16 luglio 2022_Discriminato l’agente di Polizia Locale obiettore di coscienza

L’articolo che segue, pubblicato nel sito equal  uniud Giurisprudenza a firma
Anna Piovesana – 8 Luglio 2022-
propone  l’obiezione di coscienza  in  una forma non ambigua e mi ricorda antiche battaglie per arrivare alla 
Legge 15 dicembre 1972, n. 772.  Norme per il riconoscimento della obiezione di coscienza,
allora una novità reale nel panorama culturale italiano.
Certamente oggi la realtà impone l’attenzione a situazioni nuove ma il  filo conduttore dagli anni precedenti il 1972, quando  l’impegno era conoscere, dire e dirsi pubblicamente , ad oggi c’è e io sono contenta di leggerlo  nel quadro di una memoria (anche personale)  lontana..

Nel maggio 2020, il Comune di Ferrara adottava un nuovo Regolamento del Corpo di Polizia Locale, ivi introducendo una disposizione che rendeva incompatibile l’appartenenza al predetto Corpo, con lo status di obiettore di coscienza. Il Regolamento stabiliva inoltre l’assegnazione “in via continuativa”, “a tutti gli appartenenti al Corpo in possesso della qualifica di Agente di Pubblica Sicurezza”, di “una pistola semiautomatica … congiuntamente a un idoneo quantitativo di munizioni”.

A seguito di tale mutamento di disciplina, un dipendente, agente di P.S., adibito sin dal 2007 alla funzione di Vigile di Quartiere, mansione da sempre svolta senza portare armi, si vedeva assegnato d’ufficio alla Centrale Radio Operativa, in ragione del fatto di avere, in passato, manifestato l’obiezione di coscienza, rifiutando di prestare il servizio militare in occasione della chiamata alla leva. Non avendo rinunciato alla sua posizione di obiettore, l’amministrazione non gli aveva assegnato l’arma di ordinanza e lo aveva rimosso dalle sue mansioni operative.

Nel frattempo, tutti gli altri agenti di polizia locale, muniti della qualifica di agenti di P.S., si vedevano consegnata la pistola di ordinanza, senza essere stati messi nella condizione di poter manifestare formalmente il proprio convincimento personale in materia di porto d’armi. Ciò accadeva con particolare riferimento al gruppo delle donne, che non essendo soggette alla leva obbligatoria, non avevano potuto, neppure in passato, esprimersi sul punto.

L’agente e la CGIL Federazione Pubblica adivano, quindi, il Giudice del Lavoro di Ferrara, con ricorso ex art. 28 d.lgs. 150/2011, chiedendo che: A) venisse accertato il carattere discriminatorio delle disposizioni del Regolamento di Polizia Locale, che avevano introdotto l’incompatibilità dell’appartenenza al Corpo di Polizia Locale con lo status di obiettore, nonché la discriminatorietà della condotta del Comune, consistita nel mancato riconoscimento ai propri agenti della facoltà di esercitare il diritto all’obiezione di coscienza all’uso delle armi e dell’ordine di servizio con il quale il ricorrente era stato rimosso dalle precedenti mansioni esterne; B) fosse ordinato al Comune di riassegnare l’agente di P.S. anche a servizi esterni che non richiedono l’uso necessario delle armi e di consentire agli agenti di manifestare formalmente la propria obiezione di coscienza; C) fosse condannato il Comune al risarcimento del danni in favore sia dell’organizzazione sindacale, che del lavoratore obiettore.

Il Tribunale di Ferrara, con ordinanza del 15.04.2022, ha accolto il ricorso.

Il Giudice, dopo aver effettuato un’approfondita disamina della normativa in materia di obiezione di coscienza e di quella in materia di porto d’armi nel settore della polizia municipale (l. 7.03.1986, n. 65l. 1.04.1981, n. 121 e D.M. 4.03.1987, n. 145), ha ritenuto non condivisibile la tesi del Comune, secondo cui lo status di obiettore di coscienza è sempre incompatibile con l’appartenenza al Corpo di Polizia Locale. Secondo il magistrato, tale incompatibilità può sorgere solo “se lo stabilisce il regolamento” che, però, all’epoca dell’assunzione del poliziotto locale, non prevedeva l’obbligo porto d’armi, entrato in vigore nel 2020.

L’ordinanza prosegue affermando che “l’introduzione del porto continuativo dell’arma, sia in attività esterne sia in attività interne, e della regola della incompatibilità dello status di obiettore, non può essere imposto con effetti retroattivi nei confronti del personale”, sicché il Comune non poteva imporre al vigile di osservare un “obbligo che all’epoca [della sua entrata nel Corpo] non esisteva e che ora era invece in grado di toccare, almeno potenzialmente, il nucleo profondo dei suoi convincimenti etici e religiosi”.

Il Giudice ha altresì precisato che “il bilanciamento degli interessi e degli obiettivi, perseguiti dal Comune attraverso la scelta di armare il Corpo e le conseguenti esigenze organizzative che ne conseguono, può e deve essere contemperato con quello di tali dipendenti a esprimersi sulle modalità di svolgimento di servizi di competenza della polizia municipale che, per scelta del legislatore primario, non risultano necessariamente connessi con il porto dell’arma”.

Alla luce di quanto sopra, il Tribunale ha ritenuto che il comportamento posto in essere dal Comune nei confronti della generalità degli agenti di Polizia Locale (cioè l’imposizione agli stessi dell’obbligo del porto d’armi, senza consentire loro di esprimersi al riguardo) costituisce una discriminazione indiretta non solo per “convinzioni personali”, ma anche per ragioni di “genere”, considerato l’elevato numero di dipendenti di sesso femminile che, in quanto non chiamate alla leva, non avevano potuto esprimere obiezione di coscienza.

Nei confronti del ricorrente, il Tribunale ha invece ravvisato la sussistenza di una discriminazione diretta per convinzioni personali, in relazione allo status “conclamato” del lavoratore di obiettore. Il Giudice, dopo aver ribadito che il ricorrente era stato assunto nel Corpo di Polizia Locale in un’epoca in cui non era prevista alcuna incompatibilità “per obiezione di coscienza”, sicché la nuova disposizione del Regolamento non poteva essere allo stesso applicata, ha evidenziato che l’assegnazione allo stesso da parte del Comune di “mansioni interne” (Centrale Operativo), aveva comportato per il lavoratore anche la perdita dell’indennità di servizio esterno pari ad € 9,00 giornalieri.

Accertata dunque la natura discriminatoria diretta e indiretta degli atti/disposizioni/comportamenti sopra menzionati il Giudice ha condannato il Comune ad adottare uno specifico piano di rimozione delle discriminazioni (ex art. 28, c. 5, d.lgs. 150/2011) nonché a risarcire il danno patrimoniale al ricorrente e non patrimoniale in favore del sindacato (sul punto richiama Cass. S.U. 21.07.2021, n. 20819).

L’ordinanza costituisce in un importante precedente in un settore, quale quello della Polizia locale, ove spesso è molto difficile contemperare esigenze diverse, quali quella di garantire il diritto all’obiezione di coscienza

16 Luglio 2022Permalink

26 giugno 2022_NON ESISTONO MINORI DI SERIE B

Come faccio regolarmente riporto un mio scritto,  regolarmente firmato e pubblicato sul periodico Ho  un Sogno che esce  a Udine a cura dell’Associazione Proiezione Peters  Odv,  e  si propone come Strumento di informazione sulle risorse umane e sulle attività presenti in Friuli nel campo della pace e della cooperazione internazionale .  E’ arrivato al n. 268, n. 2 dell’anno XXXI.
Può essere richiesto a
asspp@iol.it e si trova in forma cartacea alla libreria Cluf in via Gemona 22 (Udine)

Oggi l’Alta Amministrazione dello  Stato è coinvolta in attività di accoglienza di minori non accompagnati  a partire dalla nomina della  Prefetto  Francesca Ferrandino a “Commissario delegato per il coordinamento delle misure e delle procedure finalizzate alle attività di assistenza nei confronti dei minori non accompagnati provenienti dall’Ucraina a seguito del conflitto in atto”.
Tale nomina non  si riferisce solo ai minori non accompagnati ucraini, ma fa capo al Piano ampio e articolato firmato dalla stessa Ferrandino, dove non  sono considerati segni distintivi tali da consentire una gerarchia che distingua, in una immaginaria lista d’attesa, i soggetti minori da accogliere.

Infatti il Piano muove dalla definizione di minore straniero non  accompagnato (come da art. 2 legge n.47/2017) “il minorenne non avente cittadinanza italiana o della Unione Europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana , privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alla leggi vigenti nell’ordinamento italiano”.

Non resta ora che ricordare l’indifferenza del parlamento che dal 2009 impone ai migranti non comunitari la presentazione del permesso di soggiorno anche quando richiedano la registrazione di un loro nato in Italia. Il rischio di manifestarsi irregolari di fronte a un ufficiale di stato civile può indurli a non registrarne la nascita,  sottraendo il loro nuovo nato  oltre che all’esistenza giuridica anche alla protezione genitoriale ed esponendolo quindi a tutti i rischi che si vogliono evitare si minori in arrivo. A questi piccoli manca la caratteristica dell’essere in fuga e ciò li rende invisibili nel quadro degli interventi di protezione che possono passare solo attraverso una proposta di legge la cui necessità sembra estranea, come si è detto, all’iniziativa parlamentare , pur nelle variegate maggioranze che si sono proposte dal 2009 ad oggi. Appare infatti molto grave che l’Italia non  abbia ancora raggiunto sul piano legislativo il target 16.9 dell’Obiettivo 16 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo Sostenibile dell’ONU, ovvero “Entro il 2030, fornire l’identità giuridica per tutti, compresa la  registrazione delle nascite”.

Un ultimo tentativo, che vorremmo efficace, si deve alla proposta di legge regionale n.16 presentata in Regione che, se approvata, impegnerebbe il parlamento a una discussione. Da quanto abbiamo visto finora, seguendo il dibattito in commissione, alla già espressa negazione della giunta regionale sembra unirsi il silenzio dei partiti di opposizione: scarsa sensibilità o diffusa disattenzione? Speriamo di essere smentiti quando conosceremo l’esito finale della votazione.

26 Giugno 2022Permalink

5 novembre 2019 La senatrice Segre parla ai medici

Liliana Segre, l’appello ai giovani medici: «Rispettate il giuramento, siate uomini e donne di buona volontà» – Il video
4 Novembre 2019 – 14:54 di Cristin Cappelletti

All’università Statale di Milano la senatrice a vita ha ricordato i medici ebrei italiani deportati durante la seconda guerra mondiale
Davanti a laureandi e studenti in medicina dell’università Statale di Milano la senatrice a vita ha lanciato un appello, un monito ai giovani medici: «In qualunque professione così come nella vita bisogna fare una scelta, ma chi è medico una scelta l’ha già fatta e non potrà e non dovrà mai scegliere così come hanno fatto i medici nazisti: dovrà curare l’altro, dovrà essere uomo o donna di buona volontà».
Nell’aula magna Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, ha ricordato gli ultimi momenti del nonno malato di Parkinson, ucciso poi in un campo di concentramento perché considerato «un pericolo per il Terzo Reich».
«Venivano sempre dei medici in casa nostra. Molti vennero a salutare, molti vennero a dire: “noi andiamo via, non possiamo più esercitare qui”. Un capitale umano che fu perduto in quegli anni, pensiamo ai fisici, biologi, medici, persone che come Rita Levi Montalcini presero il premio Nobel ma che fecero le loro scoperte fuori dall’Italia», ricorda la senatrice a vita.
Un incontro, quello organizzato alla Statale, per ricordare cosa successe ai medici ebrei italiani durante la seconda guerra mondiale. «Al loro arrivo nei campi, tutti i medici vennero chiamati da parte e furono mandati per mesi – finché durarono – in quell’immondo ospedale chiamato “Revier” in cui molti entravano, perché le malattie erano tantissime, ma pochi uscivano. Quei medici erano crudelmente destinati anche a non curare più quelli che sarebbero andati nelle camere a gas, privilegiando quelli che se la sarebbero cavata con le poche medicine disponibili».
«A volte sembra di aver perduto, con la scelta di odiare invece che di amare, quei principi che devono invece condurre l’uomo e la donna nel proprio destino senza mai perdere di vista la scelta», ha concluso la senatrice, che al termine del suo intervento è stata a lungo applaudita dai partecipanti.

https://www.open.online/2019/11/04/liliana-segre-lappello-ai-giovani-medici-rispettate-il-giuramento-siate-uomini-e-donne-di-buona-volonta-il-video/

L’intervento che ho riportato sopra mi coinvolge particolarmente perché mi richiama un precedente di cui trascrivo la memoria dal mio blog.
Nel predisporre quella che sarebbe stata la legge la legge 94/2009 qualcuno aveva pensato alla figura del medico spia. Era il predecessore del ministro degli interni del governo da poco trascorso.

Era in discussione quello che l’anno successivo sarebbe diventato il “pacchetto sicurezza” (legge 94/2009). Fra le norme impronunciabili che conteneva e contiene c’era anche l’obbligo per i medici e gli operatori sanitari di denunciare chi si presentasse per cure (o vi capitasse dopo un incidente) a un qualsiasi servizio sanitario pubblico senza permesso di soggiorno. Il dr. Luigi Conte, allora Presidente dell’Ordine in Provincia di Udine, reagì col comunicato che riporto di seguito (come reagì l’ordine dei medici a livello nazionale) e la norma infame non arrivò nemmeno al dibattito parlamentare quando sarebbe stata blindata come la condanna dei figli dei sans papier a non esistere.
Fra tanta persistente barbarie fa piacere ricordare un gesto di civiltà

COMUNICATO STAMPA DELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI UDINE
PREOCCUPAZIONE SU PROPOSTA EMENDAMENTO DEL C.D. “PACCHETTO SICUREZZA”
“Il Medico non è un delatore e risponde all’obbligo deontologico di garantire assistenza a tutti “senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera”.

Come da parecchi anni segnalo, senza che qualche sporadico segnale di interesse abbia mai prodotto una riforma legislativa, nella legge 94/2009 è rimasta intatta la condanna dei figli dei migranti irregolari a non avere il certificato di nascita che può essere loro concesso (la parola giusta sarebbe garantito ma in clima salviniano, benedetto dalle recenti parole del card. Ruini e dai silenzi sul punto dai tanto autorevoli vescovi italiani, mi attengo allo squallore del ‘concesso’) diventando per legge spie dei loro genitori burocraticamente irregolari (legge 94/2009 art. 1 comma 22 lettera g).
Quella condanna – resa tanto forte da farsi opinione comune – ha assicurato il mantenimento della norma infame durante il tempo dei governi ( si parte dal 4 Berlusconi quando fu votata con voto di fiducia) Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte 1 e Conte 2 e delle variegate maggioranze che li hanno sostenuti e li sostengono.
Dopo anni di tentativi frustrati di suscitare interesse ne ho scritto a Pietro Ichino, un giurista già parlamentare di cui ricevo una newsletter interessante e, sorprendentemente , ho ricevuto risposta.
Per leggere la mia lettera e altro connesso trascrivo in calce il link ma qui copio la risposta pur questa dal mio interlocutore pubblicata.
Cara Augusta, la mia opinione su questo argomento è in tutto e per tutto coincidente con la sua. La ringrazio di questa occasione che mi dà per esprimerla pubblicamente, e anche dei riferimenti normativi, che metto qui a disposizione dei parlamentari che vorranno attivarsi per correggere il vero e proprio… mostro giuridico che la indigna. (p.i.)
https://www.pietroichino.it/?p=54020

5 Novembre 2019Permalink

8 agosto 2018 – Anche i ricordi personali possono aiutarci a costruire una difesa contro l’arroganza dell’ignoranza.

Storie personali di vaccini.
Ascoltando, mio malgrado, blaterare con subita autorità di vaccinazioni, mi si sono scatenati ricordi del periodo immediatamente post bellico quando avevo sette anni e frequentavo la terza elementare, il mio primo anno a scuola, prima era stato giocoforza studiare in casa.
Allora si faceva la vaccinazione antivaiolosa, a scuola, con un taglietto attraverso cui veniva inoculato il vaccino. Così si faceva sul braccio sinistro, in alto, il braccio poteva arrossarsi, gonfiarsi, faceva un po’ male e poi restava una cicatrice. Ho verificato. La mia -quasi invisibile – è ancora lì.

Correva l’anno scolastico 1946/47 e la mia aula era stata reperita in un edificio appartenente a una parrocchia.
C’erano ancora edifici scolastici che avevano retto ai bombardamenti. Ma erano requisiti per gli ‘alleati’, militari americani e inglesi. Ricordo la curiosità per le prime persone di pelle nera che mi capitava di incontrare.
Il pavimento dell’aula era costituito da piastrelle senza pretese estetiche, alcune rotte. Non c’era riscaldamento. Le finestre avevano vetri posti in riquadri che, a volte, erano occupati da cartoni: non tutti i vetri rotti dall’onda d’urto dei bombardamenti erano stati sostituiti; anche il vetro scarseggiava.
Un giorno venne un medico, accompagnato da un’infermiera, per le vaccinazioni contro il vaiolo.
Faceva un gran freddo, eravamo infagottate in strati di maglie che ci coprivano (di solito indossavamo anche il cappotto). Sopra le maglie c’era un grembiule nero. Tanto erano brutti quegli indumenti che era bene coprirli; non c’era scelta anche la lana scarseggiava o costava troppo.
Dopo qualche anno furoreggiarono le tinture casalinghe. Il colore poteva migliorare l’estetica del nostro abbigliamento, ma nel 1946/47 non ci si pensava. Era importante trovare carne: eravamo denutriti chi più chi meno ma ne avevamo bisogno. Per nostra fortuna i vegani non c’erano ancora.

Il medico, impietosito dalla necessità di farci spogliare per scoprire il braccio, gettò dell’alcool sul pavimento e accese un piccolo falò (lo alimentava con  le garze che eliminava)  cui potevamo avvicinarsi via via che venivamo vaccinate. L’infermiera attaccava un cerotto e ci aiutava a coprirci. Ricordo bene che mentre il medico ci vaccinava parlava: imparammo cos’era un vaccino e perché venivamo vaccinate. Per fortuna non c’erano nemmeno pseudopolitici blateranti a contraddirlo in nome della democrazia a modello piattaforma digitale.

Il vaccino contro il vaiolo non si fa più
La civiltà si può salvare ovunque come ovunque si può diffondere l’inciviltà.
L’attenzione reale alla salute non passa attraverso le parole degli arroganti del giorno ovunque collocati.
Il vaiolo è una malattia contagiosa di origine virale. L’ultimo caso conosciuto di vaiolo nel mondo è stato diagnosticato nel 1977 in Somalia. In Italia, la vaccinazione antivaiolosa fu sospesa nel 1977 e definitivamente abrogata nel 1981. L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato ufficialmente eradicata questa malattia nel 1980.
Siccome il vaiolo è causato da un virus, il trattamento con antibiotici non è efficace. Non esiste un trattamento specifico e l’unico modo di prevenirlo è la vaccinazione.
Quando fu chiesto a Donald Henderson , direttore del programma di eradicazione del vaiolo, quale fosse la prossima malattia da sconfiggere, Henderson rispose: “la cattiva gestione della sanità” e non mi risulta che l’espressione dei pareri su una piattaforma digitale o con altro mezzo sia buona gestione .

Ricordo ancora il gruppo di bambine che cercavano di capire ciò che loro veniva fatto e dovutamente spiegato. Era una scuola con mille limiti ma tendenzialmente inclusiva.
Di questi tempi mi sembra ci sia chi opera per renderla esclusiva.
Il moltiplicarsi di strumenti di conoscenza che possono essere gestiti da ignoranti, irresponsabili e senza pietà, impone alla scuola di farsi responsabile e inclusiva.
Può essere un luogo di difesa dall’inciviltà dilagante e non solo nel clamoroso caso vaccini.

8 Agosto 2018Permalink

4 agosto 2018 – Bambini fantasma e l’obbligatorietà non obbligatoria dei vaccini.

Volevo continuare con le mie riflessioni sui bambini fantasma per legge che mi portano sempre più in là nell’esplorazione della malafede (travestita da follia: metodo comodo perché esime chi lo usa dall’affaticarsi su verifiche logiche), quando mi sono resa conto che il problema dell’obbligatorietà-non obbligatoria (non so come meglio definirla) dei vaccini che io credevo uno sporco giochino elettorale, a beneficio di cretini chic, è invece praticato con l’ostinazione di chi affida la soluzione dei problemi a una pseudostatistica affine alla conta sul pallottoliere.
D’altra parte la gravità della negazione del certificato di nascita è analoga alla negazione della prevenzione primaria assicurata dai vaccini: in entrambi i casi si tratta di negare la certezza dell’esistenza riconosciuta e garantita, per quanto possibile, dalla tutela della salute.
Nell’intreccio fra questi due elementi emerge la figura del bambino che può ricavare un danno dalle necessarie relazioni con i suoi simili e coetanei, danno tanto più significativo se si tratta di un soggetto debole.
Mi sembra una sintesi adeguata per descrivere la situazione attuale di soggetti che, essendo indifesi, possono essere privati di beni essenziali da decisioni innominabili, assicurate dal consenso – e questo è tragico – più diffuso di quanto si possa immaginare.
Poiché la funzione dei vaccini potrebbe essere argomento di più immediato interesse di quella del certificato di nascita, per ora mi fermo ai vaccini e ricopio un articolo della scienziata senatrice a vita Elena Cattaneo.

03 Agosto 2018 – Caso vaccini, il buon senso dimenticato nelle scelte del governo di Elena Cattaneo
Lo slittamento di un anno dell’obbligo per l’iscrizione a nidi e materne è un incomprensibile “bilanciamento politico” tra diritto alla salute e all’inclusione scolastica
Domani compirà un anno, nella sua versione definitiva, la legge che ha reintrodotto in Italia l’obbligo vaccinale venuto meno nel 1999. A ‘farle la festa’ ci ha pensato la nuova maggioranza di governo. Uno dei più importanti provvedimenti di sanità pubblica della scorsa legislatura è stato minato d’efficacia: le vaccinazioni, che la stessa ministra grillo ha definito «un presidio fondamentale di prevenzione primaria», infatti non saranno più obbligatorie per l’iscrizione alla scuola dell’infanzia. Tutto rinviato di un anno. Sempre che l’annunciata riforma della legge sui vaccini, nel frattempo, non elimini l’obbligo per sempre.
Con un emendamento al Decreto Milleproroghe in versione balenare, approvato due giorni fa in commissione Affari Costituzionali, il nuovo esecutivo ha perseguito l’annunciato scopo di “bilanciare” il diritto all’inclusine scolastica e il diritto alla tutela della salute. Ma così facendo ha perso di vista l’obiettivo di migliorare subito le prospettive di salute dei cittadini e mettere in sicurezza il Paese da epidemie che la scienza ci permette di debellare e prevenire in sicurezza. Oltretutto, l’obbligo stabilito dalla legge vigente non è eterno.
E’ già previsto, infatti, che ogni te anni le autorità sanitarie valutino le coperture raggiunte per morbillo, rosolia, parotite e varicella: è poi compito del ministro della Salute, acquisiti i pareri parlamentari e della conferenza Stato-Regioni, disporre l’eventuale cassazione dell’obbligatorietà di tali vaccinazioni. Una scelta responsabile, fatta con la consapevolezza (e speranza) che ciò che era necessario ieri –ristabilire in modo duraturo l’immunità di gregge di fronte a un’epidemia di morbillo e rispondere agli allarmi dell’Organizzazione mondiale della sanità – possa non esserlo domani, quando, consolidata la soglia di sicurezza per ciascuna patologia, tutti i cittadini saranno protetti.
La scelta della maggioranza risulta ancor più incomprensibile alla luce delle dichiarazioni della stessa ministra della Salute che, non più di dodici ore prima dell’approvazione dell’emendamento, aveva illustrato alle commissioni competenti di Camera e Senato i dati delle coperture vaccinali del 2017, evidenziando che i risultati migliori si sono registrati proprio «nelle prime fasce d’età, dove il decreto ha minacciato l’esclusione dall’asilo nido ». Questi numeri suggeriscono che l’obbligo stava funzionando. Perché quindi accanirsi contro una buna legge con circolari ministeriali, emendamenti e annunci di Ddl di riforma? Perché introdurre una proroga che, di fatto, realizza l’elusione di un obbligo di legge?
Nel 2015 la California, uno degli Stati più liberali al mondo, con una delle percentuali di vaccinazioni più bassa degli Stati Uniti, dopo un’epidemia di morbillo iniziata nel parco di Disneyland, non solo ha introdotto l’obbligo, ma una volta raggiunta la soglia si è guardata bene dal toglierlo. In Italia, invece, al posto del buon senso che, visti i numeri –difficilmente contestabili- suggerirebbe di lasciare che la legge faccia il proprio corso, sembra si sia preferita la “strategia di Penelope”. Si fila e si disfa la tela legislativa, con il rischio di disorientare i cittadini, già in balia di un sistema sanitario nazionale articolato in 20 “repubbliche sanitarie”.
Il “bilanciamento politico” promesso dal governo del cambiamento non esiste in biologia. Quando un patogeno infetta un organismo, non c’è più nulla di “bilanciato”.
Lo scorso 22 giugno la ministra Grillo dichiarava: «Le valutazioni di tipo scientifico non competono alla politica». Concordo. Virus e batteri non fanno politica né sono in cerca di consenso.

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2018/08/03/news/caso_vaccini_il_buon_senso_dimenticato_nelle_scelte_del_governo-203328872/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T2

4 Agosto 2018Permalink

26 settembre 2015 – Oggi il tassista domani…

Creare paura per fondare la propria forza.

Costruire una società fondata sul nemico da cacciare e abbattere dà forza e rilievo ai gruppi violenti di varie origine ma uniti nell’obiettivo di creare paura per fondare la propria forza.
Riassumo una notizia che potete si può leggere dal link che trascrivo

“Spostate le auto” e l’autista di Roma-Tpl viene aggredito dal branco

Un autista di taxi a Roma ha suonato il clacson per poter passare in uno spazio ostacolato da un’auto in seconda fila.
A questo punto un uomo ha sfondato il finestrino del bus ferendolo. Poi, mentre il conducente stava per salire sull’ambulanza, i complici intervenuti lo hanno massacrato a calci e pugni

http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/09/25/news/roma_roma-tpl_autista_bus_picchiato_da_branco-123668370/?ref=HREC1-4

26 Settembre 2015Permalink

2 agosto 2014 – Nel ricordo della strage di Bologna (1980) la mia attenzione va anche alla violenza del capro espiatorio.

Un incrocio di ruoli nella continuità del linguaggio

Il ministro Alfano, secondo quanto ho letto, “va giù duro al termine del comitato nazionale per l’ordine pubblico e la sicurezza convocato nella prefettura di Caserta.
«Non accetteremo che un immigrato prenda il posto di lavoro di un italiano»”
Lo fa in una riunione nella prefettura di Caserta alla presenza dei sindaci del casertano.
L’on Kyenge – parlamentare europea – non condivide:  «Irresponsabili parole del Ministro Alfano che alimenta lo scontro tra poveri per il lavoro in un casertano già in fiamme»
Conclusione? Certamente no.
E’ molto interessante che il ministro del Nuovo  Centro Destra (nuovo ?!) operi – probabilmente senza accorgersene  – uno stravolgimento cronologico.
Nel 2009 l’on Alfano era Ministro della Giustizia nel quarto governo Berlusconi, Ministro dell’Interno era l’attuale governatore della Lombardia, Maroni.
Oggi Ministro dell’Interno è lui, Angelino Alfano.
Ma – in omaggio all’ideologia che gli occupa evidentemente  cervello e cuore – usa le parole dell’inimicizia.
Torno a scriverle: «Non accetteremo che un immigrato prenda il posto di lavoro di un italiano».
L’on Kyenge ha controbattuto ma, secondo me, non ha colto la centralità del messaggio alfaniano. L’italiano  è indicato esplicitamente come vittima della presenza non comunitaria, un incitamento all’inimicizia tra persone di diversa nazionalità.
E’ la scelta del capro espiatorio che consente di voltare la testa di fronte a molti altri problemi.
Così ho scritto nella pagina facebook della on. Kyenge
«Con queste parole (non a caso pronunciate in prefettura durante una riunione con i sindaci del casertano) il ministro Alfano si  conferma malsano portatore della cultura diffusa dalla Lega e ormai consolidata nella consapevolezza di molti.
Non a caso il parlamento italiano non discute la proposta di legge n. 740 che, se approvata, cancellerebbe lo sfregio di civiltà introdotto nel 2009. Con questa norma (legge 94/2009, art. 1 comma 22 lettera g) i cittadini non comunitari privi di permesso di soggiorno nel momento in cui denunciano la nascita del figlio corrono il rischio dell’espulsione.
Ciò fa sì che vi siano bambini nascosti e privi di esistenza giuridica e madri che non partoriscono in ospedale ma si assoggettano al nascondimento con tutti i rischi che comporta alla salute propria e del bambino (ce lo testimonia il Gruppo Convention on the Rights of the Child –CRC – che ha il compito di monitorare la Convenzione di new York sui diritti del minore.
Le ricordo che inizialmente la norma che ho citato riguardava anche i matrimoni: nel 2011 una sentenza della Corte Costituzionale sottrasse questi atti alla presentazione del permesso di soggiorno per tutelare questo diritto umano fondamentale. Ma non fu chiamata ad occuparsi dei nuovi nati su cui perciò continua a pesare quella minaccia.
On Kyenge questo minaccia la riguarda anche come parlamentare europea: può accettare che in Europa vi sia uno stato – il suo- – che viola principi fondamentali internazionalmente affermati?
Sarebbe interessante sapere se fra i bambini abusati – che saranno identificati dalla polizia italiana e tedesca per proteggerli – ci sono anche bambini con le caratteristiche previste dalla lettera g, del comma 22, dell’art. 1 della legge 94/2009, cioè i figli degli immigrati privi di permesso di soggiorno per cui la possibilità di registrare la nascita del figlio è pesantemente ostacolata.
E’ possibile chiedere al ministro competente un’indagine in proposito?.
Oltre che all’identificazione dei pedofili e dei loro complici vogliamo parlare anche delle responsabilità remote?
Non dimentichiamo che la mancanza del certificato di nascita rende una persona giuridicamente inesistente e quindi più esposta ad ogni rischio.
I bambini senza certificato quindi diventano soggetti di cui è più facile l’abuso»

Pedopornografia conclamata

Non a caso sono passata dalla questione lavoro negato alla questione esistenza negata ai minori figli di sans papier.
Leggo su La Repubblica on line di ieri (testo completo leggibile da qui):
«Maxi operazione della polizia italiana e tedesca. L’inchiesta è partita dalla Procura di Catania

Agenti della polizia postale al lavoro CATANIA Scaricavano e diffondevano su internet video di pornografia minorile, con abusi sessuali e anche torture su bambini di pochi anni. Due persone sono state arrestate e 34 indagate nell’ambito di una maxi operazione internazionale della polizia di Stato italiana e tedesca contro la pornografia minorile on line. La Procura distrettuale di Catania ha disposto numerose perquisizioni domiciliari in diverse città d’Italia, eseguite dalla Polizia Postale».

La biografia del Ministro Alfano non può essere ignorata

Non sarebbe rispettoso ignorare la biografia di una persona pubblica così importante quale un ministro dell’interno già della giustizia.
Nella significativa storia delle sua vita politica c’è anche la piccola Shalabayeva.
Forse non se ne è accorto ma per me è un macigno, simbolico (perché non è certo l’unica piccola vittima) ma insuperabile.
Ne avevo scritto nel mio blog il 14, 16 e 20 luglio 2013.
Legge sempre da La Repubblica del 30 luglio scorso:
« Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Abliazov, non doveva essere espulsa dall’Italia e il provvedimento di rimpatrio è viziato da “manifesta illegittimità originaria”. Lo afferma la Cassazione che ha accolto il ricorso della Shalabayeva contro il decreto del giudice di Pace di Roma del 31 maggio 2013. Tra le anomalie c’è inoltre il fatto che l’irruzione notturna nell’abitazione di Casal Palocco dove risiedeva la Shalabayeva, effettuata dalle forze dell’ordine, era stata fatta per cercare suo marito e non per finalità di prevenzione e repressione dell’immigrazione irregolare».

Chi volesse andare all’intero articolo (e può farlo anche da qui) troverà un richiamo all’archivio del caso.
Da parte mia voglio ricordare il lavoro efficace di Emma Bonino (Ministro degli esteri dall’aprile 2013 al febbraio 2014 – governo Letta).
Contribuendo in modo risolutivo alla soluzione di quel problema ha consentito, a chi voglia pensare, di identificare nodi della politica minori/capri espiatori.
Qualsiasi generale in guerra sa che bisogna attaccare il fronte dove è debole. E i minori sono deboli. Attaccando i ‘figli dei clandestini’ è assicurata la vittoria più importante, il consenso dell’opinione pubblica.

2 Agosto 2014Permalink

17 agosto 2013 – I diritti umani non vanno in ferie 4

Non so come ciò che è accaduto verrà riportato dalla stampa ma nei prossimi giorni non avrò tempo  per analisi e nemmeno il modo di documentarmi.
Mi garantisco quello che posso ancora registrare.

Al CIE di Gradisca un piccolo passo verso la “normalità”:

 I DIRITTI UMANI NON VANNO IN FERIE

 Rientrando a Gradisca, dopo un paio di giorni di assenza, la calma sembra tornata. 
 Alcuni materassi però sono ancora sistemati sopra il tetto; mi auguro ancora per poco perché all’idea che qualcuno possa di nuovo salirci non può che tenerci in allerta.
Arrivo, annunciando preventivamente che dopo la mia visita avrei tenuto una conferenza stampa nel piazzale antistante.
 Mi aspettavano.    La Prefettura avvisata.   Tutto regolare.    Nessun blitz.
 La collaborazione prima di tutto.

 Sapevo che oggi, con ogni probabilità, avrebbero restituito i cellulari: prima grande conquista dopo i colloqui tenutisi prima con gli “ospiti” e poi con il Prefetto e il Questore -dopo due anni di misura straordinaria direi che può essere definito un grande risultato per loro.

 Una volta dentro sono stata dissuasa dall’entrare a dialogare con loro: avevano avuto rimostranze nei miei confronti nei giorni precedenti, ma non mi faccio intimorire.

 Il dialogo e la fiducia per aver mantenuto la parola, prima di tutto.

 La diffidenza e il timore che io possa essere come tanti altri che fanno la visita e poi…chi li vedi più sono altissimi, ma quanto accaduto oggi rischia di valere più di mille carte scritte.

 Il ripristino della mensa, dal momento che necessita di lavori di manutenzione, non potrà essere agibile prima di una settimana.
 La cosa non mi turba. Loro lo sanno e mi auguro che sappiano attendere.  Entro.

 Mi accolgono, insospettatamente, con atteggiamento positivo.

 Sono contenti. Sembravano bambini. Piccoli pezzi di libertà. Poter comunicare e ricevere comunicazioni: impagabile! Parlare con la famiglia, ma soprattutto poter ricevere telefonate, perché l’uso del telefono pubblico per parlare con l’esterno non gli era mai stato negato.

 Mi trattengo qualche minuto con loro e mi dicono che hanno visto tutte le trasmissioni televisive, che sono contenti che si parli di loro, ma le richieste che avanzano di continuo sono l’impegno di diminuire il numero di mesi di “trattenimento” (perché è così che bisogna chiamarlo senza paura) da 18 a 6 mesi.

 Effettivamente, a parte alcuni casi e da quanto sostiene il Questore, parrebbe sia così.

 Prima di andare via, una raccomandazione: sono con voi se voi siete rispettosi…non posso dire delle regole, perché le regole NON CI SONO!!!
 Vengono decise di volta in volta e la cooperativa al suo interno deve fare di tutto perché venga rispettato. In ultimo, come extrema ratio, interviene la polizia.
 Mi auguro che mantengano la parola data.

 Nel frattempo sul piazzale antistante mi aspettano numerosi i giornalisti per la conferenza stampa.
 Perché una conferenza stampa il 16 agosto: perché i diritti umani NON VANNO IN FERIE!
 …e diventa lo slogan della conferenza…

 Intervengono tutti, tutte le associazioni che i questi anni hanno operato perché il CIE potesse diventare qualcosa di umano, la tenda per la pace. l’associazione laciasciateCIEntrare, il centro Balducci e molti altri. Qualcuno mi chiede: e la Bossi/Fini? ha fatto acqua da tutte le parti, la mia risposta, e quando una norma è palesemente sbagliata, bisogna avere il coraggio di cambiarla.

 Alla riapertura della Camera questo deve essere uno dei prossimi impegni. Il PD in questi giorni, per bocca della nostra Presidente, si è sbilanciato con dichiarazioni aperte.
 Ora dobbiamo continuare con i fatti: Senza Paura!
 Unico vero dispiacere: che si voglia con determinazione farmi apparire, in una diatriba tra guardie e ladri, dalla parte dei ladri.
 La difesa delle forze dell’ordine rimane in capo alla destra.
 Ma capiamoci. Qui, e cito don Di Piazza, nessuno vuole il CIE.

 La mia posizione è netta.
 Siamo lì per tutti, dai cittadini di Gradisca che subiscono sul loro territorio situazioni di forte anomalia e disagio, alle forze di polizia che anziché impegnarsi sul territorio sono costretti presidiare un luogo che, di fatto, non dovrebbe essere presidiato, agli operatori della cooperativa che non percepiscono lo stipendio da molti mesi e, ultimi nella catena perché non sostenuti da alcuna istituzione ufficiale a differenza di tutti gli altri, i “rifiuti” della società: gli immigrati irregolari.

 D’altronde chi vuoi che li voglia degli ex delinquenti, stranieri per di più, o dei senza diritto in un momento in cui la crisi morde qualsiasi settore? Meglio disfarsene e relegarli in una struttura fino a 18 mesi. O fino a quando lo stato d’origine dà l’ok per il rimpatrio – la loro “casa” – da dove, gioco forza, riprenderebbero lo stesso percorso.

 Ed è un cane che continua a mordersi la coda: ma i diritti umani NON VANNO IN FERIE!

Il mio commento pubblicato su facebook

Grazie Serena! e ti prego di ricordare che nessun diritto umano va in ferie, né quelli di chi li urla dai tetti né quelli di chi può solo affidarli alla civiltà consapevole di altri.
Ancora una volta ti ricordo i bambini cui la legge nega l’appartenenza a un ordinamento giuridico. Sono i figli degli immigrati irregolari che, per  registrarne la nascita, dal 2009 devono presentare il permesso di soggiorno che non hanno. E’ una norma che è stata pensata – sulla pelle di neonati (ma si può immaginare una vigliaccheria peggiore?) – per facilitare l’identificazione e l’espulsione dei padri.
I figli diventano il loro CIE!
Il fatto che possa non essere applicata non cancella la vergogna e il pericolo di una simile norma.
Hai firmato la proposta di legge 740 la cui approvazione – che rimedierebbe questa situazione – non comporta oneri per lo stato. Mettila nel ‘pacchetto’ delle questioni che tratterrete in parlamento.
“Filo spinato
Tu scrivi dell’uomo nel lager
io – del lager nell’uomo
per te il filo spinato è all’esterno
per me si aggroviglia in ciascuno di noi
– Pensi che ci sia tanta differenza?
Sono due facce della stessa pena”.
(Ryszard Kapuściński)

ore 23
Gradisca (GO) – La mobilitazione di fronte al CIE. I migranti lanciano bozzoli e psicofarmaci dall’interno: la prova delle violenze

17 Agosto 2013Permalink

27 aprile 2013 – In carcere per liberarsi dal pregiudizio

Trascrivo con notevole ritardo rispetto alla pubblicazione la notizia che riprendo dal mensile Ho Un Sogno n.217 –reperibile presso la Libreria cooperativa   Universitaria (CLUF) – Udine Via Gemona 22

 Anche a Udine la scuola pubblica estende l’attività oltre le aule degli istituti scolastici, non solo per far partecipare attivamente e consapevolmente studenti  e insegnanti alla vita del territorio, ma anche per offrire servizi in carcere, un luogo che si immagina estraneo alla nostra vita.
Nel Carcere, o meglio nella Casa Circondariale di Udine, si svolgono quindi corsi di educazione per adulti  che preparano i detenuti ad affrontare consapevolmente la vita ‘fuori’ delle mura in cui sono ristretti e, se il caso, anche un esame per l’acquisizione di titoli di studio.
A tale proposito la Costituzione offre un indirizzo molto preciso “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato [art. 27]”.
Dall’esperienza di questa attività è nato “Il piacere della legalità? Mondi a confronto”, un progetto  che si svolge ormai da sei anni per la  promozione dell’interazione fra istituzioni del territorio regionale e istituti scolastici udinesi (Centro territoriale Permanente della casa circondariale e Pomeridiano, scuola media Valussi, Liceo delle Scienze Sociali “Caterina Percoto” e l’Istituto Scolastico per l’Istruzione Superiore “Bonaldo Stringher”),
Garantire ad adolescenti e giovani, anche attraverso lo studio, e in particolare lo studio della Costituzione, occasioni concrete per appropriarsi del ruolo di cittadini consapevoli è il principale obiettivo della proposta di formazione.
Le realtà non scolastiche che, unitamente ad associazioni di settore,  partecipano al progetto (Casa Circondariale di Udine, Casa Circondariale di Tolmezzo, Ufficio Esecuzione Penale Esterna-Udine, Comando dei Carabinieri- Udine, Questura – Ufficio Minori, Guardia di Finanza-Udine, Biblioteca comunale- Udine) offrono anche una presenza nelle scuole.
Specularmente alcuni studenti dell’ultimo anno del Liceo Percoto entrano nella casa circondariale per incontrarsi con loro ‘colleghi’ là ristretti in un’attività formativa comune che meriterà una più ampia analisi.
Ragazze e ragazzi non sono invitati a chinarsi pietosamente sul carcerato ma a conoscere una situazione, a capire il punto di vista di altri che non possono incontrare nella vita quotidiana, in sostanza è loro offerta un’opportunità straordinaria per liberarsi dal pregiudizio e per sviluppare il pensiero critico oltre il conformismo che soffoca.
Il punto di vista con cui quest’anno viene affrontato il programma ‘Il piacere della legalità?’ è individuato come ‘Etica individuale – Etica pubblica’.
Sembra un’occasione di cui il mondo di una scuola diffusa può giovarsi per la crescita della consapevolezza e della responsabilità attiva di tutti.

27 Aprile 2013Permalink