25 maggio 2014 – Lettera all’on. Kyenge

 

Ho inviato questa lettera aperta alla destinataria e la pubblicherò su facebook.
Servirà a qualche cosa?
Vista la mia esperienza temo di no ma non mi sento di lasciar perdere.

Gentile on. Cécile Kyenge,

Le scrivo a elezioni concluse per spiegarle le ragioni per cui ho dato il mio voto solo a lei, ragioni che non ho scritto prima perché non volevo entrare nel bailamme della propaganda elettorale secondo me malissimo giocata negli argomenti e nei modi.
Per essere comprensibile devo inserire le storie che mi hanno condotto alla scelta che ho dichiarato.

Prima storia
Delusa dall’atteggiamento del Pd su molte questioni e in particolare su un problema di cui dirò più avanti (le poche persone che so essere state capaci di una propria ragionata consapevolezza non hanno riscattato l’atteggiamento omissivo del Pd in quanto tale) avevo pensato a un voto per Tsipras, attratta dalla presenza di due persone che vorrei vedere nel Parlamento europeo, l’una – Barbara Spinelli – per la sua eccezionale competenza nella istituzione europee e nei Trattati firmati nel corso degli anni, l’altro – Adriano Prosperi – come storico di cui ho grande stima e soprattutto lo ritengo persona cui avrei affidato la mia speranza di poter leggere, nei fondamenti dell’agire del Parlamento Europeo, la consapevolezza delle  speranze di pace che, nell’immediato secondo dopoguerra – e se pensiamo al Manifesto di Ventotene – anche durante, avevano acceso l’idea dell’unità del vecchio continente.
Quella unità era sperata in un fondamento politico nato dalla lettura consapevole e responsabile di una storia drammatica e porterebbe fino al significato di scelte politiche quotidiane che non vogliano (e dalle proposte che ho sentito mi sembra invece lo vogliano) affidarsi all’occasionalità, eventualmente sostenuta da brandelli di ideologie più o meno metabolizzate.
Adriano Prosperi è candidato nella mia circoscrizione e mi sarebbe piaciuto votarlo affiancandolo a una candidata locale di cui ho stima.
E invece è arrivato lo schiaffo: Spinelli e Prosperi hanno dichiarato che, se eletti, si ritireranno per dar posto ad altri.
Vogliono ridursi a specchietti per le allodole? Non sono affari miei, non sono un’allodola.
E così, caduta la speranza Tsipras, sono tornata alla mia originaria ipotesi di scheda bianca.
Poi le cose sono cambiate.
Ma, per spigargliene la ragione devo passare alla

Seconda storia

Cinque anni fa l’allora ministro Maroni (era in carica il quarto governo di un tale già cav., già on. già molte altre cose) impose il voto di fiducia sulla legge che prese il numero 94/2009 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica). Ora la Corte Costituzionale la sta facendo a pezzi ma non si è occupata dell’aspetto che mi sta a cuore e su cui cerco di documentarmi: la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 che impone la presentazione del permesso di soggiorno ai non comunitari che vogliano assicurare ai figli un certificato di nascita, come la legge di ratifica della Convenzione  di New York impone invece per ogni bambino (legge 176/1991).
La Corte non se ne è occupata perché nessuno ne ha messo in moto il meccanismo nelle forme dovute ma tanto non servirebbe se fosse discussa e approvata una semplice modifica già formulata in proposta di legge n.740, affidata alla commissione Affari Costituzionali e di cui non sembrano occuparsi più nemmeno i 104 proponenti.

Ora dobbiamo collegarci alla storia europea.
Ho scritto sopra di storia drammatica. Appunto
Il nazismo voleva che certe persone, interi popoli fossero Untermenschen, sotto uomini e dovessero scomparire dopo che tutta la loro capacità lavorativa, i loro corpi stessi fossero stati messi a disposizione del grande reich.
La burocrazia tedesca creò le condizioni perché i lager potessero esistere e prosperare e sappiamo cosa furono.
Non vennero calati dal cielo compiuti e prefabbricati nella soluzione finale: crebbero un po’ alla volta, nel diffuso consenso popolare.
Il fascismo rivendicò orgogliosamente la stessa dottrina e il popolo italiano aderì.
Si faccia predisporre, on. Kyenge,  una rassegna stampa dei giornali italiani del 1938.
Cominci dal discorso a Trieste di Mussolini (cav. pure lui e pure lui capo dell’allora governo). Era il 1938, se non erro il mese di ottobre … ma non le sarà difficile trovare la registrazione di quell’infame discorso. Lo ascolti.
E nessuno o quasi (e molto dovremmo ragionare su quel ‘quasi’) protestò, anzi ..
Legga (io l’ho fatto) gli articoletti dei giornali locali di allora con cui direttori didattici, preside, insegnanti  plaudono ufficialmente alla scomparsa dei loro colleghi e dei loro studenti cacciati da scuola perché ebrei.
Oggi il popolo italiano subisce una legge che caccia neonati dal consorzio civile negando loro il certificato di nascita e tutti – o quasi – stanno buoni e zitti. Tacciono anche i parlamentari e io non mi sento rappresentata da chi digerisce tranquillo un’infamia del genere. E’ una norma che mi offende per il fatto di essere stata scritta e votata a prescindere dai danni che può provocare.
Certo i neonati che la legge vuole fantasmi sono probabilmente pochi ma, fermo restando che il diritto ad esistere non si pesa né a quintali né a chili, ci sono.
Ce lo dice un complesso di 80 associazioni che fanno parte del Gruppo Convention on the Rights of the Child (che ha il compito di monitorare la Convenzione di New York):
«Il timore, quindi, di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori».

«Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno. Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare»..

Ho parlato con  parecchi rappresentati del Pd (e salvo un consenso di alcuni a titolo personale e la predisposizione della negletta proposta di legge 740) ho capito che l’estraneità del problema per il Pd (e anche per Tsipras) è totale.
Ci si intestardisce ad affermare che la cittadinanza jus soli quando sarà sanerà tutto e a trasformare quel pur condivisibile obiettivo in un alibi per tacere sulla realtà che – solo in parte – le ho esposto.
Nel consenso diffuso (condito di finta inconsapevolezza intenzionalmente giustificante) abbiamo cominciato a creare i sotto bambini come il nazismo aveva creato i sotto uomini.

E allora perché le ho dato il mio voto?

Quando la settimana scorsa ci siamo incontrate a Udine in piazza San Giacomo io, a seguito del suo discorso per molti aspetti condivisibile ma non accettabile nell’omissione, sono intervenuta  e so che poi è stata avvicinata da due esponenti del Pd che hanno capito il problema.
Così il giorno successivo ho avuto la convincente sorpresa.
Sul più diffuso quotidiano locale ho letto, a seguito della proposta dei tre punti forti del suo programma in caso di elezione, «Giovani, donne, lavoro e integrazione», una precisazione che trascrivo: «La registrazione all’anagrafe italiana  per tutti i nuovi nati sul territorio in modo che a scuola non ci siano distinzioni, perché quella è la prima pietra di integrazione»
Aveva ascoltato, aveva capito, aveva superato l’omissione.
Io non so, on Kyenge, se sarà eletta al Parlamento Europe (spero di sì e che anche a Bruxelles resti capace di ascoltare, capire, rafforzare la sua determinazione e, se il caso, correggersi).
Lei è comunque parlamentare italiana. Quindi le faccio, con attenzione alla responsabilità che le spetta in entrambi i ruoli, quello che riveste e quello che forse rivestirà

due modeste proposte

Il 23 aprile nel corso della trasmissione di radio 3 (RAI – Tutta la città ne parla ore 10) un avvocato componente dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione  dichiarò (trascrivo dalla trasmissione ascoltabile in podcast):
«c’è un problema relativo a una questione  molto più grave.  Cioè la possibilità da parte di due persone che senza permesso di soggiorno, ma anche senza un documento di identità (la donna che è priva di un passaporto) di poter riconoscere il proprio figlio. Nel senso che sicuramente la normativa nazionale e internazionale le  riconosce questo diritto. Però questo diritto è stato posto in discussione più volte».
E ancora:
«  non è raro – purtroppo non è raro – il fatto che al momento del parto venga negata alla persona, alla donna che ha partorito in ospedale, la possibilità di riconoscere il figlio senza documento di identità, per cui una serie di strutture mediche trovano escamotage tipo per esempio la richiesta di testimoni che possano testimoniare che quella donna ha partorito quel figlio o anche altri stratagemmi assolutamente stravaganti»
Quindi i nostri sotto bambini non resterebbero, se ciò che ha detto l’avvocato dell’ASGI è vero, privi solo di certificato di nascita ma sarebbe negato persino il diritto naturale della madre che precede ogni burocrazia.
La mia proposta? Inviti il ministro della salute a verificare il fondamento di questa negazione della maternità  che a me sembra un crimine.

E ancora l’ASGI afferma (e sostiene tale affermazione con una lettera al MIUR del suo stesso presidente):
«Nelle indicazioni operative contenute nel testo del Ministero si trovano le indicazioni dirette alle segreterie scolastiche di richiedere ai genitori degli alunni stranieri, ai fini dell’iscrizione dei figli, l’allegazione alla domanda di copia del proprio permesso di soggiorno.»
Come nel caso precedente le chiedo di promuovere una verifica di questa procedura che paradossalmente contraddice addirittura la legge 94 che ho citato.

Cordiali saluti e auguri di buon lavoro ovunque si troverà ad operare.

Augusta De Piero  –  Udine

25 Maggio 2014Permalink