Mauro Caruso Ex Redattori LAMBDA 24 dicembre 2017 ·
INTERVISTA DI NATALE A GIUSEPPE DI 83 ANNI E ARMANDO 85 ANNI.
Vorrei chiedervi innanzitutto di presentarvi con parole vostre, avete tutto il tempo che volete… comincia tu Armando…
Armando: Allora mi chiamo Armando, sono del 32, tengo 85 anni, sono meridionale, di Foggia, i miei contadini erano, insomma non è che se la passavano tanto bene, eravamo 4 figli, papà lavorava in campagna, tenevamo un pezzo di terra e campavamo così… sai, le galline, tenevamo il maiale… i fichi, un poco di grano e si campava, quando io facevo la terza elementare è scoppiata la guerra… che io stavo da una zia a Foggia per studiare… e sono cominciati i guai: soldi niente, quello che facevamo in campagna se lo portavano all’ammasso, galline non ne tenevamo più, papà è andato in Africa e non ne abbiamo saputo più niente… che mica era come adesso… che stanno tutti i telefonini… allora non ci stava niente…
Papà e morto nel 42, in guerra… ma noi l’abbiamo saputo alla fine del 43… quando io tenevo undici anni, mamma, povera donna, che poteva fare? … che noi quattro eravamo, quella si ammazzava in campagna e poi la sera faceva le maglie… ma noi non è che tenevamo tanto da mangiare e poi sai fino al 46 stavamo proprio male… abbiamo fatto proprio la fame, io alla scuola non c’ero andato più e avevo cominciato pure io a lavorare in campagna però si campava male.
Dopo il 46, quando sono venuti gli americani le cose un poco sono cambiate… ma c’era pure tanta miseria… allora, nel 46, quando tenevo 14 anni non è che mi potevo mettere a pensare all’amore… che si doveva campare… io proprio non ci pensavo alle altre cose… Nel 48, quando tenevo 16 anni ho passato l’esperienza brutta, mo’ non so se la devo dire o no… be’… insomma … stava lì uno dei capi, quando stavamo a lavorare in campagna, questo prima m’aveva dato una pagnotta e un fiasco di vino e poi voleva che io andavo con lui, ma io non ci volevo andare, ma sono venuti lui e altri due e non c’è stato niente da fare e ci sono dovuto stare per forza, m’hanno caricato di botte e poi hanno fatto quello che volevano loro… Madonna mia come mi sono sentito dopo… ma manco ai cani una cosa simile, quelli erano come le bestie… io tenevo paura ma quelli ti potevano proprio ammazzare… e io non sapevo che fare… e che fai torni a casa e lo dici a mamma… ma tu te lo immagini?
… Ma io poi là non ci volevo tornare più, volevo andare ai carabinieri, ma tenevo paura che quelli poi si vendicavano sulla famiglia, hai capito? E non li ho denunciati… ma io una soluzione la dovevo trovare… ma allora tenevo solo 16 anni… allora sapevo che c’era uno del paese di papà, un mezzo parente nostro che teneva una cava di tufo… e l’ho detto a mamma per non farla preoccupare e me ne sono andato a piedi fino al paese, ho fatto 40 chilometri a piedi, e sono andato alla cava, là stava una polvere che non ti dico… sai con i mezzi di allora… e quello m’ha pigliato a lavorare là, ma pigliavo meno di quello che pigliavo in campagna, però erano gente onesta… da mangiare non ce ne stava per nessuno e io là dentro ero il più piccolo… e quello che potevano gli altri me lo davano a me… e io campavo così, uno di là dentro, penso eh… non lo so… ma penso che uno di là dentro pure mi aveva messo gli occhi addosso… ma era un’altra cosa… qualche cosa c’era, mi trattava bene ma non è che ha mai fatto proposte… insomma forse io pure un poco di corda gliel’ho data… ma insomma non è successo niente… e che potevo pensare all’amore in un posto come a quello? Qualcuno là degli operai era pure un bel ragazzo… però, che vuoi fare… mica mi potevo arrischiare… ah!
Una cosa… io ero gay, mo’ che parola che ci siamo imparati… tutta roba americana… e va be’… insomma ero gay pure prima che quelli facessero quello che hanno fatto… ma io non avevo dato mai corda a nessuno quando stavo in campagna… quelli erano proprio loro che erano delinquenti… alla cava no! Là a qualcuno un poco di corda gliel’avevo data pure io… io stavo sempre solo… eh! Che poi alla cava quelli che tenevano famiglia la sera se ne tornavano a casa e quelli come a me, stavano la pure la notte… ci stava un capannone di lamiera e stavamo la sotto tutti quanti, ma eravamo quelli giovani… 18/20 anni così… tu qualche cosa la potevi pure vedere, che non è che si vergognavano tanto… però insomma non è che ti potevi mettere a fare le cose tue in faccia a tutti… quando dovevi fare quello che tutti i ragazzi lo fanno te ne dovevi andare fuori la notte, dicevi che dovevi fare i bisogni e ti stavi fuori cinque minuti… così era…Insomma sono stato sette anni a lavorare alla cava, fino a 23 anni… nel frattempo i fratelli miei s’erano fatti grandi… quelli erano tutti più grandi di me io ero il più piccolo e lavoravano già… allora ho sentito che si poteva andare a lavorare al nord… era l’estate del ’55, io non tenevo né arte né parte, ma ci stava uno di Milano che stava cercando persone per lavorare là… che lui teneva una fabbrica… mi sono legato la valigia di cartone e me ne sono partito per Milano… allora poi arrivare da Foggia a Milano era come andare al polo nord… arrivo là, una cosa che non capivo niente, me ne vado all’indirizzo della fabbrica di quel signore, una cosa piccolina ma una fabbrica vera… e chi ti trovo che faceva la fila davanti alla porta? … A questo mi trovo… mi trovo a Peppino mio!
Io tenevo 23 anni e lui ne teneva 21, appena appena maggiorenne, che allora si diventava maggiorenni a 21 anni… me lo guardo, lui mi guarda e mi fa un sorriso… Madonna mia… che là nessuno m’aveva fatto un sorriso… e lo vedi come siamo noi… io sono proprio meridionale e lui era il ragazzo del nord.. biondo con gli occhi chiari… io non l’avevo mai visto uno così… un tedesco sembrava… be’ insomma era bello… e mo’ il resto glielo fai raccontare a lui…
Giuseppe: Io mi chiamo Giuseppe A. ho 83 anni, un po’ mal portati… sono nato in un paesetto vicino Padova… e allora il Veneto non era il Veneto di oggi… allora c’era la miseria nera. Io sono del 34… eravamo 9 figli, io ero il quinto, proprio in mezzo, ma nel 44 la famiglia mia è stata distrutta, non dalla guerra ma dalla polmonite, è morta mamma e 4 fratelli, due più grandi e due più piccoli di me, mio padre era morto due anni prima e a 10 anni sono andato a fare il garzone di latteria per guadagnare due soldi, partivo la mattina prestissimo, alle cinque, e dovevo accompagnare il padrone che andava per le stalle a raccogliere il latte. In pratica per me solo lavorare… altro niente… a 16 anni m’era sembrato che mi piaceva una ragazzina… ma io non capivo niente… vedevo che lo facevano tutti e pensavo che lo potevo fare anch’io… insomma quando lei m’ha detto che ci sarebbe stata io le ho detto che non era una ragazza per bene e che io volevo sposare una ragazza illibata… insomma, facciamola corta! E’ stata la prima balla che ho raccontato… Perché io l’avevo visto che non mi tirava a pensare alle ragazze, mentre invece ai maschietti sì… eh! Va bene… da noi una cosa interessante c’era… che i ragazzi andavano tutti a fare il bagno al fiume… e lì costume non ce n’era o almeno molti non ce l’avevano… si faceva la nuotata e poi ci si asciugava al sole e non erano mica ragazzini piccoli… no, no… c’era dai 16 ai 20 e pure di più… praticamente sono stati gli anni più belli della mia vita… lavoravo da cani, mi pagavano poco ma di ragazzi nudi ne vedevo tutti i giorni… certo dovevo stare attento… perché, tu lo sai eh… che succede quando ti trovi in una situazione del genere… ma io mi ero organizzato bene… insomma guardavo senza farmi vedere, c’avevo proprio i posticini miei, me li ero proprio studiati… e be’, e che vuoi fare? Se c’è la spinta si aguzza l’ingegno… poi nel 55 m’hanno mandato a Milano e lì ci siamo incontrati… ecco, in breve questa è la storia…
E a Milano che vita avete fatto?
Giuseppe: E chiaro… sempre la vita dei morti di fame: in quattro in una stanza coi letti a castello, la sveglia alle cinque del mattino e il rientro a casa, se la poi chiamare casa, alle cinque del pomeriggio. In pratica vivevi solo la domenica… il resto lavoravi e basta!
Armando: Lo vedi mo’ come s’è fatto vecchio! Quello quando doveva uscire con me si faceva bene bene la barba, si metteva a posto i capelli… che allora ce li facevano portare cortissimi, perché alla fabbrica i capelli lunghi non li potevi tenere e s’era comprato pure una bottiglietta di lavanda, una piccola, che costava poco, però se ne veniva tutto profumato… e qualche volta andavamo al cinema, uscivamo tutte le domeniche e stavamo a chiacchierare tutte le sere ma prima di arrivare a capirci ci abbiamo messo più di un anno… allora era difficile, molto difficile e la storia l’ha cominciata lui… lui si credeva che era uno fine e se n’è uscito proprio secco secco… “ma tu per quelle cose là come fai?” Io non avevo capito niente, avevo pensato per fare i bisogni, e gli ho detto che andavo alla latrina… che quando ci sta la necessità uno non è che si può trattenere… e lui poi m’ha detto: “Ma quando lo fai a che cosa pensi?” … E a che cosa dovevo pensare? Non lo so io, ma tu quando vai al gabinetto a che cosa pensi? … e allora lui mi dice che lui quando lo faceva pensava a un bel ragazzo… e io dicevo: “Ma questo che dice? Fosse un poco fuori di cervello…”, poi m’ha detto: “Ma non è che tu quando fai certe cose pensi alle ragazze?” E allora a me mi s’è accesa la lampadina… allora ho capito! …
L’ho guardato fisso fisso e gli ho detto: “Non ho capito bene, scusa, puoi ripetere?” E lui ha detto: “Niente, niente, è cosa da niente…” e allora gli ho preso la mano e gliel’ho stretta e gli ho detto: “Peppì… e a quale ragazzo pensi quando fai quelle cose?” E lui m’ha detto: “Quello sei tu… però…” e stava cominciando col però… che quello è l’uomo del però. Io gli ho detto: “E lo sai a chi penso io quando faccio quelle cose?”. Lui m’ha detto “A me…” e qua ho fatto proprio una cosa da delinquente… gli ho detto: “No!”… Madonna mia come c’è rimasto male… però poi ho aggiunto subito: “Però da oggi comincio a pensare a te… se a te sta bene!”, lui m’ha detto: “Veramente?” e io gli ho stretto la mano forte forte… ecco così è successo. … Mo’ però facciamo una pausa… ripigliamo dopo, mo’ mi sono stancato un poco, la vuoi una cosa da bere?
(…) Allora adesso ho capito come vi siete conosciuti, quando tu avevi 23 anni e lui 21… e va bene, ma proprio la vita vostra vostra come è stata?
Armando: E come volevi che fosse noi soldi non ne tenevamo proprio, si campava, ma non è che si poteva pensare di fare altro, alla stanza dove stavamo eravamo in quattro… quello che ci mancava a noi era di potercene stare un poco per i fatti nostri… che noi pure ce ne avevamo bisogno… non è che volevamo fare chissà che cosa… però almeno un bacetto glielo volevo dare… però non si poteva fare neanche quello, e poi noi allora parlavamo tanto e pure di sesso, e sì, pure di sesso e lui mi raccontava tutte quelle cose di quando andavano al fiume coi compagni suoi e sai com’è… non è che sono cose che ti lasciano indifferente, io sapevo che lui con me ci sarebbe stato, come lui sapeva che ci sarei stato io… ma proprio non tenevamo il posto… che poi a noi metterci a fare certe cose dentro i gabinetti non ci piaceva proprio, che quello pure… come ti voglio dire… pure per fare un poco di sesso ci vuole un poco di tranquillità non è che fai così una cosa correndo correndo… ci vuole pure un poco di tenerezza, insomma ci si deve pure coccolare un pochettino… o no?Allora c’è venuta l’idea di andare a starcene per conto nostro. Noi non volevamo prendere una stanza in casa di altre persone, noi volevamo una casetta pure piccolissima ma nostra… una stanzetta sola… ma quando chiudi la porta ci stai solo tu… prima abbiamo visto un po’ in giro, poi s’è liberato un appartamentino… un buchetto proprio, una cosa che l’avevano ricavata all’ottavo piano togliendo le fontane del lavatoio… che prima a quella casa là il lavatoio stava sul tetto… l’ascensore non ci stava ma noi allora eravamo giovani e otto piani di scale si potevano pure fare. La cameretta era piccola ma tutto attorno ci stava la terrazza condominale e con ci veniva mai nessuno… Abbiamo fatto il contratto… che coi soldi ci stavamo pelo pelo e poi ci siamo trasferiti là… e quello era il paradiso nostro… che noi per quello ce l’eravamo presa la casetta là sopra.. e mo’ che ti devo raccontare? Mo’ mi metti a disagio… facevamo le cose che si fanno e che vuoi che facevamo… la cosa più bella non era nemmeno il sesso, no, la cosa più bella era quando faceva freddo l’inverno… che là ci faceva un freddo da morire, le finestre non chiudevano bene e riscaldamento non ce ne stava… che oggi nemmeno se l’immaginano e noi che facevamo… ci mettevamo dentro il letto, mettevamo sopra i cappotti e tutti i vestiti pesanti e si abbracciavamo stretti stretti, be’ poi stava pure tutto il resto… però era pure bello stare abbracciati… ma proprio per sentire meno freddo… che Peppino allora era proprio bello… mo’ che vuoi fare… ma allora era bello… che lui del nord è e a me i ragazzi come a lui mi sono sempre piaciuti tanto… mo’ insomma, mo’ te l’abbiamo detta la storia, mo’ queste cose qua le lasciamo perdere…
Giuseppe: Digli della scuola…
Armando: Sì, sì… a un certo punto, mi pare che era il ’63 o il ’64… insomma è uscita una legge che si poteva fare la scuola media pure se lavoravi, si faceva il corso la sera e poi si faceva l’esame e noi l’abbiamo fatto, andavamo a scuola la sera, quando non ci stavano i ragazzini… c’erano i professori che ti spiegavano le cose e alla fine abbiamo pigliato la terza media… e là un poco le cose sono cambiate…Io al ‘64 tenevo 32 anni e lui 30, non è che eravamo più tanto giovanotti però la terza media l’avevamo pigliata e allora c’è venuto in mente di fare la scuola serale di perito elettrotecnico, noi pensavamo che era una cosa come la terza media ma allora si studiava… e insomma siamo stati cinque anni che la sera ce ne andavamo alla scuola appena finito il lavoro e stavamo là fino alla undici. Eh… era difficile! Certe volte siamo stati a studiare, a cercare di capire ma non si capiva proprio… mo’ la facciamo breve.. alla fine il diploma ce lo siamo pigliato che era il ’69… allora ancora i pezzi di carta valevano e alla ditta nostra siamo passati come periti… e lo stipendio era tutta un’altra cosa… e allora c’è venuto in testa che la casa ce la potevamo comprare, non quella ma una un poco meglio, una di due stanze, e l’abbiamo pigliata e, come ha voluto Dio, l’abbiamo pure pagata che non è mica tanto che l’abbiamo finita di pagare, poi sai erano i mutui vecchi, c’è stata la svalutazione e non era una cosa così pesante da pagare…
E la gente di voi sa?
Armando: Mo’ che ti devo dire… se non sono stupidi… non è che te lo dicono… però io penso che l’hanno capito, ma a noi nessuno c’ha mai rotto le scatole… abbiamo fatto la vita nostra e basta… certo non è che andavamo abbracciati in mezzo alla strada… poi ci siamo fatti vecchi e ce ne siamo andati in pensione… mo’ si sopravvive… come Dio vuole… neanche tanto male… a noi non ci manca niente…
Avete timori per il futuro?
Armando: E certo, figlio mio, come fai a on avere timori per il futuro, noi vecchi siamo, un po’ di salute c’è ancora ma piano piano se ne sta andando pure quella… guarda a me non è che mi fa paura tanto la morte… quando l’idea che prima o poi o io o lui dobbiamo restare soli, allora quello è peggio della morte… ma come faccio io a campare senza Peppino? … non è possibile proprio, noi tutta la vita siamo stati insieme e mo’ speriamo il Padre eterno ci deve fare morire insieme, non è una cosa strana… io con Peppino c’ho passato la vita insieme… non è cosa solo di sesso…Noi abbiamo fatto tutto insieme, e mo’ vogliamo pure morire insieme, se il Padre eterno ci fa la grazia… solo quello preghiamo noi… la vita bella l’abbiamo fatta, mo’ è ora che ci mettiamo da parte… ma dimmi un poco… ma tu tutta questa storia nostra che ci devi fare? Perché quella non serve a niente… quella è importante per me e per Peppino… be’ comunque fanne quello che vuoi tu…
Ti vorrei chiedere un’ultima cosa, ma Peppino come ha reagito al fatto che tu sei stato violentato?
Armando: Io non sapevo come dirglielo, ma in un modo o nell’altro glielo dovevo dire e poi gliel’ho detto…
Giuseppe: Ma perché quelli che ci conoscono ci fanno sempre questa domanda? Scusa, scusa… io non mi arrabbio mica e a dirlo non ci metto niente… io ho pensato a come deve essere stato lui in una situazione simile e a come ci sarei rimasto io se fosse toccata a me… quando me l’abbracciavo pensavo che dovevo farlo sentire bene… tutto qua… ma ci stanno i delinquenti e non ci puoi fare niente… ci stanno! E basta!
Armando: Peppi’ digli la storia di quel ragazzo…
Giuseppe: E certo… quando noi eravamo grandi… 40 anni più o meno, c’hanno detto di un ragazzo che faceva la vita… che batteva va’… che l’avevano picchiato di brutto… questo ragazzo era non so che… mezzo parente di uno che lavorava da noi… e quello ce l’ha detto… e ha detto che non sapeva dove mandarlo perché a casa sua non se lo poteva portare perché c’aveva figli ragazzi e non voleva che stesso a contatto con quello… insomma ce lo siamo preso noi, c’aveva 21 anni era maggiorenne per fortuna, è venuto a stare da noi regolarmente, gli abbiamo dato l’altra stanza…Insomma era un bravo ragazzo, i primi tempi aveva paura di noi… si pensava chissà che cosa… poi quello che temeva lui non è successo e sì è affezionato… e noi abbiamo fatto tutta una famiglia, poi sai, piano piano gli abbiamo trovato un posto da noi alla fabbrica, s’è rimesso a studiare e ha finito gli studi… pensa che quando l’hanno pestato stava al terzo anno di filosofia, che uno così… e era pure un bel ragazzo, come gli poteva venire in testa di andarsene in giro di notte!
Ma lui pensava solo ai quattrini.. eh sì… insomma s’è laureato e se n’è andato a insegnare nelle scuole… e noi abbiamo fatto finta di essere due genitori e siamo andati a trovarlo a scuola… ma che bel professore che era! Con la giacchetta… con gli occhialetti, proprio serio serio… adesso ha più di cinquant’anni e sta con un amico suo… un po’ come stiamo noi… ogni tanto ci sentiamo… quindi noi un po’ siamo stati pure papà… Era dura prima eh! … e senza Armando sai che fine facevo io? …
Armando: Statti zitto! Ma sempre a dire stupidaggini! Che se non ci stavi tu io adesso dove stavo?