Oggi 5 gennaio ho ascoltato il TG delle 13.30 su La7 in cui veniva riferita una esternazione della on. Giorgia Meloni in merito ai sindaci dissenzienti del ‘decreto sicurezza’ . Non ci credevo ma invece la ricerca di un testo scritto ha confermato ufficialmente le parole della deputata. Per la verità i testi di conferma sono parecchi ma io scelgo il comunicato dell’ANSA:
ROMA, 4 GEN – “Fratelli d’Italia è pronta a denunciare in procura i sindaci che si rifiutano di applicare la legge e dare piena attuazione al decreto sicurezza. In Italia la legge è uguale per tutti, anche per i sostenitori dell’immigrazione incontrollata”
Si tratta quindi dell’obbedienza a una legge che, presentata come assoluta, non avrebbe possibilità di contrasto. Eppure ci sono esemplari eccezioni anche a questo rigore
Ricordo alla on. Melloni e a chi ritiene corretto sostenerla che esiste una legge che formalmente ammette il rifiuto di se stessa e trova in una circolare lo strumento per renderlo operativo.
Ne descrive l’iter una interrogazione dell’on. Rosato (16 aprile 2013) che riporto testualmente e pressoché integralmente, interrogazione che si può raggiungere facendo buon uso del link che trascrivo
https://parlamento17.openpolis.it/singolo_atto/9570
“— Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno consentono agli stranieri presenti sul territorio nazionale regolarmente di accedere ai servizi dello Stato; pertanto, l’esibizione del permesso di soggiorno o della carta è richiesta dagli uffici ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni od altri provvedimenti di interesse dello straniero;
l’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, così come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, prevede che siano fatti salvi dall’obbligo di esibizione di tale documenti da parte dello straniero, i provvedimenti che riguardino l’«accesso alle prestazioni sanitarie […] e quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»;
in particolare, la legge 15 luglio 2009, n. 94, sostituisce la precedente previsione normativa che estendeva la non sussistenza dell’obbligo a tutti i provvedimenti inerenti «gli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi»;
il decreto legislativo, così novellato, escluderebbe – stando ad una interpretazione restrittiva – la possibilità per lo straniero irregolare di poter registrare anagraficamente la nascita di un figlio in territorio nazionale;
eppure, l’articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989, che anche l’Italia ha recepito con legge 27 maggio 1991, n. 176, dichiara che «Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi»;
il Ministero dell’interno ha emanato una circolare del 7 agosto 2009, del dipartimento per gli affari interni e territoriali, nella quale si precisa che «per le attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti il soggiorno»;
sebbene la circolare ministeriale abbia contribuito a dirimere il dubbio iniziale circa l’interpretazione dell’articolo 6 del decreto legislativo di cui sopra, affinché tale disposizione non si ponga in contrasto con l’articolo 10 della Costituzione per violazione di norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta, sarebbe necessaria una sua modifica –:
<…> (4-00229)
Se ne era occupato qualche anno prima anche l’on Orlando con una interrogazione del 2 agosto 2010 (Seduta n. 363). Gli aveva risposto l’allora sottosegretario (Lega Nord) Michelino Davico, con un testo interessante che in parte ricopio:
“Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94/09 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”.
E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.
Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (artt. 2,3,30 ecc .), nonché con la tutela del minore sancita dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27/05/1991), in particolare agli artt. 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.
<..>
Quindi una legge dice doversi presentare il permesso di soggiorno per chiedere la registrazione della dichiarazione di nascita, una circolare nega nel caso specifico tale esibizione impegnando gli Uffici Anagrafe dei comuni a non farne richiesta.
Mi è noto che la circolare cui fanno riferimento l’on. Rosato e il sottosegretario Davico, ottemperando il dettato della citata convenzione di New York in Italia ratificata in legge , viene identificata come interpretativa. Evidentemente un rispettabile livello istituzionale può ignorare l’uso di un normale vocabolario, mentre a me quel termine richiama una foglia di fico di biblica memoria atta a nascondere la ‘vergogna’ che non si vuole esibire.
Se vale una analogia basterebbe quindi una circolare interpretativa a trasformare i sindaci ribelli in legittimi soccorritori di soggetti in difficoltà anche (o meglio proprio perché) fragili e privi di parola.
O no? E se no perché?