Copio manualmente il primo documento da Il Corriere della Sera del 12 maggio (pag. 7) perché purtroppo – pur esemplare e, per me, totalmente condivisibile – non è scaricabile-ma deve avere uno spazio nel mio blog, mentre scarico dal sito di Gad Lerner il secondo.
Dal Corriere della sera del 12 maggio
La (non) scelta sui bimbi
di fatto lascia al giudice ogni responsabilità
di Melita Cavallo (ex giudice minorile)
Ho vissuto l’elaborazione delle novità al diritto di famiglia con la riforma del 1975: figli nati fuori dal matrimonio poterono essere riconosciuti, le madri poterono assolvere non solo i doveri ma anche i diritti nell’ambito familiare alla pari dei padri. Allo stesso modo vengono oggi riconosciuti diritti finora ignorati, derisi o addirittura contestati da una parte quantitativamente non trascurabile della società. I tempi erano orma maturi perché l’Italia si allineasse alla normativa europea recepita ai sensi dell’art. 117 della Costituzione. Non cesseranno le sterili e ideologiche polemiche perché l’elaborazione culturale è lenta e faticosa, tuttavia compito del legislatore è da un lato regolamentare i fenomeni già in atto nella società, dall’altro definire il cammino per il perseguimento di un obiettivo ritenuto vantaggioso per la società. Dispiace però che parte del Parlamento abbia voluto penalizzare, ancora una volta, il soggetto più debole, cioè il bambino, non riconoscendo la possibilità di adottarlo alla compagna della madre o al compagno del padre, nonostante gli abbia fatto da madre o da padre a motivo della stabile convivenza. Lasciando ancora una volta al giudice l’interpretazione della norma nel valutare i singoli casi sottoposti al suo vaglio. Ci si lamenta spesso che il giudice si sostituisce al legislatore, mi sembra che, in questo caso, il legislatore abbia perso l’occasione di fare chiarezza rispetto alle possibili interpretazioni dei giudici, ritenute da alcuni creative e da altri addirittura eversive.
dal sito di Gad Lerner
La lettera d’addio di Michela Marzano dal gruppo del PD
giovedì, 12 maggio 2016
Ecco gli estratti della lettera d’addio di Michela Marzano dal gruppo del PD, pubblicati da Repubblica.it, dopo il suo voto favorevole alle unioni civili. “Sui temi dei diritti e dell’etica ho sempre detto e difeso gli stessi valori e gli stessi principi. E non me la sento, oggi, di non essere coerente con me stessa e con le mie battaglie per opportunità politica. Lo so che, sulla unioni civili, non si poteva forse fare diversamente e considero che sia importante per l’Italia avere finalmente una norma che garantisca e protegga le persone omosessuali. Aver però eliminato ogni riferimento a ‘famiglia’ e ‘familiare’ – parlando delle unioni civili come una semplice ‘specifica formazione sociale’ – e aver stralciato la ‘stepchild adoption’ rappresentano un vulnus per me difficile non solo da accettare, ma anche da giustificare pubblicamente”.Le ragioni che mi portano alle dimissioni non sono politiche, sono morali. Quando, il 7 gennaio del 2013, Bersani e Letta mi chiesero di accettare la candidatura per il Pd, lo fecero, e li cito, per mettere al servizio del partito e dell’Italia le mie competenze sui diritti e l’etica. Se quel giorno accettai – nonostante i dubbi e le riserve che avevo fossero molte, non avendo mai attivamente partecipato alla vita politica italiana e vivendo ormai da quasi vent’anni in Francia – era perché consideravo doveroso rispondere ‘presente’, e non limitarmi più solo a scrivere saggi e articoli o insegnare all’università: era un dovere, era un onore .La mia storia, però, non è politica. Nasce dalle esperienze di vita, talvolta anche molto dolorose, che ho affrontato, e dall’impegno costante sia a livello accademico, sia a livello divulgativo per ‘riparare’ le ‘ferite’ del mondo. Sempre e comunque all’insegna di quelle celebri parole di Jean Guehenno, il quale scrisse che l’unico vero tradimento è seguire il mondo come va e impiegare lo spirito a giustificare questo. Sui temi dei diritti e dell’etica ho sempre detto e difeso gli stessi valori e gli stessi principi. E non me la sento, oggi, di non essere coerente con me stessa e con le mie battaglie per opportunità politica. Lo so che, sulle unioni civili, non si poteva forse fare diversamente e considero che sia importante per l’Italia avere finalmente una norma che garantisca e protegga le persone omosessuali. Aver però eliminato ogni riferimento a ‘famiglia’ e ‘familiare’ – parlando delle unioni civili come una semplice ‘specifica formazione sociale’ – e aver stralciato la ‘stepchild adoption’ rappresentano un vulnus per me difficile non solo da accettare, ma anche da giustificare pubblicamente. La mia storia è fatta di parole che non ho mai tradito e di valori cui ho sempre sacrificato tutto. Se restassi oggi nel gruppo del Pd avrei difficoltà a difendere la mia storia non solo di fronte ai miei studenti, ma anche di fronte a tutte quelle persone cui avevo promesso integrità e nessun cedimento
fonte: http://www.gadlerner.it/2016/05/12/la-lettera-daddio-di-michela-marzano-dal-gruppo-del-pd