14 aprile 2015 – Cronache dalla Gran Bretagna

Max Mauro

In più occasioni ho citato lo scrittore e giornalista Max Mauro che racconta e si racconta in un blog che ha chiamato «My home is where I am happy parafrasando la canzone di Charles Manson che ha ispirato il titolo del mio libro La mia casa è dove sono felice. “Cronache sincere da un cortile di passaggio” è il motto che l’accompagna»

Nel blog (raggiungibile anche da qui) Max si presenta:

«Max Mauro è nato a Frauenfeld (Svizzera) nel 1967, figlio di emigranti friulani. Scrittore, giornalista, ricercatore dell’umano paese ed ex cantante punk, si interessa di migrazioni, culture di confine, culture giovanili, sport critico, viaggi (preferibilmente in bicicletta). Ha lavorato come giornalista in Venezuela e raccolto storie di migranti in Sud Africa e Germania. Nel 2013 ha completato un dottorato di ricerca presso il Centre for Transcultural Research and Media Practice di Dublino, Irlanda, con uno studio etnografico sullo sport e i giovani di origine immigrata. Da ottobre 2013 lavora come Associate Lecturer presso la School of Communications and Writing, Southampton Solent University. A febbraio 2014 ha ricevuto una borsa di ricerca della FIFA per condurre uno studio su giovani calciatori di origine immigrata e senso di appartenenza in Italia»

Aggiungo, perché in più occasioni l’ho citata in questo blog, la postfazione al libro di Marina Frigerio Martina, Bambini proibiti. Voglio far riferimento anche al mio post del 21 dicembre 2014, “Frottole tosco-francescane per discriminare le bambine di Betlemme”, dove cito un intervento di Max.   Ieri comunque il nostro ha pubblicato (e ricopio)

Compiti a casa

Una mia studentessa mi propone come argomento per una tesina i compiti a casa nella prima infanzia. Ora, la prima infanzia è, generalmente, quella fase dell’infanzia che va dai 2 ai 6 anni. La mia studentessa è una educatrice, brava e diligente negli studi, quindi prendo con fiduciosa cautela quello che mi dice. Per di più che nella precedente tesina aveva condotto un censimento della letteratura sul contributo dei familiari nei compiti a casa e qualcosa ha dimostrato di saperne. In questo paese l’obbligo scolastico comincia a cinque anni ma l’irregimentazione infantile è prassi da ben prima. Tutto un prontuario di regolette, premi, adesivi (sticker!) per esaltare il più ubbidiente mirano a trasformare il bambino in un oggettino disciplinato e, portare pazienza, in un adulto dormiente. Però i compiti a casa. Sarà possibile? Mi è forse sfuggito qualcosa? Chiedo alla studentessa se è possibile che a bambini di 4/5 anni vengano affibbiati dei compiti per casa. Aggiungo anche, in confidenza, che mi parrebbe una cosa eccessiva e che i bambini a quell’età dovrebbero solo pensare a giocare giocare giocare. Per i compiti c’è sempre tempo. La sua candida risposta mi spiazza e, al contempo, mi conferma l’inamovibile struttura di classe della società britannica. Mi dice che lei è assolutamente d’accordo con me ma lavora in una scuola situata in una zona molto ricca (a very affluent area) dove i genitori hanno aspettative estremamente alte (extremely high) e per questo fanno continue richieste ai docenti di sostenere l’apprendimento dei loro piccoli anche quando non sono a scuola. Insomma, dategli dei compiti per casa che vogliamo che imparino ‘tutto’ prima possibile. Bravi. Viva la società competitiva. Nel frattempo le affollate scuole pubbliche faticano a seguire i bambini affidatigli e molti stranieri si rivolgono alle scuole cattoliche, private ma meno costose, per un’auspicata ma irrealizzabile ‘via di mezzo’. Meno male che esiste l’home schooling

14 Aprile 2015Permalink