10 marzo 2009. Siamo tutti mostri?

Alla cortese attenzione
dei membri della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati
dei membri della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati
dei membri della Commissione parlamentare per l’Infanzia
dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati

9 marzo 2009

Oggetto: Conseguenze dell’art. 45, comma 1, lett. f) del ddl C. 2180 sul diritto del minore a essere registrato alla nascita

L’art. 45, comma 1, lett. f) del disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza”, approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera (C. 2180), introduce l’obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile, tra i quali sono inclusi anche gli atti di nascita[1][1].
L’ufficiale dello stato civile non potrà dunque ricevere la dichiarazione di nascita né di riconoscimento del figlio naturale da parte di genitori stranieri privi di permesso di soggiorno.

La norma che impedisce la registrazione della nascita si configura come una misura che oggettivamente scoraggia una protezione del minore e della maternità. Una simile norma appare dunque incostituzionale sotto diversi profili. In primo luogo comporta una palese violazione del dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (art. 31, comma 2 Cost.) e sfavorisce il diritto-dovere costituzionale dei genitori di mantenere i figli (art. 30, comma 1 Cost.). In secondo luogo viola il divieto costituzionale di privare della capacità giuridica e del nome una persona per motivi politici (art. 22 Cost.) ed è noto che la dottrina si riferisce alle privazioni per qualsiasi motivo di interesse politico dello Stato.
La norma è altresì incostituzionale per violazione del limite previsto dall’art. 117, comma 1 Cost. che impone alla legge di rispettare gli obblighi internazionali. Essa si pone infatti in palese contrasto con la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 che agli articoli 7 e 8 riconosce a ogni minore, senza alcuna discriminazione (dunque indipendentemente dalla nazionalità e dalla regolarità del soggiorno del genitore), il diritto di essere “registrato immediatamente al momento della sua nascita”, il diritto “ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi”, nonché il diritto “a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni famigliari”. La disposizione in oggetto violerebbe inoltre l’art. 24, comma 2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, firmato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, che espressamente prevede che ogni bambino deve essere registrato immediatamente dopo la nascita ed avere un nome.

Le conseguenze di tale modifica normativa sui bambini che nascono in Italia da genitori irregolari sarebbero gravissime.
I minori che non saranno registrati alla nascita, infatti, resteranno privi di qualsiasi documento e totalmente sconosciuti alle istituzioni: bambini invisibili, senza identità, e dunque esposti a ogni violazione di quei diritti fondamentali che ai sensi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza devono essere riconosciuti a ogni minore. Ad esempio, in mancanza di un documento da cui risulti il rapporto di filiazione, molti di questi bambini non potranno acquisire la cittadinanza dei genitori e diventeranno dunque apolidi di fatto. Per tutta la vita incontreranno ostacoli nel rapportarsi con qualsiasi istituzione, inclusa la scuola. Proprio a causa della loro invisibilità, saranno assai più facilmente vittime di abusi, di sfruttamento e della tratta di esseri umani.

In secondo luogo, vi è il forte rischio che i bambini nati in ospedale non vengano consegnati ai genitori privi di permesso di soggiorno, essendo a quest’ultimi impedito il riconoscimento del figlio, e che in tali casi venga aperto un procedimento per la dichiarazione dello stato d’abbandono. Questi bambini, dunque, potranno essere separati dai loro genitori, in violazione del diritto fondamentale di ogni minore a crescere nella propria famiglia (ad eccezione dei casi in cui ciò sia contrario all’interesse del minore), sancito dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e dalla legislazione italiana.

E’ probabile, infine, che molte donne prive di permesso di soggiorno, temendo che il figlio venga loro tolto, decidano di non partorire in ospedale. Anche in considerazione delle condizioni estremamente precarie in cui vivono molti immigrati irregolari, sono evidenti gli elevatissimi rischi che questo comporterebbe per la salute sia del bambino che della madre, con un conseguente aumento delle morti di parto e delle morti alla nascita.

Per evitare queste gravissime violazioni dei diritti dei minori (oltre che dei loro genitori), rivolgiamo un appello ai Parlamentari affinché respingano la disposizione di cui all’art. 45, comma 1, lett. f) del disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza” (C. 2180).

A.S.G.I.

Io spero che chi legge creda almeno alla firma dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione), che é una delle più serie organizzazioni di settore.
Insisto nel dichiarare che dell’attacco, tipico di ogni politica violenta, contro i bambini ho scritto più di venti volte (l’ultima l’otto marzo) nel mio blog diariealtro. Forse sento il bisogno di giustificare l’inutilità di tutto questo (perché di questa inutilità mi vergogno), ma non so cos’altro avrei potuto fare, soprattutto dopo aver riscontrato tanta indifferenza e incredulità.
Mi chiedo anche perché dalle forze politiche presenti in parlamento non sia venuto un allarme tempestivo che consentisse di capire, superando l’incrocio di citazioni e controcitazioni sotto cui viene sepolta la decisione di un crimine, e almeno di dire che molti di noi non sono ancora razzisti.. Pigrizia? Incompetenza?
Come si comporteranno i sindaci cui, se il pacchetto sicurezza diventerà legge, sarà impedito di registrare bambini nati nel loro comune? Saranno soddisfatti, indifferenti, rassegnati, comunque zitti?
Il sindaco di Udine si unirà  ai suoi colleghi consenzienti (e sono certa che ne troverà), alla negazione del diritto di esistere in omaggio ai deliri razzisti di moda?
Forse le nonne di piazza di maggio potrebbero spiegargli qualche cosa.

augusta

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Testo aggiunto il giorno successivo:

ASGI – Comunicato 11 marzo 2009

DDL Sicurezza – Tutelare la registrazione della nascita del minore

Sottoscritto da più di 200 associazioni l’appello ai deputati affinchè venga bocciato l’art. 45, comma 1 lett. f) del ddl “sicurezza”, che, se approvato, introdurrebbe l’obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti di stato civile, tra i quali sono inclusi anche gli atti di nascita. Nell’ appello vengono richiamati i profili di incostituzionalità di tale norma e le conseguenze gravissime che una tale normativa avrebbe sui bambini che nascono in Italia da genitori irregolari

L’ASGI rivolge un appello ai Parlamentari affinchè respingano le disposizioni di cui all’art. 45, comma 1 lett. f) del ddl “Sicurezza” (C-2180) in quanto suscettibili, se approvate, di causare gravissime violazioni dei diritti fondamentali dei minori (oltrechè dei loro genitori).
Le adesioni all’appello possono essere inviate all’indirizzo: info@asgi.it

L’ASGI inoltre sottolinea che la norma ora in discussione alla Camera impedirebbe, se approvata, l’ effettuazione delle pubblicazioni matrimoniali e la registrazione del matrimonio, combinandosi con l’altra normativa contenuta nel ddl che richiede i documenti di soggiorno ai fini delle pubblicazioni matrimoniali da parte dello straniero.
Al di là delle conseguenze di una simile norma al fine di impedire eventuali matrimoni fittizi (finalità che potrebbe eventualmente essere assicurata con altre norme), essa appare incostituzionale per violazione del limite previsto dall’art. 117, comma 1 Cost. che impone alla legge di rispettare gli obblighi internazionali, perché prevedendo un limite assoluto ed inderogabile alla celebrazione e registrazione di matrimoni nei quali anche uno solo dei nubendi sia sprovvisto di un valido titolo di soggiorno impedisce l’esercizio del diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, diritti garantiti dall’art. 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848) e dall’art. 23, comma 2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, firmato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881). Tale ragionamento è stato riconosciuto anche dal Tribunale costituzionale francese con il parere dd. 26.11.2003 (paragrafi 95 – 96) emesso in relazione ad un simile disegno di legge presentato dal governo francese e poi ritirato.

10 Marzo 2009Permalink