Il pezzo che ho pubblicato il 21 maggio conteneva alla fine una lettera aperta, destinata al Vescovo di Trieste, in risposta alla Sua scritta pochi giorni prima delle elezioni amministrative e, dato il ruolo di monsignore, ponevo alcune domande . L’ho spedita doverosamente al Vescovo, a un quotidiano locale che l’ha pubblicata il 22 maggio e al direttore del settimanale diocesano di Trieste, ‘Vita Nuova”, che l’ha pubblicata nel numero del 27 maggio 2011.
Al testo integrale della mia lettera ha fatto seguito una risposta che integralmente trascrivo: “Per evitare i suoi turbamenti chiederò al vescovo di emanare in vista del ballottaggio un nuovo Comunicato per dire che in politica tutti possono fare quello che vogliono e che non c’è questione di bene e di male.
Poi, però, non sarebbe né bene né male anche quello che lei denuncia: impedire il ricongiungimento familiare, questione su cui in mille occasione la Chiesa è intervenuta per ricordare il diritto ad una famiglia unita anche per gli immigrati. Quando si difende la vita e la famiglia si difendono anche le situazioni che lei segnala. Il vescovo non poteva fare l’inventario di tutti i problemi, ha indicato i criteri fondamentali. Spero che lei possa seguire anche Vita Nuova oltre ai Comunicati della Diocesi”.
Meravigliata dal sovvertimento di ruoli che il direttore sembra dichiarare nell’ultima riga (io pensavo che un comunicato firmato di un vescovo fosse più autorevole delle posizioni del settimanale diocesano) mi soffermo solo su due punti:
- L’oscurità dell’espressione ‘in politica tutti possono fare quello che vogliono e che non c’è questione di bene e di male’. Chi sono quei ‘tutti’?
Io avevo scritto di libera coscienza cui, in politica, mi sembrava ovvio il riferimento alla Costituzione, il contratto che tutti ci lega, mentre così non è per l’espressione –pur autorevole – di un qualsiasi credo religioso. - Il richiamo al ricongiungimento familiare in cui il direttore fa rientrare anche il riconoscimento delle registrazioni degli atti di stato civile.
Non conosce l’argomento? Non ha capito? Tutto è possibile.
Non gli risponderò; se lo facessi rischierei, come è già avvenuto, di aprire uno di quei dialoghi surreali in cui ciò che lega i dialoganti è solo la contemporaneità delle battute sconnesse una dall’altra nel loro significato.
Ricordate la pubblicità del Parmacotto? Cliente: ‘Mi dia due etti di Parmacotto’.
Salumiere: ‘L’ho finito’. Cliente: ‘Allora me ne dia due etti’. Un dialogo così può proseguire all’infinito senza che domande e risposte si connettano
Se scrivessi al direttore
Se però scrivessi a quel direttore gli chiederei:
a) Come può esservi ricongiungimento familiare per una famiglia che non c’é perché le è negata esistenza a norma di legge (e delle conseguenze sul matrimonio concordatario di questa imposizione incivile ho scritto il 21 maggio, mentre per la negazione del matrimonio ai sans papier si possono vedere i miei pezzo del 15 marzo e del 21 maggio);
b) Come sia possibile tutelare tutti i diritti che si connettono alla vita di un bambino (a partire da quelli inerenti la salute) se quel bambino non esiste oltre la sua presenza fisica.
Ma queste domande se le dovrebbero porre anche le organizzazioni cattoliche e non solo (per restare a presenze cristiane, penso alle chiese protestanti, il cui silenzio può essere giustificato forse in Italia dalla loro debolezza numerica).
Però non lo fanno confortate forse dal silenzio della società civile, della politica e delle istituzioni..
Purtroppo su questi temi nulla hanno detto nemmeno gli eletti sindaci che, evidentemente, subiranno legalmente passivi l’imposizione a non celebrare matrimoni di sans papier.
Sindaci meritevoli di fiducia? Non della mia.
L’acqua secondo Vita Nuova
Ora, proprio l’editoriale del numero del settimanale diocesano in cui è stata pubblicata la mia lettera con la relativa non-risposta lascia prevedere un altro rischio: il suggerimento a disertare i referendum da parte di esponenti della gerarchia cattolica.
Si riconosce che ‘Uno dei temi del prossimo referendum del 12 giugno è quello dell’acqua’.
E si conclude ‘Ha un bel dire la Dottrina sociale della Chiesa che bisogna costruire un sistema a tre: privato, Stato e società civile. Poi, invece, molti ancora pensano che il privato sia il babau e la municipalizzata sia il tutore del bene comune. Non riusciremo a garantire l’acqua ai nostri figli se non supereremo questi moralismi, che con «sor’Aqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta» di San Francesco non hanno niente a che fare’.
Mi riservo di trascrivere l’intero editoriale più avanti e, mentre prevedo la condivisione dell’elegante riferimento a ‘molti che pensano che il privato sia il babau’ o il silenzio obbediente del mondo cattolico istituzionale (immemore del fatto che nel 2005 il card. Ruini riuscì a far mancare il quorum nel referendum di allora), inserisco un logo che ho scaricato da Repubblica.
3 giugno – PRECISAZIONE
Mi sveglio e vado al sito del settimanale della diocesi di Trieste. So che oggi esce il nuovo numero e sono curiosa di vedere come procede la questione di cui mi sono occupata.
Non ne scriverei se non fosse per un’intervista che trascrivo nel mio archivio. Un avvocato di Trieste parla del referendum sull’ acqua in termini abbastanza articolati e diversi da quelli dell’editoriale della settimana precedente.
E scopro anche un’altra faccenda: i vecchi articoli non sono visibili in rete. E’ inutile quindi che io pubblichi l’indirizzo dell’editoriale del 27 maggio.
Si può leggere invece l’intervista all’avvocato triestino, al momento raggiungibile dall’indirizzo: http://www.vitanuovatrieste.it/content/view/5582/1/.
Chi volesse il testo completo dell’editoriale del 27 maggio potrà scrivermi a augdep@alice.it fornendomi l’indirizzo cui spedire il testo richiesto.
Il mio blog è piccola cosa ma alla correttezza dell’informazione ci tengo