29 marzo 2015 – Giancarla Codrignani e papa Bergoglio

Efficacia e incisività di Bergoglio sulla Chiesa

intervista a Giancarla Codrignani a cura di Davide Pelanda
in “Tempi di Fraternità” n. 3 del marzo 2015

 Giancarla, c’è stata una lunga serie di titoli di libri sul Papa “venuto dalla fine del mondo”, come ha detto lui stesso nel momento dell’insediamento. Sembra che le case editrici cattoliche abbiano venduto molti libri sulla sua figura al salone del libro di Torino dello scorso anno.

Abbiamo scritto qualche tempo fa sulla nostra rivista che «Il papa è un testimonial eccezionale ma, nel deserto che stiamo attraversando, tutti rischiamo di abbandonarci alla tentazione del leaderismo esasperato, dalla quale il Vangelo ci mette in guardia in modo molto severo. La papolatria è sempre in agguato, e applaudire il papa è molto più facile che accoglierne il messaggio esigente».

Ti chiedo: da come si muove è un Papa attento all’immagine? Non si rischia un po’ la cosiddetta “papolatria”? Non ti sembra che sia un personaggio mediaticamente molto sovraesposto? Perché piace alle folle? Puoi commentare?

«Dura la lotta contro le immagini: noi cattolici, a partire dai più spirituali e perfino dai mistici, non possiamo toglierci dalla mente le tante teste di vecchi signori con barba bianca, triangolo e colomba sul capo che per secoli la pittura ha antropomorficamente rappresentato come il volto del Creatore.

Gli iconoclasti sarebbero abbastanza simpatici, non fosse che anche le religioni che non raffigurano le divinità, come l’ebraismo e l’islam, non hanno evitato l’ignoranza di Dio. Certo, non c’è confronto fra le dita di Adamo e di Yhwh della Cappella Sistina e le benedizioni papali sul TG, anche se i media non stanno aiutando le religioni.

Escludendo l’Islam, che nelle presentazioni appare come se noi fossimo solo le crociate e l’Inquisizione (e purtroppo per molti musulmani è questa la memoria), la spettacolarità non favorisce la comprensione di che cosa si debba intendere per Cristianesimo e Cattolicesimo. La gente sperimenta nel corso della vita più di un pontificato e ogni pontefice ha carattere e scuola di pensiero diversi: piazza san Pietro comunque compare sugli schermi sempre osannante a qualunque nuvoletta bianca si sprigioni a fine conclave, sempre ignara di chi mai sia l’eletto applaudito.

Certamente i fedeli non si entusiasmano perché credono nello Spirito Santo, ma perché l’antica suggestione del potere persiste e fa presa per convenzione clericale: è “il Papa”. Il tradizionalista Benedetto XVI è venuto dopo l’autoreferenziale Giovanni Paolo II senza apparenti scosse; ma ha rappresentato la novità a cui il papato non può più sfuggire: dando le dimissioni ha rotto la convenzione clericale e nemmeno il Belli una cosa così se la sarebbe sognata. Francesco sembra fare sul serio nel rinnovare anche in questo campo: sono duecento gli anni di ritardo che il cardinal Martini denunciava ed è necessario intervenire tempestivamente perché i cani da guardia sia della conservazione teologica, sia degli interessi vaticani stanno uggiolando e incominciano a mostrare i denti.

Francesco si è coraggiosamente spogliato delle scarpe di Prada, ma semplifica anche i riti che hanno fin qui spettacolarizzato il culto. Presentarsi la prima volta con la croce non più d’oro e gemme è stato un grande gesto mediatico, subito raccolto e compreso; ma se la gente non pretende che nelle diocesi, preti e parrocchiani zelanti insieme, si spoglino di tutti gli orpelli e diventino davvero cristiani convertiti, ci potrebbe essere qualche rimpianto… papolatrico, se si può dire. E c’è chi non aspetta altro.

Credo che il suo stile diretto e i contenuti delle cose che dice siano efficaci e costruttivi; vorrei che convertissero i troppi che giudicano qualunque personaggio solo se “gli piace”. La sobrietà non è accattivante».

Papa Francesco I sembrerebbe voler cambiare la Chiesa. L’abbiamo visto nelle sue aperture nel Sinodo della famiglia. Ma nei nodi dogmatici e teologici principali qualcuno dice che non si è mosso di un centimetro. È così? Secondo te ci sono vescovi e cardinali curiali che lo vogliono bloccare e schiacciare? Qualcuno teme che, per le sue aperture, corra dei rischi…

«Non ho firmato l’appello delle tante associazioni – di alcune delle quali faccio parte – perché non è (ancora) il momento di scendere in campo a difesa di Papa Francesco. Siccome il motivo della mobilitazione è stato un articolo di Messori (uno a cui non va bene nemmeno il Risorgimento perché anticlericale) che l’autore dichiarava “richiesto”, era bene chiedere al direttore del Corriere della Sera (il quotidiano su cui scrive Alberto Melloni) di far conoscere chi mai fossero i richiedenti. Tuttavia, vivendo a Bologna, non ho difficoltà a dire che il cardinal Caffarra è, dal punto di vista ecclesiastico, un capofila dell’opposizione a Bergoglio, anche se, intervistato, ha respinto le accuse dicendo testualmente “preferirei che si dicesse che ho l’amante (sic!) perché sono nato papista, ho vissuto da papista e voglio morire papista”. A Bologna c’è anche una sparuta minoranza che, per contestare la festa di Halloween, organizza una sorta di processione notturna contro i satanisti che va da una porta civica al cimitero, dove di satanisti ci sono solamente loro. Le chiese bolognesi sono tenute a dare la particola in bocca e, purtroppo, molti si adeguano, anche se l’atto di coraggio per non essere imboccati come bambini nel momento liturgicamente più serio sarebbe modesto (e i preti in genere non fanno difficoltà).

Non ci riusciranno a “farlo fuori”, ma la difesa della linea Bergoglio si fa più ardua perché per cinquant’anni abbiamo lasciato che gli stessi oppositori oscurassero il Vaticano II. Noi laici credenti, a cui il Concilio dava autorità, non ce la siamo presa per la totale ignoranza dei contenuti della fede a cui diciamo di credere. Come ho detto, molti potranno sentire deludenti certi smantellamenti dagli apparati spettacolari e dell’approccio che dà riconoscimento di valore anche ai non cattolici (l’ecumenismo è parola difficile, la libertà religiosa non meno).

La crisi ci rende più vulnerabili e la chiesa “povera” diventa scomoda. Infatti, a mio avviso, Papa Francesco è tutt’altro che lassista: vuole mantenere il suo gregge, ma non permette che passi per cristiano chi cristiano non è. In parole povere non dice che gli squilibri sociali sono causati dalla secolarizzazione e, anche se sembra indulgente con le coppie che hanno fallito, non ha mai detto di voler cancellare l’indissolubilità del matrimonio. Anche fuori dall’Occidente possono essere fonte di sconcerto le dichiarazioni (“chi sono io per giudicare?”) contrarie al rifiuto dell’omosessuale in paesi dell’Africa che lo condannano.

A mio avviso chi intende difendere Francesco lo faccia con un impegno coerente sulle singole tematiche, contribuisca a produrre un ‘alfabetizzazione culturale che riscatti i duecento anni di ritardo deplorati da Martini».

Sempre Bergoglio ha fatto un discorso contro le guerre al Sacrario di Redipuglia dove dice che “le guerre sono una follia” e che assistiamo ad una sorta di Terza Guerra mondiale. Cosa che non ha fatto il Presidente della Repubblica Napolitano il 4 novembre. Che ne pensi di questo Papa “pacifista”?

«Dunque, personalmente sono conosciuta come persona che si è sempre “battuta” per la pace. La contraddizione del “combattere” per la “pace” mi ha sempre impedito il puro e semplice irenismo.

Infatti, sempre nella mia interpretazione, il mondo non ha mai conosciuto “la pace”, perché nessuno ha mai potuto vivere bene se anche un solo paese era in guerra. Tanto meno oggi: l’Europa vive settant’anni di pace interna, ma è responsabile, con tutto l’Occidente, della mancata condivisione delle risorse con i paesi in cui sono in atto conflitti di cui è responsabile l’antico colonialismo e la moderna globalizzazione economica. Di qui il mio richiamo – sono stata Presidente della Lega degli Obiettori di Coscienza – a “prevenire” le guerre: quando i conflitti esplodono e intervengono le armi, ci sono le armi, c’è la guerra e non vale invocare la pace. Da Caino ai giorni nostri c’è stato un grande progresso e la guerra oggi, anche se la si fa, non è più un valore conclamato (la prima guerra mondiale viene organizzata da ministeri ovunque chiamati “della Guerra”). Tutti ammettiamo la legittima difesa e, siccome la razionalità umana è carente, nessuno dovrebbe aggredire nessuno; siccome avviene il contrario, ammettiamo l’esistenza degli apparati difensivi. Ma non si fa prevenzione e la diplomazia fatica a sostituire l’esercito.

Vediamo i conflitti degenerare, ma li alimentiamo: basta citare il conflitto Israele/Palestina presente alla nostra attenzione dal 1947. Dico questo perché la prima cosa che ha detto il Papa è che siamo già dentro una terza guerra mondiale frammentata, ma non è stato questo il richiamo che ha lasciato traccia nell’opinione pubblica, bensì la generica e ovvia definizione – che un papa cristiano non avrebbe mai dovuto stancarsi di predicare – di “follia”. Anche di Benedetto XV – che divenne Papa a guerra dichiarata (e con larga adesione del clero e mondo cattolico) – si ricorda la tardiva (agosto 1917) “inutile strage” e non gli appelli ai governanti mai accolti, dall’enciclica del novembre 1914 alla Pacem dei munus pulcherrimum del 1920, che rivela il suo timore che alla pace mancasse la riconciliazione e restassero i “germi di antichi rancori”. Anche lui aveva contro la Chiesa reazionaria: il padre domenicano Antonin-Dalmace Sertillanges, noto predicatore della chiesa della Madeleine a Parigi, aveva contestato: “Santo Padre, noi non vogliamo la vostra pace”…

Chi vuole seguire il Papa e, insieme, lavorare per la pace, deve cercare di capire come sta andando il mondo, occuparsi di politica internazionale e di commercio delle anni e non confondere Francesco con un governante. Perché, se, per stare dalla parte delle vittime, prendiamo posizione a fianco di uno dei contendenti, stiamo già dentro la logica amico/nemico. Meglio la diplomazia e aiutare la prevenzione».

Sempre sulle colonne della nostra rivista la scrittrice Michela Murgia ci ha detto che, secondo lei, «La Chiesa è in un momento storico in cui, per la prima volta, non sta innovando, come molte volte ha fatto in passato precedendo governi e filosofie, ma sembra muoversi a traino e non tenere più il passo. Eppure mai come in quest’ora storica di autosufficienza e di potenza tecnologica il mondo ha avuto bisogno del messaggio liberante e umanizzante di Cristo Gesù; confidare nell’ignoranza delle masse per indurle al fideismo attraverso le paraliturgie e le devozioni tradizionali significa abdicare al primo dovere ecclesiale, quello dell’annuncio e della sua testimonianza».

Che ne pensi? Rispecchia quello che vuole Papa Francesco per la sua Chiesa?

«C’è stata una vignetta carina, che raffigurava due che parlavano del nuovo papa: “Pensa, è un gesuita e parla come un francescano!”, “Appunto; è un gesuita”. Per dire che non sono sicurissima che Francesco abbia un quadro preciso della strategia del papa. Cito ad esempio il Sinodo sulla famiglia: questionario, partecipazione filtrata dalle diocesi, presenza inadeguata dei laici, tematica esclusiva (comunione ai divorziati e accoglienza dei gay): ok. Spero che Francesco abbia previsto le conclusioni (e, soprattutto, tenga d’occhio l’evoluzione di questi mesi), perché la famiglia tradizionale, quella della gente comune, è in crisi grave e la sua evoluzione è ancora lontana dal ritenersi compiuta, mentre sui principali problemi cattolici – indissolubilità, contraccezione, LGBT e sessualità – non sarà facilissimo cavarsela con i farisei che tengono a parole alla “dottrina”. Dal

punto di vista laico non ci sono grandi problemi: anche i cattolici tradizionalisti seguono gli insegnamenti morali della Chiesa solo a parole e non c’è conservatore lefebvriano che non abbia figli o fratelli conviventi o divorziati. Certamente Francesco sta incidendo seriamente sulla struttura: basta vedere i venti nuovi cardinali e costatare che nessuno è statunitense. Bisogna tener conto che Giovanni Paolo II era riuscito, nel suo lungo pontificato, a nominare un gran numero di vescovi a propria immagine e somiglianza; si era anche assicurato il controllo gerarchico secondo lo stile dei monarchi, con il risultato che il potere lo gestiva il Vaticano.

Che Bergoglio abbia deciso di sopprimere lo IOR per tutti gli scandali verificatisi, è di esemplare chiarezza, ma deve anche curare i conti del Vaticano da solo contro molti. In questo caso il Papa sa che la partita sarà lunga e decisiva per il futuro della Chiesa. Infatti al fondo di tutti i problemi sta la continuità: una Chiesa conservatrice potrà anche costruire una cittadella difensiva in cui deplorare l’assedio della modernità, ma se non ci si aprirà a riforme che, come diceva Giovanni XXIII, non cambiano il Vangelo ma ce lo fanno leggere meglio, diventerà sempre meno credibile.

Sono molti i libri usciti in questi anni sulla possibile fine del Cristianesimo e anche le altre religioni sono in crisi: la conflittualità che si è istaurata all’interno dell’Islam, in particolare dopo la rivendicazione estremista di alcuni criminali, manifesta la necessità di ripensare che cosa mai rappresenti oggi il Corano. A tutti i tradizionalisti piacerebbe tornare alle belle crociate e al martirio.

Ma, come dici tu, sarebbe davvero la fine, perché i messaggi delle religioni o sono liberanti o decadono, mentre è necessario che le chiese tornino all’annuncio e alla testimonianza non solo per coerenza, ma perché la gente ha bisogni umani più alti che debbono trovare alimento nella fede»

Cosa rimane da fare ancora nella Chiesa cattolica per trasformarla radicalmente? Quali opere deve svolgere Papa Francesco per essere vicino e/o simile al Santo di Assisi?

«Dunque: dopo Francesco il Papato non sarà mai più quello di prima (anche ad opera di Benedetto XVI e delle sue straordinarie dimissioni). La religione potrà finalmente cedere il passo alla fede, anche se a prezzo di un salutare dimagrimento: per aver silenziato per cinquant’anni il Concilio la Chiesa sta pagando il prezzo rilevante di non essere più attraente.

Qui ci inchiodiamo anche noi laici, a cui il Vaticano II ha dato autonomia e responsabilità e noi non ce la siamo presa. Se la gerarchia e la curia hanno mantenuto il potere sostenendo che il Concilio era stato irrilevante perché “pastorale” e non dogmatico, è stato perché troppo pochi sono stati i movimenti di base capaci di interpellare i propri vescovi.

Evidentemente secoli di obbedienza imposta e calata dall’alto come dovere del buon cristiano hanno determinato la passività che Gesù non ha mai ritenuto virtuosa. Il Santo di Assisi non è un’icona e non credo che mai, nemmeno oggi, accetterebbe di fare il Papa (e non sarebbe mai stato un gesuita).

Francesco (il Santo) ha avuto più contestazioni che accoglienza dai Papi suoi contemporanei:Innocenzo III sostanzialmente lo respinse, Onorio III approvò la Regola francescana (e anche quella domenicana), ma il suo impegno erano le crociate, sia per conquistare il sepolcro di Cristo sia contro gli albigesi e le eresie, mentre Gregorio IX si occupò della popolarità del Santo, ne condizionò l’Ordine e la memoria e lo ridusse nel fasto della chiesa dedicandogli il progetto di una basilica che dall’alto dei cieli Francesco doveva sentire parte della chiesa ricca poco testimone della povertà evangelica che credeva di aver testimoniato. Adesso la storia ci sorprende con una rivoluzione: anticlericale è il Papa. È perfino entusiasmante. Solo che non so se sapremo accettare il rovesciamento dei ruoli, perché non possiamo diventare noi, popolo di Dio, i clericali. Quindi quello che c’è ancora da fare dobbiamo proporlo da buoni seguaci del santo sovversivo. Oppure aspettiamo che alle altre cose da fare ci pensi il Papa? I tanti problemi della famiglia? La fine del celibato? La posizione delle donne nella Chiesa e i ministeri femminili? La nostra povertà, da chiamare piuttosto solidarietà, condizionati come siamo dalla mercificazione e dal consumismo di sistema? La prevenzione dei conflitti?».

 

Quali sono i compiti di testimonianza più urgenti per i piccoli gruppi ecclesiali?

«Ho appena finito di dire che dobbiamo farci francescani, cosa che probabilmente conosciamo poco, perché Francesco e Chiara avevano idee ben precise da cui non sono state tratte ancora le debite conseguenze. Pensate oggi un Francesco che inventava il presepio, che diceva che non c’è bisogno di andare in Palestina a fare le crociate perché qualunque coppia che ha avuto un figlio è Betlemme; oppure, sempre per dimostrare la stoltezza della passione di Papa Onorio per le crociate, la dimostrazione concreta che dal Sultano ci si può andare disarmati senza lo spreco di denaro che il Vaticano cercava da tutte le parti per armare i cristiani contro gli infedeli. I gruppi ecclesiali non sono mai “piccoli”, anche se sono poco numerosi: hanno miglior possibilità di approfondire la propria consapevolezza di credenti. A parte che siamo ignoranti proprio nelle cose che riteniamo fondamentali, viviamo in un’epoca di transizione: il mondo cambia e ci sentiamo pieni di incertezze e di dubbi.

Credo che molte idee che pure sentiamo di avere intuitivamente, le argomentiamo poco; ed è anche per questo che difficilmente chiediamo udienza al vescovo per rompergli le scatole.

Ho detto che vivo a Bologna, dove è vescovo il cardinal Caffarra, conservatore e oppositore di Bergoglio: non mi risulta che mai nessuno sia andato a rompergli un po’ di scatole invece di continuare a deprecarlo nei discorsi comuni. Forse per avere più sicurezza di argomentazione, dobbiamo approfondire di più i problemi e forse – so che il verbo è urtante. studiare…».

Quale è il volto di Dio che dobbiamo rendere presente nella storia che stiamo attraversando?

«Come puoi dire di amare Dio che non vedi, se non ami il fratello che hai vicino: senza citare Giovanni, bisognerà pure partire dall’amore. Dio è parola impegnativa, perché nemmeno Abramo o Mosè ne hanno avuto esperienza se non simbolica. Dante ci si è sprofondato senza più capire. Per molti è un tappabuchi, tanto per spiegare l’esistenza propria e del mondo.

Davvero – lo dico in giorni pesanti per il massacro dei giornalisti francesi e, ancor più, per il rafforzarsi in luoghi dell’Iraq o della Nigeria, di una follia sanguinaria attribuita alla religione – se non partiamo dalla solidarietà fra tutti gli umani, continueremo a nominare invano il suo nome.

Possiamo essere migliori di quello che siamo, a partire dalla mia amica che lo cerca per noi in clausura (e io non capisco del tutto), per finire a Samantha Cristoforetti che vola nello spazio sulle nostre teste e dimostra che la scienza va avanti più della nostra conoscenza dei massimi problemi.

Ma, qualunque cosa si faccia, bisogna non essere egoisti e chiusi. Altrimenti l’amore non lo troviamo: né per Dio né per gli altri.

Voglio aggiungere un argomento per me essenziale. Tutti, ma in primo luogo il Papa, dovrebbero farsi aiutare dalla cultura delle donne: che si parli del prossimo o di Dio, della pace o della politica, della vita o della morte, anche per Francesco (e gli altri) sarebbe ora di incominciare a sentire di avere bisogno di entrare nel futuro meglio attrezzato.

La Chiesa, che è testimone di un umano in cerca di bene, ma ancora diviso, se vuole essere “comunione” non può continuare senza di noi. Anche su questa infedeltà al vangelo Francesco può aiutarla».

29 Marzo 2015Permalink