1 ottobre 2024 _ Calendario di ottobre

01 ottobre 2017 –     Muore il poeta friulano Pierluigi Cappello

02 ottobre – ……        Giornata internazionale della nonviolenza

02 ottobre 1868 –     Nascita di Gandhi

03 ottobre-                  Giornata del Migrante

03 ottobre 1935 – .    L’Italia invade l’Etiopia…… [nota 1]

03 ottobre 2024  –    anno ebraico 5785 – Rosh Hashanah

03 ottobre 1990 – ..   Riunificazione della Germania

03 ottobre 2013 – .     Strage di 366 migranti  a Lampedusa.

06 ottobre 1973 – .     Guerra del Kippur

06  ottobre 2023  –     Premio Nobel per la pace a Narges Mohammadi

07 ottobre 2001 -…   Inizio guerra USA contro l’Afghanistan

07 ottobre 2006 – … Assassinio della giornalista Anna Politkovskaja

07 ottobre 2023 –    Attacco di Hamas a Israele. Risposta militare

08 ottobre 1963 -…. Nella notte catastrofe del Vajont

09 ottobre 1967 -….  Uccisione di Ernesto ‘Che’ Guevara in Bolivia

10 ottobre – ………… .Giornata mondiale contro la pena di morte

10 ottobre 2015 – … Strage ad Ankara. Bombe su corteo pacifista

10 ottobre 2019 -.    Premio Nobel per la pace 2019: Abiy Ahmed Ali,
…………………..……….primo ministro dell’Etiopia.               [nota 2]

11 ottobre 1962 – … .Apertura del Concilio Vaticano II

11 ottobre 2011 -….. Giornata internazionale delle bambine .[nota 3]

12 0ttobre 2024 –     Yom Kippur  anno 5785

12 ottobre – ………..Columbus day – Giornata della resistenza
……………………………….indigena

13 ottobre 2022-     Inizio  XIX legislatura

14 ottobre 1964        Premio Nobel per la pace a Martin Luther King,
……………………………….assassinato il 4 aprile 1968

14 ottobre 1979 – ……Prima marcia per i diritti dei gay negli USA

15 ottobre 1582 -.. ….Entra in vigore il calendario gregoriano

16 ottobre 1943 – ……Rastrellamento nazista nel ghetto di Roma

17 ottobre 2024-        Sukkot  (festa delle capanne)

18 ottobre 1964 -…….Muore il card. Lercaro

19 ottobre 1968 – …  Muore Aldo Capitini

19 ottobre 1960 -……La Mauritania ottiene l’indipendenza dalla
……………………………..Francia

20 ottobre 2011 – ……Spagna: l’ETA depone le armi…      [nota 4]

20 0ttobre 2011 – …….Libia: uccisione di Ghedaffi

21 ottobre 1945 – ……..Francia: le donne votano per la prima volta

23 ottobre 1915 -……   A New York 30.000 donne chiedono il diritto
……………………………… di voto

24 ottobre 1945 -……. Nasce l’Organizzazione delle Nazioni Unite

24 0ttobre 2005 – ….. .Morte di Rosa Parks

25 ottobre 1936 – …… Hitler e Mussolini creano l’Asse Roma-Berlino

25 ottobre 1996 -……..Irlanda. Chiusura dell’ultima lavanderia
……………………………….Magdalene

26 ottobre 1954 – ….. .Ritorno di Trieste all’Italia…………     [nota 5]

27 ottobre 1479 – ….. Nascita di Erasmo da Rotterdam

27 ottobre 2020 – …… Diciannovesima giornata del dialogo
………………………………cristiano-islamico

28 ottobre 1922 -…….. Marcia su Roma

29 ottobre 1923 -…….. La Turchia diventa Repubblica indipendente

30 ottobre 2016 –          Nuova scossa terremoto.   Norcia: crollo della
……………………………….cattedrale di san Benedetto

31 ottobre – …………… Le chiese protestanti celebrano la festa della
……………………………..Riforma

31 ottobre 1517 -…….. Lutero affigge le sue 95 tesi sulla porta del
………………………………duomo di  Wittemberg

31 ottobre 1967 – …….Primo numero di Adista dal cui calendario
……………………………….nasce il  primo nucleo di questo calendario.

 

NOTE

[nota 1]  3 ottobre 1935 L’Italia invade l’Etiopia
Un breve promemoria in Enciclopedia-Italiana
https://ww.treccani.it/enciclopedia/guerra-italo-abissina_(Enciclopedia-Italiana)/

[nota 2] …Il premio Nobel per la Pace 2019 è stato assegnato Abiy Ahmed Ali,
primo ministro dell’Etiopia, “per i suoi sforzi nel raggiungere la pace e
la cooperazione internazionale, e in particolare per le sue iniziative decisive
per risolvere i conflitti lungo il confine con l’Eritrea”

https://www.agi.it/video/chi_il_premio_nobel_per_la_pace_2019-6342293/video/2019-10-12/

Abiy Ahmed Ali si è incontrato con Giorgia Meloni il 6 febbraio 1923

[nota 3] …Giornata internazionale delle bambine
Istituita dalle Nazioni Unite con la Risoluzione 66/170 del 19 dicembre 2011

[nota 4]
ETA: Euskadi Ta Askatasuna (in spagnolo País Vasco y Libertad, letteralmente “paese basco e libertà”)

[nota 5]  Ritorno di Trieste all’Italia. La Venezia Giulia era divisa in due zone di influenza,  al centro della prima fase della guerra fredda.
L’area fu divisa in due macro zone di influenza: la zona A controllata dagli anglo-americani e la zona B dagli jugoslavi. Dal 1947 Gorizia e Monfalcone tornarono all’Italia, mentre l’Istria divenne parte del territorio della Federazione Jugoslava. Anche la città di Trieste fu separata in due zone e posta sotto l’amministrazione anglo-americana (AMG-FTT) o Territorio libero di Trieste, e sotto l’amministrazione di Belgrado (zona B-TLT).
In seguito al Memorandum di Londra firmato il 5 ottobre 1954 fra i Governi d’Italia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia, concernente il Territorio Libero di Trieste, si stabiliva che la Zona A passava dall’amministrazione militare alleata all’amministrazione civile italiana (con alcune correzioni territoriali a favore della Jugoslavia con l’Operazione Giardinaggio) e quindi passavano all’amministrazione italiana i seguenti comuni della zona A: Duino, Aurisina, Muggia, Sgonico, Monrupino, San Dorligo

 

 

 

1 Ottobre 2024Permalink

27 settembre 2024_ Gad Lerner Il Libano oggi

Gad Lerner a La7: “Mi spaventa la posizione dell’Occidente che lascia fare a Israele il ‘lavoro sporco’ convinto di trarre benefici” – Il Fatto Quotidiano

di F. Q. | 27 Settembre 2024

La posizione dell’Occidente è quella di lasciar fare a Israele il ‘lavoro sporco’, pur nella consapevolezza che non c’è mai stata una carneficina di civili tanto grande, in tutto il secolo scorso, quanto quella di questi 11 mesi. Ma lo sta facendo anche per noi, è il ragionamento. E le operazioni militari, che in pubblico non possiamo approvare, speriamo ci convengano”. Gad Lerner, ospite di Corrado Formigli a PiazzaPulitasu La7, ha analizzato ciò che sta facendo Israele in Medio Oriente e la posizione dei principali Paesi occidentali in relazione sia alla guerra a Gaza sia alle recenti operazioni militari in Libano. “C’è chi addirittura pensa di dare il colpo all’Iran. A me tutto ciò spaventa molto” ha aggiunto Lerner, “gli israeliani rispetto a un anno fa si sentono molto meno sicuri. E l’idea che con la forza militare si risolva la situazione in Libano è un’illusione”.

La7 – 27 Settembre 2024

 

27 Settembre 2024Permalink

16 settembre 2024 _ Una poesia di Bertolt Brecht a proposito del ‘tempo insensibile

 

“A coloro che verranno” di Bertolt Brecht:.

Davvero, vivo in tempi bui!
La parola innocente è stolta. Una fronte distesa
vuol dire insensibilità. Chi ride,
la notizia atroce
non l’ha saputa ancora.

 

Quali tempi sono questi, quando
discorrere d’alberi è quasi un delitto,
perché su troppe stragi comporta silenzio!
E l’uomo che ora traversa tranquillo la via
mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici
che sono nell’affanno?

 

È vero: ancora mi guadagno da vivere.
Ma, credetemi, è appena un caso. Nulla
di quel che fo m’autorizza a sfamarmi.
Per caso mi risparmiano. (Basta che il vento giri,
e sono perduto).

 

“Mangia e bevi!”, mi dicono: “E sii contento di averne”.
Ma come posso io mangiare e bere, quando
quel che mangio, a chi ha fame lo strappo, e
manca a chi ha sete il mio bicchiere d’acqua?
Eppure mangio e bevo.

 

Vorrei anche essere un saggio.
Nei libri antichi è scritta la saggezza:
lasciar le contese del mondo e il tempo breve
senza tema trascorrere.
Spogliarsi di violenza,
render bene per male,
non soddisfare i desideri, anzi
dimenticarli, dicono, è saggezza.
Tutto questo io non posso:
davvero, vivo in tempi bui!
Nelle città venni al tempo del disordine,
quando la fame regnava.
Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte,
e mi ribellai insieme a loro.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.

Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.
Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.
Feci all’amore senza badarci
e la natura la guardai con impazienza.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.

 

Al mio tempo le strade si perdevano nella palude.
La parola mi tradiva al carnefice.
Poco era in mio potere. Ma i potenti
posavano più sicuri senza di me; o lo speravo.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.

 

Le forze erano misere. La meta
era molto remota.
La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me
quasi inattingibile.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.

 

Voi che sarete emersi dai gorghi
dove fummo travolti
pensate
quando parlate delle nostre debolezze
anche ai tempi bui
cui voi siete scampati.

Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,
attraverso le guerre di classe, disperati
quando solo ingiustizia c’era, e nessuna rivolta.

 

Eppure lo sappiamo:
anche l’odio contro la bassezza
stravolge il viso.
Anche l’ira per l’ingiustizia
fa roca la voce. Oh, noi
che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,
noi non si poté essere gentili.

 

Ma voi, quando sarà venuta l’ora
che all’uomo un aiuto sia l’uomo,
pensate a noi
con indulgenza.

 

Bertolt Brecht affermava di vivere in un “tempo insensibile”, privo di innocenza, ostile e senza rispetto verso i sentimenti.
La poesia che trascrivo venne pubblicata nel  1939 :  in Germania imperversava la dittatura di Adolf Hitler, si presagiva  la guerra e il peggio  doveva ancora arrivare

16 Settembre 2024Permalink

11 settembre 2024 – 11 settembre 1973 Ultimo discorso di Salvador Allende

Ultimo discorso di Salvador Allende

ultimo discorso di salvador allende (11 settembre 1973, radio magallanes) (youtube.com)

 

:10 A.M.

“Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi.

La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes.

Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno.

Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l’ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell’Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri.

Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò! Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente.

Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.

Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece.

In questo momento conclusivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla reazione, hanno creato il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi.

Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini.

Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che hanno continuato a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che hanno difeso anche i vantaggi di una società capitalista.

Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all’allegria e allo spirito di lotta.

Mi rivolgo all’uomo del Cile, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere. Erano d’accordo. La storia li giudicherà.

Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.

Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi.

Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.

Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!

Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento.”

Area degli allegati

Visualizza anteprima video YouTube ultimo discorso di salvador allende (11 settembre 1973, radio magallanes)

 

11 Settembre 2024Permalink

11 settembre 2024 – Un promemoria da conservare

Servizio  La polemica

Il caso degli agenti allontanati dall’ufficio di Meloni: cosa sta succedendo?

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha disposto l’allontanamento della Polizia dal suo ufficio di Palazzo Chigi? Lo chiedono a gran voce le opposizioni, annunciando interrogazioni parlamentari, dopo l’articolo de La Stampa in cui si afferma che la premier, temendo fughe di notizie, avrebbe deciso di rivedere il dispositivo di sicurezza garantito dall’Ispettorato in servizio permanente nella sede del governo

di Redazione Roma

Il caso degli agenti allontanati dall’ufficio di Meloni: cosa sta succedendo? – Il Sole 24 ORE

 

11 Settembre 2024Permalink

2024 settembre 04 La Repubblica – “E’ Bobbio il nostro Socrate” 

 Su La Repubblica  di oggi 4 settembre è comparo un articolo troppo ghiotto  perché potessi lasciarlo perdere.  Così l’ho ricopiato parola per parola , compreso l’annuncio  della pubblicazione di un libro dello stesso autore dell’articolo.

Il dubbio e il dialogo di Gustavo Zagrebelsky (Einaudi, pagg. 96, euro 13)

In un momento in cui le idee sembrano confrontarsi per il peso di chi le esprime, a prescindere dal significato culturale  di questa  espressione di solito ancorata al ruolo visibile (quale che ne sia la ragione)  di parlatori, chiacchieroni e ameni   soggetti vari leggere un testo del genere fa bene.

… Una delle caratteristiche dei discorsi e degli scritti del professor Bobbio è stata la brevitas o breviloquenza. Per esplicito riconoscimento, preferiva i saggi brevi su questioni specifiche alle teorie onnicomprensive alle quali si dedicano di solito i filosofi del diritto, della giustizia, della politica, anche se non è affatto impossibile cogliere i nessi e organizzarli in “sistema”.
… A parte i corsi universitari, la dimensione dei suoi scritti, funzionale alla limpidezza del discorso e dell’esposizione delle idee con le quali si confrontava e invitava a confrontarsi, corrispondeva al cruccio costante in lui, proprio in lui che riconosciamo maestro di precisione e comprensibilità, di mescolare temi eterogenei che avrebbero influito sulla chiarezza. Solo quando si è giunti a chiarire le idee per se stessi, si può essere brevi e non tediosi nell’esporle. Avrebbe potuto riconoscersi nel Socrate che, sfiancato dalla prolissità del suo interlocutore, un sofista (Protagora  335-36) che mena il can per l’aia sconclusionatamente – la questione era l’unità o la divisibilità della virtù: una questione, s’intende, cruciale – preferisce, come si dice, ,prendere cappello e andarsene via accompagnato dall’autoironia che gli era propria: «Iosono uno smemorato, e se uno va per le lunghe, dimentico di che si stia parlando. Come dunque, s’io fossi un po’ sordo, a voler ragionare con me crederesti necessario d’alzar la voce più che con gli altri, così anche ora, poiché ti sei imbattuto in uno smemorato, compendia le risposte e falle brevi, se vuoi ch’io ti segua». «Io ritenevo», aggiunge, «che fossero due cose distinte il discutere insieme conversando e il parlare dinanzi a un’assemblea». Davanti a una «assemblea» può essere una tecnica utile tirare «in lungo fino a che la maggior parte degli uditori si scordino del punto a cui si riferiva la dimanda» e, nella confusione, ci si possa lasciar andare a «bisticciarsi gli uni con gli altri» come fa l’«infinita […] turba degli sciocchi». «Ho capito», dice Socrate, non Bobbio ch’era una persona molto educata, «che per me non c’era più ragione di rimanere in quel convegno» e, «detto ciò, mi son levato per andarmene».
… Il pensiero dicotomico, al di là di quel che si potrebbe dire circa il suo fondamento ontologico o teologico, cioè circa l’anzidetto omnia duplicia biblico, è uno strumento importante, forse essenziale, del «pensar chiaro». Anzi, spesso, è «l’altra faccia della medaglia», quella che ci consente di vedere meglio, più chiaramente rispetto al nostro personale e più facile punto di vista. Ma, affidarsi ad esso non è cosa da farsi con superficialità. Si tratta di mettere a raffronto idee bene costruite che possano dirsi “rivelatrici” dell’essenziale del concetto.
… Ma, come sanno coloro che operano con le idee e, prima di tutti, gli ideologhi e i facitori di idee, non c’è nulla di più volatile delle idee. Possono disperdersi in molti rivoli, frivolezze e sentieri illusori. Verso le metafore, le immagini, le similitudini che possono colpire la fantasia e l’emozione ma spesso ostacolano l’intelligenza e il ragionamento, occorre essere sospettosi e usarle con parsimonia solo quando chiariscono, non quando sembrano poetiche e seduttive. Le idee rivelatrici sono quelle che colgono il punto principale, da cui logicamente dipendono tutti i discorsi che ruotano attorno a quel certo punto, senza intromissioni, oscurità, adulterazioni dettate da preconcetti teorici, dottrinali e metodologici. E sono, altresì, le idee che servono alla costruzione dicotomica di un discorso ben fondato.
… Nel campo del diritto, le idee non sono mai evidenti e chiare in sé. Non sono le idee che compongono il vasto campo delle realtà oggettive che si offrono alle intuizioni evidenti o alle speculazioni ontologiche dei metafisici. Sono costrutti concettuali di origine culturale che stanno alla confluenza di tanti apporti, storici, filosofici, esperienziali, eccetera, entro la quale occorre sapere scendere per cogliere quanto c’è di profondo ed essenziale e quanto di superficiale e accessorio.
… Ma questa ricerca non ha a che vedere con la ricerca della verità. Ha a che vedere con l’intelligenza fedele delle posizioni che si confrontano dicotomicamente, vere o false che siano rispetto a criteri di verità esterni alle posizioni ideali che sono in gioco.
… In breve, ciò che importa a prima vista non è che cosa è il diritto o la politica, ma che idee ne hanno coloro che si confrontano o si scontrano dicotomicamente.  Non si tratta di scoprire chissà cosa, né di ricevere illuminazioni di sorta, né di farsi ragionamenti chiari e sicuri” per penetrare nella verità profonda delle “cose che sono”. Si tratta di comprendere le “cose pensate” per poterle mettere a confronto veritieramente, rispettosamente e onestamente.
… Insomma, la metodologia di Bobbio non è il metodo di Cartesio anche se l’espressione «ragionamenti chiari e sicuri» del secondo sarebbe probabilmente piaciuta assai al primo, ma non nel senso della via per tentare «e avanzare per quanto possibile nella conoscenza della verità, seguendo il metodo che mi ero prescritto».
… Al contrario, il metodo dicotomico presuppone che, per sua natura, la conoscenza «per quanto possibile» si svolga muovendo strutturalmente entro un binario a due rotaie. Colui al quale ci rivolgiamo come il massimo estimatore della chiarezza, nemico bensì delle «illuminazioni» e amico dei «ragionamenti chiari e sicuri», era convinto dell’esistenza della Verità e della sua capacità di raggiungerla, fino al punto di credere, nel suo intellettualismo estremo, di poter arrivare dimostrativamente all’esistenza di Dio, non un dio interiore, ma un dio della ragione per così dire meccanica, né stoico né neoplatonico, che lavora nel mondo  naturalisticamente tramite evidenze, deduzioni, induzioni, inferenze, eccetera, accessibili all’intelletto umano.

4 Settembre 2024Permalink

1 settembre 2024 _ Calendario di settembre

.1 settembre 1939 -……     La Germania invade la Polonia
……..…………………… ….…… . E’ l’inizio della seconda guerra mondiale
.1 – 3 settembre 2004 –.   Strage di Beslan (Ossezia del .Nord)..………..[NOTA 1].
.2 settembre 1944 –  …….   Anna Frank e la sua famiglia vengono .caricati
………………………………………… sul treno per Auschwitz
.2 settembre 1945 – ………Ho Chi Minh dichiara l’indipendenza del ..Vietnam
…………………………………………. dalla Francia
.3 settembre 1982 – ………Assassinio del gen. Della Chiesa, della  moglie Emanuela
………………………………………….e dell’agente di scorta  .Domenico Russo.
.4 settembre 1965 – ……..Morte di Albert Schweitzer medico, .filosofo, musicista,
……………………………………teologo  e premio Nobel ..per la pace nel 1953.
.5 settembre 1938 –……… Regio Decreto Legge 5 settembre 1938- ..n. 1390,
………………………………… …….Provvedimenti per la difesa della ..razza nella scuola
……………………………….……….fascista . Convertito in legge  99/1939.            [NOTA 2]
.5 settembre 1972 – ………Germania –irruzione di Settembre Nero nel
…………………………………….villaggio olimpico
.5 settembre 2010 – ………Assassinio di Angelo Vassallo, sindaco di .Pollica,
……………………………………….. il ‘sindaco  pescatore’
.7 settembre 1986 – ………Desmond Tutu – primo vescovo nero a  .guidare la chiesa
…………………………………….. ..anglicana in Sudafrica. Muoore il 26 dicembre 2021
.8 settembre 1943 – ………Armistizio dell’Italia con Inghilterra e .Stati Uniti
.8 settembre 2013 –……..  Liberazione dell’inviato de La Stampa  .Domenico Quirico,
……………………………………… ..sequestrato in Siria
.9 settembre 1943 –……… In Italia Nasce il Comitato di Liberazione .Nazionale (CLN)
.9 settembre 1976 – ………Morte di Mao Tse Tung
.9 settembre 2020 – ……  ..Amos Luzzatto muore a Venezia
.9 settembre 2022-        .    Morte della regina Elsabetta II
10 settembre 2024- ……….La senatrice Liliana Segre compie 94 anni   [NOTA 3..]
11 settembre 1973 – ……..Colpo di stato in Cile _  suicidio pel presidente Allende e suo ultimo discoso
11 settembre 2001 – ………New York – attentato alle Torri Gemelle
12 settembre 1977 – ………Muore nelle carceri sudafricane Stive Biko
…………………………………………… .(attivista anti-apartheid)
13 settembre 1321 – …….. Dante  Alighieri Muore a Ravenna
15 settembre 1970 – …….. Scomparsa di Mauro De Mauro –
15 settembre 1993 – ………Assassinio di don Pugliesi
16 settembre 1976  -………..Argentina _ Notte delle matite spezzate
16 settembre 1982 – …….. Libano – massacro di Sabra e Shatila
16 settembre 2016 -………. Morte di Carlo Azeglio Ciampi
16 settembre 2022-             Morte di Mashi Amin             .[NOTA 4]
17 settembre 1978 – …….. .Accordi di pace di Camp David fra Egitto …e Israele
17 settembre 2024  -………..Il Mossad attacca Hezbollah in libano e in Siria con i cercapersone
18 settembre 1938 – ……… Discorso Mussolini a Trieste rivendicazione razzismo italiano
18 settembre 1961 – ……….Muore Dag Hammarskjöld in probabile attentato     .[NOTA 5]
19 settembre 1943 – ……… Strage nazista a Boves (Cuneo)
19 settembre  2020 -……… Morte di Rossanna Rossanda
20 settembre 1870 – ……. .Breccia di Porta Pia
21 settembre – ……………….Giornata mondiale della pace
21 settembre 1990 – ……   Assassinio del giudice Rosario Angelo ..Livatino
22 settembre 1980 –…….… L’Iraq invade l’Iran
23 settembre 1939 –…….… Morte di Sigmund Freud
23 settembre 1973 – ……..Morte di Pablo Neruda
24 settembre 1961 – ……  Prima marcia della pace Perugia Assisi, 2
………………………………………..promossa da Aldo Capitini
25 settembre 2019 _         Sentenza della consulta sul suicidio assistito
25 settembre 2023_          Morte in carcere di Matteo Messina Denaro
26 settembre 1988 – ……..Assassinio di Mauro  Rostagno                            [NOTA 6]
27 settembre 1970 -……… Santa Teresa d’Avila ,  dottore  della ..Chiesa   [NOTA 7]
27 settembre 1996 –………Afghanistan: i talebani occupano Kabul
27 settembre 2015 – ……  Morte di Pietro Ingrao
28 settembre 1978 – ……  Morte di papa Giovanni Paolo I, Albino Luciani
28 settembre 2016 – …….. Morte di Simon Peres
29 settembre 1944 – ……..Strage nazista a Marzabotto
29 settembre 1944…………Assassinio Virginia Tonelli alla Risiera (TS)
29 settembre 2023             Inizio della  festa delle capanne _ Sukkot
30 settembre 2015 – ……. .All’ONU viene issata la bandiera …palestinese  [NOTA 8]

[NOTA 1]
3 settembre: La strage di Beslan è il massacro avvenuto fra il 1° e il 3 settembre 2004 nella scuola Numero 1 di Beslan, nell’Ossezia del Nord, una repubblica autonoma della federazione russa nella regione del Caucaso, dove un gruppo di 32 ribelli fondamentalisti islamici e separatisti ceceni occupò l’edificio scolastico sequestrando circa 1200 persone fra adulti e bambini. Tre giorni dopo, quando le forze speciali russe fecero irruzione, fu l’inizio di un massacro che causò la morte di più di trecento persone, fra le quali 186 bambini, ed oltre 700 feriti.

[NOTA 2]  Le leggi razziali fasciste furono un insieme di  provvedimenti legislativi e amministrativi emanati e applicati in Italia fra il 1938 e il primo lustro degli anni quaranta, dapprima dal regime fascista del Regno d’Italia e poi dalla Repubblica Sociale Italiana, rivolti prevalentemente contro le persone ebree.
Il loro contenuto fu annunciato per la prima volta il 18 settembre 1938, a Trieste dal dittatore Benito Mussolini, mentre rivolgeva un discorso a una folla raccolta sotto un palco allestito davanti al Palazzo del Municipio in Piazza Unità d’Italia, in occasione di una sua visita alla città.
Furono abrogate coi regi decreti-legge n. 25 e 26 del 20 gennaio 1944,  emanati durante il Regno del Sud, mentre nella Repubblica Sociale Italiana continuarono a essere in vigore fino alla Liberazione, nell’aprile 1945.

[NOTA 3]  Liliana Segre
Nata  a Milano il 10 settembre 1930. .Nominata senatrice a vita   dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella 1l 19 gennaio2018 , 80mo anniversario della leggi razziali fasciste
Dal  15 aprile 2021  è presidente te della Commissione  Straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza , razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.

.[NOTA 4]
la sintesi più accessibile che per ora ho trovato:
On 16 September 2022, a 22-year-old Iranian woman named Mahsa Amini , also known as Jina Amini or Zhina Amini  was arrested by morality police and died in hospital in Tehran, Iran, under suspicious circumstances, due to police brutality according to witnesses.

[NOTA 5]
Dag Hjalmar Agne Carl Hammarskjö  (Jönköping, 29 luglio 1905 – Ndola, 18 settembre 1961)
E’ stato un diplomatico, economista, scrittore e pubblico funzionario svedese. Fu presidente della Banca di Svezia, ma divenne noto internazionalmente quale segretario generale delle Nazioni Unite, carica ricoperta per due mandati consecutivi, dal 1953 fino alla sua morte nel 1961, occorsa a causa di un incidente aereo avvenuto in Africa meridionale durante una missione di pace.

[NOTA 6]  https://www.treccani.it/enciclopedia/mauro-rostagno_(Dizionario-Biografico)/

[NOTA 7]
Teresa di Gesù, o d’Avila, al secolo Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumada (Avila, 28 marzo 1515 – Alba de Tormes, 15 ottobre 1582), è stata una religiosa e mistica spagnola. Entrata nel Carmelo di Avila a vent’anni, fuggita di casa, dopo un travagliato percorso interiore che la condusse a quella che definì in seguito la sua “conversione” (a trentanove anni), divenne una delle figure più importanti della Riforma cattolica grazie alla sua attività di scrittrice e fondatrice delle monache e dei frati Carmelitani Scalzi, e grazie alla fondazione di monasteri in diversi luoghi di Spagna, e anche oltre (prima della sua morte venne fondato un monastero di Scalzi a Lisbona).
E’ stata proclamata dottore della chiesa da Paolo VI

[NOTA 8]
(ANSA) – NEW YORK, 30 SET – “E’ una giornata di orgoglio per i palestinesi di tutto il mondo”: così il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, alla cerimonia per l’alzabandiera della Palestina al Palazzo di Vetro. Ban ha poi precisato: “Dobbiamo realizzare le aspirazioni che questa bandiera rappresenta, ossia Israele e Palestina che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza”.

1 Settembre 2024Permalink

25 agosto 2024 Predicazione di apertura del Sinodo della pastora Sophie Langeneck

Quando fu vicino alla città, alla discesa del monte degli Ulivi, tutta la folla dei discepoli, con gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutte le opere potenti che avevano viste, dicendo: «Benedetto il Re che viene nel nome del Signore; pace in cielo e gloria nei luoghi altissimi!»

Alcuni farisei, tra la folla, gli dissero: «Maestro, sgrida i tuoi discepoli!» Ma egli rispose: «Vi dico che se costoro tacciono, le pietre grideranno».

(Luca 19: 37-40)

Care sorelle e cari fratelli,

quante volte ci è stato detto di stare zitti, che fosse meglio tacere, che non c’erano parole adeguate, anzi…ogni parola era inopportuna, fastidiosa, stucchevole, di troppo, perché la nostra parola può essere scomoda, creare dissenso, seminare dubbio ed essere divisiva.

Ecco, questo deve essere ciò che hanno pensato i farisei, quando hanno chiesto a Gesù di sgridare e far tacere i suoi discepoli.

Ma Gesù risponde loro con una frase che è la pietra miliare di ogni confessione di fede, e può diventare un motore per la nostra testimonianza: “se anche questi tacciono, le pietre grideranno!”. Quando anche i discepoli non potessero parlare di Gesù, non testimoniassero del Regno dei cieli, lo farebbero le pietre del selciato dell’ingresso di Gerusalemme.

Per i farisei sentire acclamare Gesù come re, assistere alla folla che lo loda con canti di festa, lui che è re di un regno senza confini, fa proprio rabbia.

Alla rabbia dei farisei Gesù risponde con una frase quasi incendiaria, con una provocazione: “se anche questi tacciono, le pietre grideranno!”.

Questa frase però è anche una dimostrazione del potere nuovo e diverso di Gesù rispetto all’autorità che zittisce e condanna al silenzio. Gesù invita a prendere la parola, non per piacere agli altri o per mettersi in mostra ma per dare un messaggio rivoluzionario, pericoloso, scandaloso in ogni tempo: Gesù è il re di un regno inimmaginabile, un regno dove non c’è sopraffazione, dove non c’è chi controlla e chi è controllato, chi abusa e chi è abusato, chi combatte e chi si difende, chi si vendica e chi è vendicato.

La provocazione resta tale anche per i lettori del Vangelo di ogni tempo, è un balsamo per tutti coloro che si sentono dei credenti imperfetti e impacciati: a prescindere dall’efficacia della loro testimonianza i fatti diranno che Gesù è il re della storia.

È una sfida per ogni credente, quella di cogliere i segni della salvezza ed esprimere anche il giudizio di Dio sulla storia umana con la propria voce che è più udibile di quella di una pietra. Ma spesso rimaniamo assordati nel silenzio dei nostri pensieri e diventiamo complici del “non voler disturbare”, ci nascondiamo dietro il tanto altro che abbiamo da fare.

Eppure dobbiamo ripartire dalla vocazione che abbiamo ricevuto, non solo chi tra noi è pastore, teologo, predicatrice, ma tutti e tutte noi credenti siamo chiamati ad annunciare l’Evangelo, anche quando questo compito si fa irriverente, scomodo!

Le pietre del selciato di Gerusalemme, vicino al monte degli ulivi, avrebbero gridato tutta la regalità di Gesù di Nazareth, il figlio di Dio venuto dalla Galilea, avrebbero acclamato il messia della periferia.

Il fatto che Gesù sia re di un regno senza confini e senza corona rivela tutta la fragilità e la disumanità dei regni di cui è stata costellata la storia, regni che spesso hanno usato proprio Gesù e Dio per legittimare il loro potere. Gesù è re dei giudei ma non in alternativa all’impero romano; è re del Regno di Dio, suo Padre, un regno i cui sudditi sono chiamati ad annunciare, a collaborare e costruire, in cui non c’è un potere oppressivo e un confine territoriale, neppure temporale, ma si vive l’utopia dell’amore di Dio per ognuno e ciascuna.

Se Gesù è re, allora nessun regno di questo mondo è veramente legittimo, vorrei dire: nessun potere di questo mondo ha autorità.

La teologia luterana ortodossa certo non sarebbe d’accordo con questa mia affermazione, ma ritengo vero per noi oggi che nessun potere può sentirsi tutelato dal Deus vult, Dio lo vuole.

Nessun potere al mondo può credersi assoluto ma deve permettere alla “voce che disturba”, al dissenso, di elevarsi.

La voce che afferma che Gesù è il Re esprime la relatività di ogni potere umano esistente. Questa parola diventa scomoda e urticante per ogni potere e per ogni autorità: la regalità di Gesù si esercita nella potenza che si dimostra nella debolezza (2 Cor 12). La regalità di Gesù rimane così “spina nella carne” di ogni potere umano.

Possiamo dire che Dio è re per regnare in un regno che sfida e surclassa ogni potere umano perché è un regno di pace, di giustizia e di amore, un regno il cui re non ha scettro né corona, non ha cioè il potere esercitato con controllo e oppressione.

Un regno che non ha tempo perché è in ogni tempo, in ogni pagina della storia.

Nel Medioevo il teologo hussita Nicola da Dresda usa l’immagine forte delle pietre che gridano la testimonianza che mancava in quel tempo della storia, per difendere la parola pubblica e la predicazione delle donne in un tempo in cui, a qualche centinaio di chilometri, le donne che osavano un ruolo pubblico nella società erano accusate di stregoneria e qualche volta condannate al rogo.

Una pagina della storia del cristianesimo e del movimento valdese su cui spesso sorvoliamo; eppure il nesso tra le donne e le pietre è un nesso che nella storia valdese della testimonianza ritorna prepotente così come nel dibattito sinodale sul ministero pastorale e l’accesso alla Facoltà delle donne negli anni ’50: se l’Evangelo può essere annunciato da elementi inerti, tanto più lo possono fare le donne, se preparate.

Altri credenti hanno sentito le pietre gridare ancora novanta anni fa mentre i cristiano-tedeschi si piegavano al culto della persona del Führer; poco dopo anche in Casa valdese si discuteva la posizione della chiesa durante il fascismo. È stato necessario ritornare a Gesù Cristo, per la chiesa confessante, per la teologia della chiesa valdese.

E oggi che cosa grideranno le pietre?

Potremmo dire banalmente che gridano contro ogni guerra e ogni sopraffazione.

Eppure credo che ancora oggi grideranno di Gesù Cristo, il fondamento della nostra esistenza come chiesa e come comunità di credenti: se guardassimo a Gesù Cristo non ci pronunceremmo solo contro la guerra ma ci impegneremmo per costruire pace a partire dal nostro contesto prossimo, di relazioni personali e comunitarie.

Le pietre grideranno l’ingiustizia ma noi discepoli e discepole potremmo certamente metterci all’opera per una società che impari nuovamente a confrontarsi e discutere in un pluralismo di idee e opinioni, per una chiesa che non tema la secolarizzazione o l’estinzione.

A noi, care sorelle e cari fratelli,

questa promessa di un’evangelizzazione dal basso del selciato giunga come un antidoto allo scoraggiamento dei nostri piccoli numeri, della stabile decrescita.

Sia piuttosto un incoraggiamento a continuare a tessere rete e costruire legami per moltiplicare l’amore di Dio.

L’Evangelo di Gesù Cristo viene proclamato ogni volta che una squadra di Breakfast Time, un gruppo di volontari di ogni comunità distribuiscele colazioni ai senza tetto, ogni volta che come comunità locali cerchiamo di superare l’ingiusto svantaggio economico di chi è sempre più povero; ogni volta che ci impegniamo per la legalità non solo a parole; ogni volta che apriamo attività nuove per dire chi è il Dio di Gesù Cristo a persone che forse in chiesa e ad uno studio biblico non verrebbero mai.

E se persino le pietre, che sono gli esseri più immobili e inerti che possiamo immaginare, potranno testimoniare di Gesù, allora noi che potremmo mai dire di più?

Certamente potremo confessare il nostro peccato: l’ingiustizia, il conflitto, l’odio che abbiamo visto e taciuto, che abbiamo persino disseminato nel mondo, che non siamo riusciti ad arginare e allora sì che avremo parlato del regno di Dio, che Gesù Cristo ci ha annunciato.

La buona notizia che questa parola di Gesù ci offre è ancora una volta tutta la sua radicalità, e tutta la sua scomodità; eppure senza questa fatica, vana è la nostra fede.

Perché abbiamo avuto tutti e tutte almeno una volta la tentazione di ergerci noi personalmente a sovrani e governanti del nostro mondo anche solo per un minuto e invece è venuto il tempo di riconoscere il nostro peccato e annunciare al mondo una cosa che questi 850 anni di storia della chiesa valdese ci hanno mostrato in maniera chiara: la parola pubblica della chiesa si distingue dal brusio delle epoche storiche perché annuncia Gesù Cristo, un re senza corona con un potere diverso da quello del mondo.

Questa verità non diventerà mai relativa, e non verrà mai meno.

Amen.

26 Agosto 2024Permalink

26 agosto 2024 _ Per integrare pagina facebook

Aggiungo una posizione di chiese protestanti che non  riesco a trasferire su facebook nella pagina che ho ripreso dal sito del prof  Ferrario

 

Il ruolo delle Chiese nel dibattito sul conflitto israelo-palestinese    20 Giugno 2024

di Fulvio Ferrario. Professore di Teologia dogmatica presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma.

Nel fuoco del pluridecennale dibattito sul conflitto israelo-palestinese sono coinvolte anche le Chiese cristiane. In questo articolo si formulano degli “appunti” su quali caratteristiche (non) dovrebbe avere una “postura ecclesiale”.

Nel fuoco dell’attuale (in realtà, pluridecennale) dibattito sul conflitto israelo-palestinese, vorrei formulare alcuni appunti sul compito della Chiesa e della teologia. Si tratta, come sempre, dell’intreccio tra un determinato parlare, un determinato tacere e un determinato agire, che non sono giustapposti, né gerarchizzati per importanza, bensì intrecciati in quella che potremmo chiamare una postura ecclesiale. Anche in questo caso, è più semplice partire dalle caratteristiche che tale postura non dovrebbe possedere.

Una postura ecclesiale dovrebbe evitare di riflettere, semplicemente, le opinioni politiche di una parte della chiesa: al contrario, essa dovrebbe presupporre l’esistenza di sensibilità profondamente diverse. Nella fattispecie, il fatto che una parte della Chiesa viene da una tradizione di solidarietà politica profonda con le istanze palestinesi e, almeno in parte, anche con le loro espressioni istituzionali, come l’Autorità nazionale palestinese, fin dai tempi di Arafat; un’altra parte dell’opinione pubblica ecclesiale ha coltivato per anni un rapporto politico e ideale con la visione sottesa allo Stato di Israele e alla sua lotta per la difesa della propria esistenza e indipendenza. Ciascuna delle due parti tiene o dovrebbe tener conto del punto di vista dell’altra. La tensione, però, è troppo consistente per poter essere superata mediante il ben noto schema: «pur prendendo atto di questo o quello, ripetiamo quanto pensavamo già prima». Troppo spesso la proposizione concessiva è utilizzata non per riconoscere le ragioni dell’altra parte, bensì per immunizzarsene preventivamente.

Una postura ecclesiale dovrebbe evitare, almeno in linea generale, di fondarsi su analisi geopolitiche: esse sono in genere opinabili e in ogni caso la comunità cristiana non sempre dispone delle competenze richieste per svilupparle.

Una postura ecclesiale dovrebbe evitare la pulsione a «dire comunque qualcosa»: è essenziale chiarire con precisione a chi ci si rivolge e perché, il che comprende valutare la praticabilità dell’obiettivo. Le Chiese, nella società attuale, sono troppo deboli per permettersi discorsi inefficaci: se parlano o agiscono, devono avere un obiettivo preciso e verificabile.

Una postura ecclesiale dovrebbe evitare un utilizzo superficiale di citazioni bibliche e di parole d’ordine che vorrebbero essere teologiche: la citazione appiccicata a un’argomentazione precostituita costituisce un abuso della Scrittura da parte di chi dovrebbe fondare su di essa il proprio annuncio. So per amara esperienza personale quanto sia difficile rimanere fedeli a questo proposito, ma la sua importanza giustifica ampiamente lo sforzo. Quando la Chiesa di Gesù cita la Scrittura, dev’essere consapevole di richiamarsi in tal modo alla parola di Dio stesso, assumendosi la responsabilità che ciò comporta.

Una postura ecclesiale è tendenzialmente scettica nei confronti di parole o azioni “a buon mercato”, che cioè soddisfano una umanissima esigenza di esprimersi, ma dimenticano che una parola che non giudica e converte anzitutto noi stessi/e, imponendoci scelte precise, è, come minimo, esposta al rischio di risultare futile. Chi parla in nome di Gesù Cristo non può permettersi la futilità.

Dopo aver evidenziato alcune almeno delle tentazioni più pericolose, proviamo a riflettere in termini positivi.

Una postura ecclesiale si fonda su un atteggiamento di ascolto della Scrittura e di preghiera. In esso, la comunità impara che il Signore non fornisce risposte prefabbricate né conferme delle nostre convinzioni, bensì ci pone di fronte a responsabilità spesso limitate (se un accordo di pace non sarà raggiunto domani, non sarà colpa nostra), ma precise. Ascolto biblico e preghiera impongono anche la sospensione almeno temporanea di reazioni istintive: ogni parlare e ogni agire trovano nel silenzio qualificato un terreno di sviluppo.

Una postura ecclesiale si pone in ascolto delle sorelle e dei fratelli cristiane/i direttamente coinvolti nella tragedia; non necessariamente per ripetere ciò che esse/i dicono, ma perché sa di non poter parlare senza di loro.

Una postura ecclesiale si pone in ascolto delle sorelle e dei fratelli ebrei e musulmani e delle loro espressioni istituzionali anche in Italia, nella fedeltà a un dialogo ormai consolidato. Anche in questo caso, non si tratta necessariamente di fare proprie le posizioni altrui, bensì di sapere che il dialogo passa anche per un ascolto che può essere estremamente difficile.

Una postura ecclesiale sa che l’idea, effettivamente feconda, di equivicinanza non costituisce una nuova parola d’ordine da sbandierare all’occorrenza, bensì un atteggiamento spirituale da costruire giorno per giorno, il che comporta la costante e dolorosa messa in questione di punti di vista che ci sono cari.

Una postura ecclesiale include sempre l’azione solidale nei confronti delle vittime: essa detiene la semplicità dell’obbedienza resa a Gesù, non richiede analisi particolari, non può pretendere di offrire soluzioni, impone l’impegno di risorse umane e finanziarie, è consapevole della propria precarietà, ma anche della propria efficacia.

Una postura ecclesiale non esclude affatto la denuncia, anzi, molto spesso la richiede. Poiché il soggetto che parla è la chiesa cristiana, anche la denuncia sarà nel nome del Dio di Gesù Cristo e non di qualche tesi politica. In questo caso deve risultare chiaro, anzitutto, perché e in che senso il Nome di Dio è invocato in tale contesto. In secondo luogo, dev’essere chiaro chi è oggetto della denuncia: non può trattarsi, semplicemente, di «chi lavora per la guerra», già solo per il fatto che tutti i peggiori guerrafondai hanno sempre sostenuto di essere per la pace e spesso hanno fondato movimenti o «conferenze» orientati alla loro idea di pace.. Terzo: dalla denuncia devono scaturire conseguenze, che coinvolgono chi parla, chi ascolta, chi è oggetto della denuncia stessa.

Un’ultima parola sulla vocazione profetica della chiesa. Certamente Gesù è stato anche un profeta e, anzi, secondo la classica teologia protestante, ha svolto questo servizio in modo eminente (insieme a quelli di re e di sacerdote); esso, dunque, coinvolge anche la chiesa. Quest’ultima deve però essere prudente nei confronti di una certa libido prophetandi che ogni tanto sembra possederla. I profeti e le profetesse, di solito, sono tali malgrado la loro volontà, a motivo di un’investitura irresistibile e costosa da parte di Dio. Il desiderio di «profetare» non è di per sé illegittimo, ma la prudenza consiglia di assumere, come primo e fondamentale obiettivo, quello di dire cose non inopportune e possibilmente sagge. Se a poi Dio piacerà effondere il suo Spirito di profezia, la sua Chiesa risponderà con un «Amen».

Ph. chiesa presbiteriana © K. Mitch Hodge via Unsplash 

Fulvio Ferrario    Professore di Teologia dogmatica presso la Facoltà valdese
di Teologia di Roma.

26 Agosto 2024Permalink

24 agosto 2024 – Un soldato di Israele obiettore di coscienza dopo la sua esperienza nella striscia di Gaza

Leggo con emozione un articolo della bravissima Francesca Mannocchi  e apprezzo molto la cortesia de La Stampa di consentirmene la lettura anche se non sono abbonata
Lo conservo nella mia memoria storica , il mio blog,  e ne segnalo la lettura a chi possa e voglia procurarsi il quotidiano.

La Stampa  24  agost0 2024  pag 14-15

 

Yuval Green, da riservista a obiettore di coscienza: “Mi hanno detto di bruciare le case dei civili palestinesi. Questa guerra è una follia”

 

Francesca  Mannocchi

KADIMA (ISRAELE). «Sono stato cinquanta giorni a Gaza, da soldato, ti guardi a destra, a sinistra e vedi solo distruzione, tutto è in rovina, non ci sono strade, tanti ospedali e università sono stati distrutti. Non ci sono parole per spiegare la quantità di danni e questo non si può giustificare. Credo che il motivo per cui sto rilasciando interviste ora, il motivo per cui sto parlando pubblicamente sia che voglio chiedere alle persone di aiutarmi a spingere a firmare un accordo di cessate il fuoco, per poter porre fine a tutta questa morte intorno a noi».

Un buon soldato

Da ragazzo Yuval Green non aveva dubbi. Sarebbe stato un buon soldato, avrebbe eseguito i suoi doveri perché è così che ogni ragazzo e ogni ragazza israeliano cresce: imparando che una delle parti più importanti della vita sarà far parte dell’esercito. Suo padre era un paracadutista, è stato un ufficiale per molto tempo, e Yuval, come tutti, ha ascoltato i racconti sull’esercito fin da quando era bambino. Per questo, col tempo, non ha solo desiderato di essere un soldato combattente, ma di far parte di una delle unità speciali. Prima è finito in Marina e poi, come suo padre, nei paracadutisti. È poi diventato il paramedico della sua  unità.Oa Rafah si scava tra le macerie dopo il raid israeliano
L’obiezione di coscienza

Alla fine di giugno, dopo cinquanta giorni dentro Gaza, Yuval Green ha deciso di lasciare l’esercito. Pochi giorni, insieme ad altri 40 riservisti, ha firmato una lettera aperta per dichiarare che non avrebbe più continuato a prestare servizio nelle operazioni a Rafah, nella parte meridionale della Striscia di Gaza: «I sei mesi in cui abbiamo preso parte allo sforzo bellico ci hanno dimostrato che l’azione militare da sola non riporterà a casa gli ostaggi – si legge nella lettera -. L’invasione di Rafah, oltre a mettere in pericolo le nostre vite e quelle degli innocenti a Rafah, non riporterà indietro vivi gli ostaggi. Pertanto, dopo la decisione di entrare a Rafah piuttosto che concludere un accordo sugli ostaggi, noi, riservisti uomini e donne, dichiariamo che la nostra coscienza non ci consente di dare una mano a perdere la vita degli ostaggi e a boicottare un altro accordo».

La lettera

firmatari sanno che la loro posizione è un’eccezione nell’esercito. Impopolare prima del 7 ottobre, irricevibile oggi per gran parte della società israeliana.
Lo sa anche Yuval Green che, se chiamato di nuovo, non ha intenzione di presentarsi di nuovo per il servizio di riserva. Yuval, che non si cura delle sanzioni a cui potrebbe andare incontro, perché, dice, non rischia la vita, ma lo status sociale e «come mi sono sacrificato per il servizio militare, così ora mi sacrificherò per la mia coscienza».
Yuval ha incontrato La Stampa nella casa dei suoi genitori a Kadima, una cittadina fondata negli Anni Trenta da coloni emigrati dalla Germania. In casa le sorelle, sua madre e molti libri, a riempire gli scaffali testi sulle tradizioni palestinesi, sulla storia e i costumi della Palestina.

«Sono entrato nell’esercito credendo che fosse la cosa giusta da fare. Solo dopo aver terminato il servizio militare regolare ho cominciato a mettere in discussione tutto, a chiedermi se essere parte dello stato di occupazione fosse davvero giusto». Ha cominciato a pensarci a Hebron, in arabo al-Khalil. È lì che ha cominciato a capire che servire l’esercito fosse per lui completamente sbagliato. È lì che ha guardato l’occupazione negli occhi. «Hebron è una città occupata, è completamente palestinese, a eccezione di alcuni quartieri israeliani che stanno cancellando la vita delle persone intorno. È ancora più chiaro che in altri posti della Cisgiordania perché vedi ogni giorno come la segregazione e i coloni influenzino le vite dei palestinesi. E non puoi ignorarlo». Lui, almeno, non ha potuto. Pensa di essere stato più gentile degli altri, con i palestinesi che incontrava, ma «ero comunque parte del sistema che stava sottraendo la loro terra». I suoi dubbi non facevano che crescere, così alla fine di settembre Yuval Green ha deciso di scrivere una lettera per i suoi amici nell’unità. Voleva inviarla l’8 ottobre, il giorno dopo la fine della festa di Simhat Torah. Poi il 7 ottobre ha cambiato tutto, ha rimesso i suoi dubbi nel cassetto e Yuval si è messo a disposizione dell’esercito. Ha pensato che fosse necessario essere presente, che fosse suo dovere. È stato richiamato, è andato in uno dei magazzini militari, si è equipaggiato e si è unito di nuovo alla sua unità. Si è addestrato per un paio di mesi e poi, alla fine di novembre, è entrato a Gaza.

La linea rossa

Quando è iniziata l’offensiva militare, Yuval Green pensava che l’equazione fosse semplice: vanno liberati gli ostaggi e quindi tutto sarà molto breve. Poi ha capito di aver calcolato male tutto. Tempi e intenzioni del governo. La linea rossa è arrivata durante la sua missione a Khan Younis, quando il suo comandante ha chiesto ai soldati di incendiare una abitazione civile. Green ha chiesto il motivo di quell’ordine ma la risposta non è stata sufficiente: «Tutto ruota attorno a come le cose appaiono dal punto di vista israeliano. Israele cerca sempre di spiegare le proprie azioni dicendo che tutto ciò che fa a Gaza è per uno scopo militare». Green non capiva la ragione operativa, strategica di quell’ordine. Ha chiesto se ci fossero prove che appartenesse ad Hamas, il comandante ha risposto che bisognava essere sicuri che non ci fosse attrezzatura militare, Yuval ha risposto che quello non era un motivo ragionevole per bruciare una casa «fondamentalmente, quello che il comandante mi ha detto era che stavamo bruciando ogni casa o distruggendo ogni casa. Io ho detto “questo è folle”, andiamo in così tante abitazioni, come possiamo distruggere le case di così tante persone?». Ha capito, in quel momento, che per il suo comandante fosse «scontato» dare alle fiamme quell’edificio, «penso che questo sia un esempio di come Israele giustifichi le sue azioni con motivazioni militari. Molte volte queste motivazioni sono corrette, stanno cercando di raggiungere degli obiettivi, ma molte volte non è dato sapere se queste motivazioni sono realmente di carattere militare o se sono animate da vendetta o motivazioni brutalmente ideologiche».
Quando ha parlato col suo comandante, Yuval Green, ha pensato che le motivazioni che gli dava avessero più a che fare con la vendetta che con la strategia militare. A rafforzare la sua scelta anche la condotta dei soldati. Vedeva persone intorno a sé lasciare graffiti, insulti, sulle macerie delle abitazioni dei gazawi, infliggere danni inutili a cose e case, portare via i “souvenir dalle case arabe”. Era per lui tutto inaccettabile, si opponeva continuamente. Nessuno della sua unità, dunque, è rimasto sorpreso quando Yuval andato via. Come lui non è rimasto sorpreso nel vedere cosa stesse accadendo alla società israeliana dopo il 7 ottobre, perché erano sentimenti che covavano da tanto tempo. Tutti i suoi amici reagivano in modo orribile, demonizzando i palestinesi, sostenendo che la modalità dell’offensiva fosse la sola possibile perché non esistono innocenti a Gaza. Che la soluzione fosse, in sintesi, ucciderli tutti. Cose che non aveva mai sentito prima, non così, pubblicamente e senza pudore, opinioni che, un tempo molto estreme, sono diventate improvvisamente comuni, normali. Era sconvolto ma non stupito perché molte persone pensavano anche prima del 7 ottobre che i palestinesi dovessero essere espulsi da Gaza. Solo che ora hanno cominciato a dirlo pubblicamente: «Quando le persone dicono che non ci sono innocenti a Gaza, penso sia corretto dire che non esistono innocenti in tutto il conflitto. Se vai in una casa israeliana e apri un armadio trovi un’uniforme dell’Idf, l’esercito israeliano cerca di proteggere il Paese dagli attacchi ma allo stesso tempo siamo parte del sistema che sta cercando di occupare la Palestina. Siamo tutti coinvolti e non possiamo continuare con la disumanizzazione delle persone di Gaza. Hanno il diritto di vivere esattamente come noi. E chiunque cerchi di minare sotto questo diritto sta facendo male a sé stesso e alle persone che stanno cercando di trovare pace in questo conflitto. È tutto molto chiaro: se non usciamo da Gaza moriranno molte altre persone. E questo crea semplicemente le prossime generazioni che saranno furiose con Israele. Non stiamo facendo bene a noi stessi e non stiamo facendo bene ai palestinesi».

 

 

24 Agosto 2024Permalink