8 settembre 2023 – Sono passati 80 anni. Mi serve far memoria di qualche data

25 luglio 1943  arresto Mussolini  governo Badoglio

31 luglio  Roma città aperta

3 settembre  Armistizio di Cassibile
A causa dell’avanzata degli Alleati dal sud Italia, il governo italiano  il 3 settembre 1943, aveva firmato a Cassibile la prima versione di un armistizio con gli inglesi e gli americani, abbandonando di fatto l’alleanza con i tedeschi. L’accordo era stato firmato dal generale Giuseppe Castellano.

8 settembre annuncio armistizio

Fuga Re 9  settembre 1943
La fuga da Roma del re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoiae del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio  consistette nel precipitoso abbandono della capitale – all’alba del 9 settembre 1943– alla volta di Brindisi, da parte del sovrano, del capo del Governo e di alcuni esponenti della Real Casa (fra cui la regina/moglie e l’erede Umberto), del governo presieduto da Pietro Badoglio  e dei vertici militari. Nessuna disposizione fu assicurata alle truppe e agli apparati dello Stato utile per  fronteggiare le conseguenze dell’Armistizio.
Questo avvenimento segnò una svolta nella storia italiana durante la seconda guerra mondiale.

16 ottobre 1943 Rastrellamento del ghetto di Roma

Regno del Sud  L’espressione si riferisce alla situazione creatasi nei territori controllati dal Regno d’Italia dopo l’annuncio dell’armistizio di Cassibile

24  marzo 1944 Fosse ardeatine

4 giugno1944 Liberazione di Roma
Il 4 giugno 1944 Roma venne liberata e Vittorio Emanuele III nominò l’indomani il figlio Umberto quale Luogotenente del regno, ritirandosi a vita privata. Umberto si insediò al Quirinale e, su proposta del CLN, affidò l’incarico di formare il nuovo governo a Ivanoe Bonomi, anziano leader politico già Presidente del Consiglio prima dell’avvento del fascismo. Il nuovo governo si insediò così in luglio nella Capitale

Repubblica di Salò . settembre 1943- aprile 1945

La Repubblica Sociale Italiana (RSI), anche conosciuta come Repubblica di Salò, fu un regime collaborazionista della Germania nazista, ( settembre 1943 -aprile 1945), voluto da Adolf Hitler e guidato da Benito Mussolini, al fine di governare parte dei territori italiani controllati militarmente dai tedeschi dopo l’armistizio di Cassibile

8 Settembre 2023Permalink

7 settembre 2023_ Una notizia dalla Palestina

Trasferisco quanto ricevuto, girato da una amica.
Pubblico perché i miei ricordi di soggiorno in Palestina e di attraversamento dei checkpoint sola, senza la protezione di alcun gruppo, rendono credibile ciò che viene narrato
Spero che alla cittadina italiana, abbandonata ad Amman con il bambino , l’ambasciata italiana assicuri sicurezza e protezione.
E soprattutto dia notizia per quanto possibile della sorte di Khaled El Qaisi.
Pur nella differenza della situazione non dimentico Giulio Regeni.

Israele arresta Khaled El Qaisi, ricercatore italo-palestinese

Israele arresta Khaled El Qaisi, ricercatore italo-palestinese
     

redazione

Pagine Esteri, 6 settembre 2023 –  Lo scorso 31 agosto il giovane ricercatore italo-palestinese Khaled El Qaisi è stato arrestato dalle autorità israeliane al valico di Allenby, tra Cisgiordania e Giordania. Ne danno notizia la moglie del ricercatore, Francesca Antinucci, e la madre, Lucia Marchetti.

El Qaisi, di doppia nazionalità, italiana e palestinese, la scorsa settimana, diretto ad Amman, stava attraversando il valico di Allenby  con moglie e figlio dopo aver trascorso le vacanze con la propria famiglia a Betlemme. Al controllo dei bagagli e dei documenti è stato ammanettato sotto lo sguardo del figlio di 4 anni, e della moglie.

Antinucci spiega che alle richieste di delucidazioni sui motivi del fermo, non è seguita risposta alcuna da parte degli agenti di frontiera israeliani. Invece le sono state sottoposte domande per poi essere allontanata col figlio verso il territorio giordano, senza telefono, senza contanti né contatti, in un paese straniero. Solo nel tardo pomeriggio la moglie e il bambino sono riusciti a raggiungere l’Ambasciata italiana ad Amman grazie all’aiuto di alcune persone.

Khaled El Qaisi, aggiungono la madre e la moglie, ancora non ha potuto incontrare il suo avvocato. Si è solo saputo che affronterà un’udienza davanti a giudici israeliani domani, 7 settembre, presso il tribunale di Rishon Lezion.

Traduttore e studente di Lingue e Civiltà Orientali all’Università La Sapienza di Roma, stimato per il suo impegno nella raccolta, divulgazione e traduzione di materiale storico, è tra i fondatori del Centro Documentazione Palestinese, associazione che mira a promuovere la cultura palestinese in Italia.

A sostegno di Khaled El Qaisi, l’intergruppo parlamentare per la Pace tra Palestina e Israele ha inviato una lettera-appello al ministro degli esteri Antonio Tajani, per sollecitare un intervento delle autorità di governo italiane su quelle israeliane. Pagine Esteri

 

 

7 Settembre 2023Permalink

2 settembre 2023 _ Colpi di stato in Africa – Un mio piccolo dossier

Dopo il Niger, il Gabon. A mettere in fila gli eventi, si potrebbe immaginare un domino Wagner nell’Africa francofona: dopo il fallito ‘putsch’ in Russia dei mercenari di Evgheny Prigozhin il 24 e 25 giugno, c’è stato un colpo di Stato in Niger il 25 luglio della guardia presidenziale contro il presidente Mohamed Bazoum, filo-occidentale; e, ieri, a una settimana dalla tragica scomparsa di Prigozhin in uno schianto aereo, c’è stato un colpo di Stato in Gabon contro il presidente Ali Bongo Ondimba, appoggiato (non senza screzi) da Parigi. (Giampiero Gramaglia – Gp News)

31 agosto 2023.        Le ragioni dei continui colpi di stato in Africa
Pierre HaskiFrance InterFrancia

Il fenomeno è eccezionale e non può essere spiegato in modo semplicistico. GuineaMaliBurkina FasoNiger e il 30 agosto anche il Gabon: negli ultimi anni cinque paesi francofoni dell’Africa hanno vissuto colpi di stato militari. Inevitabilmente emergono diversi interrogativi.

Tra le spiegazioni semplicistiche possiamo elencare una semplice epidemia di golpe, un complotto russo o un rifiuto della Francia. Senza dubbio questi ingredienti sono presenti qua e là, a vario grado. Ma bisogna approfondire.

Il punto in comune tra le vicende citate è il fallimento degli stati postcoloniali, creati sotto una forte influenza francese e caratterizzati da due fasi storiche, una autoritaria e l’altra democratica, o per essere più precisi pseudo-democratica.

Nel 1960, quando diverse colonie francesi ottennero l’indipendenza, il presidente Charles de Gaulle e il suo “monsieur Afrique”, il discusso Jacques Foccart, misero in piedi regimi il cui obiettivo era quello di garantire l’influenza francese dietro una facciata di sovranità.

Il Gabon è stato la caricatura di questo processo.

Democrazie senza alternanza, senza contropoteri e senza alcun freno alla corruzione. Ma ora questo inganno politico sta saltando per aria

Foccart  ha raccontato di aver  scelto personalmente Omar Bongo (padre) quando il primo presidente del paese, Léon Mba, ha scoperto di essere affetto da un cancro, nel 1965. Bongo, all’epoca trentenne, era il direttore di gabinetto del presidente. Sostenuto da Foccart, ha guidato il Gabon fino alla sua morte, nel 2009. Poi il figlio, Ali Bongo Ondimba, ha preso il suo posto fino al golpe del 30 agosto 2023, arrivato dopo quasi sessant’anni di dominio della famiglia Bongo.

Questo non basta a spiegare il colpo di stato, ma aiuta a comprendere la gioia popolare che ha accompagnato il golpe. Inoltre da questa prospettiva è facile capire l’impasse politica in cui si trovava il Gabon, al pari di altri paesi del continente.

Durante la prima fase la Francia non si è solo adattata, ma ha tirato le fila del regime autoritario. In occasione della mia prima visita a Libreville, nel 1981, i tre uomini forti del paese erano l’ambasciatore francese, il comandante francese della guardia presidenziale e il capo di Elf, la compagnia petrolifera francese. Nel paese nessuno poteva fare niente senza il loro consenso.

Dopo la caduta del muro di Berlino, François Mitterrand ha vincolato gli aiuti francesi alla democratizzazione del regime. Un escamotage che ha permesso agli autocrati di prolungare il loro dominio, come dimostra in modo lampante il caso dei due Bongo, padre e figlio, ma anche quello di Paul Biya, l’eterno presidente del Camerun. Democrazie senza alternanza, senza contropoteri e senza alcun freno alla corruzione. Ma ora questo inganno politico sta saltando per aria un po’ ovunque.

La Francia ha progressivamente allentato la presa politica. Gli interessi economici francesi nel continente si sono ridotti, con l’eccezione proprio del Gabon. Nel frattempo la Cina si è ritagliata un  ruolo di primo piano in buona parte dell’Africa,

Ma ancora oggi sopravvivono l’eredità, il quadro istituzionale e i blocchi politici lasciati dalla Francia, mentre le nuove generazioni non sopportano più di essere mal governate e i militari si presentano come salvatori della patria. Parigi si illude evocando il ritorno di istituzioni che hanno perso tutta la loro legittimità, ma il patto sociale si è rotto, e forse questa è l’occasione di rinegoziarlo.

In queste condizioni, come sottolineava qualche settimana fa il pensatore di origine camerunese Achille Mbembe sul quotidiano Le Monde, “i golpe appaiono come l’unico modo di provocare un cambiamento, di assicurare una forma di alternanza al vertice dello stato e di accelerare la transizione generazionale”. Una tripla necessità che non abbiamo voluto considerare e che oggi esplode, nel bene e nel male.    (Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede in Africa. Ci si iscrive qui.

Gabon: dopo Niger, epidemia colpi di Stato in Africa prosegue (gyvs) (informazione.it)

https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2023/08/31/africa-gabon-colpi-stato

L’epidemia di golpe africani: un allarme per l’Europa

diFederico Rampini| 30 agosto 2023

Un filo conduttore è la crisi di molti esperimenti democratici in Africa: solo il 38% degli africani è soddisfatto di come funziona la democrazia, le loro élite intellettuali la associano all’Occidente inteso come imperialismo e neo-colonialismo

Il golpe in Gabon è l’ottavo consecutivo in soli tre anni in quella parte dell’Africa, cioè la fascia occidentale e centrale del continente. Lo hanno preceduto Mali, Guinea, Burkina Faso e di recente il Niger, alcuni dei quali hanno subito dei colpi di Stato militari a ripetizione (è così che si arriva al totale di otto).

L’instabilità politica che questa “epidemia” segnala, il grave arretramento della democrazia che genera, hanno spinto il responsabile della politica estera Ue Josep Borrell a parlare di “un grosso problema per l’Europa”. A conferma, della crisi in Gabon parleranno a breve i ministri della Difesa dell’Unione.

In cerca di semplificazioni sarebbe facile soffermarsi su un aspetto: tutti i paesi sopra elencati per la “epidemia dei golpe” sono ex-colonie francesi. Molti di loro in seguito alla presa di potere dell’esercito hanno denunciato gli accordi con la Francia, in certi casi (Mali, Burkina) cacciando i contingenti delle forze armate di Parigi.

Siamo dunque in presenza di una «seconda morte dell’impero coloniale francese in Africa»? Senza dubbio il sentimento anti-francese gioca un ruolo. Nel Niger poco dopo la deposizione del presidente democraticamente eletto abbiamo visto scendere in piazza delle folle che inneggiavano ai militari golpisti, urlavano «abbasso la Francia e viva Putin». Le accuse di neocolonialismo contro Emmanuel Macron e i suoi predecessori sono pratica corrente. È ancora presto per dire se il copione si ripeterà in Gabon, dove pure la presenza transalpina è rilevante, per esempio con la società Elf nel petrolio. Greggio e cacao sono le due principali esportazioni del Gabon.

Un simbolo che spesso viene usato per esemplificare i retaggi di colonialismo francese, è l’unione monetaria nel Cfa o franco africano, un’istituzione abbastanza curiosa anche nel nome, visto che a Parigi il franco non esiste più, sostituito ovviamente dall’euro da oltre un ventennio.

Il Cfa è un’architettura a dir poco barocca: quella sigla descrive in realtà due unioni monetarie, una per l’Africa centrale e l’altra per l’Africa occidentale; tutt’e due legate all’euro da una parità fissa e garantite dal Tesoro di Parigi. Si possono tracciare delle (vaghe) analogie con il Commonwealth britannico. La Francia ne ricava pochi vantaggi comunque. In compenso paga un prezzo politico: nell’immaginario collettivo di molti paesi africani la sola esistenza di un “franco Cfa” è un simbolo potentissimo di ciò che loro percepiscono come un retaggio coloniale.

Ma le accuse a Parigi sono solo in parte giustificate, per lo più invece sono pretestuose, incoerenti, in malafede. Gli stessi paesi che ora cacciano i militari francesi, magari per sostituirli con mercenari russi, l’altroieri avevano chiesto aiuto a Parigi per combattere terroristi jihadisti e milizie separatiste. Gli stessi militari che hanno preso il potere a ripetizione, invocando come pretesto per i loro golpe l’incapacità dei governi civili di garantire ordine e sicurezza, sono essi stessi responsabili per clamorosi insuccessi nel reprimere terroristi, jihadisti, organizzazioni criminali. I generali che cacciano i politici accusandoli di corruzione sono di solito i primi campioni della corruzione.

Celebrare la seconda morte dell’impero francese è una forzatura anche perché la crisi della democrazia – e della sicurezza – si estende oltre l’Africa francofona. L’anglofono Zimbabwe ha appena tenuto delle elezioni di dubbia correttezza, non più limpide di quanto lo sia stata in Gabon la vittoria del “figlio d’arte” Ali Bongo (il 64enne presidente appena deposto viene da una dinastia initerrottamente al potere da 56 anni, suo padre Omar Bongo governò dal 1967 al 2009). Il Sudan, che non è un ex colonia francese bensì fu un possedimento in condominio anglo-egiziano, è ancora devastato dalla guerra tra due fazioni militari. Una ricaduta di disordini e di repressione si sta verificando anche in Etiopia, la nazione dell’Africa che si vanta di non essere mai stata colonizzata da nessuno (a ragione gli etiopi definiscono “occupazione” l’episodio italiano, che considerano talmente breve e con impatto troppo modesto per potersi definire una colonizzazione).

Un filo conduttore è la crisi di molti esperimenti democratici in Africa. L’ultimo sondaggio Afrobarometro rivela che solo il 38% degli africani sono soddisfatti di come funziona la democrazia nel proprio paese (quelli che ce l’hanno). Secondo la ong americana Freedom House metà degli Stati continentali sono “non liberi”, il 43% “parzialmente liberi”.

Noi occidentali però questi giudizi dovremmo maneggiarli con moderazione e spirito critico, tenuto conto che anche le opinioni pubbliche di casa nostra danno segnali di delusione e disaffezione verso il sistema politico democratico. Dovremmo anche considerare quel che sta accadendo in Africa come un’emergenza che ci riguarda per diversi aspetti, non tutti scontati. Da una parte è un “grosso problema” (come dice Borrell) perché la catena dei golpe investe zone strategiche per l’Europa sia come origini di flussi migratori sia come giacimenti di risorse energetiche e minerarie. D’altra parte è un “grosso problema” se e quando questi golpe poggiano su narrazioni anti-occidentali e spianano la strada a ulteriori penetrazioni di Cina, Russia, o anche altri attori come Arabia saudita, Turchia.

Dietro quest’ultimo fenomeno c’è una tendenza allarmante che accomuna tanti paesi africani: troppo spesso le loro élite intellettuali tendono ad associare la democrazia all’Occidente nel senso deteriore che esse danno alla parola Occidente, cioè come simbolo di imperialismo, post o neo-colonialismo, sfruttamento. Così facendo queste élite ottengono il triplice risultato di screditare la democrazia, avallare i golpe, legittimare le intese fra golpisti e Pechino, Mosca, eccetera.

È utile che del tema si occupino i ministri della Difesa europei perché buona parte dell’Africa soffre per un deficit di sicurezza prima ancora che di stabilità o di libertà. La democrazia non sopravvive se non è capace di assicurare ai propri cittadini un minimo di “legge e ordine” (tema sottovalutato o incompreso negli stessi paesi occidentali). I militari del Gabon, come quelli del Niger, Mali e Burkina Faso prima di loro, sono dei bugiardi quando promettono sicurezza visto che fino a ieri hanno avuto vasti poteri per mantenere l’ordine e non lo hanno fatto. Qualcuno però dovrà riuscirci prima o poi. Crescita economica, sviluppo, occupazione, istruzione e sanità, progrediscono se esiste un minimo di sicurezza. L’Europa dovrebbe sviluppare una offerta alternativa – in una cornice di rispetto dei diritti umani – rispetto al Gruppo Wagner o altre milizie mercenarie.

Il fatto che il golpe del Gabon sia accaduto a così breve distanza da quello del Niger ricorda un altro fallimento che si sta consumando: quello della comunità economica dell’Africa occidentale, Ecowas. Sotto la leadership della nazione più importante di tutto il continente, la Nigeria, l’Ecowas aveva promesso/minacciato un intervento militare multinazionale per ripristinare il legittimo governo civile in Niger. Poi l’Ecowas si è impaurita, soprattutto perché all’interno della stessa Nigeria sono cresciute le resistenze. Forse l’Unione europea dovrebbe riprendere il bandolo della matassa proprio da lì.

L’epidemia di golpe africani: un allarme per l’Europa- Corriere.it

2 Settembre 2023Permalink

1 settembre 2023 _ Calendario di settembre

.1 settembre 1939 -…     . La Germania invade la Polonia
……..…………………… ….. .E’ l’inizio della seconda guerra mondiale
.1 – 3 settembre 2004 –  Strage di Beslan (Ossezia del .Nord)..…[NOTA 1].
.2 settembre 1944 –         Anna Frank e la sua famiglia vengono
………………………………………….caricati sul treno per Auschwitz
.2 settembre 1945 – ……Ho Chi Minh dichiara l’indipendenza del
…………………………………………..Vietnam dalla Francia
.3 settembre 1982 – ……Assassinio del gen. Della Chiesa, della
………………………………….moglie Emanuela  e dell’agente di scorta
………………………………….Domenico Russo.
.4 settembre 1965 – ……Morte di Albert Schweitzer medico, .filosofo, musicista,
…………………………………teologo  e premio Nobel ..per la pace nel 1953.
.5 settembre 1938 –…… Regio Decreto Legge 5 settembre 1938-
………………………………..n. 1390, .Provvedimenti per la difesa della
……………………………………………..razza nella scuola fascista.
……………………………….. Convertito in legge  99/1939.                    [NOTA 2]
.5 settembre 1972 – ……Germania –irruzione di Settembre Nero nel
……………………………………..villaggio olimpico
.5 settembre 2010 – ……Assassinio di Angelo Vassallo, sindaco di
…………………………………………………Pollica, il ‘sindaco  pescatore’
.7 settembre 1986 – …….Desmond Tutu – primo vescovo nero a
…………………………………..guidare la chiesa ..anglicana in Sudafrica.
.8 settembre 1943 – …….Armistizio dell’Italia con Inghilterra e .Stati Uniti
.8 settembre 2013 –…….  Liberazione dell’inviato de La Stampa
…………………………………….Domenico Quirico, ..sequestrato in Siria
.9 settembre 1943 –……… In Italia Nasce il Comitato di Liberazione .Nazionale (CLN)
.9 settembre 1976 – ………Morte di Mao Tse Tung
.9 settembre 2020 – ……..Amos Luzzatto muore a Venezia
.9 settembre 2022-            Morte della regina Elsabetta II
10 settembre 2023- ………La senatrice Liliana Segre compie 93 anni
11 settembre 1973 – …….. Colpo di stato in Cile
11 settembre 2001 – ……..New York – attentato alle Torri Gemelle
12 settembre 1977 – ………Muore nelle carceri sudafricane Stive Biko
.                                             .(attivista anti-apartheid)
13 settembre 1321 – …….. Ravenna – morte di Dante Alighieri
15 settembre 1970 – ……. Scomparsa di Mauro De Mauro –
15 settembre 1993 – ……..Assassinio di don Pugliesi
15 settembre 2023             Inizio  Rosh haShana e dell’anno ebraico. 5784  .[NOTA 3]
16 settembre 1976              Argentina _ Notte delle matite spezzate
16 settembre 1982 – …….. Libano – massacro di Sabra e Shatila
16 settembre 2016 -………. Morte di Carlo Azeglio Ciampi
16 settembre 2022-             Morte di Mashi Amin             .[NOTA 4]
17 settembre 1978 – …….. .Accordi di pace di Camp David fra Egitto …e Israele
17 settembre 2023   –            Conclusione Rosh haShana
18 settembre 1938 – ……… Discorso Mussolini a Trieste rivendicazione razzismo italiano
18 settembre 1961 – ……….Muore Dag Hammarskjöld in probabile attentato      .[NOTA 5]
19 settembre 1943 – ………Strage nazista a Boves (Cuneo)
19 settembre  2020 -………Morte di Rossanna Rossanda
20 settembre 1870 – ……..Breccia di Porta Pia
21 settembre – ……………….Giornata mondiale della pace
21 settembre 1990 – ……   Assassinio del giudice Rosario Angelo ..Livatino
22 settembre 1980 –……… L’Iraq invade l’Iran
23 settembre 1939 –……… Morte di Sigmund Freud
23 settembre 1973 – ……..Morte di Pablo Neruda
24 settembre 1961 – ……  Prima marcia della pace Perugia Assisi,
……………………………………..promossa da Aldo Capitini
25 settembre 2019 _         Sentenza della consulta sul suicidio assistito
25 settembre 2023_          Morte in carcere di Matteo Messina Denaro
26 settembre 1988 – ……….Assassinio di Mauro Rostagno
27 settembre 1970 -……… Santa Teresa d’Avila ,  dottore  della ..Chiesa            [NOTA 6]
27 settembre 1996 –………Afghanistan: i talebani occupano Kabul
27 settembre 2015 – ……  Morte di Pietro Ingrao
28 settembre 1978 – ……  Morte di papa Giovanni Paolo I
28 settembre 2016 – ……..Morte di Simon Peres
29 settembre 1944 – ……..Strage nazista a Marzabotto
29 settembre 1944…………Assassinio Virginia Tonelli alla Risiera (TS)
29 settembre 2023            Inizio della  festa delle capanne _ Sukkot
30 settembre 2015 – ……. .All’ONU viene issata la bandiera …palestinese          [NOTA 7]

[NOTA 1]
3 settembre: La strage di Beslan è il massacro avvenuto fra il 1° e il 3 settembre 2004 nella scuola Numero 1 di Beslan, nell’Ossezia del Nord, una repubblica autonoma della federazione russa nella regione del Caucaso, dove un gruppo di 32 ribelli fondamentalisti islamici e separatisti ceceni occupò l’edificio scolastico sequestrando circa 1200 persone fra adulti e bambini. Tre giorni dopo, quando le forze speciali russe fecero irruzione, fu l’inizio di un massacro che causò la morte di più di trecento persone, fra le quali 186 bambini, ed oltre 700 feriti.

[NOTA 2]  5 settembre  http://old.cdec.it/dsca/Leggi/DL1630.htm

[NOTA 3]  Rosh haShana (in ebraico ראש השנה, letteralmente capo dell’anno) è il capodanno religioso, uno dei tre previsti nel calendario ebraico. Nella Torah vi si fa riferimento definendolo “il giorno del suono dello Shofar” (Yom Terua, Levitico 23:24)
5784 ( ebraico  : ה’תשפ”ג , abbr.: תשפ”ג ) è un anno ebraico che inizierà alla vigilia della sera del  15 settembre 2022 e terminerà il 15 settembre  2024. .
Nell’anno 5784, lo Stato di Israele celebrerà i suoi 76 anni di indipendenza.

.[NOTA 4]
la sintesi più accessibile che per ora ho trovato:
On 16 September 2022, a 22-year-old Iranian woman named Mahsa Amini , also known as Jina Amini or Zhina Amini  was arrested by morality police and died in hospital in Tehran, Iran, under suspicious circumstances, due to police brutality according to witnesses.

[NOTA 5]
Dag Hjalmar Agne Carl Hammarskjö  (Jönköping, 29 luglio 1905 – Ndola, 18 settembre 1961)
E’ stato un diplomatico, economista, scrittore e pubblico funzionario svedese. Fu presidente della Banca di Svezia, ma divenne noto internazionalmente quale segretario generale delle Nazioni Unite, carica ricoperta per due mandati consecutivi, dal 1953 fino alla sua morte nel 1961, occorsa a causa di un incidente aereo avvenuto in Africa meridionale durante una missione di pace.

[NOTA 6]
Teresa di Gesù, o d’Avila, al secolo Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumada (Avila, 28 marzo 1515 – Alba de Tormes, 15 ottobre 1582), è stata una religiosa e mistica spagnola. Entrata nel Carmelo di Avila a vent’anni, fuggita di casa, dopo un travagliato percorso interiore che la condusse a quella che definì in seguito la sua “conversione” (a trentanove anni), divenne una delle figure più importanti della Riforma cattolica grazie alla sua attività di scrittrice e fondatrice delle monache e dei frati Carmelitani Scalzi, e grazie alla fondazione di monasteri in diversi luoghi di Spagna, e anche oltre (prima della sua morte venne fondato un monastero di Scalzi a Lisbona).
E’ stata proclamata dottore della chiesa da Paolo VI

[NOTA 7]
(ANSA) – NEW YORK, 30 SET – “E’ una giornata di orgoglio per i palestinesi di tutto il mondo”: così il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, alla cerimonia per l’alzabandiera della Palestina al Palazzo di Vetro. Ban ha poi precisato: “Dobbiamo realizzare le aspirazioni che questa bandiera rappresenta, ossia Israele e Palestina che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza”.

.

1 Settembre 2023Permalink

27 agosto 2023 – Un generale si autopropone letterato e il Vicepresidente del Consiglio ne promuove il senso del dovere.

Per parlare del caso chiacchieratissimo del generale R.V. mi appoggio ad autorevoli fonti (citate nei link)  e, per cominciare, mi servo di brevi tratti riportati dalla Agenzia AGI  (cfr link n.1)

 L’esercito apre un’inchiesta interna sul caso Vannacci
Non si spegne la polemica sul libro “Il mondo al contrario”.  © Aleandro Biagianti / Agf – Il generale Roberto Vannacci

AGI – Non accenna a placarsi la polemica sul generale dell’Esercito Roberto Vannacci, autore di “Il mondo al contrario”, un saggio di circa 300 pagine con frasi denunciate come omofobe e razziste. E proprio i contenuti del libro, che hanno fatto esplodere la bufera, sono il motivo della decisione dello Stato maggiore dell’Esercito di sollevarlo dalla guida dell’Istituto geografico militare.

L’Esercito ha ufficializzato l’avvicendamento di Vannacci al comando dell’Istituto Geografico militare di Firenze e l’apertura di un’inchiesta interna in relazione al volume. Il provvedimento, si legge in una nota, è stato adottato “per tutelare sia l’Esercito sia il Generale Vannacci, sovraesposto mediaticamente dalla vicenda legata al suo libro”.

“Va infatti considerato che al Comandante dell’Istituto Geografico Militare è anche attribuita la responsabilità territoriale e la gestione dei rapporti tra Esercito, autorità e istituzioni locali”, si sottolinea. “Parallelamente è stata avviata un’inchiesta volta all’accertamento dei fatti”, un “atto dovuto ai sensi degli articoli 552 e 553 del Testo Unico dell’Ordinamento Militare”.

E, a questo punto, trovo un’espressione che  mi fa paura.
Chi usa la parola dovere in relazione al dirsi del generale R.V. , indicato come leader della Lega, è un ministro della Repubblica e Vicepremier del Governo Meloni.
Trascrivo le poche righe in cui trovo la parola “dovere  “.

“Se il generale scrive qualcosa che non ha niente a che fare con segreti di Stato o con il suo lavoro, ed esprime dei suoi pensieri nero su bianco, ha il DOVERE e il diritto di farlo”.

Nel timore di sbagliare- e di dar luogo a contestazioni  militariste – proseguo con le verifiche.

E nel link n. 2 ritrovo la parola che mi spaventa, dovere, già constatata presente nel n. 1.

Matteo Salvini, ministro e vicepremier, allarga la crepa nel centrodestra sul caso Vannacci. C’è uno spazio politico da occupare subito, quello dove si è ben accomodato il generale che il ministro della Difesa Guido Crosetto ha destituito con provvedimento disciplinare per le tesi omofobe, contro i migranti e le femministe del suo libro. Fonti leghiste fanno infatti sapere di una «telefonata molto cordiale» tra il vicepremier Matteo Salvini e il parà. Salvini promette che leggerà il libro e intanto chiede di giudicare il generale «per quello che fa in servizio. Se poi scrive qualcosa che non ha niente a che fare con i segreti di Stato o il suo lavoro ha tutto il DOVERE e diritto di farlo. La condanna al rogo come Giordano Bruno non mi sembra ragionevole».

E ritrovo la stessa parola anche su Avvenire (quotidiano della CEI) che riporta la stessa citazione del paragrafo precedente depurata dal riferimento ridicolo  (opinione mia) a Giordano Bruno.
Ma la Conferenza Episcopale Italiana aggiunge un’altra nota importante con un riferimento nominativo di cui non sono responsabile.  Scrive  che:

“solo l’outsider Marco Rizzo (Partito comunista – Democrazia sovrana popolare), … invece ha puntato il dito su chi ha ignorato il generale dopo i suoi esposti sull’uranio impoverito e ora lo attacca per delle opinioni personali”.

Quindi, se è vero quello che ha scritto Avvenire, dando voce all’on Rizzo,  la denuncia dell’uranio impoverito  che, per qual cha capisco, “ha a che fare con i segreti di Stato” non ha invece a che fare con il best seller generalizio , voce di un libero cittadino italiano che non viola  in quel testo la disciplina militare..
A me sembra un gioco incrociato di furbacchioni,  ma io sono solo io  come sempre.
Così anche i vescovi  uniti nella CEI hanno il loro  link che porta il n. 3.

Infine cosa ha detto il cittadino Vannacci (libero di esprimere le sue opinioni)  di professione militare con il grado di generale?

Tanto ne hanno scritto i quotidiani e chiacchierato la TV sui più vari canali che preferirei non fare disturbanti citazioni .  Mi limito a una soltanto:

«Il lavaggio del cervello a cui siamo sottoposti giornalmente volto ad imporre l’estensione della normalità a ciò che è eccezionale ed a favorire l’eliminazione di ogni differenza tra uomo e donna, tra etnie (per non chiamarle razze), tra coppie eterosessuali e omosessuali, tra occupante abusivo e legittimo proprietario, tra il meritevole ed il lavativo non mira forse a mutare valori e principi che si perdono nella notte dei tempi?

E concludendo segnalo la silloge delle bravate verbali  proposta da Domani  (link n. 4)

 

LINK numero 1     Agi_Agenzia Italia   22 agosto 2023

Bufera su Vannacci. Salvini sente il generale. Crosetto: ‘Ho agito da ministro’

LINK numero 2     Il sole 24 ore   21 agosto  2023

https://amp24.ilsole24ore.com/pagina/AFOPE6a

LINK numero 3.   Avvenire -21 agosto 2023

Salvini difende il generale: «No al Grande fratello». Lui lo ringrazia (avvenire.it)

LINK numero 4.   Domani  –  22   agosto 2023

Streghe, «invertiti», patria e armi: dieci frasi dal libro “Mondo al contrario” di Vannacci (editorialedomani.it)

27 Agosto 2023Permalink

22 agosto 2023 _ Matteo Salvini ministro, uomo che si destreggia disinvoltamente fra barbarie e barbarie senza negarsi a telefonate improvvide.

ROMA, 22 agosto 2023, 21:25  Redazione ANSA

 Salvini torna sulla castrazione chimica: “La legge subito alle Camere”

“Se stupri una donna o un bambino il carcere non basta”

 “Porteremo avanti in Parlamento il disegno di legge della Lega sulla castrazione chimica, chiedendo di calendarizzarlo in commissione per votare e approvare al più presto una proposta di buonsenso”.

Così il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, sui social.

 Salvini torna sulla castrazione chimica: “La legge subito alle Camere” – Notizie – Ansa.it

Cos’è la castrazione chimica che Matteo Salvini vorrebbe approvare in Parlamento – L’Espresso (repubblica.it)

 Presumo che il ministro abbia uno staff che lo sostiene nei suoi percorsi mentali che si consumano nella narrazione e nella scrittura
Mi permetto perciò di suggerire una lettura che potrà competere con i link in calce.
Da quei testi riporto brevi stralci.

 Alan Turing, storia di un genio perseguitato perché gay

 Quando scoppia la Seconda guerra mondiale e il matematico si trasferisce a Bletchley Park per lavorare con i militari inglesi sulla crittografia. L’obiettivo è decifrare il sistema di comunicazione tedesco Enigma.

L’obiettivo venne  raggiunto e nel 1946  Alan Turing fu  decorato come Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico  , ma sia a lui che al suo team viene chiesto di mantenere il segreto, dato che l’operazione è top secret

Tuttavia la sua sessualità gli valse una condanna alla castrazione chimica, che lo condusse al suicidio a soli 41 anni. .

Nel marzo del 1952, fu infatti accusato di “indecenza grave e perversione sessuale” e condannato a un anno di prigione solo per essere omosessuale. E per via della presunta relazione omosessuale con un altro uomo, il 19enne Arnold Murray, poi apertamente riconosciuta.

Durante il processo, Turing dichiarò di non provare alcun rimorso o senso di colpa per aver semplicemente condotto la sua vita, e non organizzò mai una vera e propria difesa legale, considerando del tutto naturali i propri comportamenti.

Per evitare il carcere, si sottopose ad una “terapia” di castrazione .chimica   ma nel 1954 si tolse  la vita con un morso a una mela avvelenata con del cianuro

Alan Turing, storia di un genio perseguitato perché gay | Sapere.it

Alan Turing: chi era e storia di Enigma (libero.it)

 

 

 

22 Agosto 2023Permalink

22 agosto 2023 – Una mia scelta dall’ultima pagina di “Cerco solo di capire”, il blog di Giancarla Codrignani.

22 agosto 2023
“Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!”, punto esclamativo incluso casomai non si fosse capita l’assertività. Poi, attacchi al femminismo, all’ambientalismo, ai clandestini, solo delinquenti e stupratori, par di capire. Il tutto condito da un linguaggio triviale e sessista. Libro numero 3 in classifica dei saggi su Amazon, uscito pochi giorni fa e autoprodotto, a colpire il ruolo dell’autore: Roberto Vannacci, 55 anni, generale di lungo corso, già a capo dei paracadutisti della Folgore e oggi alla guida dell’Istituto geografico militare (esautorato dal Ministro Crosetto. Non basta.

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“Sono un obiettore di coscienza al servizio militare, e aderisco alla campagna di “Obiezione alla guerra” del Movimento Nonviolento. Sostengo tutti gli obiettori e credo che se fossero accolti, ascoltati e sostenuti, come i tanti nonviolenti che agiscono da sempre in tutte le parti del mondo, se fosse sostenuto il progetto di Difesa civile non armata e nonviolenta della Patria, riusciremmo davvero a fare passi concreti per “ripudiare la guerra”, ed onorare la nostra Costituzione. Pensiamoci. Di più. Quando stringiamo accordi coi dittatori, quando gli vendiamo armi, quando aumentiamo le spese militari. Quando non cerchiamo giustizia, libertà, democrazia, diritti, uguaglianza. Per tutti. MAURO BIANI, il vignttista di Repubblica

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Michela Murgia è stata una grande intellettuale a cui va riconosciuto un magistero morale popolare. Anche una profezia cattolica: l’omaggio del card. Zuppi (“credeva ai legami d’anima, perché siamo generati non dal sangue, ma dallo Spirito”) e il funerale religioso debbono essere passati come la tradizionale “occupazione” degli interessi ecclesiastici. Michela era citata e ha scritto per l’Osservatore Romano. La spaccatura interna al mondo cattolico risulta evidente, se il testamento resta un fatto laico senza considerazione sulla contraddizioni – laiche e religiose – sui vincoli dell’amore.

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Comunicare: di destra, di sinistra. Dice Salvini: ”Non guardo mai la tv: perché dovrei pagare il canone?” di pancia. La sinistra racconta tutte le sfumature del “lavoro povero” (chiamato così da tutti), come se non ci fosse il lavoro “nero” o il “no” al reddito di cittadinanza senza ragionare sul valore della spesa di 30 mld senza effetti quando andiamo a fare la spesa. Il “metodo destra” – come fu all’origine del fascismo – è intuitivo. Anzi, ti vieta di ragionare.

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Alternative für Deutschland: se pensassero che è nazismo, forse non lo direbbero. Ma sono proprio nazisti e oggi negano posto a scuola agli handicappati: stiano in aule speciali e non tolgano opportunità ai “sani”. Anche Lgbtq+ possono essere troppo diversi, intoccabili.

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Il Ponte sullo Stretto: le tre linee che collegano la Basilicata da Potenza a Foggia, Napoli e Taranto sono sospese per lavori di aggiustamento. Tra Vaglio e Trevigno, sempre Basilicata frana e crollo di un ponte: isolate? Gente, avete votato Salvini.

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Pagare i Parlamentari. Uno polemica mortificante con Fassino che difendeva gli emolumenti più o meno reali (per legge sono diversi quelli dei senatori e quelli dei deputati), stroncabile dalla richiesta che ci viene dall’Europa di regolare le prestazioni (“talora” gratuite dei vari professionisti “onorari”, giudici o ambasciatori). Inutile ricordare che sia i greci che i romani, che i moderni nel formarsi degli Stati democratici hanno retribuito le cariche pubbliche per non lasciarle nelle mani dei nobili e dei ricchi. Oggi gli eletti del popolo sono dei professionisti e vanno retribuiti. Io con il mio stipendio di insegnante, senza figli e senza altri incarichi, non ce l’avrei fatta per le spese che di cui ho dovuto farmi carico; ma questo non significa che non si debba tornare alla costituente quando Teresa Mattei pensava allo stipendio del metalmeccanico. Infatti proprio l’eletto dal popolo fa un lavoro di massima responsabilità (è, tra l’altro, “a disposizione” e non ha quasi più vita personale normale (cose queste di scarsa importanza e comuni ad altri “mestieri”.ma fare il legislatore è come fare il giudice costituzionale (come “paga” l’ultimo livello dovrebbe essere superiore a quello di senatore o deputato), non può essere un mestiere o una professione. Infatti è questione di lessico: si è perduta la terminologia originaria: non ci sono mai stati “stipendi”; ma indennità; né “pensioni”, ma vitalizi. Poi ognuno è libero di fare (secondo me) antipolitica e decidere che andava bene quando i diritti li stabiliva il regime e la camera dei fasci e delle corporazioni.
La produttività del Parlamento va certamente controllata. Dall’informazione (che ha “diritto” di averla e “dovere di praticarla criticamente). Ma soprattutto dall’elettore.

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La settimana prima di Ferragosto due fatti internazionali che riguardano il mondo: In Ecuador l’uccisione del giornalista anticorruzione Fernando Villas – che non avrebbe vinto, ma faceva paura – mostra che il potere delle cosche della droga – che in pochi anni hanno unito l’Ecuador (negli ultimi 3 anni la droga requisita è passata da 79 a 200 tonnellate, mentre nella sola Guayaquil si sono commessi 1.537 omicidi) a Colombia e Perù (che producono il 60 e il 26% della coca del mondo) – sono uno dei poteri forti. Poi il golpe in Niger: nessuno sapeva l’importanza di questo paese la cui democrazia godeva del sostegno delle potenze occidentali poco attente negli anni a promuovere democrazia anche negli altri paesi dell’Africa nera. Errori da non scontare, perché i partiti islamici radicali vincono perché il Niger odia la Francia, ma nessuno ama l’Occidente, anche se ormai ne condivide le ambizioni di consumo. In Niger l’Europa poteva intervenire insieme con la Francia ricorrendo all’ art. 1 e 2 del Trattato del Quirinale per la cooperazione bilaterale rafforzata: tempestività.

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I Palestinesi. Il Vaticano ha ricevuto il ministro degli Esteri dello Stato Palestinese Riad Malki. Nell’incontro è stato sottolineata la crescita della conflittualità religiosa, oltre che militare, che porta a radicalizzare le posizioni: conseguenze dei movimenti nazionalisti religiosi e della politica israeliana in territorio palestinese. Anche se positive le proteste del popolo israeliano contro la riforma della giustizia e se il rappresentante palestinese ha espresso un giudizio positivo sul suo omologo israeliano Eli Cohen, “uomo di pace”, si rammaricava che la questione non è più sull’agenda delle cancellerie occidentali: c’è una normalizzazione in atto, nonostante gli “accordi di Abramo (che il ministro palestinese ritiene positivi). “Noi palestinesi nell’eventualità di nuovi patti per le zone B e C pretenderemo che sia assegnato agli Usa e all’Unione Europea il ruolo di garanti…(analogamente) focalizzarci sull’Iniziativa di PaceAraba, approvata da tutti gli Stati arabi ed islamici” Contestualmente “dobbiamo far crescere una pacificazione anche tra i nostri popoli senza la quale gli accordi trai vertici politici contano poco. I cristiani di Terra Santa con le loro scuole lo fanno, ma è difficile ispirare sentimenti di pace quando ogni giorno sopporti i soprusi… Auspichiamo che la diplomazia della Santa Sede, che sta giocando un ruolo importante e generoso nel conflitto russo-ucraino, possa esercitare efficacemente le sue note ed apprezzate capacità anche in questa situazione. Occorre ricreare quel clima di dialogo che portò 30 anni fa agli accordi di Oslo,…. Sono passati quasi 10 anni dalla bella iniziativa di Papa Francesco di piantare con i due presidenti un ulivo della pace nei giardini vaticani. È ora di innaffiare e fare crescere quell’albero”. Non so come lo leggiate voi: sono parole di chi non ha speranza.

E il cinismo: forse molliamo Zelinsky. Pechino affronta la sua “bolla” alla Lehman Brothers fa paura. Biden sigla i “Principi di Camp David” patto di ferro Usa-Giappone-Corea di prevenzione anticinese, ma validi anche se vincesse Trump. Trump deve vedersela con diversi processi per corruzione e brogli, mentre la Cina ha annunciato di voler rendere noto il presunto piano di Washington sul cyber-attacco contro il “Centro di monitoraggio terremoti” di Wuhan. Ma lo spionaggio non viola il diritto internazionale?

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Vignetta pagata dal contribuente. I produttori di grano, i pastifici e dell’intera catena alimentare legata ai prezzi delle materie prime rese fluide della guerra ucraina, non hanno notizie dal governo. Il ministro Lollobrigida in materia ha versato mezzo milione per una campagna di pubblicità della “pasta” all’insegna di un personale slogan “La pasta, integratore di felicità”.

 

 

22 Agosto 2023Permalink

12 agosto 2023 – Marinella Perroni ricorda Michela Murgia

11 agosto 1023 L’Osservatore  romano

Un ricordo di Michela Murgia  La vita, la teologia e le polpette
di Marinella  Perroni

Il 10 agosto è morta, a 51 anni, la scrittrice Michela Murgia. Ne pubblichiamo un ricordo personale della teologa Marinella Perroni.

L’ultimo suo post su Instagram è stata una piccola ode alle polpette. Ho scaricato Instagram negli ultimi mesi solo per seguire lei, perché mi aveva detto che era quello il modo che aveva scelto per restare in contatto con tutti coloro che le volevano bene, le erano cari, la seguivano. E io mi sono sempre sentita soltanto una dei tanti, innumerevoli, suoi amici. Per me, però, averla conosciuta è stata anche una sorta di “grazia di stato”. Sì, dato che la passione per la riflessione teologica è sempre stato uno dei fili portanti delle nostre, purtroppo rare, ma lunghissime conversazioni. Perché per Michela fede e teologia non potevano che convergere, l’una a sostegno e garanzia dell’altra, ma anche l’una in grado di far deflagrare l’altra.

Lei lo ha raccontato diverse volte nei suoi libri. Ci siamo conosciute quando ancora intorno a lei non si era andato raccogliendo il mondo intero, scrittori e stilisti, scienziati e politici, intellettuali e giornalisti. E, con loro, un numero incalcolabile di “amici” che hanno goduto della sua capacità davvero unica di esprimere in parole acute e taglienti, scevre da qualsiasi preziosismo, la sua intelligenza delle cose, del mondo e delle persone. Una intelligenza limpida, che andava alla velocità della luce, che mai si piegava al male della banalità, che sempre intravvedeva la ricaduta politica di ciò che siamo e facciamo.

Era la sera dell’8 marzo 2010 e da un paese della provincia di Nuoro di qualche centinaio di abitanti mi avevano invitato a tenere una tavola rotonda su “donne e chiesa”, uno dei tormentoni che va avanti ormai da decenni. Mi avevano contattato dicendomi che, accanto a due teologhe che venivano dal continente (insieme a me c’era Cristina Simonelli), ci sarebbe stata una giovane scrittrice sarda.

Michela aveva 38 anni e per 13 anni — tanti per quanto è stata capace di darmi, troppo pochi per quanto mi avrebbe potuto ancora regalare — mi ha fatto sentire sempre la sua presenza, anche se riuscivamo a vederci troppo poco. Era questa la sua forza: esserci con tutta la potenza della sua vitalità, sapendo che nessuna lontananza può mai dividere ciò che Dio ha unito. Perché per lei le relazioni erano espressione di Dio: non avrebbe certo potuto scrivere in God Save the Queer quelle pagine davvero magiche di teologia trinitaria se non avesse fatto questa esperienza di Dio e degli umani. Una Trinità che si espande a dismisura in tutto ciò che uomini e donne fanno per rendere il mondo degno di loro, ma anche di Dio.

Poi è venuta Accabadora, la sorpresa di Ave Mary in risposta a una mia richiesta che pensavo ormai archiviata dato il suo prorompente e incalzante successo. Mai però in lei il successo ha avuto il sopravvento sulle relazioni. Poi sono venuti tutti gli altri libri di cui, a volte, mi leggeva lei stessa capitoli interi. Ultimamente, anche passando ore sedute al tavolino del ristorante Il cambio, a Trastevere, dove si sentiva tra amici fraterni, protetta almeno un po’ dalla cattiveria che le si rovesciava contro giorno dopo giorno in modo direttamente proporzionale a ogni sua parola pubblica.

Era diventata instancabile: la “causa” per la quale investiva tutte le sue energie, cioè non rinunciare mai alla qualità politica di ciò che siamo, pensiamo, diciamo e facciamo, era per lei fuoco che brucia senza consumarsi perché la vita genera sempre altra vita. Questo era il “credo politico” di Michela e lei sapeva, per di più, che il tempo si era fatto breve. Paradossalmente — ma non per lei — la malattia non l’aveva vinta ma le aveva piuttosto fatto accelerare il ritmo. E ha voluto mangiare tutti i frutti che la vita le ha messo tra le mani, li ha saputi gustare perché avevano il sapore della complessità della vita.

Le polpette, sì. «Metafora del queer», così le chiama in quell’ultimo saluto con cui si è congedata dalla vita. Perché tra le tante cose che Michela ha insegnato ai suoi figli c’è anche l’arte del cucinare. Michela cara, anche per me sarà sempre metafora quel piatto di spaghetti con mazzancolle e zucchine che hai imbandito per me il sabato di Pasqua di quest’anno e che ci siamo gustate, sedute nella mia cucina a parlare di morte e risurrezione. Metafora della vita, della fede, dell’amicizia. Ma anche del dolore e del mistero.

di MARINELLA PERRONI

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-08/quo-185/la-vita-la-teologia-e-le-polpette.html

 

11 Agosto 2023Permalink

8 luglio 2023 _ Luigi Sandri della redazione di Confronti sul Caso Mortara

Luigi Sandri (Redazione Confronti)

Il film Rapito di Marco Bellocchio, dedicato a Edgardo Mortara – il bambino ebreo di Bologna (allora parte dello Stato pontificio), nel 1858 nascostamente battezzato da una “colf” cattolica, e quindi fatto rapire da Pio IX e portato a Roma, per essere educato nella fede cattolica – ha fatto assai discutere sui media italiani. Non ci addentriamo, però, in queste valutazioni, ma ci soffermiamo su alcuni aspetti storico-teologici che ci sembra importante ulteriormente illuminare, per evidenziare l’arretratezza culturale e la caparbietà ecclesiale di papa Mastai Ferretti; e le contraddizioni di successivi pontefici.

Reticenze della stampa vaticana sul caso del piccolo ebreo rapito 

Anche L’Osservatore Romano non poteva evitare di confrontarsi con il lavoro di Bellocchio, e dunque con l’operato di Pio IX: e il 30 maggio ha dedicato due pagine al film appena uscito. Sul quotidiano vaticano ne parlano Andrea Tornielli e Andrea Monda – firme autorevoli di quel giornale, e poi una voce esterna, quella di Marco Cassuto Morselli, presidente della Federazione delle Amicizie ebraico-cristiane. Il racconto dei due giornalisti ci appare corretto nella ricostruzione dei fatti storici e, tuttavia – a nostro parere – reticente nel giudizio sull’operato del pontefice che regnò ben trentadue anni (dal 1846 al 1878) sulla cattedra di Pietro: il più lungo pontificato della storia.

È ben vero che è improprio giudicare il passato con il senno di poi, e una mentalità dell’Ottocento con quella prevalente, anche nella Chiesa romana, nel terzo millennio. Ma, proprio ponendoci centocinquanta anni fa, possiamo constatare che già allora vi erano fermenti, in campo cattolico, che iniziavano a mettere in questione alcune prassi in vigore, come quella precisata da Benedetto XIV che, nel 1747, aveva stabilito, ricorda Tornielli: “Ogni bambino battezzato doveva essere educato cattolicamente anche contro la volontà dei genitori”.  Decisione tremenda che, al tempo, fu denunciata dai filosofi illuministi, ma che il magistero papale, arroccato nella difesa della “verità” (o che tale appariva ai suoi occhi) non volle mettere mai in discussione.

Ora, già nel 1858 nel variegato mondo cattolico vi erano intellettuali (scrittori, storici, filosofi e teologi) che – interpellati – forse avrebbero fatto comprendere al papa del tempo che mantener fede a quanto stabilito da un suo predecessore di cento anni prima non era affatto una scelta “necessaria”. Antonio Rosmini era ormai scomparso: ma non ci sarà stato qualche suo discepolo e forse amico, come Alessandro Manzoni, che potesse dare un saggio consiglio al pontefice?

In campo laico, l’imperatore francese Napoleone III e il “premier” sabaudo italiano Camillo Cavour cercarono di persuadere il papa a restituire finalmente alla famiglia natia il bambino ebreo “rapito”. Ma il pontefice fu irremovibile: era convinto che Dio stesso gli imponesse di trattenere Edgardo, per educarlo cattolicamente e in tal modo “salvarlo”. Lo stesso “rapito” era ormai riconoscente al suo rapitore che, pur dopo la presa di Porta Pia (20 settembre 1870) che minò alla radice il potere temporale dei papi, rifiutò di farlo tornare a Bologna: Edgardo proseguì nella nuova fede fino e farsi sacerdote (con grovigli di coscienza che non possiamo indagare, e che forse perfino il dottor Freud avrebbe faticato a dipanare).

Stanti così le cose, non è pregiudizio, ma onesta conclusione tratta non solo dei fatti narrati da Rapito ma anche da una indagine indipendente sulle fonti storiche, affermare che Mastai Ferretti era veramente preda della cecità ecclesiale. Non era una colpa personale ma, diciamo così, istituzionale: la deliberata volontà vaticana di non ascoltare mai gli input dell’Illuminismo (che non era certo infallibile, ma che affermava anche verità indiscutibili sulle quali sarebbe stato atteggiamento prudente misurarsi). Afferma Tornielli: “Oggi un caso Mortara non potrebbe più ripetersi perché la libertà religiosa sancita dal Concilio Vaticano II ha contribuito a cambiare prospettiva”.

Certo: ma non era il caso di riconoscere su L’Osservatore che oggettivamente le idee di Pio IX, che pur caratterizzano anche molti suoi predecessori, e che durarono, in parte, anche dopo, hanno provocato immensi danni alla Chiesa?

E papa Wojtyla proclama “beato” Pio IX

Ventitré anni fa, nel 2000, il numero di marzo di Confronti riportava un’ampia intervista ad Elèna Mortara, la cui bisnonna paterna era sorella dello sfortunato ragazzo. A parte il ribadire quanto fu doloroso, per la sua famiglia, la vicenda del rapimento ordinato a suo tempo da Mastai Ferretti, ella esprimeva sdegno per il papa regnante all’alba del terzo millennio, Giovanni Paolo II. Questi, infatti, aveva appena deciso di “beatificare” insieme, entro pochi mesi – il 3 settembre successivo – Pio IX e Giovanni XXIII.

La notizia giunta dal Vaticano sollevò naturalmente molte proteste non solo nelle comunità ebraiche, ma anche in alcune delle cattoliche. Ma Karol Wojtyla non sentì ragioni, e alla data prefissata elevò Pio IX alla gloria degli altari. A giustificazione della sua decisione, nell’omelia per l’occasione affermò: «Ascoltando le parole dell’acclamazione al Vangelo: “Signore, guidaci sul retto cammino”, il pensiero è andato spontaneamente alla vicenda umana e religiosa del Papa Pio IX, Giovanni Maria Mastai Ferretti. In mezzo agli eventi turbinosi del suo tempo, egli fu esempio di incondizionata adesione al deposito immutabile delle verità rivelate. Fedele in ogni circostanza agli impegni del suo ministero, seppe sempre dare il primato assoluto a Dio ed ai valori spirituali. Il suo lunghissimo pontificato non fu davvero facile ed egli dovette soffrire non poco nell’adempimento della sua missione al servizio del Vangelo. Fu molto amato, ma anche odiato e calunniato.

Ma fu proprio in mezzo a questi contrasti che brillò più vivida la luce delle sue virtù: le prolungate tribolazioni temprarono la sua fiducia nella divina Provvidenza, del cui sovrano dominio sulle vicende umane egli mai dubitò. Da qui nasceva la profonda serenità di Pio IX, pur in mezzo alle incomprensioni ed agli attacchi di tante persone ostili. A chi gli era accanto amava dire: “Nelle cose umane bisogna contentarsi di fare il meglio che si può e nel resto abbandonarsi alla Provvidenza, la quale sanerà i difetti e le insufficienze dell’uomo”.

Sostenuto da questa interiore convinzione, egli indisse [nel 1869] il Concilio ecumenico Vaticano I, che chiarì con magisteriale autorità alcune questioni allora dibattute, confermando l’armonia tra fede e ragione. Nei momenti della prova, Pio IX trovò sostegno in Maria, di cui era molto devoto. Proclamando il dogma dell’Immacolata Concezione, ricordò a tutti che nelle tempeste dell’esistenza umana brilla nella Vergine la luce di Cristo, più forte del peccato e della morte».

Per il papa polacco, dunque, non vi era stata nessuna ombra nel comportamento di Pio IX, che sconsigliasse la sua attuale esaltazione; nessun cenno, perciò, al rapimento di Edgardo. A conforto della sua imbarazzata censura Karol Wojtyla avrà letto il lunghissimo commento che nel 1858 La Civiltà cattolica – la battagliera rivista dei gesuiti fondata otto anni prima – aveva dedicato al famoso rapimento: una difesa d’ufficio che, pur fatta la tara dei diversi tempi tra allora e il terzo millennio, oggi lascia stupefatti per l’arroganza morale e la miopia ecclesiale con cui difende l’indifendibile: e, cioè, la pienissima liceità (anzi, il dovere!) per il papa di rapire un bambino ebreo battezzato contro la volontà dei genitori, per educarlo nella “vera fede”. Del resto – spiegava la rivista – i diritti del Padre celeste vengono ben prima di quelli del padre terreno!!! Ragionamenti lontani anni-luce da quanto, a proposito dell’atteggiamento della Chiesa cattolica verso gli ebrei, affermerà un secolo dopo la Nostra aetate, dichiarazione del Concilio Vaticano II, approvata nel 1965, dedicata relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane.

Ora si rimane basiti nel constatare che, trentacinque anni dopo quell’evento, al quale Giovanni Paolo II aveva personalmente partecipato come arcivescovo di Cracovia, questi non fosse sfiorato da nessun dubbio sulla opportunità di beatificare il “santo rapitore”. Tuttavia, proprio nel 2000 da più parti, all’interno stesso del mondo cattolico, si sottolineò: quali che siano stati i “meriti” di Pio IX, proprio per la vicenda di Edgardo Mortara quel papa non (non!) andava beatificato: egli, invece, andava lasciato nel chiaroscuro del suo tempo e del suo pontificato, con gli storici, ed i fedeli, liberi oggi di apprezzarlo per alcune sue scelte, e di criticarlo per altre. O è una “calunnia” ricordare oggi che Pio IX ordinò di fatto il rapimento di Edgardo?

Commentando su L’Osservatore il film di Bellocchio, Morselli scrive: «Le reazioni che esso susciterà negli ambienti cattolici  diventeranno una cartina di tornasole della recezione degli insegnamenti di Nostra aetate e della diffusione delle acquisizioni del dialogo ebraico-cristiano. È ora necessario che sia l’idea stessa di “conversione degli ebrei” ad essere ripensata dalla riflessione teologica». Auspicio del tutto condivisibile, ma non sappiamo se davvero recepibile – e recepito – dall’Istituzione-Chiesa romana.

 

Il Codice canonico: sì al battesimo a ignari bambini non cristiani

Il rinnovato – alla luce del Vaticano II – Codice di Diritto canonico, varato da papa Wojtyla nel 1983, al canone 868, § 2, afferma: “Il bambino di genitori cattolici e perfino di non cattolici in pericolo di morte è battezzato lecitamente anche contro la volontà dei genitori” (in latino: etiam invitis parentibus). Dunque, in teoria è possibilissimo che si ripeta, magari aggiornata, una vicenda Mortara. Forse, oggi, un piccolo bambino ebreo, battezzato segretamente da una colf che lo ha considerato in pericolo di vita, non sarà rapito (come si potrebbe, davanti alle tv, giustificare un tale delitto?). Ma, pur nel silenzio, e nell’impunità, sarebbe violata la volontà dei genitori.

Rimane un enigma: come, nel post-Concilio, e mentre le strutture vaticane sempre lodano Nostra aetate, è stato possibile varare una tale aberrazione giuridica valida erga omnes (magari in India con un bambino indù, o in Congo con il figliolo di una famiglia seguace di una religione tradizionale africana, o in una clinica del Pakistan, dove la maggioranza della popolazione è musulmana). Ma la spiegazione è semplice, e ferrea: la Chiesa romana, ritenendo che quel bambino, morendo senza battesimo, finirebbe all’inferno (non più al limbo, dato che l’esistenza di quel “luogo” è stata messa in dubbio perfino da papa Ratzinger!), propone di battezzarlo anche contro la volontà dei genitori. Quindi niente segreto: magari una furiosa lite in una stanza di ospedale, dove l’infermiera, obbediente cattolica, riesce infine ad aver la meglio sugli straziati genitori. Ma se questi – supponiamo che il caso avvenisse in Italia – per difendere il loro diritto chiamassero i carabinieri, questi debbono arrestare i genitori che si oppongono al Codice di Diritto canonico, o mettono le manette all’infermiera che viola le leggi di uno Stato laico?

Sullo sfondo, rimane la teologia cara a Pio IX, e tuttora viva sotto traccia nel pensiero di molti prelati: la Chiesa romana, pur “invitis parentibus”, deve far di tutto per battezzare i bambini nati da famiglie non cattoliche e che siano (o sembrino) morenti. Non è nemmeno sfiorata dall’idea che tutti i bambini del mondo, quale che sia la religione o non religione delle loro famiglie, se muoiono vanno dritti dritti in paradiso, seppure non battezzati. Dio è grande e giusto, e non domanda carte di identità ai bambini: per salvarli, se battezzati, e punirli, se non lo sono. NO: il Padre li salva tutti.

Altra cosa, ovviamente, è se si tratta di genitori cattolici che, almeno in teoria, dovrebbero essere felici che il loro piccolo sia  battezzato. Non ci addentriamo, però, in questa problematica che riguarda la prassi, per alcuni fedeli giustissima ma per altri discutibile, di battezzare gli infanti, incapaci di decidere.

Torniamo al figlio di “non cattolici”: la gravità teologica di quel § 2 del canone 868 è evidente, perché trasmette una idea inammissibile di Dio. Eppure rimane nel Codice canonico: come mai, allora, già dalla parte cattolica, non si alza un tuono di proteste per cancellarlo? Oggi la Chiesa romana – ufficialmente – non vuole battezzare gli ebrei; non lo voleva nemmeno ai tempi di Benedetto XIV e di Pio IX. Ma si è riservata, come già allora, una eccezione furba: ove un bambino ebreo sia stato infine validamente battezzato, sia pure invitis parentibus, ormai è cristiano a tutti gli effetti. Dunque “nostro”; e “sbattezzarlo” è arduo. Che fare? I tempi sono calamitosi, ed è “impossibile”, per  ragioni politiche, rapirlo: infatti, un tale atto, pur eseguito invocando il beato Pio IX, susciterebbe un clamore mediatico tale da distruggere il Vaticano. E allora, far finta di niente e lasciare il bambino battezzato, se sopravvive, ai rabbini? Un mare di contraddizioni inestricabili.

L’unica soluzione degna e onesta è che un papa – Francesco oggi regnante, o chi verrà dopo di lui – cancelli quel canone, sostituendolo con un altro che proibisce espressamente di  battezzare in punto (vero o presunto) di morte bambini di famiglie non cattoliche. Tornielli e Monda nei loro commenti su L’Osservatore Romano, ignorano la spinosa questione del canone 868. Ma potrebbero sempre riprenderla…

Da questa pur schematica panoramica, innescata dal film Rapito di Bellocchio, ma esondata anche su altri fatti, emerge che nella Chiesa romana permane una legislazione canonica che sfocia in una violenza oggettiva profonda, seppur in parte diversa da quella che attuò Pio IX contro il piccolo Edgardo. L’ipotesi di un battesimo di bambini (veri o presunti ammalati gravi) invitis parentibus, contraddice frontalmente il Concilio Vaticano II, in particolare la Dignitatis humanae, dichiarazione sulla libertà religiosa. Dunque, quel § 2 del canone 868, e iniziando proprio dal fronte cattolico, andrebbe scardinato, sotto il profilo storico, giuridico, ecclesiale e teologico. Se non ora, quando?

 

7 Agosto 2023Permalink

2 agosto 2023 – La giornata dei bambini fantasma

Trascrivo quanto ho trovato sui bambini morti nella strage di Bologna del 2 agosto 1980.
Di loro  resta il nome, anche quello della piccola vittima polverizzata di cui nulla è stato trovato.
Non riesco a non pensare alla efferatezza di chi ha voluto nel 2009 che ai figli dei migranti non comunitari  irregolari fosse negata ogni forma di identità: fantasmi esposti a ogni possibile violenza perché nulla li tutela.  La legge come la bomba del 2 agosto.
Ormai dispero che questo problema sia risolto. Non vedo nulla cui aggrapparmi fra il cinismo politico e l’opportunismo dell’indifferenza della società civile che rifiuta ogni impegno almeno per far conoscere il problema.
E come siamo stati feriti dal lungo e penoso itinerario per identificare i colpevoli della strage  di cui ancora non  si conoscono i mandanti, dovremmo essere feriti anche dalla consapevolezza  dell’immagine di un parlamento che si è riunito 14 anni fa per dire ad alcuni nati appositamente classificati: “Tu non  esisti”.
Se qualcuno che  leggerà questa nota avesse dimenticato la questione dei bambini fantasma troverà molta documentazione in questo mio blog attivando i tag anagrafe, bambini, nascita, permesso di soggiorno.
Augusta

 Luca e gli altri: chi sono i 7 bambini morti nella strage in stazione (che Bologna non dimentica) | VIDEO

Il Comune e la Regione hanno ricordato le vittime più giovani della Strage insieme all’Associazione dei familiari e all’Istinto Aldini Valeriani

Angela Fresu, Luca Mauri, Sonia Burri, Francesco Cesare Diomede Fresa, Manuela Gallon, Eckhardt e Kai Mader. La più piccola aveva tre anni, il più grande quattordici. Sono loro i sette bambini che hanno perso la vita nell’attentato del 2 agosto 1980 alla Stazione di Bologna.

Oggi, lunedì 1° agosto, le sette giovani vittime sono state ricordate a Villa Torchi, al quartiere Corticella, dal sindaco Matteo Lepore, la vicepresidente dell’Emilia-Romagna Elly Schlein, il presidente dell’Associazione familiari delle vittime Paolo Bolognesi e dalla presidente del Quartiere Navile Federica Mazzoni, la vicepresidente dell’Assemblea legislativa regionale Silvia Zamboni e altre autorità civili e militari. Per l’occasione, gli studenti dell’Istituto Aldini Valeriani hanno deposto delle corone di fiori al monumento dedicato alle sette vittime ed hanno, inoltre, composto una lettera letta per l’occasione dall’attrice Donatella Allegro.

2 Agosto, chi sono i sette bambini vittime della Strage

Oggi Bologna ha ricordato le vittime più giovani della Strage. Sette bambini, ognuno con una storia diversa. Tra questi c’era “Eckhardt Mader, 14 anni, viveva ad Haselhorf in Westfalia ed era venuto in Italia con i suoi genitori e i due fratelli – riporta il sito della Regione Emilia-Romagna – per trascorrere una vacanza al Lido di Pomposa, in provincia di Ferrara. Il 2 agosto era in stazione con tutta la famiglia perché, arrivati da Ferrara, aspettavano il treno per tornare a casa, in Germania. Alle dieci e venticinque Eckhardt e i due fratelli erano in sala d’aspetto con la mamma, mentre il padre, avendo l’intenzione di occupare le due ore di attesa per vedere Bologna, stava per uscire dalla stazione. Lo scoppio uccise Eckhardt, il fratello Kai e la mamma Margret. Rimasero feriti l’altro fratello e il padre che scavando fra le macerie riuscì a ritrovare i suoi cari”.

C’era poi “Angela Fresu, 3 anni, abitava a Gricciano di Montespertoli, in provincia di Firenze e famiglia di origine sarda era composta dalla mamma Maria, dai nonni e dai sette fratelli della mamma. Era in stazione con la mamma e due sue amiche perché stavano andando in vacanza sul lago di Garda. L’esplosione le colpì in sala d’aspetto. Maria, Angela e Verdiana Bivona, una delle amiche della mamma, morirono mentre l’altra amica rimase ferita. Con i suoi tre anni Angela è la vittima più piccola della strage”.

E ancora: “Luca Mauri, 6 anni, avrebbe frequentato la prima elementare all’inizio dell’anno scolastico e viveva con la mamma Anna Maria e il papà Carlo a Tavernola una frazione di Como. Venerdì primo agosto erano partiti verso Marina di Mandria, in provincia di Taranto per trascorrervi le vacanze. Giunti nei pressi di Bologna ebbero un incidente automobilistico: rimasero illesi, ma l’auto si guastò. Per questo venne lasciata da un meccanico a Casalecchio di Reno, nei pressi di Bologna, e la famiglia Mauri decise di prendere il treno per raggiungere Brindisi e poi la località di villeggiatura. Il 2 agosto arrivarono in stazione poco prima dell’esplosione che li uccise”.

Sonia Burri: “Sonia, 7 anni, era partita da Bari con i genitori e il 2 agosto era in stazione con loro e con i nonni materni, la sorella Patrizia Messineo, zia Silvana – la sorella della mamma – e le cugine. Lo scoppio la sorprese in sala d’aspetto: i soccorritori la trovarono viva ma in gravissime condizioni vicino alla sua bambola rossa. Morì in ospedale due giorni dopo. La bomba la uccise assieme alla sorella e alla zia”.

Quel 2 agosto 1980, alle ore 10.25, in stazione c’era anche Francesco Cesare Diomede Fresa: “Cesare, 14 anni, era un ragazzo di Bari, assieme al papà Vito e alla mamma Errica era partito dalla loro città il venerdì primo agosto con il treno per evitare il traffico sull’autostrada. Il 2 agosto erano in stazione e lo scoppio della bomba li ha uccisi. Della famiglia rimase solo la figlia che non era partita assieme ai genitori e al fratello”.

Infine a bolognese Manuela Gallon: “Manuela, 11 anni, era di Bologna, aveva superato gli esami di quinta elementare e si preparava ad affrontare le scuole medie. I genitori l’avevano accompagnata in stazione e stavano attendendo il treno che l’avrebbe portata alla colonia estiva di Dobbiaco, in provincia di Bolzano dove avrebbe dovuto trascorrere due settimane di vacanza. I tre si trovavano vicino alla sala d’attesa e il padre si allontanò per comprare le sigarette. Proprio in quell’istante scoppiò la bomba: Manuela rimase gravemente ferita, fu ritrovata e portata in coma all’ospedale dove morì 5 giorni dopo. La mamma morì e il padre rimase ferito”.

 

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https://www.bolognatoday.it/cronaca/strage-2-agosto-bambini-morti-bologna.html

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