7 settembre 2014 – Ricevo da Bruno Segre

 

A Gaza l’operazione “Margine di protezione” era in corso ormai da alcune settimane quando alla comunità ebraica nord-americana venne indirizzata una lettera aperta, sottoscritta da 309 israeliani che attualmente risiedono negli USA.
Propongo alla vostra lettura questo testo, del quale ho eseguito la traduzione integrale in italiano. I firmatari  costituiscono il nucleo originario di un gruppo che si denomina “Israelis for a Sustainable Future”.
Ecco qui di seguito il testo.
Bruno Segre

Una lettera aperta agli ebrei americani

Siamo un gruppo di israeliani viventi attualmente negli Stati Uniti.  Ci rivolgiamo a voi in quanto ci opponiamo agli atti compiuti dal governo israeliano nel contesto dell’operazione “Margine di protezione”.

Ciò non significa che non riconosciamo la minaccia che Hamas costituisce per il popolo israeliano. Ci opponiamo a che vengano usate armi là dove vive la popolazione civile e denunciamo il sacrificio di civili da parte sia del regime di Hamas sia del governo d’Israele. Se richiediamo che cessi il bombardamento di Gaza, ciò non implica che non ci rendiamo conto delle condizioni impossibili in cui sono costretti a vivere gli israeliani che risiedono nella parte a sud del Paese. Né significa che non esigiamo per loro condizioni di sicurezza. Ma riconosciamo anche che dal governo d’Israele tale loro esigenza viene sistematicamente ignorata, salvo farla valere quando o governanti ritengano di trarne qualche vantaggio. In meno di sei anni abbiamo assistito a tre operazioni militari di grandi dimensioni; si tratta di operazioni che vengono riproposte  periodicamente perché sono infruttuose. D’accordo, per il momento le riserve di Hamas sono svuotate e le iniziative del movimento sono temporaneamente bloccate. Ma il prezzo morale richiesto per conseguire un tale risultato non valeva la pena che venisse pagato. E quand’anche ne fosse valsa la pena, sul lungo periodo l’uccisione di migliaia di civili e lo spostamento forzato di centinaia di migliaia di abitanti della Striscia non indeboliscono Hamas. Un simile bagno di sangue non fa che alimentare quell’unica risorsa di cui Hamas non può privarsi: l’odio. Solamente negoziati significativi di pace e la fine del regime di occupazione in Cisgiordania e a Gaza (il blocco è pur sempre una forma di occupazione) potranno prevenire la prossima salva di missili su Israele e la prossima serie di uccisioni indiscriminate a Gaza.

Ci rivolgiamo a voi perché desideriamo che si riconsideri che cosa significa essere favorevoli a Israele piuttosto che offrire un appoggio alla Palestina. Riteniamo che questi due termini debbano diventare un’unica e identica cosa. Siamo convinti che il sostenere che l’uno e l’altro popolo sono degni di godere di pari diritti sia il solo modo per dare vita a un Israele e a una Palestina migliori, e desideriamo che la comunità ebraica americana avalli questo nostro messaggio.

La convinzione che l’essere “favorevoli a Israele” significhi difendere acriticamente le azioni del governo e dell’esercito d’Israele non reca alcun aiuto al popolo israeliano. Il popolo israeliano non trae alcun vantaggio dall’essere oppressore.  Alla società israeliana non giova il governare su 4 milioni di palestinesi. Il soldato e la soldatessa israeliani non godono di alcun beneficio quando mettono a repentaglio la propria vita in guerre che potrebbero essere evitate.

Né alcun beneficio deriva al popolo d’Israele dal perpetuarsi del regime d’occupazione. I ragazzi israeliani non imparano nulla da chi insegna loro che tutto il mondo desidera ucciderli. E la popolazione d’Israele non acquista vigore con il coltivare l’aggressività, con l’alzare l’asticella dell’intolleranza e con l’accrescere il razzismo violento nei confronti dei concittadini palestinesi.

Ma proprio nella prosecuzione dell’occupazione sta il motivo che ha innescato la guerra ora in corso. Sfortunatamente il cinismo continua a crescere fra gli uomini e le donne che governano Israele: costoro sono disposti a sacrificare le vite di chiunque pur di conservare le loro posizioni di potere e di mantenere intatto il controllo sul popolo palestinese.

Siamo certi che la guerra in atto si sarebbe potuta evitare. Non crediamo che tutti i palestinesi ci vogliano uccidere. E siamo ben lieti di spiegare da dove stiamo venendo.

Riteniamo che un’informazione tendenziosa cerchi di far passare l’immagine di una simmetria che non esiste. Date un’occhiata alle cifre. Guardate le fotografie. Non è con il biasimare il coro internazionale delle critiche che  si riesce a rendere migliore l’immagine di Israele. La si può migliorare, tale immagine,  agendo in modo tale da far cessare le violazioni dei diritti umani. Ovviamente con questo nostro discorso non intendiamo essere indulgenti verso qualsiasi forma di antisemitismo, ma pensiamo che l’accantonare il nostro discorso facendolo passare per antisemita non giovi a nessuno.

Più che tutto, siamo convinti che il sangue è sangue, e che il sangue è uguale e di pari valore per tutti. E siamo ben consapevoli di ciò che avviene quando circola l’idea che le vite di un popolo valgano meno delle vite di altri popoli.

Per uscire dal ciclo della violenza, Israele ha bisogno del vostro sostegno.

Vi sollecitiamo a dire ai vostri leader che si sforzino di esaminare con occhio critico quelle politiche del governo israeliano dietro le quali essi si sogliono allineare. Vi chiediamo altresì di sostenere in Israele le voci moderate: forze che si trovano sempre più esposte ad attacchi da parte del loro stesso governo e dei mezzi israeliani di informazione, oltre a subire persino violenze fisiche per mano di vigilantes della destra. Vi incoraggiamo a scrivere ai vostri rappresentanti al Congresso perché condividano con voi la convinzione che Israele potrà garantirsi sicurezza e prosperità soltanto se smetterà di uccidere civili, rinuncerà definitivamente all’occupazione di Gaza e della Cisgiordania e garantirà libertà ed eguaglianza a tutti i suoi cittadini. Vi invitiamo ad avviare con noi un fruttuoso dialogo.

IFSF / Israelis for a Sustainable Future

Chi è Bruno Segre

Bruno Segre, storico e saggista, è nato a Lucerna nel 1930, ha studiato filosofia alla scuola di Antonio Banfi; si è occupato di sociologia della cooperazione e di educazione degli adulti nell’ambito del movimento Comunità fondato da Adriano Olivetti; ha insegnato in Svizzera dal 1964 al 1969; per oltre dieci anni ha fatto parte del Consiglio del “Centro di documentazione ebraica contemporanea” di Milano; per molti anni ha presieduto l’associazione italiana “Amici di Neve Shalom Wahat as-Salam”; nel quadro di un’intensa attività pubblicistica, ha dedicato contributi a vari aspetti e momenti della cultura e della storia degli ebrei; per anni ha diretto la prestigiosa rivista di vita e cultura ebraica “Keshet”. Tra le opere di Bruno Segre: Gli ebrei in Italia, Giuntina, Firenze 2001; Shoah, Il Saggiatore, Milano 1998, 2003

 

 

7 Settembre 2014Permalink