15 settembre 2023 – Imperativo quasi categorico : Difendere Dio

De La stampa    15 Settembre 2023

Lo sgradevole sentore della guerra di religione   di Lucetta Scaraffia

«Dobbiamo difendere  Dio e gli elementi della nostra civiltà» : sono queste le parole sfuggite alla nostra presidente del Consiglio dopo il colloquio con Orban e sono parole che a dir poco lasciano perplessi: Sappiamo bene come sia difficile rispondere all’impronta su qualunque argomento  e per giunta in un  momento di grande tensione  interna e internazionale, ma quando si tratta  di dire cosa si vuole difendere sarebbe senz’altro meglio stare un po’ più attenti e cercare di spiegarsi meglio. Difendere Dio, oltre che affermazione  teologicamente dubbia – se mai è Dio che ci difende – è un obiettivo molto vago, che non corrisponde in nulla al problema che dobbiamo affrontare , cioè la crescente ondata migratoria di giovani maschi – in prevalenza provenienti da Paesi di tradizione islamica. Costoro infatti potrebbero rispondere che anche loro difendono Dio, e forse con molto maggiore entusiasmo e molta maggiore convinzione  di noi europei. Il fatto che il Dio che difendono è diverso da quello della maggior parte di noi  non va certo dimenticato, ma le parole di Meloni sembrano alludere a un Dio che invece è solo nostro ,  quasi che solo da queste parti si creda in un Dio e si lasciano dietro uno sgradevole , sgradevolissimo, sentore di guerra di religione.
Si può supporre , naturalmente , che Meloni, dicendo quello che ha detto, intendesse parlare di difesa della nostra tradizione cristiana davanti a un’ondata migratoria c he porta in Europa tanti mussulmani spesso assai rigidi nel modo di vivere la loro identità religiosa. Il che, è bene dirlo subito, rappresenta un problema  reale,  un problema che  esiste e si fa sempre più grave. In una società secolarizzata come è la nostra,  infatti, si è creato un vuoto religioso e in gran  parte anche etico che è facile sia riempito da chi ha idee forti e una fede molto sentita.  Sappiamo per esempio che in molti Paesi europei dove è stata forte la migrazione islamica – come l’Olanda, la Gran Bretagna, la Svezia e perfino la Germania – si sta discutendo  se addirittura accettare i principi della sharìa anche nei tribunali locali, creando in tal modo una sorta di sistema giuridico parallelo. Un sistema che, ricordiamolo sempre, non riconosce la libertà delle donne , il diritto a convertirsi a un’altra religione e altri diritti che noi consideriamo giustamente fondamentali.
Ma le nostre società , la nostra civiltà così intrisa d’incertezza sul senso e il valore della propria identità ha non  poche difficoltà, con il suo  relativismo diffuso, a resistere all’ondata di certezze che ci viene rovesciata addosso dall’immigrazione islamica.  Viviamo infatti in un contesto culturale che  non ha chiarito quali siano “gli elementi della nostra civiltà da difendere”. Ammettiamolo:  chi di noi si sentirebbe così sicuro , ad esempio , nel redigere un elenco dei suddetti “elementi”? Allora sarebbe stato opportuno che magari Meloni avesse chiarito meglio quali sarebbero a suo avviso gli elementi da “difendere “, e magari cercasse su tale  elenco il consenso più vasto dell’opinione pubblica. Solo con la chiarezza  e la consapevolezza di chi siamo  , cioè della nostra tradizione culturale , possiamo avviare un confronto con quel mondo così diverso che, nel sentire di molti, ci sta accerchiando, e avviene un confronto vero, che permetta di uscire dall’utopia di un multiculturalismo impraticabile ma anche dalla prospettiva di un  inevitabile  scontro di civiltà.

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