18 gennaio 2014 – Una ragazza non-nata per tre anni

Avevo raccontato il 22 marzo

…  scorso la storia della ragazza figlia di cittadini albanesi che, nata in Italia, vissuta costantemente in Italia, al compimento del 18mo anno si era vista negare la cittadinanza italiana perché, a casa di un  errore del comune di residenza, era stata iscritta all’anagrafe con tre anni di ritardo.
Ha resistito, è ricorda al Tribunale e infine è stato riconosciuto il suo diritto ad avere la cittadinanza italiana.

La giusta, inutilmente tormentata, conclusione

Da il Corriere della sera del 18 gennaio  –  Stefano Pasta

Le è arrivato un sms mentre era a sciare con gli amici: «Monnalisa è italiana!». Il mittente era il suo avvocato. Sì, perché che Monnalisa dovesse essere italiana ha dovuto dirlo un giudice del Tribunale di Siena. Avevamo raccontato la sua storia: non bastava essere nata in Italia, averci vissuto per tutta la vita (19 anni) e aver frequentato asilo, elementari, medie e superiori. No, il Ministero dell’Interno ha scritto al sindaco di Monteriggioni, il suo Comune di residenza, che, per la legge, Monnalisa restava «una cittadina albanese per diritto di sangue». Anche se in Albania ci era andata una sola volta in tutta la sua vita, in vacanza. Il Ministero contestava infatti a Monnalisa di essersi iscritta all’anagrafe solamente all’età di tre anni (per un errore dell’impiegato dell’anagrafe di allora, peraltro).

Lei non si è arresa: insieme alla sua famiglia e agli avvocati Giulia Perin e Carla Guerrini ha fatto causa in Tribunale, portando, come già aveva fatto con il Ministero, le prove della sua presenza continuativa in Italia (certificato di nascita, attestati di vaccinazioni, esami medici) anche prima dell’ottenimento della residenza. Il giudice le ha dato ragione, mettendo nero su bianco che Monnalisa «è in possesso dei requisiti per conseguire la cittadinanza italiana». Con un’aggiunta: il Comune di Monteriggioni, per avere seguito le indicazioni del Ministero, è stato condannato a pagare 2.332,91 euro più iva di spese processuali.

«La vittoria era facilmente prevedibile – spiega l’avvocato Giulia Perin dell’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) – perché già in passato c’erano state sentenze simili e la giurisprudenza aveva già aperto questa via. La novità è invece la condanna alle spese legali. Finché l’unico rischio per l’Amministrazione che sbaglia è l’adozione del provvedimento dovuto, il cittadino e lo straniero sono privi di tutela effettiva. L’applicazione del principio “chi sbaglia paga” ha, nella nostra esperienza, una grande forza dissuasiva. In questo caso, peraltro, abbiamo deciso di non chiedere al Comune di Monteriggioni di corrisponderci le spese legali, perché proprio l’ente locale ha più volte interpellato il Ministero dell’Interno per verificare se ci fosse la possibilità di riconoscere la cittadinanza italiana a Monnalisa. Non riteniamo dunque giusto che il Comune sia tenuto a pagare per un’inadempienza imputabile allo Stato; il principio affermato nella sentenza però resta: anche l’Amministrazione deve pagare per i propri errori».

Senza il bel gesto degli avvocati, sarebbero stati soldi pubblici sprecati per la testardaggine del Ministero. E ora? Se seguissero una pioggia di ricorsi di ragazzi nella stessa situazione di Monnalisa – e di conseguenti condanne economiche ai Comuni per aver fatto quello che dice il Ministero –, come farebbero le casse già stremate degli enti locali?

Lei, intanto, si gode la vittoria e dice con accento toscano: «Sono felice, si è realizzato un sogno. Da una parte, non cambia quasi niente; dall’altra, è ufficiale: sono cittadina anch’io, posso votare, esprimere il mio pensiero politico, non devo più fare la fila per rinnovare il permesso di soggiorno». Quando l’ha saputo, era in seggiovia con gli amici: «Anche loro erano contenti, ma mi consideravano italiana già da un pezzo».

La mamma Eliana, accanto alla gioia, sottolinea invece un po’ di amarezza per essere dovuta ricorrere al Tribunale: «È una legge paradossale e assurda: io, mio marito, e di conseguenza la nostra figlia più piccola, avevamo già avuto la cittadinanza italiana un anno fa, mentre Monnalisa era rimasta l’unica straniera di famiglia, proprio lei che è la più italiana di tutti noi!». Ecco, forse andrebbe spiegato questo al ministro Alfano, preoccupato che lo ius soli trasformi l’Italia «in una sala parto per ottenere la cittadinanza», che la legge attuale va riformata perché nega la cittadinanza a ragazze come Monnalisa, che nelle sale parto italiane ci sono nate 19 anni fa, si chiamano come il ritratto italiano più famoso al mondo e parlano con lo stesso accento di Dante Alighieri

La mia conclusione

E’ evidente la correlazione fra il certificato di nascita e la cittadinanza che, su quel certificato viene registrata.
Perché ci si ostina a negarlo per legge ai figli degli immigrati non regolari costruendo situazioni che impegnano i tribunali a un lavoro evidentemente inutile?

18 Gennaio 2014Permalink