27 febbraio 2025_ Due bambini dai capelli rossi e la loro mamma

Gariwo.net  27 febbraio 2025

Mi ero svegliata come ogni altro giorno dell’anno…di Manuela Dviri

Il 26 febbraio è il giorno del compleanno di quattro dei nostri nipoti. Maya compie 14 anni, Gaia e Lia 17, Yuvi 19. Ed è anche il giorno della morte di nostro figlio Yoni. La possibilità di tre nascite la stessa data è di 1 su 48 milioni. Ho smesso da tempo di cercare di capire.

Maya avrebbe dovuto nascere in realtà il 25, ma il parto non progrediva, è nata a mezzanotte e 18 minuti del 26 febbraio. Il 18 nella numerologia ebraica, che è il valore simbolico dei numeri, vuol dire vita. Yoni evidentemente ci teneva molto a farci capire qualcosa.

E a proposito, il giorno prima, al funerale a Nir Oz di Oded Lifshiz, 84 anni, morto in prigionia a Gaza, suo figlio ci ha ricordando i principi a cui credeva suo padre, simbolo dell’Israele del dialogo, dei padri fondatori, dell’Israele migliore.

E di nuovo, l’Israele migliore l’abbiamo incontrata mentre il triste convoglio con i feretri della famiglia Bibas stava tornando a casa, al kibbutz Nir Oz. In ogni incrocio del paese, anche quelli più lontani, li attendevano centinaia di migliaia di persone con bandiere bianco azzurre, bandiere gialle della protesta per il ritorno degli ostaggi, bandiere arancioni come i capelli dei due bambini trucidati. Il triste corteo è stato seguito da centinaia di moto. La gente piangeva silenziosa. Chiedeva perdono per averli lasciati morire, urlava la parola Sliha (scusa, chiedo perdono)

Non Nethanyau. Non si sono visti rappresentanti del governo al funerale. Certo, non c’era lui. Anzi. Yarden Bibas, il padre, tornato dalla prigionia solo quindici giorni fa, aveva già chiesto per ben due volte al Premier Nethanyau di non “impadronirsi” dei suoi figli e di sua moglie, di non raccontare al mondo intero come sono stati fisicamente uccisi sventolando le loro foto. Di permettere un minimo di privacy. Ma lui ci ha provato di nuovo. A Tel Aviv, nell’udienza del processo a suo carico per corruzione, ha chiesto ai giudici un momento di silenzio in ricordo dei Bibas.

Fortunatamente non gli è stato concesso.

E intanto continuava al sud il viaggio del corteo. Lungo la strada un irreale silenzio, rotto solo dal pianto della folla.

Poi il funerale. Privato.

In queste ore sarebbe molto facile cadere nella deumanizzazione dell’altro, nel passaggio così facile e rapido da vittima a creatore di altre vittime. Ma la folla non chiede vendetta. Netanyahu invece sì, in questo è un esperto. Mai chiederà perdono come quella folla. Il kibbutz Nir Oz è diventato il simbolo della distruzione avvenuta sotto il suo governo, non solo di quella fisica. Con lui è esplosa la distruzione dei valori, dell’umanità. L’abbandono dei cittadini per perseguire gli interessi personali. Nel quotidiano Haaretz, Rogel Halper scrive oggi, 27 febbraio, che quella folla di cittadini con le bandiere bianco azzurre gli ricorda i movimenti popolari nell’Argentina degli anni settanta. Un movimento di cittadini che vogliono la verità per i propri desaparecido. Per i propri morti, gli ostaggi, la distruzione.

Quelle centinaia migliaia di persone in lutto, quella catena umana di 120 chilometri che ha accompagnato i Bibas nel loro ultimo viaggio, da Rishon Lezion fino al cimitero, non abbandonerà mai gli ostaggi ancora in prigionia, vivi o morti. Sta emergendo in Israele un ampio movimento popolare che chiede risposte a Netanyahu a proposito dei propri cari “scomparsi”.

Questa protesta crescerà. Ha un’autorità morale incorporata, sembra che nasca meno dalla rabbia e più dal dolore, e dal silenzio di quando finiscono le parole e non c’è più forza per urlare. Intorno alla famiglia Bibas è in corso una battaglia per la narrazione. Netanyahu sta cercando di usarli come armi per dimostrare la barbarie di Hamas e per giustificare il prolungamento della guerra di vendetta che ha preservato il suo governo, anche a costo della vita degli ostaggi.

Moltissimi altri e con loro i membri del kibbutz Nir Oz, tra i kibbutz più colpiti il sette ottobre, stanno invece trasformando la immagine dei bimbi coi capelli rossi barbaramente uccisi in prigionia in un simbolo della incapacità e delle colpe del governo e nella richiesta di una commissione d’inchiesta statale. Quelle centinaia di migliaia di persone che hanno accompagnato i Bibas, persone chiunque, di destra e di sinistra, sono la forza di questo popolo che piange i suoi morti e chiede risposte, lo stesso popolo che vede ora tornare morti gli ostaggi “anziani” immolati da Netanyahu per la sua sopravvivenza.

Nel pieno della notte tra il 26 e il 27, all’ingresso dell’istituto legale, alcune decine di cittadini attendevano i loro feretri per l’ultimo saluto.

27 Febbraio 2025Permalink

27 gennaio 2025 _ Alcuni link sul tema

Provo a inserire una serie di link nella speranza che siano tali da potersi aprire e leggere. Se così  non fosse possono venir copiai e aperti tramite google .
Poiché non penso che sia possibile chiedere a chi mi leggerà, informato dà   un messaggio di posta,  di leggerli tutti , cerco di illustrarli per facilitare una scelta:

Il primo: giornata della memoria , si presenta già con il titolo
Approfitto per ricordare che la senatrice Segre …è presidente della Commissione
“contro le parole d’odio”, da lei voluta.

Il secondo  porta a un testo del mio blog, nella cui ultima parte conservo la memoria di una visita al lager  di  Majdanek , preceduto da lunghe considerazioni su un episodio avvenuto  nel 1918 a Codroipo
Chi volesse risparmiarsi le considerazioni su un episodio di mala  formazione  potrà iniziare  da Giocattoli vintage a Majdanek

Il terzo  riguarda l’importanza di dare un nome alle vittime credo rivesta una particolare attualità

Il quarto riporta  alcune considerazioni sempre della storica Anna Foa sulla giornata della memoria , scritte lo  scorso anno

Il quinto è la testimonianza di chi fu deportato bambino

Il sesto consente di raggiungere  il testo di Anna Fo che ho pubblicato poco fa.

Giornata della memoria, l’allarme di Segre: «Di noi non si parlerà più». Chi sono gli ultimi sopravvissuti alla Shoah

14 dicembre 2018 – Integrazione precoce a Codroipo, provincia di Udine

27 gennaio 2023 – Un nome è un nome e nulla lo può sostituire

https://it.gariwo.net/magazine/editoriali/il-27-gennaio-parliamo-di-shoah-ma-anche-delloggi-27897.html#:~:text=anche%20dell’oggi%22-,di%20Anna%20Foa,crescere%20di%20un%20nuovo%20antisemitismo.

Sami Modiano, la storia del bambino che tornò da Auschwitz | Studenti.it

https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/intervista-ad-anna-foa-israele-i-crimini-di-guerra-a-gaza-sono-provati-papa-francesco-colpevole-di-dire-la-verit%C3%A0/ar-BB1rgxRT?apiversion=v2&noservercache=1&domshim=1&renderwebcomponents=1&wcseo=1&batchservertelemetry=1&noservertelemetry=1

27 Gennaio 2025Permalink

27 gennaio 2025 _ Una intervista ad Anna Foa, storica

da  L’Unità 2 settembre 2024
Intervista ad Anna Foa: “Israele? I crimini di guerra a Gaza sono provati, Papa Francesco colpevole di dire la verità”

Storia di Umberto De Giovannangeli  2 settembre 2024

Definirla una intellettuale coraggiosa è peccare in difetto. Perché non è da tutti, soprattutto in questi tristi tempi dove a “regnare” è una sorta di pensiero unico e una informazione mainstream, andare controcorrente è una virtù che va coltivata, difesa, valorizzata. Virtù che Anna Foa sfodera nel suo ultimo libro Il suicidio di Israele (Editori Laterza), giunto alla seconda edizione, con vendite sorprendenti per un saggio. La professoressa Foa ha insegnato Storia moderna all’Università di Roma La Sapienza. Si è occupata di storia della cultura nella prima età moderna, di storia della mentalità, di storia degli ebrei. Tra le sue numerose pubblicazioni, ricordiamo: Le vie degli ebrei; Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni; Ebrei in Europa. Dalla Peste Nera all’emancipazione XIV-XIX secolo; Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento; Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del ’43; La famiglia F.; Donne e Shoah.

Papa Francesco nel suo discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ha definito la condizione in cui versa la popolazione di Gaza, ignobile. Di nuovo, una presa di posizione forte di Bergoglio.

Io credo che Bergoglio abbia del tutto ragione utilizzando questo aggettivo così forte e angosciante. Lui ha ripreso le dichiarazioni che sono state fatte da più parti, dalle organizzazioni internazionali e dalle stesse organizzazioni che in Israele si occupano dei diritti umani. D’altro canto, le immagini che noi abbiamo – gli israeliani ne hanno di meno – di Gaza, sono immagini terrificanti. Si dice, a ragione, che lì si stia consumando qualcosa di terribile, che non ha eguali dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi. Che Bergoglio lo dica mi sembra positivo. Almeno c’è qualcuno che continua a dirlo. Non capisco di cosa possa essere accusato quando queste cose sono dette da tutti, sono dette e documentate dall’Onu, da agenzie umanitarie come l’Unicef, dalle organizzazioni di soccorso. Cose che sono state dette e raccontate da giornalisti coraggiosi, quali sono i giornalisti di Haaretz. Ieri, ad esempio, ho letto un bellissimo pezzo di Gideon Levy sullo scempio di vite umane che si sta perpetrando a Gaza e sulla deriva morale, non solo politica, che sta corrodendo Israele. Quanto a Bergoglio sta facendo il suo mestiere: il Papa. E lo sta facendo molto bene.

Professoressa Foa, non crede che l’appiattirsi sempre e comunque nella difesa d’Israele, finisca poi per far male a Israele stesso?

Lo credo assolutamente. Io credo che l’unico modo in cui la diaspora poteva aiutare Israele, era quello di sostenere l’opposizione, di impedire che scivolasse in questi crimini. Non vogliamo usare la parola genocidio, non usiamola, ma quella di crimini di guerra e contro l’umanità è del tutto confacente a ciò che da quindici mesi sta avvenendo a Gaza. Aiutare a far crescere l’opposizione che si è afflosciata dopo il 7 ottobre, che in qualche modo era anche quello che Hamas voleva.

Lei prima faceva riferimento ad Haaretz, uno degli ultimi bastioni di una stampa davvero indipendente in Israele. Sul quotidiano progressista di Tel Aviv, si è riaperto un vivace dibattito su una soluzione della questione palestinese fondata su uno Stato binazionale.

Lo Stato binazionale era la soluzione dei primi sionisti. Era una soluzione che in qualche modo è andata avanti anche nelle forme sioniste più istituzionali, fino alla grande rivolta del 1936. Ed è la soluzione migliore, in teoria, anche se oggi la vedo moltissimo come utopistica. Può essere che anche quella dei due Stati lo sia, però da un punto di vista realistico credo che bisognerebbe fare quello che è possibile, sapendo bene che non sarà il meglio. Se la soluzione a due Stati è più forte e in qualche modo consente di essere realizzata, anche se ha tutta una serie di problematiche e di possibilità di crearsi, forse si dovrebbe puntare a questo, sempre tenendo presente che lo Stato binazionale era l’idea dei primi sionisti, di quelli che hanno gettato le basi ideali e politiche nella prima metà del ‘900, di quello che poi s’inverò nello Stato d’Israele. L’idea, per l’appunto, di uno Stato binazionale, l’idea di mettere alla prova il sionismo sui rapporti con gli arabi. Il sionismo si sarebbe messo alla prova su questo, non su altre cose, non sull’identità israeliana, nemmeno sui kibbutzim o sul socialismo. Il sionismo si sarebbe messo alla prova sui rapporti con gli arabi. Purtroppo, la prova è fallita.

Nel sionismo, non era presente anche una componente messianica che oggi innerva le politiche della destra che governa oggi Israele?

Una piccola componente c’era, però anche i sionisti religiosi non erano in maggioranza messianici. Il messianismo nasce dopo il ’67, dopo la Guerra dei Sei giorni. Se Ben Gurion poteva dire, nel ’48, “non farò una battaglia sulla religione e sull’osservanza religiosa ebraica perché non vale la pena di scannarsi su questo quando fra due generazioni non ci saranno più religiosi”, era perché non era ancora affiorata quell’ala messianica che ci ricorda molto, lo dicevano gli israeliani prima del 7 ottobre, gli zeloti che hanno poi portato alla rovina il Regno di Giuda nella guerra con i Romani. Volete di nuovo distruggerci, gli zeloti sono di nuovo riapparsi, questo si diceva nelle discussioni e nelle piazze israeliane. Questi nascono con i coloni, nascono con una forte influenza degli ebrei americani ortodossi. Li abbiamo letti nei libri di Amos Oz, tantissimi anni fa, questi coloni con la kippah all’uncinetto che parlano, esaltati, della Grande Israele. Sono cresciuti anche perché hanno fatto dieci figli per due o tre generazioni, e questo ha aumentato il loro numero e di conseguenza anche il loro impatto sulla vita, sociale e politica, d’Israele. Sono questi esaltati che assaltano e danno fuoco ai villaggi palestinesi in West Bank e che vogliono colonizzare tutta Eretz Israel, la Terra d’Israele, e forse anche un pezzo in più.

Il 20 gennaio si reinsedia alla Casa Bianca Donald Trump. Nella vulcanica conferenza stampa di Mar-a-Lago, il presidente eletto ha sostenuto, tra le altre cose, che se Hamas non libera subito gli ostaggi che ancora ha in mano, quando diventerà a tutti gli effetti commander in chief degli Stati Uniti, scatenerà l’inferno a Gaza.

L’inferno c’è già a Gaza, dobbiamo non stancarci nel dirlo. Ogni inferno può essere peggiorato, certamente, puoi mettere tutti i palestinesi al muro e sterminarli uno dopo l’altro. In quella vulcanica conferenza stampa, ha detto anche altre cose, come volersi prendere la Groenlandia o Panama col suo canale, o fare del Canada il 51° stato americano. Siamo ormai ad un livello che forse un bravo psichiatra giudicherebbe pericoloso per la salute mentale del soggetto in questione. Si parlava molto del fatto che in fondo l’interesse di Trump per un rapporto con l’Arabia Saudita, lo avrebbe portato a mollare le punte più estreme di Netanyahu. Non mi sembra che stia succedendo questo, ma vedremo quello che accadrà dopo il 20 gennaio.

Allargando l’orizzonte a livello globale, non crede, professoressa Foa, che vi sia stata una regressione etica e culturale, per cui non esiste più l’avversario ma solo il nemico da distruggere con qualunque mezzo e a qualunque costo?

Sì. E io non perdonerò mai al 7 ottobre, e a coloro che l’hanno provocato, oltre alle tante vittime innocenti uccise brutalmente, di aver accelerato il processo di disgregazione dell’etica della sinistra, degli oppositori, attraverso la paura, a tutti quegli elementi negativi che sappiamo bene a cosa portano. La paura di un attacco fisico porta ad allinearsi alle posizioni di chiunque pur di evitare che qualcuno venga a tagliarti la gola dentro casa tua. Questo lo vediamo ovunque, ma lì in particolare dove era successo. Io credo che se non ci fosse stato il 7 ottobre, Netanyahu probabilmente sarebbe caduto nello spazio di un mese o due, perché era veramente sul bordo del precipizio, e invece il 7 ottobre, con questo mare di sangue, ha scatenato chiamiamola una depressione, chiamiamola una perdita di consapevolezza politica anche in tanti che l’avevano avuta e manifestata nel corso di quel lungo, straordinario 2023, in cui in centinaia di migliaia era scesi in piazza, con una determinazione e continuità eccezionali, contro la repressione interna e la spinta antidemocratica del governo Netanyahu. Tutto questo in parte è venuto meno. Ci sono però ancora tanti gruppi, tanti movimenti che si battono e dovremmo riconoscerli e aiutarli.

 

L’ultima domanda, ci rimanda ad un altro suo libro molto bello, Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del ’43. Nel suo discorso di fine anno, il Presidente Mattarella, ha ricordato che nel 2025 si celebreranno gli 80 anni dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Professoressa Foa, cosa un millenial dovrebbe ricordare di quella storia?

Dovrebbe cercare di collegare quella storia ai suoi interessi di oggi, interessi intesi come le cose che lo interessano, le cose che ancora suscitano emozioni in lui o lei, ammesso che si possa parlare di questo. Vede, io cerco di dire sempre di sì agli inviti che mi vengono dalle scuole, ma nelle presentazioni, tante, del mio ultimo libro, le teste che ho davanti a me son tutte bianche. E questo è qualcosa di molto triste. Un giovane forse dovrebbe capire, per esempio, cosa sia stata la Liberazione. È difficile spiegare a qualcuno cosa abbia voluto dire per uno che è stato nascosto, uscire all’aria aperta e poter dire il suo vero nome e non un nome falso. Io che sono nata con un nome falso, ma non ero abbastanza grande per pronunciare il mio nome vero perché avevo cinque-sei mesi quando c’è stata la liberazione, capisco questa cosa, proprio perché sono stata costretta a vivere con un nome falso e anche a essere nascosta. Bisognerebbe spiegare loro la vita quotidiana di allora. Io ho tentato di farlo in quel libro che lei ha citato e che tra tutti quelli che ho scritto è quello che preferisco. In Portico d’Ottavia, ho cercato di far vedere come vivevano, come si nascondevano, che emozioni avevano coloro che abitavano lì, molti dei quali non sono più tornati indietro dai campi di sterminio. Un approccio di questo tipo potrebbe risultare utile, chissà. Cerco di trovare delle aperture nelle loro menti, e spesso la trovo. E non sono puramente quelle di pancia. Sono quelle in cui in qualche modo riesci ad identificarti con la vita e con la storia di un altro , che è altra cosa del piangersi addosso e avere solo emozioni e non ragioni.

 

 

27 Gennaio 2025Permalink

25 gennaio 2025- senatrice Elena Cattaneo – ” Col nazionalismo scientifico si va a sbattere”

Oggi ho letto su La Stampa ( pag. 11) un’ interessante intervista  a Elena Cattaneo, scienziata e  senatrice a v ita..
E’ firmata da Maria Rosa Tomasello
“L’Italia fuori dall’OMS?  Qualunquismo.
Col nazionalismo scientifico si va a sbattere”.
Purtroppo non la posso scaricare ma è  raggiungibile anche  una valida sintesi pubblicata da Open di cui trascrivo  il link.
“Open è edito da una società a impresa sociale fondata da Enrico Mentana con lo scopo di costruire un giornale online che valorizzi i giovani, negli ultimi anni tagliati fuori anche dal giornalismo”.

Elena Cattaneo spiega perché l’Italia fuori dall’Oms non è una buona idea: «Il nazionalismo scientifico ci manderà a sbattere» – Open

Elena Cattaneo spiega perché l’Italia fuori dall’Oms non è una buona idea: «Il nazionalismo scientifico ci manderà a sbattere»
La Lega ha presentato una proposta di legge per far uscire l’Italia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Seguendo la decisione per gli Stati Uniti presa da Donald Trump. Elena Cattaneo, scienziata di fama internazionale e senatrice a vita, spiega cosa c’è che non va nella proposta: «Il nazionalismo scientifico è la ricetta più sicura per andare a sbattere contro il muro dell’ignoranza e della superstizione», esordisce in un’intervista a La Stampa  (Nota 1).
Secondo Salvini l’Oms è «un centro di potere sovranazionale profumatamente pagato dai contribuenti italiani». E chiede di usare «quei cento milioni» per sostenere la sanità italiana.

L’Italia e l’Oms
«Continuo a credere che l’impegno dei leader politici mondiali dovrebbe essere rivolto a far sì che tutti, in ogni luogo, con ogni Pil, possano beneficiare dei prossimi traguardi sanitari. Non per astratta filantropia, ma perché tutelando la tua salute oggi tutelo anche la mia domani», spiega Cattaneo a Maria Rosa Tomasello.
E sulle critiche all’Oms, rievoca la scienziata, «mi ricorda quando l’alfiere della Brexit, Nigel Farage, sosteneva che abbandonare l’Ue avrebbe consentito di dirottare al sistema sanitario britannico 350 milioni di sterline. Era una bufala, fu lo stesso Farage a riconoscerlo, ma ormai il danno era fatto». Durante la pandemia «l’Oms ha permesso la condivisione di dati e risultati senza i quali vaccini e campagne vaccinali sarebbero arrivati più tardi. Con conseguenze enormi».

La pandemia
E ancora: «La dimensione mondiale dell’Oms ha permesso ai governi di ciascun Paese di attuare misure di protezione che, sebbene criticate per la loro durezza, hanno aiutato a contenere il numero delle vittime. Abbiamo letto di alcune decisioni sbagliate nel gestire una pandemia mai immaginata né sperimentata.
È importante studiare ogni aspetto di quanto accaduto per non ripetere gli stessi errori, se prevedibili». Poi spiega: «Oltre alla disamina dei costi dell’Oms sarebbe interessante capire come i promotori dell’Oms-exit intendano sopperire alle funzioni proprie dell’organizzazione. Dove recupererebbero i dati globali su cui fondare le azioni necessarie a fronteggiare le emergenze sanitarie nel mondo che toccano tutti. Anche gli Stati Uniti».

Il nazionalismo scientifico
Cattaneo se la prende con «il nazionalismo scientifico, a partire dall’ambito biomedico, l’idea autarchica di una conoscenza che si arresta alle frontiere. Non solo è una contraddizione col metodo della scienza che ha il suo Dna nel confronto senza confini tra studiosi ed enti. Ma è la ricetta più sicura per andare a sbattere contro il muro dell’ignoranza e della superstizione, producendo povertà e marginalità». Per la scienziata «quando si legifera ignorando, o peggio, distorcendo i dati scientifici salta il rapporto con la realtà, e tutto si riduce a un rapporto di forza, quantitativo, tra chi afferma il dato scientifico che due più due fa 4 e chi sostiene che faccia 3 o 5. Oggi, sorprendentemente, vivere in una realtà alternativa, dove i dati cambiano a seconda di quello che fa comodo, viene visto da molti come un obiettivo, e non più un pericolo».

Il clima
Infine, Cattaneo rivela che nella comunità scientifica «il clima era di forte apprensione già nei giorni successivi alla rielezione del presidente Trump. Un editoriale della rivista scientifica Nature riportava la preoccupazione della comunità scientifica ma allo stesso tempo invitava gli scienziati degli Stati Uniti a non rinunciare a un dialogo con la nuova amministrazione e a impegnarsi ancora di più nel mettere a disposizione fatti ed evidenze, nella consapevolezza che non sarebbero stati da soli, perché la comunità della ricerca è globale».

 

25 Gennaio 2025Permalink

20 gennaio 2025 – Lettera trascurata che pubblico il 22 gennaio

Gentile padre Enzo Fortunato
ho letto con il piacere di poter far riferimento a un testo chiaro ed esplicito,
qual è il Suo scritto alla pag. 17 de Il sole 24ore di ieri (venerdì 17), “le parole
sferzanti di Papa Francesco sui diritti dei bambini” che Lei riporta.
Sono perciò confortata nella speranza di poter trovare attenzione a un
problema che reputo grave ma costantemente ignorato, quello di bambini che
nascono in Italia ma non vengono registrati all’anagrafe.
Sono una vecchia cittadina italiana , nata nel 1938 con un passato di
insegnante e successivamente di consigliera regionale in Friuli Venezia Giulia
dove vivo ma, soprattutto, sono una madre di figli ormai sessantenni , una
madre che si onora di aver fatto propri i principi di uguaglianza e solidarietà,
pilastri della nostra convivenza che voglia essere civile.
Spero avrà la pazienza di leggermi e mi spiego.
Nel 1991 venne approvata la legge 176, “Ratifica ed esecuzione della
Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembr1989”. In
quella norma leggiamo l’articolo 3, stella polare da allora di ogni discorso sui
minori: «In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle
istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle
autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del
fanciullo deve essere una considerazione preminente».
Il conseguente art. 7 è perciò una indicazione vincolante quando afferma che
« Il fanciullo è registrato al momento della sua nascita e da allora ha diritto a
un nome , ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile a
conoscere i suoi genitori e ad essere allevato da essi» .
Tale è la forza di questo articolo che nel 1998 la legge 40
(cd Turco Napolitano) , che aveva istituito il permesso di soggiorno a
garanzia della regolarità degli immigrati non comunitari, aveva escluso
proprio lo strumento che aveva istituito da quelli che devono essere
presentati al momento di registrare la nascita di un proprio figlio in Italia.
E’ evidente che tale norma assicura anche il rispetto dell’art. 3 della
Costituzione che afferma « Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge ,
senza distinzioni di [… ] condizioni personali e sociali».
Purtroppo nel 2009 tutto cambiò. Venne approvata la legge 94 che,
coacervo di norme disparate , all’art. 1 comma 22 lettera g include il
permesso di soggiorno fra i documenti che in quella circostanza devono venir
richiesti e presentati. Lo fa con un’abile forma di discriminazione indiretta ma
il risultato è sempre lo stesso: il nato da genitori non comunitari irregolari si
fa spia minacciosa della irregolarità di chi l’ha generato , irregolarità che, se
nota , diventa ragione di gravi penalizzazioni per i neo genitori che possono
così dover affrontare anche il rischio di espulsione. Da allora la neghittosità a
360 gradi del Palmento , il silenzio dell’opinione pubblica che spesso significa
indifferenza , hanno fatto sì che questa norma restasse significativamente
collocata, come titola la legge 94, fra le “Disposizioni in materia di sicurezza

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pubblica”, riducendo questi nati a oscuri invisibili che non saranno raggiunti
neppure dalla accorate richiesta del Santo Padre di amore e protezione. E’ una
protezione, ce lo dice papa Francesco, che dal cuore si concreta nell’azione e
fra le tante azioni possibili segnalo quella di una piccola modifica di legge che
cancelli lo sfregio che il legislatore volle nel 2009.
La garanzia della iscrizione nel registro di stato civile è diritto del nato che
non deve essere inficiato dalla possibile situazione di irregolarità di
colei/colui che lo ha generato. Un nato in Italia che si trovasse privo di quel
certificato non avrebbe esistenza giuridica e per lui le parole forti di papa
Francesco che Lei cita nell’articolo di ieri suonerebbero vane: come introdurre
un nato che c’è ma non esiste al godimento di ciò che gli è dovuto? Davanti a
quella inesistenza per legge «potremmo sentirci impotenti , ma ogni gesto,
ogni scelta consapevole , è una goccia che può contribuire a formare un mare.
Dobbiamo anche richiamare le istituzioni, le imprese, le organizzazioni
ecclesiali alla loro responsabilità » .
Perché ciò avvenga occorre una parola forte, autorevole, ascoltata .
Attendo : non so dichiararle un numero di ‘casi’.
Il caso è la legge…
Cordialmente
Augusta De Piero

22 Gennaio 2025Permalink

22 gennaio 2015 _ Una vescova davanti al presidente degli USA

Quanto trascrivo dal Corriere della sera  (link più sotto) dovrebbe essere preso in considerazione, secondo me in un  quadro ecumenico,  dalle chiese cristiane anche in Italia .,
Ha officiato la cerimonia interreligiosa post-Inauguration Day (meglio sarebbe scrivere ecumenica)  la  vescova episcopale  Mariann Edgar Budde   . La cerimonia si è svolta presso la Washington National Cathedral davanti al neo presidente Trump  , vistosamente irritato.
La vescova della diocesi episcopale di Washington Mariann Edgar Budde stava per concludere il suo sermone durante la preghiera inaugurale della nuova presidenza Trump  quando, guardando il 47esimo presidente degli Stati Uniti, ha dimostrato di non aver apprezzato gli ordini esecutivi firmati
ai danni di alcune categorie della popolazione.
«Ci sono gay, lesbiche e bambini transgender in famiglie democratiche, repubblicane e indipendenti, alcuni dei quali temono per la propria vita», ha proseguito.
Il tono usato da Budde è pacato, fermo, quasi indulgente. Come se si stesse rivolgendo a un fedele che si è smarrito in un luogo solenne quale è la cattedrale di Washington  Le sue parole non hanno il sapore di un monito, ma di un consiglio per ritrovare la strada giusta. Il New York Times lo ha definito «uno straordinario atto di resistenza». La vescova ha proseguito poi con il tema migranti: «La stragrande maggioranza degli immigrati non sono criminali – ha fatto notare -.Le chiedo di avere pietà, signor presidente, delle persone i cui figli temono che i loro genitori vengano portati via, e di aiutare coloro ch fuggono da zone di guerra e persecuzioni nelle loro stesse terre a trovare compassione e accoglienza qui».
Parole che fanno eco a quelle pronunciate da Papa Francesco.

Mariann Edgar Budde, vescova di Washington, chiede a Trump di avere «pietà per gay, immigrati e transgender» | Corriere.it

Il presidente Trump non aveva perso tempo e  aveva già firmato l’ordine esecutivo  che  obbliga il Dipartimento di Giustizia non solo a richiedere la pena di morte nei casi federali appropriati ma anche a contribuire a preservare la pena capitale negli stati che hanno avuto difficoltà a mantenere scorte adeguate di farmaci per l’iniezione letale.
Al di là di una possibile attrazione che costui possa esercitare  sarebbe cosa  giusta e corretta che la difesa dei diritti civili fosse praticata anche con attenzione a situazioni locali a partire dalla iscrizione  dei nati in Italia  nel  registro di stato civile senza che ciò comporti la presentazione del permesso di soggiorno, obbligatoria in Italia dal 2009. (legge 94 art. 1 comma 22 lettera g,) .E’ un fatto su  cui  la sciatteria  parlamentare  si accompagna al  ” silenzio degli onesti”,  se la voce di Martin Luther King riuscirà ancora ad essere ascoltata..
E, visto che con una vescova ho aperto questa nota, ricordo che la Conferenza Episcopale Italiana  nel 2015 concluse  il sinodo sulla famiglia senza ricordare  che i nati nel nostro stato  potevano e possono trovarsi  privi del certificato di nascita, senza identità, senza famiglia , invisibili come fantasmi condannati a vivere nei sotterranei della storia.

22 Gennaio 2025Permalink

14 dicembre 2024 – Conclusione dell’ultimo blog di Giancarla Codrignani

 LE GUERRIERE                                                  

La Scala ha inaugurato con la Forza del Destino, un’opera di Verdi che dimostra come la guerra, la vendetta, il pregiudizio dell’onore siano lombrosionamente fisiologici negli uomini. Ma la protagonista, vittima dell’odio del fratello per il fidanzato, figlio di re precolombiani ma ritenuto “un meticcio”, è una donna che reagisce alla violenza non solo ribellandosi al padre e diventando eremita quando il destino la condanna, ma letteralmente “combatte” con l’esercito in cui si è intruppata per ritrovare l’uomo che ama e che insegue nonostante la presunta uccisione di suo padre, vestita da soldato per potersi muovere in sicurezza. La stupenda Anna Netrebko impersona una donna che è donna, ma che sa comportarsi “come un uomo” in mezzo alle truppe o ai frati che non l’accettano in quanto femmina a cui una donna impone la sua sofferta autonomia.
Non si sa com’è, ma in questa stagione di guerre la pubblicistica racconta qua e là storie di donne “guerriere”, come se le storiche che vanno per archivi in cui giacciono i documenti “di genere” lasciati ignorati non ce ne avessero presentate parecchie. O come se le donne fossero “per natura” esenti da aggressività e da ricerca di parità pericolose come fare le soldate non solo per carriera ma “passione”. Kamala Harris si vanta di possedere una pistola e di saperla usare se incontrasse un aggressore.
I problemi – in tempo di guerre – sono di altro genere. E’ che le donne, proprio per essere state emarginate, hanno conosciuto il potere molto da vicino. E lo ritengono inadeguato alle loro esigenze biologiche, psicologiche, morali e politiche: sanno che fa male anche all’uomo che sceglie sempre la guerra anche contro di loro. Ma non hanno ancora elaborato una politica che non solo cambi il potere, ma ne cambi così tanto i connotati da doverlo chiamare in altro modo, forse “convivenza”. O, vedendo l’orizzonte attuale, “sopravvivenza”. Il veterofemminismo anni Settanta/Ottanta aveva fatto analisi diverse e non superficiali sulla pace, che oggi sono irrecuperabili e senza particolari innovazioni o proposte nelle attuali denunce online.
Comunque, a conclusione, una notizia sul solito clima regressivo che non solo questo governo (che se ne avvale alla grande) ci propone. In Lombardia un regolamento regionale del 2007, modificato nel 2022, ordinava il seppellimento o la cremazione degli esiti di aborti (spontanei o volontari) che hanno prodotto convenzioni con le aziende ospedaliere per “funerali” che dovrebbe essere comunicati alle interessate e non sempre lo sono. Il quotidiano Domani pubblicizza il podcast “Venti settimane”, uno strumento prodotto da un’inchiesta sostenuta dai lettori. Ci vogliono madri o – perché no? È sempre un posto di lavoro – soldate.
A proposito: forse in Siria sono arrivati dei “talebani”: c’è stata una domanda, una sola relativa a come tratteranno le donne? Eppure sarebbe stato il più valido strumento esplorativo di un futuro incerto (comodo far conto di niente).

Giancarla Codrignani  Noi Donne, 11 dic. 2024

14 Dicembre 2024Permalink

15 maggio 2024 – Il testo integrale del discorso della Senatrice Liliana Segre 14 maggio 2024 e anche altro

 

“Signor Presidente, Care Colleghe, Cari Colleghi,

continuo a ritenere che riformare la Costituzione non sia una vera necessità del nostro Paese. E le drastiche bocciature che gli elettori espressero nei referendum costituzionali del 2006 e del 2016 lasciano supporre che il mio convincimento non sia poi così singolare.

Continuo anche a ritenere che occorrerebbe impegnarsi per attuare la Costituzione esistente. E innanzitutto per rispettarla.

Confesso, ad esempio, che mi stupisce che gli eletti dal popolo – di ogni colore – non reagiscano al sistematico e inveterato abuso della potestà legislativa da parte dei Governi, in casi che non hanno nulla di straordinariamente necessario e urgente.

Ed a maggior ragione mi colpisce il fatto che oggi, di fronte alla palese mortificazione del potere legislativo, si proponga invece di riformare la Carta per rafforzare il già debordante potere esecutivo.

In ogni caso, se proprio si vuole riformare, occorre farlo con estrema attenzione. Il legislatore che si fa costituente è chiamato a cimentarsi in un’impresa ardua: elevarsi, librarsi al di sopra di tutto ciò che – per usare le parole del Leopardi – “dall’ultimo orizzonte il guardo esclude”. Sollevarsi dunque idealmente tanto in alto da perdere di vista l’equilibrio politico dell’oggi, le convenienze, le discipline di partito, tutto ciò che sta nella realtà contingente, per tentare di scrutare quell’ “Infinito” nel quale devono collocarsi le Costituzioni. Solo da quest’altezza si potrà vedere come meglio garantire una convivenza libera e sicura ai cittadini di domani, anche in scenari ignoti e imprevedibili.

Dunque occorrono, non prove di forza o sperimentazioni temerarie, ma generosità, lungimiranza, grande cultura costituzionale e rispetto scrupoloso del principio di precauzione.

Non dubito delle buone intenzioni dell’amica Elisabetta Casellati, alla quale posso solo esprimere gratitudine per la vicinanza che mi ha sempre dimostrato. Poiché però, a mio giudizio, il disegno di riforma costituzionale proposto dal governo presenta vari aspetti allarmanti, non posso e non voglio tacere.

Il tentativo di forzare un sistema di democrazia parlamentare introducendo l’elezione diretta del capo del governo, che è tipica dei sistemi presidenziali, comporta, a mio avviso, due rischi opposti.

Il primo è quello di produrre una stabilità fittizia, nella quale un presidente del consiglio cementato dall’elezione diretta deve convivere con un parlamento riottoso, in un clima di conflittualità istituzionale senza uscita. Il secondo è il rischio di produrre un’abnorme lesione della rappresentatività del parlamento, ove si pretenda di creare a qualunque costo una maggioranza al servizio del Presidente eletto, attraverso artifici maggioritari tali da stravolgere al di là di ogni ragionevolezza le libere scelte del corpo elettorale.

La proposta governativa è tale da non scongiurare il primo rischio (penso a coalizioni eterogenee messe insieme pur di prevalere) e da esporci con altissima probabilità al secondo. Infatti, l’inedito inserimento in Costituzione della prescrizione di una legge elettorale che deve tassativamente garantire, sempre, mediante un premio, una maggioranza dei seggi a sostegno del capo del governo, fa sì che nessuna legge ordinaria potrà mai prevedere una soglia minima al di sotto della quale il premio non venga assegnato.

Paradossalmente, con una simile previsione la legge Acerbo del 1923 sarebbe risultata incostituzionale perché troppo democratica, visto che l’attribuzione del premio non scattava qualora nessuno avesse raggiunto la soglia del 25%.

Trattando questa materia è inevitabile ricordare l’Avvocato Felice Besostri, scomparso all’inizio di quest’anno, che fece della difesa del diritto degli elettori di poter votare secondo Costituzione la battaglia della vita. Per ben due volte la Corte Costituzionale gli ha dato ragione, cassando prima il Porcellum e poi l’Italicum perché lesivi del principio dell’uguaglianza del voto, scolpito nell’art. 48 della Costituzione. E dunque, mi chiedo, come è possibile perseverare nell’errore, creando per la terza volta una legge elettorale destina compressione della rappresentatività dell’assemblea parlamentare” ?

Ulteriore motivo di allarme è provocato dal drastico declassamento che la riforma produce a danno del Presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato infatti non solo viene privato di alcune fondamentali prerogative, ma sarebbe fatalmente costretto a guardare dal basso in alto un Presidente del Consiglio forte di una diretta investitura popolare.

E la preoccupazione aumenta per il fatto che anche la carica di Presidente della Repubblica può rientrare nel bottino che il partito o la coalizione che vince le elezioni politiche ottiene, in un colpo solo, grazie al premio di maggioranza.

Anzi, è addirittura verosimile che, in caso di scadenza del settennato posteriore alla competizione elettorale, le coalizioni possano essere indotte a presentare un ticket, con il n° 1 candidato a fare il capo del governo ed il n° 2 candidato a insediarsi al Quirinale, avendo la certezza matematica che – sia pure dopo il sesto scrutinio (stando all’emendamento del Sen. Borghi) – la maggioranza avrà i numeri per conquistare successivamente anche il Colle più alto.

Ciò significa che il partito o la coalizione vincente – che come si è visto potrebbe essere espressione di una porzione anche assai ridotta dell’elettorato (nel caso in cui competessero tre o quattro coalizioni, come è già avvenuto in un recente passato grado di conquistare in un unico appuntamento elettorale il Presidente del Consiglio e il governo, la maggioranza assoluta dei senatori e dei deputati, il Presidente della Repubblica e, di conseguenza, anche il controllo della Corte Costituzionale e degli altri organismi di garanzia. Il tutto sotto il dominio assoluto di un capo del governo dotato di fatto di un potere di vita e di morte sul Parlamento.

Nessun sistema presidenziale o semi-presidenziale consentirebbe una siffatta concentrazione del potere; anzi, l’autonomia del Parlamento in quei modelli è tutelata al massimo grado. Non è dunque possibile ravvisare nella deviazione dal programma elettorale della coalizione di governo – che proponeva il presidenzialismo – un gesto di buona volontà verso una più ampia condivisione. Al contrario, siamo di fronte ad uno stravolgimento ancora più profondo e che ci espone a pericoli ancora maggiori.

Aggiungo che il motivo ispiratore di questa scelta avventurosa non è facilmente comprensibile, perché sia l’obiettivo di aumentare la stabilità dei governi sia quello di far eleggere direttamente l’esecutivo si potevano perseguire adottando strumenti e modelli ampiamente sperimentati nelle democrazie occidentali, che non ci esporrebbero a regressioni e squilibri paragonabili a quelli connessi al cosiddetto “premierato”.

Non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan “scegliete voi il capo del governo!” Anche le tribù della preistoria costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate.”

E neppure Elena Cattaneo tace

Riforme, il giorno delle senatrici a vita. “Non posso tacere” (agi.it)

Ma io  voglio ricordare  le due senatrici  anche per un gesto nobile di rispetto della professionalità di una professoressa palermitana, Rosa Maria Dell’Aria  e del  lavoro, dei suoi studenti svillaneggiato  con una denuncia  proveniente da persona presente nelle istituzioni .
Se ne tacessi il mio blog non mi perdonerebbe
Le senatrici i allora dichiararono: “l 31 maggio del 2019, quando il «caso» dei ragazzi di Palermo e della loro professoressa conquistò i titoli dei giornali, trascinato nel dibattito politico, abbiamo voluto accoglierli in Senato, per offrire loro un’occasione di riconciliazione con le istituzioni e di riflessione sui valori fondanti della nostra Costituzione”.  Ne scrissi molto nel mio blog e più volte.  Il link che trascrivo  contiene anche qualche riferimento ad altre   pagine
28 dicembre 2020 — Una storia finita come deve essere. Diari e altro non dimentica

15 Maggio 2024Permalink

27 aprile 2024 _ EDITH BRUCK   25 Aprile 2024

Io, Edith Bruck dico basta odio

Contro fascismo strisciante e antisemitismo insegniamo ai ragazzi la tolleranza

Il 25 aprile non è solo oggi, ma ogni giorno dell’anno. La memoria di questa giornata ci deve accompagnare e rimanere sempre presente. Specialmente nel mondo in cui oggi viviamo, nell’Italia che non stenta a rinnegare alcuni valori, un’onta proprio per chi ha vissuto il 25 aprile e ne conosce il valore. Trovo vergognoso quello che sta accadendo, la censura che ha colpito Antonio Scurati, un uomo libero e che dovrebbe potere dire quello che crede. Eppure oggi esiste un fascismo strisciante in questo paese che non ha ancora fatto del tutto i conti con il passato. Non è possibile che “antifascista”sia ancora una parola proibita. Antifascisti siamo tutti. Al contrario il rischio è che tornino tutti gli -ismi più pericolosi, a cominciare dal razzismo. E dall’antisemitismo.

Dal 7 ottobre scorso, dopo l’azione dei terroristi di Hamas al Nova Festival e l’inizio del conflitto nella Striscia di Gaza c’è stato uno tsunami di antisemitismo in tutto il mondo. Come se ogni singolo ebreo fosse responsabile della politica di Benjamin Netanyahu. Perché dobbiamo essere giudicati come se fossimo una totalità? Come se nessuno di noi avesse un pensiero libero? Questo modo di agire rischia di farci tornare indietro, proprio agli anni più bui. E purtroppo vediamo segni di regressione non solo in Italia ma in tutta Europa. Un’Europa disunita di fronte a un mondo in guerra. Un’Europa inerme e impotente, dove Ilaria Salis è ancora in galera, trattata in maniera disumana nell’ Ungheria di Orban senza che nessuno alzi la voce. Un’Europa che volge a destra in Francia, in Olanda e in Svezia.

Un’Europa in cui i fascisti sono ancora liberi di manifestare.

Eppure in questo 25 aprile vorrei vedere qualche segno di speranza, un’ombra minima di pace. Vorrei che gli uomini smettessero di odiarsi. Non è retorica. Papa Francesco per primo continua ad invocare la pace senza che nessuno lo ascolti. Ma dal passato dovremmo proprio imparare questo: allontanare ogni forma di odio e alimentare quel poco di buono che c’è in ognuno di noi. Lo dobbiamo specialmente alle nuove generazioni, ai ragazzi che sono il nostro futuro. Io sono stata nei campi di concentramento, ma sono tornata alla vita senza l’ombra di odio dentro di me. Non so cosa sia l’odio e non lo voglio sapere mai. Per questo dico: smettiamo di odiarci. L’unico augurio che mi sento di fare oggi è di rispettare ogni essere umano, dal primo all’ultimo, perché ogni vita è ugualmente valida e preziosa.

Da 62 anni faccio testimonianza, lo farò anche questo 25 aprile anche se sono costretta su una sedia a rotelle. Ma credo che testimoniare e fare memoria sia oggi la cosa più importante. Incontro i ragazzi nelle scuole, molti mi scrivono lettere, mi fanno domande sul mio vissuto. Ho scritto anche un libro per le scuole, si chiama I frutti della memoria. Credo sia importante dialogare con i bambini fin da piccoli. A loro dobbiamo raccontare l’orrore della Shoah e far sapere cosa sono stati il fascismo e l’antisemitismo. E’ un dovere che abbiamo per far in modo che quanto successo non accada mai più. Oggi siamo di fronte a un mondo ancora dilaniato, stiamo vivendo due guerre, non possiamo rimanere a guardare. Ognuno di noi può fare qualcosa per lasciare a questi ragazzi un mondo migliore. Per insegnare loro la tolleranza e il rispetto contro ogni divisione.

(testo raccolto da Eleonora Camilli)

 

https://www.lastampa.it/editoriali/lettere-e-idee/2024/04/25/news/per_dare_ai_ragazzi_un_mondo_migliore-14252239/

NB_  con questo link non arrivo più  all’articolo che La Stampa mi aveva ‘regalato’ ieri  anche se non  sono abbonata.
E io ho approfittato del dono copiandolo e registrandolo nel mio blog

27 Aprile 2024Permalink

17 aprile 2024 – Ho scritto su Facebook (escluso il riferimento all’Ordinariato militare e conseguenti cappellani).

  1. Spero che il testo di Canfora sia letto e meditato nell’oggi pigro , asservito spesso al ‘male ‘ , non percepito della sua violenza armata di parole che ne hanno fatto banalità

15 aprile 2024   ·

“Mi capita di ripetere sempre che lo studio del mondo classico in cui la schiavitù era la base dell’economia e della ricchezza è al massimo attuale, perché la schiavitù riappare sempre in altre forme, dall’estremo Oriente alla Daunia. Non è mai finita purtroppo e quindi studiare le rivolte degli schiavi di Sicilia non è un giuoco, ma è parlare di noi stessi. È il problema della libertà, che è una parola che tutti usano senza chiedersi cos’è, quali sono le sue potenzialità e i suoi limiti. Se uno dovesse raccogliere tutto il pensiero filosofico in un’unica parola si ricondurrebbe tutto alla libertà: Dante dice che va cercando libertà all’inizio del Purgatorio, perché è la summa dei nostri desideri e pensieri della vita morale.”

Luciano Canfora, intervista 7 luglio 2023, Quotidiano di Puglia

  1. Non è solo il doveroso ricordo di Margherita Hack grande donna ma il riconoscimento di una voce che è quella di molte è molti di noi e a cui voglio (vogliamo ? ) dar suono.

23 gennaio 2024

“Dio mi sta bene, e anche la patria e la famiglia; ma il trilogismo Dio-Patria-Famiglia non mi sta più bene.

Dico no a quel dio usato come cemento nazionale, a quella patria spesso usata per distruggere altre patrie, a quella famiglia chiusa nel proprio egoismo di sangue.

Non mi riconosco tra quei cittadini ligi e osservanti che vanno in chiesa senza fede, che esaltano la famiglia senza amore, che osannano alla patria senza senso civico”.

 

Su quanto segue sto ragionando da tempo. Metto i link che forse servono ad altri che vogliano seguire un analogo percorso:  aug

L’Ordinariato militare per l’Italia venne eretto il 06/03/1925 con Decreto della Sacra Congregazione Concistoriale e approvato dallo Stato Italiano con L. 417/1926 che istituiva un contingente permanente di cappellani in tempo di pace.

Vedi

https://it.cathopedia.org/wiki/Ordinariato_militare

Il Cappellano Militare – Ordinariato Militare per l’Italia

 

 

17 Aprile 2024Permalink