesca per impedire questa penetrazione della Russia. Oggi questo ruolo di cuscinetto si è ampliato perché la Germania è unificata e la Polonia più forte. L’Ucraina è divenuta il terreno di scontro.
D’altra parte, bisogna considerare, anche se non si condividono, le parole di un noto studioso realista di scienze politiche americano, John J. Mearsheimer, secondo il quale chiunque abbia familiarità con la geopolitica avrebbe dovuto prevedere che «l’Occidente si stava infiltrando in Russia e ne minacciava gli interessi strategici. L’Ucraina, una pianura sterminata che avevano attraversato la Francia napoleonica, la Germania imperiale e la Germania nazista per attaccare la Russia vera e propria, è un cuscinetto strategico di enorme importanza per Mosca». Quasi sicuramente il presidente russo non ha letto «The Great Delusion: Liberal Dreams and International Realities», il libro del politologo americano (tradotto in italiano dalla Luiss University Press), ma altrettanto sicuramente la pensa allo stesso modo.

17 agosto 2025

https://www.corriere.it/opinioni/25_agosto_17/cosa-ci-dice-quell-incontro-tra-i-due-zar-ebf07a99-1b69-47f5-a8a4-94459e9f2xlk.shtml?refresh_ce

 

18 Agosto 2025Permalink

30 luglio 2025 – Sono solo notizie

PRO  memoria   1

TEL AVIV, 28 luglio 2025, 18:43

Ong israeliane, a Gaza si sta commettendo un genocidio

Redazione ANSA

Per la prima volta dall’inizio del conflitto, due ong israeliane, B’Tselem e Medici per i Diritti Umani hanno pubblicato due rapporti diversi secondo cui “Israele sta commettendo un genocidio a Gaza”.

“Nulla ti prepara alla consapevolezza di far parte di una società che sta commettendo un genocidio.

PRO  MEMORIA 2

30 luglio2015

Mattarella: ‘La Russia ha cancellato l’equilibrio della pace, a Gaza situazione intollerabile’

Al Quirinale la cerimonia di consegna del ‘Ventaglio’. ‘L’antisemitismo si alimenta di stupidità. Oggi molti protagonisti vogliono essere temuti. Si tenta di demolire l’Onu per egoismi di potere’

30 luglio 2025, 18:14

Redazione ANSA

 “Prosegue, angosciosa, la postura aggressiva della Russia in Ucraina: un macigno sulle prospettive del continente europeo e dei suoi giovani”.

Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la cerimonia del Ventaglio al Quirinale.

“L’aggressione della Russia all’Ucraina ha cambiato la storia d’Europa. “E’ ben noto che i Paesi dell’Unione e della Nato che, insieme alla Russia, si affacciano sul Mar Baltico nutrono la grave preoccupazione, se non – come viene enunciato – la convinzione che la Russia, dopo quella all’Ucraina, coltivi il proposito di altre, nuove iniziative di aggressione, a scapito della loro sicurezza se non addirittura della indipendenza di alcuni di essi”.

“Sul piano della realtà delle relazioni internazionali la scelta e la postura della Russia hanno, più che stravolto, cancellato l’equilibrio; equilibrio che garantisce la pace e dissuade da avventure di guerra. E’ la storia – maestra di vita – che insegna che, fin tanto che non saremo riusciti a eliminare dalla vita internazionale le tentazioni di dominio su altri popoli (ciò che, più o meno, equivale a far scomparire il male dall’umanità), è l’equilibrio che impedisce di seguire le tentazioni di dominio”.

Servono “adeguate capacità difensive dei Paesi raccolti nell’Unione Europea, perché questa possa realmente svolgere il ruolo cui è chiamata: essere attrice di sicurezza e promotrice di pace. A questo corrisponde l’urgente necessità della costruzione della politica estera e di difesa comune. Comune politica estera e di difesa anche allo scopo di rendere effettiva e non illusoria la sovranità dei suoi Paesi membri, condividendone aspetti di dimensione sovranazionale”.

“E’ ben noto che i Paesi dell’Unione e della Nato che, insieme alla Russia, si affacciano sul Mar Baltico nutrono la grave preoccupazione, se non la convinzione che la Russia, dopo quella all’Ucraina, coltivi il proposito di altre, nuove iniziative di aggressione, a scapito della loro sicurezza se non addirittura della indipendenza di alcuni di essi. Questi mutamenti – così profondi e inattesi – hanno provocato, tra le altre conseguenze, un comprensibile disorientamento nelle pubbliche opinioni. Disorientamento aggravato da una abile e perversa opera di diffusione di false notizie e false raffigurazioni”.

Mattarella denuncia inoltre “una diffusa tendenza alla contrapposizione irriducibile, alla intolleranza alle opinioni diverse dalle proprie, al rifugio in slogan superficiali e in pregiudizi, tra i quali riaffiora, gravissimo, l’antisemitismo, che si alimenta anche di stupidità”.

Sul Medio Oriente, ha aggiunto, “è persino scontato affermare che la situazione a Gaza diviene, di giorno in giorno, drammaticamente più grave e intollerabile; e speriamo che alle pause annunciate corrispondano spazi di effettivo cessate il fuoco”.

“Due mesi addietro, in una delle occasioni più solenni del Quirinale – l’incontro, per la nostra Festa nazionale, con gli ambasciatori che rappresentano in Italia i Paesi di ogni parte del mondo – dopo avere ricordato l’orrore del barbaro attacco di Hamas del 7 ottobre di due anni fa, con tante vittime tra inermi cittadini israeliani e con l’ignobile rapimento di ostaggi, ancora odiosamente trattenuti, ho sottolineato come sia inaccettabile il rifiuto del governo israeliano di rispettare a Gaza le norme del diritto umanitario, ricordato pochi giorni fa da Leone XIV”, ha proseguito il presidente della Repubblica. “Ho aggiunto, in quell’incontro, che è disumano ridurre alla fame un’intera popolazione, dai bambini agli anziani e che è grave l’occupazione abusiva, violenta, di territori attribuiti all’Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania. Ho espresso l’allarme per la semina di sofferenza e di rancore che si sta producendo, che, oltre ad essere iniqua, contrasta con ogni vera esigenza di sicurezza”.

“L’incredibile bombardamento della Parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza è stato definito un errore. Da tanti secoli, da Seneca a S. Agostino, ci viene ricordato che ‘errare humanun est, perseverare diabolicum'”, ha sottolineato quindi, aggiungendo che “si è parlato di errori anche nell’avere sparato su ambulanze e ucciso medici e infermieri che recavano soccorso a feriti, nell’aver preso a bersaglio e ucciso bambini assetati in fila per avere acqua, per l’uccisione di tante persone affamate in fila per ottenere cibo, per la distruzione di ospedali uccidendo anche bambini ricoverati per denutrizione. E’ difficile, in una catena simile, vedere una involontaria ripetizione di errori e non ravvisarvi l’ostinazione a uccidere indiscriminatamente.
Una condizione raffigurata, in maniera emblematica, dal bambino accolto con sua madre in un ospedale italiano, dopo aver perduto il padre e nove fratelli – tutti bambini – nel bombardamento della sua casa”.

“Oggi molti protagonisti della vita internazionale aspirano a essere temuti più che stimati e ammirati”, ha poi sottolineato il capo dello Stato ricordando come in passato “l’aspirazione di numerosi Stati – grandi, medi e piccoli – fosse di essere, piuttosto che temuti, ammirati per il loro sistema e stile di vita; ed essere, di conseguenza, ascoltati e seguiti”.  Il presidente della Repubblica ha parlato di “una diffusa tendenza alla contrapposizione irriducibile, alla intolleranza alle opinioni diverse dalle proprie, al rifugio in slogan superficiali e in pregiudizi, tra i quali riaffiora, gravissimo, l’antisemitismo, che si alimenta anche di stupidità”.

Aspirare a essere temuti più che stimati e ammirati “può, forse, produrre qualche vantaggio nell’immediato ma colpisce, incrina ampiamente e forse azzera, per il futuro, fiducia, prestigio, autorevolezza; e, quindi, stabile ed effettiva influenza nella comunità internazionale. Vengono ignorate le esperienze che la storia presenta con evidenza: autentiche lezioni, da non dimenticare; perché la vita del mondo non inizia oggi e tanto è stato già visto nel passato. I tanti elementi di novità che contrassegnano questa nostra epoca dovrebbero indurre a ben altre scelte”.

Tante “sfide si presentano, nuove e globali. Nemici allarmanti e comuni dell’umanità – di qualsiasi Paese e regime politico – si sono presentati in questi anni e vanno contrastati e prevenuti con strumenti comuni, inevitabilmente globali”. Ad esempio, ha aggiunto Mattarella, “la crescente polarizzazione delle ricchezze, con un numero molto ristretto di persone che dispone di immensi patrimoni a fronte, oltre che di grandi sacche di povertà, di una tendenza alla progressiva riduzione delle prospettive della gran parte delle società e dei giovani di ogni nazione, con grave, molto grave, aumento di insicurezza sociale”.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rimarcato infine “la tendenza, da più parti coltivata, di accantonare l’irrinunziabile centralità del multilateralismo. Anche attraverso il tentativo di screditare e demolire il ruolo dell’Onu, dei suoi organismi, delle sue agenzie, facendo perno su lacune e scarsa efficacia della sua azione: condizioni che, in larga misura, derivano da limiti e privilegi prodotti da egoismi di potere di singoli stati, a partire dall’antistorico diritto di veto”. “Chiediamoci: il mondo sarebbe stato migliore senza l’Onu?”, ha aggiunto.

Servono quindi,, ha concluso, “adeguate capacità difensive dei Paesi raccolti nell’Unione Europea, perché questa possa realmente svolgere il ruolo cui è chiamata: essere attrice di sicurezza e promotrice di pace. A questo corrisponde l’urgente necessità della costruzione della politica estera e di difesa comune. Comune politica estera e di difesa anche allo scopo di rendere effettiva e non illusoria la sovranità dei suoi Paesi membri, condividendone aspetti di dimensione sovranazionale”.

30 Luglio 2025Permalink

30 luglio 2025 _ Recupero una dichiarazione congiunta dell’Arcivescovo di Bologna e del Presidente della Comunità ebraica della stessa città

Un documento importane cui ha aderito anche la senatrice Segre
Ne da notizia Avvenire del 24 luglio

E’ stata diffusa alcuni giorni fa la dichiarazione congiunta dell’Arcivescovo Card.
Matteo Zuppi e del Presidente della Comunità Ebraica di Bologna, Daniele De
Paz, “Sulla guerra a Gaza e sulla responsabilità comune per la pace”.
Di seguito il testo della dichiarazione:
Noi, rappresentanti delle comunità cristiana ed ebraica a Bologna, figli dell’Unico
Dio pacifico e misericordioso, riconoscendoci Fratelli tutti, uniamo la nostra voce
consapevoli della gravità dell’ora presente e della responsabilità morale che ci
unisce come credenti e come cittadini.
Di fronte alla devastazione della guerra nella Striscia di Gaza diciamo con una
sola voce: fermi tutti. Tacciano le armi, le operazioni militari in Gaza e il lancio
di missili verso Israele. Siano liberati gli ostaggi e restituiti i corpi. Si sfamino gli
affamati e siano garantite cure ai feriti. Si permettano corridoi umanitari. Si cessi
l’occupazione di terre destinate ad altri. Si torni alla via del dialogo, unica
alternativa alla distruzione. Si condanni la violenza.
Ci uniamo al grido dell’umanità ferita che non vuole e non può abituarsi all’orrore
della violenza: basta guerra. È il grido dei palestinesi e degli israeliani e di
quanti continuano a credere nella pace, coscienti che questa può arrivare solo
nell’incontro e nella fiducia, che il diritto può garantire nonostante tutto. Come
ricorda il Salmo: «Cercate la pace e perseguitela» (Sal 34,15). E come
insegna la sapienza antica: «Chi salva una vita, salva il mondo intero». Ma è
tragicamente vero il contrario: chi uccide un uomo uccide il mondo intero.
Condanniamo ogni atto terroristico che colpisce civili inermi. Nessuna causa può
giustificare il massacro di innocenti. Troppi bambini sono morti. Nessuna
sicurezza sarà mai costruita sull’odio. La giustizia per il popolo palestinese,
come la sicurezza per il popolo israeliano, passano solo per il riconoscimento
reciproco, il rispetto dei diritti fondamentali e la volontà di parlarsi.
Rigettiamo ogni forma di antisemitismo, islamofobia o cristianofobia che
strumentalizza il dolore e semina solo ulteriore odio. Chiediamo alle istituzioni
italiane e internazionali coraggio e lucidità perché aprano spazi di incontro e
aiutino in tutti i modi vie coraggiose di pace. Il dolore unisca, non divida. Il dolore
non provochi altro dolore. Dialogo non è debolezza, ma forza. La pace è sempre
possibile. E comincia da qui, da noi. Fermi tutti!
+ Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna
Daniele De Paz, Presidente della Comunità Ebraica di Bologna

30 Luglio 2025Permalink

19 luglio 2025 – 18 luglio anniversario della nascita di Nelson Mandela

Nelson Mandela fu presidente del Sud Africa dal 24 aprile 1994 al 1 giugno .
Insieme al vescovo anglicano Desmond Tutu (premio Nobel per la pace)
costruì la Commissione per la Verità e la Riconciliazione

Si ispirò alla ideologia UBUNTU, per cui  il senso profondo dell’essere umano
si manifesta solo attraverso l’umanità degli altri per cui se concluderemo
qualche cosa  al mondo sarà grazie al lavoro e alla realizzazione degli altri.

Mi scuso per la semplificazione.


 

19 Luglio 2025Permalink