25 novembre 2018 – Uno spray anti neonati? Attenzione: sono pericolosi.

Per chi avrà la pazienza di leggere trascrivo due mie annotazione suggerite dalla
giornata della violenza contro le donne.
1. Silenzio su alcune donne minacciate ma di cui non si deve parlare e di cui invece parlo.
2. Una pregevole interrogazione dell’on Giuditta Pini con una mia annotazione finale.

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Ancora una volta la giornalista che conduceva Prima Pagina (questa volta era de Il Manifesto ma, se fosse stata de Il Giornale o simili, sarebbe stato lo stesso) non mi ha passato al colloquio, anzi non ha letto il messaggio che avevo inviato pur citandolo con nome e cognome ma ben guardandosi dall’accennarne al contenuto: dei nati in Italia che la legge vuole senza nome perché figli di migranti non comunitari senza permesso di soggiorno non si deve parlare.
Sono la minaccia che prova a insinuarsi nel nostro territorio attraverso la nascita. Di loro non si deve parlare anzi non devono esistere. Se ne era accorto il ministro Maroni, predecessore dell’attuale a lui consono nel ruolo e nell’ideologia.
Le convenzioni internazionali, che dovremmo rispettare – Costituzione art. 10 – ratificate in legge (176/1991, tanto per citare) dicono il contrario.

Non ha importanza
La prassi ormai decennale (dalla approvazione del cd ‘pacchetto sicurezza’ – L. 94/2009) ha promosso il consenso del silenzio che, praticato fermamente e quasi totalmente, assicura che così si può fare e si fa. Una occulta conventio ad excludendum vuole così e zitti tutti, zitte tutte.
Le persone perbene tacciono. Ma io non sono perbene e trascrivo quanto avevo scritto e che la professionista di turno a Prima Pagina oggi ha taciuto.

La violenza del silenzio coatto.
Dal 2009 il ‘pacchetto sicurezza’ (legge 94) impone la presentazione del permesso di soggiorno per registrare la dichiarazione di nascita di un figlio.
I non comunitari che non ne dispongono per evitare il rischio dell’espulsione possono non provvedere e il nuovo nato in Italia resta senza certificato di nascita su cui sarebbero scritti, insieme al suo nome, quelli dei genitori.
Oggi vorrei si ricordassero le mamme che non possono dire “questo è mio figlio”. Anche questa è violenza (legale) alle donne (e all’uomo se c’è un papà)”.

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La deputata Giuditta Pini ha rivolto un’interrogazione al ministro Salvini del che la ringrazio.

Ricopio per intero il testo dal sito ufficiale della on. Pini
Atto Camera
Interrogazione a risposta orale 3-00339
presentato da PINI Giuditta
testo di Mercoledì 21 novembre 2018, seduta n. 88

PINI. — Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
il 19 novembre 2018 alle 09,47 il Ministro interrogato, sulle proprie pagine ufficiali di Facebook e Twitter ha postato una foto di tre ragazze con la didascalia «Poverette, e ridono pure…»; le ragazze nella foto sulla pagina pubblica di Facebook del Ministro interrogato sono ritratte senza nessun tipo di forma grafica che ne tuteli la privacy, e sono delle studentesse minorenni; la foto sulla pagina pubblica di Facebook del Ministro interrogato è stata oggetto di numerosi commenti, oltre 12 mila;

nei commenti le tre ragazze sono state bersagliate da minacce e innumerevoli insulti, anche e direttamente nella pagina ufficiale del Ministro dell’interno, senza che questi fossero cancellati o moderati; secondo gli ultimi dati dell’Istat il 31,5 per cento delle 16-70enni (6 milioni e 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Ha subìto minacce il 12,3 per cento delle donne;

sul sito del Ministero dell’interno nella sezione «Violenza di genere» è riportata la dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne che è stata adottata da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 48/104 del 20 dicembre 1993. Si legge: «È violenza contro le donne ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà. Così recita l’articolo 1 della dichiarazione Onu sull’eliminazione della violenza contro le donne»; il 25 novembre cade la Giornata internazionale per eliminazione violenza contro donne proclamata dalle Nazioni Unite. L’Onu promuove iniziative e convegni dedicati alle donne che hanno subìto o subiscono ancora una violenza fisica o psicologica;

la prima sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 42727, pubblicata il 23 ottobre 2015 stabilisce, tra l’altro, che «Facebook è una gigantesca piazza immateriale con oltre cento milioni di utenti nel mondo, che comunicano in settanta lingue diverse: la community internet, dunque, ben può rientrare nella nozione di “luogo pubblico” ex articolo 660 Cp»;

la quinta sezione della Corte di cassazione con la sentenza n. 4873 del 1° febbraio 2017 ha stabilito che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca «Facebook» integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’articolo 595, comma 3, codice penale, poiché questa modalità di comunicazione di un contenuto informativo suscettibile di arrecare discredito alla reputazione altrui, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone; attraverso tale piattaforma virtuale, invero, gruppi di soggetti valorizzano il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un numero indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione;
tra i compiti del Ministero dell’interno c’è la sicurezza del cittadino, la tutela dell’incolumità e delle libertà individuali garantite dalla Costituzione;
l’11 ottobre 2018 Luca Morisi, responsabile social network del Ministro interrogato ha dichiarato che esiste un solo spin doctor di Salvini ed è Salvini stesso –:

se il Ministro interrogato abbia pubblicato direttamente la foto delle tre ragazze minorenni;
per quale motivo non abbia operato per cancellare e limitare le minacce e gli insulti nei confronti delle tre minorenni;

se non ritenga opportuno, per quanto tardivo, adottare iniziative per rimuovere gli insulti e le minacce alle ragazze dalla sua pagina;

se non ritenga, come Ministro dell’interno, di dover adottare iniziative per tutelare l’incolumità delle tre ragazze minorenni nelle forme e nelle modalità previste dalla legge.
(3-00339)

Da parte mia ricordo che il superiore interesse del minore (best interests of the child nelle norme internazionali che l’Italia ha ratificato) rappresenta il principio informatore di tutta la normativa a tutela del minore.
Quindi ogni pronuncia giurisdizionale deve essere finalizzata a promuovere il benessere psicofisico del minore e a privilegiare l’assetto di interessi più favorevole a una sua crescita e maturazione equilibrata e sana.
A me il cartello esibito dalle ragazze non piace. Il testo è violento.
Ma la scelta fatta dal Ministro – che quando parla non può permettersi di sfuggire al suo ruolo – di esporre tre ragazzine alla gogna mediatica, gli assicura un protagonismo inaccettabile, l’opzione di un metodo che, a mio parere, appartiene a una mancanza di discernimento che gli sarebbe imposta dal ruolo e dall’età
Mi sembra il caso di citare il filosofo Kant, presenza forte in quell’Europa di cui c’è chi ostenta la scelta di non sapere nulla,
agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”.

25 Novembre 2018Permalink