Scrivo sul mio diariealtro.it la lettera che invierò ad alcuni amici per farne e condividere memoria
Il mio povero blog è trascuratissimo perché l’affanno che mi prende a proposito della negazione della registrazione della nascita di chi nasce in Italia, figlio di migranti irregolari mi blocca anche nella attività di aggiornamento di questo povero blog
Far sintesi è difficile e non parlo di quell’equivoco per cui si pretende che sintesi significhi esclusivamente brevità, ma dell’esigenza di mettere insieme notizie, almeno quelle (e parlo per me) in cui nella congerie devastante per quantità disordinatamente ammucchiata mi illudo di trovare un filo conduttore di collegamento.
A seguito della conclusione di un ciclo di audizioni in Commissione Giustizia al Senato, sui tanti disegni di legge sul doppio cognome presentati sin dall’inizio della legislatura da quasi tutti i partiti, ieri sono comparse notizie di rilevante significato per cui metterò quattro files in calce riservando il seguito ad alcune indicazioni che mi interessano
ANSA) – ROMA, 31 MAG – Tutti i nuovi nati avranno il cognome di entrambi i genitori o, nel caso di accordo, solo quello di uno di loro.
Lo spiega la stessa Consulta nelle motivazioni della sentenza depositate .
I giudici sottolineano che « l’automatica attribuzione del solo cognome paterno “si traduce nell’invisibilità della madre” ed è il segno di una diseguaglianza fra i genitori, che “si riverbera e si imprime sull’identità del figlio”».
Il cognome «collega l’individuo alla formazione sociale che lo accoglie » .
E ancora segnala nell’imposizione del cognome unico che: «comporta la contestuale violazione degli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo».
Non so quante volte abbiamo parlato dal 2009 ad oggi di bambini invisibili.
Se fosse possibile parlare di analogie (so che non è una modalità attendibile) rileggerei la citazione e così: « l’ostacolo che dal 2009 la legge oppone alla regolarità della registrazione dell’atto di nascita rende incerto (e legato a condizioni soggettive indotte: la paura dei genitori irregolari) il godimento di un diritto assoluto di ogni nuovo nato /a e determina l’invisibilità di chi è venuto al mondo in queste condizioni».
E’ chiaro, mi sembra, che non si può attribuire a migranti regolari o irregolari che siano la conoscenza di norme criptiche, costruite su citazioni, e del loro intreccio con circolari (tutte conoscenze invece alla portata di chi si è battuto per il doppio cognome) .
Nel caso della nascita entrano in gioco diritti umani imprescindibili e ciononostante negati a fronte dei quali l’inerzia del parlamento e l’indifferenza della società civile lasciano sgomenti.
Nel vuoto che ho sperimentato per anni a livello locale voglio ricordare il bollettino Ho un Sogno che ha mostrato la dignità della coerenza al suo ruolo di “Strumento di informazione sulle risorse e sulle attività presenti in Friuli nel campo della pace e della cooperazione internazionale” e non ha mai mancato di segnalare la norma approvata per creare “bambini invisibili”.
C’è però qualcosa di più. Da qualche tempo Ho un Sogno ospita un piccolo glossario, curato da Francesco Bilotta, docente di diritto privato all’Università di Udine, che così ha scritto a proposito del termine Solidarietà:
«La parola solidarietà ci sollecita subito considerazioni di carattere morale. Non è immediato quasi per nessuno associarla al diritto. <…e > avendo in mente la sua accezione morale, è piuttosto difficile disgiungerla dalla libertà di scegliere se assumere o meno un atteggiamento solidale nei rapporti con gli altri.
Eppure, la nostra Costituzione è chiara al riguardo, quando all’articolo 2 parla di “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Quindi non solo doveri, ma addirittura inderogabili, cioè doveri che nessuno ha il potere di cancellare in alcun modo. Doveri che caratterizzano trasversalmente tutto il nostro vivere collettivo, come ci ricordano i tre aggettivi, “politica, economica e sociale”»
Mi sembrano indicazioni sufficienti per delineare – in chi ha parola –l’obiettivo di un quadro di solidarietà che intenda rendere visibili in bambini invisibili (come si sta facendo per le mamme dal nome negato). Ma tutto è inutile.
In Parlamento la proposta 3048 (che, con tutte le insufficienze del caso, se approvata renderebbe al nato anonimo almeno il diritto di un’esistenza riconosciuta) resta pressoché ignorata e prevale invece -con la visibilità propria di un’azione politica seriamente intrapresa una precisa scelta del pd, espressa pubblicamente dal segretario – per il ddl che modifica la legge sulla cittadinanza del 1992 introducendo lo jus scholae.
Giusto obiettivo, a fronte del quale resta ben fermo, quasi una beffa, il no al certificato di nascita ai nati in Italia figli di migranti irregolari.
Giustamente nel comunicato stampa che vi ho già inviato il consigliere reginale Honsell afferma:
«L’Italia di fatto non rientra ancora nel novero di quei paesi che hanno raggiunto il target 16.9 degli Obiettivi sostenibili 2030 dell’ONU:
“fornire identità giuridica per tutti, inclusa la registrazione delle nascite” »
Ho citato il consigliere regionale Honsell che è riuscito a porre la questione della registrazione dell’atto di nascita dei figli dei sans papier all’interno di un dibattito in sede istituzionale.
Sperare che vada in porto è un dovere che sembra un azzardo (certamente il rifiuto dell’associazionismo organizzato a farsi carico del problema non aiuta un reale tentativo di risolverlo) ma io non posso che contare sul fatto che – comunque sia – questo impegno assicuri visibilità a ciò che si vuole occultare con ampia determinazione.
Sarà già un passo avanti
Doppio cognome ai figli, da oggi c’è anche quello della madre (avvenire.it)
Aggiungo anche il comunicato di Honsell citato sopra:
“Oggi (martedì 24 maggio) in Commissione Immigrazione del Consiglio Regionale si sono svolte le audizioni della proposta di Legge Nazionale n. 16, presentata da #OpenSinistraFVG, volta a ristabilire il diritto assoluto di ogni nata/o in Italia alla registrazione del loro nome alla nascita anche se figli di immigrati irregolari. Attualmente vige ancora la normativa del 2009 che nega questo diritto fondamentale sancito dal recepimento della Convenzione ONU del 1991 da parte dell’Italia. Questo autentico vulnus normativo che nega i diritti dei più deboli, i bambini, è compensato da una circolare ministeriale ‘interpretativa’ il cui utilizzo è legato alla buona volontà degli uffici di stato civile dei Comuni. L’Italia quindi di fatto non rientra ancora nel novero di quei paesi che hanno raggiunto il target 16.9 degli Obiettivi Sostenibili 2030 dell’ONU.
Il dibattito in aula ha dimostrato scarsa consapevolezza della problematica da parte di alcuni sindaci che hanno voluto fraintendere la norma parlando di ricongiungimento familiare, come il Sindaco di Monfalcone. Il tema riguarda invece i diritti fondamentali dell’individuo come giustamente hanno sottolineato i rappresentanti dell’associazione di Medicina delle Migrazioni e dell’ANUSCA, l’Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e d’Anagrafe. Ancora una volta la visione ideologica di alcuni esponenti non ha permesso di riconoscere il problema, che nulla a che fare con le norme sull’immigrazione, o sull’iscrizione all’anagrafe ma solo sul rispetto della Carta dei diritti del Fanciullo: il diritto ad avere un nome alla nascita, anche se i genitori sono irregolari.
Come Open Sinistra FVG proporremo degli emendamenti al nostro testo per scongiurare qualsiasi ulteriore fraintendimento su questa norma di civiltà, che è stata riconosciuta dallo stesso Ministero ancorché con una circolare”: così si è espresso il consigliere regionale #FurioHonsell.