6 aprile 2016 – QUESTE BAMBINE E QUESTI BAMBINI ESISTONO

Dal n. 243 di Ho un sogno

“Queste bambine e questi bambini esistono. Il Legislatore non può cancellarli, non può voltarsi dall’altra parte, ignorandone le esigenze di protezione”. Così più di 700 giuristi scrivevano al Senato, impegnato a discutere il disegno di legge  “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”. Non  furono ascoltati. La norma ottenne una faticosa approvazione a patto che ne fosse stralciato proprio l’articolo che prevedeva la protezione dei minori. I giuristi firmatari (docenti universitari, magistrati, avvocati) affermavano che proprio per l’impegno “sui temi dei diritti fondamentali, del diritto di famiglia e dei minori, non possiamo non rilevare che l’adozione del figlio da parte del partner del genitore biologico (c. d. “adozione in casi particolari”), diretta a dare veste giuridica ad una situazione familiare già esistente di fatto, rappresenta la garanzia minima per i bambini che vivono oggi con genitori dello stesso sesso”. Non servì a nulla e non è una novità. Da anni Ho un Sogno si occupa del problema dei migranti non comunitari che, se privi del permesso di soggiorno, non possono assicurare il certificato di nascita ai loro figli che nascendo in Italia, diventano bambini invisibili. Dal 2009 (quando fu approvato il cd ‘pacchetto sicurezza’) il Parlamento italiano (che su questo problema sembra godere di un silente consenso sociale) ‘si volta dall’altra parte’. Forse il lungo allenamento gli è servito anche per non vedere i minori che necessitano della stepchild adoption. Continuerà a non vederli anche nel dibattito alla camera? E riuscirà a rigettare anche una piccola norma che – inserita nel progetto di legge “Disposizioni in materia di cittadinanza” (votato alla camera ma non ancora al rissoso senato) – se approvata consentirebbe ai piccoli invisibili di esistere? Sembra che i bambini siano diventati un’arma da usarsi senza scrupolo contro i loro genitori che si vogliano penalizzare, sia per status burocratico, sia per condizione personale. C’è di che preoccuparsi.

 

6 Aprile 2016Permalink