6 febbraio 2018 – Razza o non razza? Un fatto o una parola?

Un po’ di cronaca
Mentre ricopio lentamente la bella intervista concessa a La Repubblica dalla senatrice Liliana Segre (che così, appena conclusa la trascrizione, potrò cercare di diffondere fra persone che non avessero letto La Repubblica del 5 febbraio) mi soffermo sulla speranza di cancellare la parola ‘razza’ dal testo della Costituzione che a conclusione dell’intervista la senatrice esprime.
Ha affermato: « Sì mi piacerebbe molto. Sono anche d’accordo con il presidente Grossi che ne ha contestualizzato l’uso. Ma vedrà che la parola razza verrà cancellata dalla Carta. Sarebbe un ottimo segnale».   [Cfr. Note-Link 1]
Prima di tutto chiarisco il significato del riferimento al Presidente Grossi
[Cfr. Note-Link 2]
Il 17 gennaio del 2018 il presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi ha parlato agli studenti dell’Educandato statale Santissima Annunziata (Fi) che gli hanno chiesto come fosse possibile “che nel 2018 si parli ancora di razza nella Costituzione”. L’incontro era stato organizzato nel quadro del “Viaggio in Italia: la Corte costituzionale nelle scuole”.

A margine del video che consente l’ascolto del Presidente Grossi troviamo questa nota:
« I primi tre articoli sono il perno di tutta la Costituzione, ma soprattutto l’articolo 3 che ci indica il superamento di una visione astratta dei diritti del cittadino e cala tutto nella sua esistenza”. Così il presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi agli studenti dell’Educandato statale Santissima Annunziata che gli hanno chiesto come fosse possibile “che nel 2018 si parli ancora di razza nella Costituzione”. Parlando del rapporto tra immigrati e Costituzione, Grossi ha inoltre aggiunto che “dove si tratta di diritti fondamentali dell’uomo la Corte non ha avuto esitazione nell’estendere tali diritti».

Categorie e cultura europea.                                  [Cfr. Note- 3]
Fermo restando che la razza come fatto scientificamente attribuibile alla specie umana non esiste, è ben vero che solo due dei termini riscontrabili nel comma 1 dell’art. 3 della Costituzione (sesso, lingua..) sono oggettivamente riportabili a quei fattori di pari dignità che non devono subire ostacoli che impediscano il pieno sviluppo della persona umana (comma 2 dell’art. 3)

Ma agli altri che tipo di oggettività è attribuibile?
Religione (come si identifica se non con la dichiarazione di chi l’ha scelta ed eventualmente la pratica?) Quindi è riconosciuta come parola.
Opinioni politiche. La parola con cui una persona dichiari la propria opinione (o specularmente taccia per paura del discrimine che gliene possa venire) può essere supportata da elementi simbolici (abbigliamento, bandiere …) ma in definitiva ciò che ne assicura certezza di riferimento è la parola dichiarata.
Condizioni personali o sociali. Questi sono fattori difficilmente sintetizzabili anche se si comincia a parlarne in relazione alla disabilità, alla sessualità o, forse più oggettivamente per la ‘condizione sociale’, alla dichiarazione dei redditi che, guarda caso, pur quella è parola anche se scritta e non necessariamente pronunciata.

Resta la razza di cui è stata stabilita scientificamente l’insussistenza ma costituisce pur sempre una parola significante di una categoria in cui si sommano confusamente colori, tratti somatici, provenienze geografiche … un insieme volatile e precario che, per essere di solito usato con una precisa connotazione negativa, è tenuto assieme dal collante del pregiudizio.
Quindi la identificazione tramite la razza non può logicamente riferirsi al soggetto di cui si parla ma al soggetto che parla (e faremo un salto di qualità nella vita civile riconoscendo che la pronuncia del termine – volutamente a danno o per disprezzo di qualcuno – è vergogna per chi ne fa uso).

La parola razza
Ritengo che toglierla dalla Costituzione solleciterebbe la fantasia che si avvoltola nell’ignoranza e si alimenta del pregiudizio a cercare un altro termine per affastellare stupide malignità.
L’assenza della parola potrebbe inoltre creare difficoltà a chi voglia, occuparsi storicamente, antropologicamente, socialmente del razzismo.
Come si potrebbero definire le leggi razziste (termine che giustamente si propone come sostitutivo di razziali) senza riferimenti a quella che fu la parola razza in tutta la sua pesantezza concettuale e fattuale? Come si possono identificare nuove norme razziste (pur se meno clamorosamente proclamate oggi per l’Italia delle leggi del 1938: ogni cosa ha un inizio) se non avendo ben presente ciò che si intende per razza?

Le categorie di classificazione hanno una loro oggettiva pesantezza indipendentemente dall’esistenza dell’oggetto.
Se io classifico patologie faccio riferimento alla loro descrizione riconoscibile, per esempio, nei sintomi che si possono manifestare ma che in sé non sono cose.
Se io classifico libri secondo il genere letterario (e mi costruisco lo spazio per la saggistica, per l’arte, per la scienza …) saggistica, arte o scienza che siano … non si sostituiscono oggettivamente alla realtà del libro.
Peggio ancora se ordino i libri alfabeticamente l’iniziale del cognome dell’autore – che pur appartiene a una categoria di catalogazione – non si sostituisce all’interezza del cognome e men che meno alla persona dell’autore

Concludendo
Lasciamo la parola razza dove sta e ci serva come identificativo dell’ignominia di chi la pronuncia per trovare un elemento giustificativo alla condanna della persona che vuol discriminare e siano liberi gli storici di usarne nei loro studi senza il timore che si tratti di termine improprio o sgradito.
Disgraziatamente è stato appropriato a tragedie reali che potrebbero tornare.
E qua e là sono già tornate.
E’ meglio concentrarci sul rischio del ritorno.

[NOTE-LINK]
1. Incipit dell’articolo-intervista della senatrice Segre – La Repubblica 5 febbraio 2018
https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2018/02/04/news/sparatoria_macerata_traini_liliana_segre_la_politica_semina_odio-188048125/

2. Colloquio Presidente Corte Costituzionale con studenti fiorentini 17 gennaio 2018
https://video.repubblica.it/edizione/firenze/grossi-presidente-corte-costituzionale-articolo-3-supera-l-orrore-delle-leggi-razziali/294697/295311

3. Art 3 Costituzione
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

6 Febbraio 2018Permalink