Un’amica mi segnala- tramite facebook – un passaggio di un articolo di un quotidiano locale in cui si legge:
“ Ma se le critiche di D’Alema parevano prevedibili, la vera notizia della giornata è l’ingresso nell’arena elettorale di monsignor Crepaldi, un vescovo sempre attento alla politica – ha anche scritto il manuale del buon politico cattolico – e criticato da alcuni proprio per questa attitudine. Oggi Crepaldi ha invitato i cristiani a votare per chi appoggia i valori della Chiesa perché “non è lecito al cristiano appoggiare partiti che su questioni etiche fondamentali hanno espresso posizioni contrarie” al Vaticano. Il vescovo ha reclamato la giustezza della presenza della Chiesa in momenti delicati come quelli elettorali: “La comunità cristiana e la fede cristiana – ha sottolineato nell’intervento pubblicato sul sito della Diocesi – non sono estranee a questi momenti importanti della vita della comunità”.
Oltre l’indignazione per le espressioni sciagurate del vescovo, che non mi meravigliano (diritto che negli anni ho perso) ma mi indignano (diritto che mantengo con determinazione), non posso che segnalare il crollo di quel fondamento della democrazia che è la capacità di pensiero – e di pensiero pubblicamente espresso – dei cittadini, ormai volontariamente scivolati al rango di sudditi.
Le reazioni più comuni sono: il mugugno, l’avvoltolamento nella curiosità per le sbavature senili del presidente del consiglio, il rifugio nel ‘sono tutti uguali’ che si nutre di dibattiti televisivi spesso sguaiati che hanno funzioni più catartiche che informativa. Uno sta davanti al televisore, si disgusta e ritiene di aver esaurito la sua capacità propositiva.
Così muore una democrazia….
Se è cattolico, e se si adegua anche come tale alla sciagurata propaganda vescovile che può avvalersi del vantaggio aggiunto della assenza di par condicio, umilia la sua coscienza in una sonnolenta obbedienza che può garantirgli paciose convivenze negli incontri parrocchiali e simili.
Scriveva Kant nel 1784 in “Che cos’è l’illuminismo?: “Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. <…> Ed è così comodo essere minorenni! Se io ho un libro che pensa per me, se ho un direttore spirituale che ha coscienza per me, se ho un medico che decide per me il regime che mi conviene ecc., io non ho più bisogno di darmi pensiero di me. Non ho più bisogno di pensare, purché possa solo pagare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione”.