2 maggio 2015 – Bambini invisibili: una relazione integrata

Faccio seguito all’impegno che avevo preso con me stessa il 27 aprile quando ho presentato nella sede della Casa delle donne di Udine (che ringrazio per l’opportunità offertami) una relazione sul problema dei ‘bambini invisibili’, i figli dei sans papier per cui la legge italiana vuole che l’acquisizione del certificato di nascita conosca gravissimi ostacoli.
Per la prima volta, da che ho iniziato ad impegnarmi in proposito sei anni fa, sono riuscita a proporre un intervento organico a un pubblico diverso da quello già incontrato in qualche sede ‘specialistica’ e così attento e reattivo da costringermi a una felice modificazione del testo della relazione che pubblico ora integrata da alcuni commenti raccolti che mi sono sembrati significativi e che si possono leggere anche in nota. Ringrazio anche gli amici di Ho un sogno, il piccolo mensile udinese che hanno condiviso questo problema nello spazio di informazione che teniamo vivo da più di vent’anni.

Bambini invisibili

In Italia esistono bambini cui la legge nega l’esistenza, non l’esistenza fisica ma quella giuridica e quindi, per cominciare, il legame con la propria famiglia pur desiderosa di accoglierli: sono i bambini invisibili. E’ una tragedia non nuova nella storia d’Europa. Anche prescindendo dalla rovina della Shoà, che strappò figli ai genitori, in Europa conosciamo almeno un’altra esperienza di bambini impediti per legge a vivere con chi li ha generati, quella dei “bambini proibiti”, come si intitola uno studio loro dedicato  [i] .

Erano i bambini che venivano separati dai loro genitori, lavoratori emigrati in Svizzera, perché la presenza di piccoli che necessitano di cure avrebbe potuto limitarne la capacità lavorativa e imporre allo stato gli oneri della presenza di minori non ammessi sul territorio. Non è accaduto in tempi lontani: la legge svizzera che prevedeva la negazione della famiglia ai figli degli emigranti lavoratori fu abrogata solo nel 2002 quando però la situazione aveva già conosciuto modifiche dovute all’intervento della società civile, quell’intervento che in Italia oggi si nega.

Comunque la diversa intitolazione della mia relazione e dello studio che ho ricordato già ci permette una precisazione: i bambini vittime delle norme svizzere erano proibiti ma esistenti, anche se la loro esistenza si consumava lontano dai genitori, con i nonni nel paese d’origine, in atroci istituti appositamente organizzati al confine italo-svizzero o chiusi in stanze svizzere in cui veniva insegnato loro a non muoversi per non scoprire la loro presenza. Se fossero stati scoperti i genitori sarebbero stati cacciati e avrebbero perso il lavoro. Bambini proibiti in Svizzera. Bambini invisibili in Italia,  invisibili perché inesistenti. E inesistenti per legge

Come è possibile che una legge sottragga un nuovo nato alla condizione di esistente? L’iter è già sufficientemente chiarito nella locandina a vostra disposizione (stesa – in occasione di un recente convegno della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni [ii]  con la confortante collaborazione di Chiara Gallo che ringrazio) ma ricordiamo tale procedura cominciando dalle modalità che assicurano – o meglio dovrebbero assicurare ad ogni bambino –  l’esistenza giuridica. Il documento che l’attesta è il certificato di nascita. Così lo descrive Geeta Rao Gupta, Vicedirettrice dell’Unicef [iii]:

«La registrazione alla nascita è più di un semplice diritto. Riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino» ed «è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dai progressi della propria nazione».

Dal 2009, in Italia, questo diritto, altrimenti universale e assoluto, è negato ai figli di coloro che non hanno il permesso di soggiorno. In Italia quindi ci sono bambini che, per legge, non esistono, non si vedono o meglio non si devono vedere.

Per capire come ciò avvenga è utile  percorrere l’itinerario che assicura la registrazione alla nascita. Quando nasce un bambino viene compilato l’atto di nascita in cui vengono indicati il luogo, l’anno, il mese, il giorno e l’ora della nascita, le generalità, la cittadinanza, la residenza dei genitori, il sesso del bambino e il nome che gli viene dato.
Se si tratta di bambini con genitori ignoti, sarà compito dell’ufficiale di stato civile attribuire al piccolo il nome ed il cognome. Nell’atto viene descritto anche il modo di accertamento della nascita. A ciò provvede il personale medico presente al parto o un sanitario che, pur non avendo direttamente assistito al parto, sia intervenuto successivamente. Era in questo momento che i bambini partoriti dalle prigioniere nelle carceri argentine al tempo del regime dei colonnelli venivano sottratti alle mamme dagli sgherri del regime. Le mamme poi venivano uccise, spesso gettate nell’oceano da apparecchi in volo. Così si creavano, fondandosi su un originario falso sanitario, le condizioni per false attribuzioni di genitorialità. E’ un crimine di cui ancora si parla per l’intervento delle “nonne di piazza di maggio” che cercano i nipoti, figli dei figli e delle figlie perduti. Ma torniamo a noi ribadendo che in questo contesto non ci occuperemo di minori che arrivano in Italia con i genitori richiedenti asilo, dei minori non accompagnati né dei minori infradiciottenni che possono presentare la richiesta di cittadinanza ma solo di bambini che nascono in Italia i cui genitori – o uno dei due – non hanno o hanno perso il permesso di soggiorno. E’ buona norma, quando si voglia affrontare un problema, definirne i termini e delimitarne il significato. Ciò non significa sottovalutare gli altri problemi, ma solo trarne uno da un groviglio che, se abbandonato alle nostre emozioni, potrebbe diventare inestricabile.

Il  23 aprile 2014 un avvocato del foro di Roma, facente parte dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) telefonò alla trasmissione di Radio3-Rai, Tutta la città ne parla’, segnalando un problema molto grave che, a suo dire, sarebbe intervenuto e che si colloca proprio a questo punto della vicenda: l’assenza di un documento di riconoscimento (p.es. il passaporto) impedirebbe in assoluto il riconoscimento del figlio pur intervenendo l’evento del parto in Italia. Ho raccolto il testo della telefonata che riporto in nota  [iv] Dopo la formulazione dell’atto di nascita interviene obbligatoriamente la dichiarazione di nascita che assicura l’iscrizione del nuovo nato nel registro comunale dello stato civile. A ciò provvedono, se lo riconoscono, i genitori o uno di essi o, in assenza, altri soggetti. E finalmente il bambino dispone del certificato di nascita dove risulterà anche la sua cittadinanza che sarà quella dei genitori e non quella italiana, perché così vuole la legge. Se un domani la legge fosse modificata e “chi nasce in Italia diventa italiano” (come fu detto con uno slogan tanto accattivante quanto confusamente inesatto) il problema si porrebbe lo stesso perché anche gli italiani devono essere muniti di regolare certificato di nascita. Oggi tutto potrebbe avvenire nella sicurezza della legalità, i nuovi nati avrebbero il certificato di nascita e sarebbero ‘visibili’ (per restare al titolo della relazione) se nel 2009 non fosse intervenuto il cd ‘pacchetto sicurezza’ (era il quarto governo Berlusconi e ministro dell’interno – che volle con forza questa norma e la impose con voto di fiducia– era l’on Maroni, oggi governatore della Lombardia). [v] La ratio della norma è quella di far uso dei figli per identificare i genitori da espellere: a quei poveri cosini inconsapevoli è affidata la stessa funzione dei centri di identificazione ed espulsione ma a costo certamente inferiore. In realtà la norma originaria era più radicale. Si prevedeva infatti che– in un intervento dovuto a chi si presentasse o venisse presentato in stato di necessità a una struttura sanitaria – i medici chiedessero il permesso di soggiorno e, in assenza, ne dessero  comunicazione alla questura per la conseguente espulsione. Per fortuna vi fu una reazione – in nome dell’etica inerente la professione medica che impone doveri precisi (ricordo un bel comunicato dell’allora presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Udine [vi] ) – e la norma decadde ancor prima di venir discussa in parlamento. Il logo che accompagnò l’impegno – forte e pubblico – degli operatori sanitari tutti, “siamo medici e infermieri, non siamo spie”, aveva anche il contributo della società civile attraverso, per esempio, l’illustrazione che ne aveva fatto Altan.

Restò però la subdola lettera g del comma 22 dell’articolo 1 del  cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ che fu approvato nel mese di luglio 2009 come legge 94. Questa norma ha una formulazione obliqua, che bisogna decodificare e tale non insuperabile difficoltà richiede però un qualche impegno ed è forse una delle ragioni per cui la pigrizia giornalistica, l’indifferenza della società civile, l’irresponsabilità politica o la ripugnanza che sgomenta e invita a sorvolarne il significato, inducono ad ignorarne gli effetti. Purtroppo la società civile (e conseguentemente i mezzi di informazione che vogliono assicurarsi vendite e ascolti) si eccita solo a seguito di episodi sanguinolenti e di situazioni violente, quantitativamente significative e possibilmente mortali, ignorando l’efficacia grigia e sordida della burocrazia che pur nella storia europea ha già avuto un ruolo ben noto. Cito solo la figura di Eichmann (così efficacemente analizzata da Hanna Arendt ne La banalità del male). Vediamo di capire. La prima norma relativa ai migranti che giungevano in Italia fu la cd legge Turco-Napolitano  [vii]  che istituiva il permesso di soggiorno per i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea e per gli apolidi e, nello stesso tempo, indicava la possibilità di non presentare tale documento per chi venisse in Italia per esercitare “attività sportive e ricreative a carattere temporaneo” e per chi richiedesse “atti di stato civile”. Il permesso di soggiorno invece doveva essere opportunamente esibito “agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero” Quindi la norma che escludeva dalla presentazione del permesso di soggiorno chi richiedesse atti di stato civile fu mantenuta senza modifiche anche con la legge nota come Bossi Fini  [viii] Abilmente il pacchetto sicurezza del 2oo9 cassò invece le parole ‘inerenti agli atti di stato civile’, cancellando così l’eccezione già prevista e imponendo la presentazione del permesso di soggiorno per chi volesse sposarsi o dichiarare la nascita dei propri figli  [ix] . Introdusse invece, su indicazione dell’allora presidente della camera, on. Fini, la garanzia della possibilità di iscrizione alla scuola dell’obbligo senza necessità di presentare il premesso di soggiorno [x]

Ma torniamo ai nostri neonati: Contemporaneamente all’entrate in vigore della legge  il Ministro dell’interno emanò una circolare evidentemente finalizzata ad evitare penalizzazioni internazionali. La funzione della circolare venne così descritta dal sottosegretario di stato Davico in risposta a un’interrogazione dell’allora deputato Leoluca Orlando, che l’aveva presentata sollecitato da Paola Schiratti, allora consigliera provinciale e oggi vicepresidente della commissione regionale Pari Opportunità..

Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94/09 <…>, volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”. E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale  [xi], indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico”. A questo punto il testo della circolare fa riferimento alla Convenzione di New York del 1989 di cui si dirà più avanti. E’ già possibile però segnalare, insieme al richiamo all’inesistenza del minore privo di certificato di nascita (bambino invisibile!,  come dal mio titolo) un paradosso. A fronte di una legge negazionista fu approvata – probabilmente come ho detto allo scopo di evitare penalizzazioni internazionali – la circolare che consente ciò che la legge nega. Non dimentichiamo però che una circolare è atto di rango inferiore alla legge e che potrebbe venir cancellata senza neppure darne notizia al Parlamento, così come per atto unilaterale del ministero è stata stilata.

La circolare inoltre prevede un importante distinguo. Se i nuovi nati in Italia ne vengono (con tutta la precarietà del caso) tutelati, permane la penalizzazione per i matrimoni se uno dei due sposi non abbia il permesso di soggiorno e siano quindi suscettibili di essere considerati “matrimoni di comodo”. E a questo punto la realtà si è fatta beffe della pur maligna intenzione del legislatore. Ancora nel 2009 infatti una coppia ‘mista’ richiese di poter contrarre matrimonio, ricevendo in risposta – per lui, cittadino del Marocco – un decreto di espulsione. Ricorso al Tribunale, che sospese l’espulsione e si rivolse alla Corte Costituzionale che, con sentenza 245 del 2011  [xii], riportò la situazione a quella precedente l’inserimento degli effetti della perversa lettera g. I ‘promessi sposi’ erano adulti, avevano evidentemente denaro per pagare gli avvocati che li sostennero nella causa, conoscenze per muoversi in forma corretta. Tutte opportunità negate a neonati che non hanno voce se non per piangere quando hanno fame, opportunità negate insieme ai loro terrorizzati genitori.

Quindi, se ci rifacciamo ai ‘valori’ proclamati dal sottosegretario di stato, cadde allora ogni riferimento al pretesto dei matrimoni di comodo, ma restò inalterata la violazione del diritto del minore la cui certezza di esistere restava e resta appesa alla labilità di una circolare. Così si è espressa in merito la dr. Mellina Bares, garante regionale dei diritti della persona «l’attuale formulazione della norma potrebbe indurre gli ufficiali di stato civile ad impedire la registrazione della nascita del bambino in condizione di irregolarità – in conseguenza dell’irregolarità del soggiorno dei genitori – con conseguenze gravissime per l’effettiva fruizione da parte del medesimo di fondamentali ed inalienabili diritti civili (diritto al nome, all’identità personale…) » e quindi « ritiene che data la delicatezza della questione, che investe diritti fondamentali del minore, sussista la necessità che venga assicurata piena certezza giuridica alla materia,»  – che – «dovrebbe trovare consistente ed esplicita espressione nella norma legislativa»  [xiii].

Prima di concludere non posso però dimenticare un altro problema, quello delle madri che, paralizzate dalla paura di ciò che potrebbe loro accadere al momento della richiesta della dichiarazione di nascita, sfuggono alle garanzie sanitarie dovute  per legge all’atto del parto. Ce ne parlano i rapporti stilati da un network di più di 80 associazioni che, coordinate dall’organizzazione Save the Children, da tempo si occupano attivamente della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e si sono fatte carico di monitorare le politiche riferibili alla Convenzione di New York del 1989, dal 1991 legge in Italia. [xiv] Loro obiettivo prioritario è quello di preparare il Rapporto sull’attuazione della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC) in Italia, supplementare a quello presentato dal Governo italiano, da sottoporre al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

E’ presente all’incontro Majda Badaoui, mediatrice ci comunità, che sollecita (come anche il gruppo CRC) la diffusione della conoscenza della Circolare 19 come prima difesa per le madri. Infatti se, a norma della citata circolare, il migrante privo di permesso di soggiorno non deve presentare il documento che non possiede per assicurare al figlio la dichiarazione di nascita, la mamma ha diritto a una protezione supplementare. Presentando il passaporto potrà rivolgersi a una struttura sanitaria pubblica per ottenere  al compimento della dodicesima settimana di gravidanza, un certificato che attesti il suo stato. Avrà un permesso di soggiorno per motivi sanitari fino al parto, permesso che sarà poi rinnovato fino al compimento del sesto mese del neonato.

Ma ci sono donne per cui tale possibilità non è sufficiente. Nel 5° rapporto del gruppo Convention on the Rights of the Child   [xv]  leggiamo: «Il timore, …, di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori. Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno  Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare».

Così scriveva il gruppo CRC nel 2012 e, nel 2014, ripetendo la considerazione appena letta, nel suo settimo rapporto segnala che

«Il Comitato ONU è preoccupato per le restrizioni  legali e pratiche al diritto dei minorenni di origine straniera di essere registrati alla nascita. In particolare, il Comitato esprime preoccupazione per come la L. 94/2009 sulla pubblica sicurezza renda obbligatorio per i non cittadini mostrare il permesso di soggiorno per gli atti inerenti il registro civile»

e chiede ancora all’Italia:

«a) di assicurare che l’impegno sia onorato tramite la legge e facilitarlo nella pratica in relazione alla registrazione alla nascita di tutti i bambini nati e cresciuti in Italia; b) di intraprendere una campagna di sensibilizzazione sul diritto di tutti i bambini a essere registrati alla nascita, indipendentemente dall’estrazione sociale ed etnica e dallo status soggiornante dei genitori; »  [xvi] 

E’ chiaro quindi che la soluzione è politica: si tratta di ripristinare in legge un brevissimo passaggio cancellato nel 2009. Ci sono due proposte, una presentata da un centinaio di parlamentari nel 2013 [xvii] (durante il governo Monti) e l’altra da una decina di senatori (nessuno della nostra regione) nel 2014  [xviii]

Ne ho scritto al presidente Mattarella la cui segreteria mi ha risposto a giro di posta assicurandomi di aver inviato al ministro dell’Interno la nota informativa. [xix] Quindi il parlamento ha i mezzi per modificare la norma, le commissioni Affari Costituzionali di entrambe le camere ne sono investite e così pure ne è investito il governo. Se la legge passasse (e non prevede onere alcuno di spesa) verrebbe rispettato l’art. 7 della Convenzione di New York, norma disattesa nello stato italiano che recita: 1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi. 2. Gli Stati parti vigilano affinché’ questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

Se impegnarsi al superamento della norma che dal 2009 ostacola la dichiarazione di nascita dei figli dei migranti senza permesso di soggiorno è azione che promuove la solidarietà politica dichiarata dall’art. 2 della Costituzione, è però anche azione che salvaguarda la nostra dignità di cittadine/i. E al razzismo non ci si nega con le circolari.

Ce lo ha ricordato il 27 aprile, nel dialogo che ha coinvolto molti dei presenti, Adriana Libanetti sottolineando che così com’è la norma, che subordina l’esistenza legale di un figlio allo status e alla nazionalità dei genitori, ha un fondamento razzista che tutti ci offende.

NOTE:

[i]  Marina Frigerio Martina.  Bambini proibiti – Storie di famiglie italiane in Svizzera tra clandestinità e separazione Collana Orizzonti pp. 208 Casa editrice Il Margine  Via Taramelli n.8 – 38122 Trento “Lo Statuto degli stagionali è stato modificato nel 1996 ma abolito solo nel 2002. Quindi, formalmente almeno fino a quella data il problema dei bambini nascosti era presente, anche se ridimensionato grazie a varie campagne di stampa e di informazione (tra cui il libro di Frigerio e Buergeer del 1992)”.

 

[ii] www.simmweb.it Per il gruppo Immigrazione e Salute del Friuli Venezia Giulia (GrIS) http://www.simmweb.it/index.php?id=373

[iii] http://www.unicef.it/doc/5228/registrazione-alla-nascita-nel-mondo-un-terzo-dei-bambini-resta-invisibile.htm

 

[iv] Tutta la città ne parla 23 aprile 2014

Giornalista: ….  C’è un punto …. che volevamo affrontare in chiusura. Riguarda un elemento specifico della vita di chi poi arriva senza documenti, senza permesso di soggiorno nel nostro paese.  Partorire un figlio, farlo nascere in Italia e non potergli garantire un certificato di nascita Questo prevedeva la legge italiana, poi c’è stata un circolare che se non  abbiamo capito male ha rimosso questo  divieto perché, come diceva l’ascoltatrice, vivere poi e fare tante cose che sono normali nella vita senza un proprio certificato di nascita è un grosso problema. Vogliamo cercare di capirne qualche cosa di più nei minuti conclusivi e abbiamo chiesto aiuto all’avv. Salvatore Fachile. Buongiorno Avvocato: Buongiorno, buongiorno a tutti. Giornalista: Lei si occupa di immigrazione, protezione internazionale, diritto minorile. Fa parte di un network che più volte abbiamo ospitato qui a La Città, l’ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione). Fachile, allora come stanno le cose riguardo a questo punto specifico ‘certificato di nascita per i figli di chi non ha permesso di soggiorno’. Avvocato: Guardi, non c’è un problema relativo ai certificati di nascita, c’è un problema relativo a una questione  molto più grave.  Cioè la possibilità da parte di due persone che senza permesso di soggiorno, ma anche senza un documento di identità (la donna che è priva di un passaporto) di poter riconoscere il proprio figlio. Nel senso che sicuramente la normativa nazionale e internazionale le  riconosce questo diritto. Però questo diritto è stato posto in discussione più volte. Addirittura qualche anno fa il governo aveva tentato sostanzialmente di imporre una regola opposta, cioè quella per la quale per riconoscere il proprio figlio era necessario avere un documento di identità, quindi un passaporto sostanzialmente o permesso di soggiorno. Questo pericolo è stato poi sventato in  parlamento perché  si è riusciti comunque a inserire una clausola che evitava che si dovesse richiedere a una donna un documento di identità; però la normativa rimane una normativa valida. Per cui non è raro – purtroppo non è raro – il fatto che al momento del parto venga negata alla persona, alla donna che ha partorito in ospedale, la possibilità di riconoscere il figlio senza documento di identità, per cui una serie di strutture mediche trovano escamotage tipo per esempio la richiesta di testimoni che possano testimoniare che quella donna ha partorito quel figlio o anche altri stratagemmi assolutamente stravaganti. La verità è che la normativa non è chiarissima. E’ chiara soltanto la normativa generale per cui ovviamente un bambino non può che essere riconosciuto dalla madre  anche senza un documento di identità. Però nella pratica mancando delle specifiche direttive nei confronti del pubblico ufficiale quello che  succede è che .. Giornalista:  che succede nella vita di una persona, di un bambino qualora gli stratagemmi non funzionassero, quelli che ci ha indicato lei, che succede nella vita concreta di una persona che non ha un certificato di nascita? Avvocato:  Il pericolo non è quello di non avere un certificato di nascita, il pericolo è addirittura maggiore Giornalista:  E’ il mancato riconoscimento. Avvocato:  L’ospedale che non consenta il riconoscimento alla madre … Giornalista:  Si diventa minori non accompagnati Avvocato: Diventa un minore assolutamente abbandonato, perché il bambino non viene fatto uscire dall’ospedale .. Giornalista: Ma numericamente (mi scusi ma abbiamo pochi secondi però è interessante capire). Quante persone riguarda un fenomeno di questo tipo? Avvocato: Abbiamo provato in più occasioni a capire numericamente ed è veramente impossibile perché si tratta di una [due parole incomprensibili] che riguarda tutti gli ospedali d’Italia ovviamente […] e una prassi così diversificata da ospedale a ospedale che non si capisce poi in quanti rimangono impigliati nelle maglie della burocrazia impossibile  con conseguenze drammatiche rispetto appunto all’impossibilità di riconoscere il proprio bambino. Quantitativamente è impossibile fare … Giornalista: avvocato Salvatore Fachile la ringrazio per questa precisazione. http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-e439e539-9696-480c-9f08-561c44f5de68.html#

Il link che ho trascritto consentiva inizialmente un facile accesso al parlato della trasmissione. Ora c’è qualche complicazione tecnica che non so superare. Di questo particolare ci ha fatto memoria Mary Silva Remonato (che ringrazio) che ci ha detto di aver scritto all’avv. Fachile, invitandolo – con la sua associazione – a farsi parte diligente di una denuncia che, pur proteggendo le persone in questione, creasse condizioni per il superamento della ‘lettera g)’ ma non ha mai ricevuto  risposta

[v] Legge 15 luglio 2009, n. 94. Disposizioni in materia di sicurezza pubblica http://www.parlamento.it/parlam/leggi/09094l.htm

 

[vi]  COMUNICATO STAMPA DELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI UDINE    PREOCCUPAZIONE SU PROPOSTA EMENDAMENTO DEL C.D. “PACCHETTO SICUREZZA” Il Medico non è un delatore e risponde all’obbligo deontologico di garantire assistenza a tutti “senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera”. Lo afferma Luigi Conte, Presidente dell’Ordine dei Medici di Udine parlando della proposta di emendamento al cosiddetto Pacchetto sicurezza ripresentato all’esame del Senato, nonostante il ritiro deciso nelle Commissioni riunite Affari costituzionali e giustizia di Palazzo Madama. Inoltre esprime profonda preoccupazione per la notizia delle agenzie di stampa del 14 novembre u.s. secondo cui il governo intende attuare rapidamente il “Pacchetto Sicurezza” (atto 733) in discussione al Senato. Ed a tale proposito, ancora più preoccupazione desta la posizione espressa dal Ministro Sacconi che ha precisato che “il medico curante deve segnalare se il paziente è un irregolare. Se è clandestino deve essere segnalato per la sua situazione di clandestinità’  ed espulso”, manifestando così , da ministro della salute, completo disinteresse per i principi di solidarietà a fondamento della professione medica. I due emendamenti depositati da alcuni Senatori della Lega Nord (prot. 39.305 e 39.306), chiedono rispettivamente la modifica del comma 4 e l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione) . La modifica al comma 4 introduce un rischio di discrezionalità che amplificherebbe la difficoltà di accesso ai servizi sanitari facendo della “barriera economica” e dell’eventuale segnalazione (in netta contrapposizione al mandato costituzionale di “cure gratuite agli indigenti”), un possibile strumento di esclusione, certamente compromettendo la stessa erogazione delle prestazioni . Ma in particolare è di estrema gravità l’abrogazione del comma 5. Esso prevede infatti che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere che territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme di soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”. La sua cancellazione metterebbe in serio pericolo l’accesso alle cure mediche degli immigrati irregolari, violando il principio universale del diritto alla salute, ribadito anche dalla nostra Costituzione. L’art. 32 recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Si creerebbe inoltre una ‘clandestinità sanitaria-, pericolosa per l’individuo e per la collettività. Ma soprattutto pretenderebbe di costringere il medico ad andare contro le norme morali che regolano la sua professione contenute nel codice deontologico. La professione medica si ispira a principi di solidarietà e umanità (art.1) e al rispetto dei diritti fondamentali della persona (art. 20). Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui venga a conoscenza nell’esercizio della professione (art. 10). La relazione tra medico e paziente è basata infatti su un rapporto profondamente fiduciario, incompatibile con l’obbligo d i denuncia. <omissis >  OMCeO Udine – 20 novembre 2008

[vii] legge 6 marzo 1998, n. 40. “Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.”

http://www.camera.it/parlam/leggi/98040l.htm

 

[viii] legge 30 luglio 2002, n.189. “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo http://www.camera.it/parlam/leggi/02189l.htm

 

[ix] http://parlamento16.openpolis.it/atto/documento/id/57195” Atto a cui si riferisce:  C.4/08314 [Tutela della maternità della salute e dell’istruzione di tutte le persone extracomunitarie] Risposta scritta pubblicata lunedì 31 gennaio 2011     nell’allegato B della seduta n. 426     All’Interrogazione 4-08314 presentata da    LEOLUCA ORLANDO     Risposta.   –   Il ministero dell’interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94 del 2009 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni   «  fittizi  »   o di   «  comodo  »  .     È stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.     Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (articoli 2, 3, 30 eccetera), nonché con la tutela del minore sancita dalla convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27 maggio 1991), in particolare agli articoli 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.     Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge n. 94 del 2009 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le deposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessità di prospettare interventi normativi in materia. Il Sottosegretario di Stato per l’interno Michelino Davico

 

[x] Una interlocutrice, Marisa Duca, pone un problema che finora non sembra aver suscitato alcun interesse. La legge 94 è stata approvata nel 2009; siamo nel 2015 quindi il prossimo anno scolastico i bambini nati ‘nell’era del pacchetto sicurezza’, andranno a scuola. Certamente sarebbe un problema per i sindaci se nei comuni venissero identificati bambini che, pur avendone l’età, non frequentano la scuola dell’obbligo. Le soluzioni sarebbero due, entrambe paradossali: o quei bambini (che legalmente non hanno genitori) vengono loro sottratti o vengono iscritti a scuola senza presentazione alcuna di permesso di soggiorno (ma come fare se non hanno il certificato di nascita? come ne viene certificato il nome che non hanno?). Certamente la dichiarazione di nascita, pur se accolta a norma di circolare, risolverebbe almeno il problema immediato, Però a quei bambini sono stati negati il nido e la scuola dell’infanzia. Saranno stati  quindi gravemente penalizzati nell’uso della lingua italiana. Con che impudenza esponenti politici e benpensanti della società civile proclamano l’uso corretto della lingua come strumento essenziale di integrazione quando hanno negato o contribuito a negarne l’apprendimento naturale?

 

[xi]  http://www.altalex.com/index.php?idnot=63746

La cancellazione del riferimento al figlio ‘naturale’ è stata determinata dal Decreto legislativo 28.12.2013 n° 154 leggibile dal link

Il testo del provvedimento stabilisce (restando a ciò che qui più ci interessa):

  • l’introduzione del principio dell’unicità dello stato di figlio, anche adottivo, e conseguentemente l’eliminazione dei riferimenti presenti nelle norme ai figli “legittimi” e ai figli “naturali” e la sostituzione degli stessi con quello di “figlio”;
  • la sostituzione della notizia di “potestà genitoriale” con quella di “responsabilità genitoriale”;

Inoltre, nel recepire la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, si è deciso di:

  • limitare a cinque anni dalla nascita i termini per proporre l’azione di disconoscimento della paternità;
  • introdurre il diritto degli ascendenti di mantenere “rapporti significativi” con i nipoti minorenni;
  • introdurre e disciplinare l’ascolto dei minori, se capaci di discernimento, all’interno dei procedimenti che li riguardano;

[xii]  http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2011&numero=245

 

[xiii] Così la garante regionale in una lettera del 24 settembre scorso alla Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza, lettera  del cui testo dispongo ma che non riesco a collegare direttamente con link. Si trova però allegata alla pagina del mio blog del 5 ottobre 2014      https://diariealtro.it/wp-content/uploads/2014/10/6918.pdf

 

[xiv] Convenzione 20 novembre 1989.  In Italia è ratificata con legge 176 del 1991, http://www.esteri.it/mae/normative/normativa_consolare/serviziconsolari/tutelaconsolare/minori/convnewyork_201189.pdf

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989

 

[xv] Rapporto CRC        I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. 5° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2011-2012      –  capitolo III.1     pag.36 http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/5o_Rapporto_di_aggiornamento__Gruppo_CRC.pdf

[xvi] Rapporto CRC  I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia anno 2013-2014    cap. III.1     pag. http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/7o_rapporto_CRC.pdf

[xvii] Proposta di legge n. 740, presentata alla Camera il 13 aprile 2013    “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno” http://www.camera.it/leg17/126?tab=&leg=17&idDocumento=740&sede=&tipo=

[xviii] Disegno di legge n.1562 presentato al Senato il 10  luglio 2014 Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno e divieti di segnalazione. http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/44666.htm

[xix] Corrispondenza leggibile nel mio blog   https://diariealtro.it/?p=3653

 

 

2 Maggio 2015Permalink

7 thoughts on “2 maggio 2015 – Bambini invisibili: una relazione integrata

  1. La relazione deve essere diffusa in ambienti vari (culturali, educativi, religiosi,politici) perchè non solo è fonte di informazione ma è educativa rispetto ai diritti delle persone e pone al contempo l’attenzione su norme incomplete e carenti che devono essere modificate. Essere cittadini significa esercitare il diritto/dovere della segnalazione delle problematiche e della proposta di possibile soluzione. Sempre contro l’indifferenza nonostante la realtà di questo tempo.

  2. Cara Mirella, aiutatemi a far sì che la relazione si diffonda: io sto provando a far conoscere i principi di fondo da sei anni fra indifferenza fredda e indifferenza beffarda

  3. cara augusta ti ringrazio per quello che stai facendo, da parte mio l’impegno a diffondere la tua esauriente relazione. sono allibita la ” patria del diritto” continua ad essere la “patria delle assurdità”. mi auguro che tu non sia lasciata sola da quanti hanno la possibilità di incidere su norme inumane. Grazie

  4. Ti ringrazio per l’attenzione. Quanto alla solitudine, salvo alcune singole persone e l’organizzazione della Società di medicina delle migrazioni, sono praticamente sola. Chi può incidere lo fa soltanto se la sua azione riguarda adulti il cui consenso sia utile in voti, fama e gloria.
    Usando il tag anagrafe troverai parecchio materiale sull’argomento (i primi articolo risalgono al settembre 2009).
    Forse quando inizierà il prossimo anno scolastico emergeranno i primi bambini senza certificato di nascita.

  5. Confesso tutta la mia ignoranza sulla questione.
    Pur facendo parte di associazioni religiose cosiddette”culturali”,da nessuno ho sentito affontare questo problema.
    Ci si preoccupa del”gender” giustamente ma con enfasi eccessivamente polemica (almeno secondo me).Si ignora invece totalmente questa realtà. Probabilmente diverrà più nota con la necessita’ di introdurla nella scuola .
    Cercherò di sollevare il velo che nasconde il problema,non tanto perché possa sperare di averne le competenze, quanto per chiedere chiarimenti a chi dovrebbe averne.
    Grazie per il suo lavoro. Non si scoraggi,non sempre ciò di cui non si parla, nonostante sia fondamentale, resta sempre ignorato.

  6. Grazie per avermi scritto.
    Sono sei anni che cerco di diffondere la conoscenza di questo problema, praticamente senza esito.
    Ne ho concluso che quando si pone una questione che riguarda adulti (meglio se lo si fa come soggetto collettivo: i singoli contano ben poco o nulla anche se hanno il vizio di pensare) si crea clamore e attenzione ai soggetti di riferimento, non alle eventuali vittime ma a coloro che dicono di proteggerle.
    E ciò garantisce forza a chi agisce in buona fede (e ci sono rispettabili organizzazioni, religiose e laiche, che colloco in questo contesto), onore e gloria -e a volte anche altro – a chi in buona fede non è.
    I bambini (e ancor più quelli da nascondere) non assicurano né onore, né gloria, né ‘altro’.
    E’ una classificazione un po’ semplificata ma mi fermo qui.
    Dopo aver letto del Sinodo ordinario e straordinario sono ancor più turbata.
    Nell’ambito delle chiesa cattolica e organizzazioni che vi fanno riferimento le famiglie sono state elencate, classificate, discusse, auspicate ove non ci siano, con una minuzia estenuante (a volte, come tu scrivi, anche con troppa enfasi). Gli unici, privati di nome, di identità, di famiglia sono i bambini di cui alla lettera g comma 22 art. 1 del pacchetto sicurezza. E nulla per loro si rivendica, neppure che i loro genitori possano dirsi tali.
    Se cercherai di aumentare la conoscenza di questo problema ti ringrazio.
    La relazione che ho pubblicato è ampiamente documentata ma, se altro serve, sono a disposizione.
    augusta (augdep@alice.it)

  7. Penso che – di fronte alla norma che nega un nome a un nuovo nato in Italia – la proposta di un elenco di nomi significhi un intento di sarcasmo. Prendo atto e capisco perché il Parlamento mantenga imperturbabile la posizione assunta nel 2009

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