Domenica 3 marzo 2014: Luca 9: 57-62 traduzione NR 2006 riferimento MT 8: 19-22
Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: “Io ti seguirò dovunque andrai”. 58E Gesù gli rispose: “Le volpi hanno delle loro tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. 59A un altro disse: “Seguimi”. Ed egli rispose: “Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre”. 60 Ma Gesù gli disse: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và ad annunciare il regno di Dio”. 61Un altro ancora gli disse: “Ti seguirò, Signore; ma lasciami prima salutare quelli di casa mia”. 62Ma Gesù gli disse: “Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi volga lo sguardo indietro è adatto per il regno di Dio”.
Se seguire Gesù è così impegnativo, forse è meglio lasciar perdere!
Una reazione del genere non è fuori luogo: anzi, essa potrebbe derivare da un atteggiamento serio nei confronti del testo, che cioè rinuncia ad “addomesticarlo” mediante qualche elucubrazione teologica e pastorale, accettandone invece la durezza. C’è poco da spiegare, Gesù è fin troppo chiaro; ma appunto, se non voglio giocare con le parole, devo ammettere che io non sono il soldato scelto dell’evangelo che Gesù delinea, bensì una persona normale, il che significa anche abbastanza mediocre.
Forse però le parole di Gesù dovrebbero essere ascoltate partendo non da ciò che egli chiede, bensì da ciò che dona e che viene nominato nel secondo e nel terzo di questi brevi dialoghi: Gesù chiama all’annuncio del Regno di Dio. E che cos’è mai il regno di Dio? È un tipo di vita, uno spazio spirituale, una relazione affettuosa, che Dio stabilisce con noi. Gesù, altrove, lo paragona a una perla preziosa, o a un tesoro nascosto nel campo: è vero, per acquistare la perla, o il campo dove c’è il tesoro, bisogna vendere tutto, acquisire il capitale. Ma lo scopo non è una vita misera, bensì l’acquisto del campo, una ricchezza più grande.
E’ così anche in questi dialoghi: Gesù offre qualcosa di grande e bello, la sua chiamata costituisce, in primo luogo, una grande occasione. La prima domanda che docciamo porci, dunque, non è se siamo abbastanza bravi, abbastanza forti, abbastanza generosi da far passare in secondo piano persino i legami familiari più significativi. Se partiamo da noi e dalla nostra disponibilità, siamo perduti. La vera domanda è: abbiamo ascoltato la buona notizia del Regno di Dio? Gesù, la sua persona, il suo messaggio, ci parlano?
Scoprirlo non è difficile. L’evangelo si manifesta come una grande passione, come una realtà carica di fascino. È come l’amore per una persona: naturalmente è impegnativo, si tratta di condividere tutto, dai soldi al bagno, la poesia dell’eros, ma anche la prosa delle pulizie e di tante altre cose molto terra terra. Nessuna persona innamorata, però, si spaventa di condividere il bagno. La partita, dunque, non si decide su ciò che lascio, ma su ciò che trovo, una vita con Gesù, una relazione con il suo Padre celeste, relazione che Gesù chiama “Regno di Dio”. Pensa a ciò che dici, dunque, quando affermi di voler essere cristiana/o, pensa a Gesù e chiediti se davvero egli è la passione della tua vita, che tiene insieme tutte le altre.
Per vivere questa passione, certamente, devi sapere che non tutto è sempre facile e che non si può essere indecisi per tutta la vita. Quando incontro pastori o pastore che sembrano sempre schiacciate dal peso del loro ministero, vorrei chiedere: ma la passione di leggere e spiegare la Bibbia non basta a donarti entusiasmo? So anch’io che a volte è difficile, per mille e mille ragioni, ma la difficoltà non può impedire di vivere la passione. Ma lo stesso discorso vale anche per il membro di chiesa che gestisce con avarizia il proprio tempo e il proprio denaro: oggi non posso e domani nemmeno; e certo, c’è la contribuzione, ma devo cambiare la macchina e pagare il mutuo… Io non posso né voglio analizzare la tua giornata né farti i conti in tasca: le esortazioni da sole restano inesorabilmente moralistiche, ognuno di noi sa trovare una ragione per dire che, in fondo, facciamo più di quanto fanno altri, contribuiamo più di altri eccetera. L’esortazione da sola lascia il tempo che trova. Gesù, invece, ci chiede: sei sicuro di avere ascoltato la buona notizia dell’evangelo? Certo, oggi lo sappiamo bene (cinquant’anni fa, era meno chiaro): non ci si può innamorare di un’ideologia e infatti la fede cristiana non lo è. La fede cristiana è una specie di innamoramento nei confronti di Gesù, così come ce lo testimonia il Nuovo Testamento. Se non sai che cos’è, non c’è raccomandazione né minaccia che tenga, sarai sempre lì a tirare sul prezzo a tenere la contabilità del tuo impegno e a sospettare che non ne valga la pena. Se invece Gesù ti parla, stai tranquilla che si fa capire: pensaci un attimo e valuta quello che devi affrontare, esattamente come quando costruisci un’esistenza con un uomo o una donna: dopodiché, vai, e vivi in pienezza la relazione, senza superficialità e al tempo stesso senza paura.
La vita cristiana non è per eroi della fede, ma per persone che vivono la passione dell’incontro con colui che ci introduce nel Regno di Dio.