La Repubblica 5 febbraio 2025
Dialogando sulle ali della libertà di Michele Ciliberto
Torna il dibattito tra Bobbio e Togliatti sulla parola chiave dell’etica. Da rileggere in quest’epoca di post democrazia
La discussione che ha inizio negli ultimi mesi del 1954 fra Norberto Bobbio e Palmiro Togliatti è un documento per molti aspetti unico, e colpisce il fatto che non sia stata più ripubblicata nella sua interezza. Si affrontano – e questo è il primo motivo di interesse – due personalità d’eccezione: un grande intellettuale e un importante leader politico, destinati entrambi a lasciare un’orma profonda nella storia intellettuale e politica del nostro Paese.
Palmiro Togliatti
Oggi sarebbe inconcepibile una discussione di questo genere: non ci sono intellettuali come Bobbio (recentemente si è addirittura scritto che in Italia, oggi, non ci sono più intellettuali), ma non ci sono più neppure politici come Togliatti, capaci di intrecciare straordinarie capacità pratiche a una dimensione teorica, e filosofica, non comune. Mancano intellettuali che si misurino con la profondità di Bobbio con i problemi più gravi del proprio tempo storico e non ci sono più leader, come Togliatti, consapevoli che l’azione politica ha bisogno di saldi princìpi teorici, se non vuol precipitare in un empirismo senza visione, da cui scaturiscono fragilità e debolezza strategica, incapacità di svolgere la propria funzione nazionale, subordinazione ai poteri più forti, mancanza di forza egemonica. E, come è noto, «quando si sbaglia nell’analisi, si sbaglia anche nell’orientamento politico», e si viene sconfitti.
Da questo punto di vista, la discussione tra Bobbio e Togliatti è “inattuale”, nel senso più profondo del termine: appartiene a un mondo lontano dal nostro, ma pieno di intelligenza e di passioni, col quale, proprio per questo, è necessario fare i conti. Quella discussione è, invece, assai “attuale” – e veniamo al secondo motivo che induce a ripubblicarla – per il tema che affronta, quello della libertà, un tema sempre e ancora aperto, anzi oggi più di ieri per le nuove forme di subordinazione, dipendenza e servitù che si sono imposte nel nostro tempo. Ma che intendiamo quando parliamo di libertà, cos’è la libertà? E in cosa consiste la libertà individuale, quali sono i princìpi su cui essa è fondata? Possono esistere, esistono, democrazie illiberali? E cosa bisogna fare sul piano teorico e su quello dell’iniziativa politica per contrastarle?
Sono temi affrontati oggi in testi importanti di filosofia politica, ma colpisce che nella loro discussione Bobbio e Togliatti già si confrontino con questi argomenti – da punti di vista opposti –, interrogandosi sui caratteri della libertà propri della dottrina liberale e su quelli propri della dottrina democratica, sui rapporti tra democrazia e liberalismo e tra liberalismo e comunismo, sulle forme della libertà socialista. Ed è notevole che discutano anche sul metodo con cui deve essere posto e affrontato il problema della libertà: se con strumenti giuridici, formali – ma, nel caso di Bobbio, la forma è sostanza –, oppure guardando ai rapporti reali, effettivi, alla sostanza delle cose, evitando le secche – come dice Togliatti – del «formalismo» astratto o dell’idealizzazione.
In che termini, poi, questi diversi metodi di pensiero – il “concreto”, l’“astratto” – incidono nella concezione e nel destino della libertà, a cominciare da quella individuale? Sono questi i problemi su cui si interrogano Bobbio, un liberale – così si definisce –, e Togliatti, un comunista, cercando, però – ed è un carattere della discussione –, di comprendere e rispettare le ragioni dell’altro.
C’è, tuttavia, un ulteriore elemento che rende interessante questa discussione. Il convitato di pietra è l’Unione sovietica, subito dopo la morte di Stalin, quando sembra aprirsi una nuova stagione, inducendo Bobbio a prendere la penna e a scendere in campo. Oggi l’Urss non c’è più, e Bobbio si mostra con le sue posizioni più lungimirante di Togliatti.
Uno stato senza libertà – quello di cui parla Lenin – non può esistere, si corrompe, marcisce, finisce, e proprio il destino dell’Urss lo dimostra. Ma oggi ci sono Stati che si presentano come democrazie illiberali, e si propongono come modelli in Europa, trovando proseliti anche nel nostro Paese. In questo senso, la discussione fra Bobbio e Togliatti resta attuale, e vale la pena di sottrarla all’oblio. Bobbio spiegava già allora dove si può arrivare, quando si rinunzia alla libertà. Ecco una delle ragioni a favore della ripubblicazione di quella discussione. A distanza di settant’anni ha ancora molte cose da dirci.
Ma è una discussione importante, si è già accennato, anche per il modo con cui è condotta – pacato, sobrio, rispettoso dell’avversario – e anche perciò essa è “inattuale”. Bobbio rivendica questo stile in modo esplicito nelle prime pagine di Politica e cultura, intitolate Invito al colloquio, citando un autore fondamentale per il suo interlocutore: «Comprendere e valutare realisticamente la posizione e le ragioni dell’avversario (e talvolta è avversario tutto il pensiero passato) significa appunto essersi liberato dalla prigione delle ideologie (nel senso deteriore, di cieco fanatismo ideologico), cioè porsi da un punto di vista “critico”, l’unico fecondo nella ricerca scientifica». È con tali parole che Antonio Gramsci spiega nei Quaderni del carcere come si debba concepire la discussione scientifica. E sono anch’esse, oggi, parole “inattuali”.
Il libro – Sulla libertà di Norberto Bobbio e Palmiro Togliatti, a cura di Michele Cilberto, è in corso di pubblicazione presso le Edizioni della Normale