1 giugno 2022 – Bambini invisibili per scelta differenziata

Scrivo sul mio diariealtro.it la lettera che invierò ad alcuni amici per farne e condividere memoria
Il mio povero blog è trascuratissimo perché l’affanno che mi prende a proposito della negazione della registrazione della nascita di chi nasce in Italia, figlio di migranti irregolari mi blocca anche nella attività di aggiornamento di questo povero blog
Far sintesi è difficile e non  parlo di quell’equivoco per cui si pretende che sintesi significhi esclusivamente  brevità, ma dell’esigenza di mettere insieme notizie, almeno quelle (e parlo per me) in cui nella congerie devastante per quantità disordinatamente ammucchiata  mi illudo di trovare un filo conduttore di collegamento.
A seguito della conclusione di un ciclo di audizioni in Commissione Giustizia al Senato, sui tanti disegni di legge sul doppio cognome presentati sin dall’inizio della legislatura da quasi tutti i partiti, ieri sono comparse notizie di rilevante significato per cui metterò quattro  files in calce riservando il seguito ad alcune indicazioni che mi interessano

ANSA) – ROMA, 31 MAG – Tutti i nuovi nati avranno il cognome di entrambi i genitori o, nel caso di accordo, solo quello di uno di loro.

Lo spiega la stessa Consulta nelle motivazioni della sentenza depositate  .
I giudici sottolineano che « l’automatica attribuzione del solo cognome paterno “si traduce nell’invisibilità della madre” ed è il segno di una diseguaglianza fra i genitori, che “si riverbera e si imprime sull’identità del figlio”».
Il cognome «collega l’individuo alla formazione sociale che lo accoglie » .
E ancora segnala nell’imposizione del cognome unico che:  «comporta la contestuale violazione degli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo».

Non so quante volte abbiamo parlato dal 2009 ad oggi di bambini invisibili.
Se fosse possibile parlare di analogie  (so che non è una modalità attendibile) rileggerei la citazione e così:  « l’ostacolo che dal 2009 la legge oppone alla regolarità della registrazione dell’atto di nascita rende incerto (e legato a condizioni soggettive indotte: la paura dei genitori irregolari) il godimento di un diritto assoluto di ogni nuovo nato /a e determina l’invisibilità di chi è venuto  al mondo in queste condizioni».

E’ chiaro, mi sembra, che non  si può attribuire a migranti regolari o irregolari che siano la conoscenza di norme criptiche, costruite su citazioni, e del loro intreccio con circolari  (tutte conoscenze invece alla portata di chi si è battuto per il doppio cognome) .
Nel caso della nascita entrano in gioco diritti umani imprescindibili e ciononostante negati  a fronte dei quali l’inerzia del parlamento e l’indifferenza della società civile lasciano sgomenti.

Nel vuoto che ho sperimentato per anni a livello locale voglio ricordare il bollettino Ho un Sogno che  ha mostrato la dignità della coerenza al suo ruolo di “Strumento di informazione sulle risorse e sulle attività presenti in Friuli nel campo della pace e della cooperazione internazionale” e non ha mai mancato di segnalare la norma approvata per creare  “bambini invisibili”.
C’è però qualcosa di più. Da qualche tempo Ho un Sogno ospita un piccolo glossario, curato da Francesco Bilotta, docente di diritto privato all’Università di Udine, che così ha scritto a proposito del termine Solidarietà:
«La parola solidarietà ci sollecita subito considerazioni   di carattere morale. Non è immediato quasi per nessuno  associarla al diritto. <…e > avendo in mente la sua accezione morale, è piuttosto difficile disgiungerla dalla libertà di scegliere se assumere o meno un  atteggiamento solidale nei rapporti con gli altri.
Eppure, la nostra Costituzione è chiara al riguardo, quando all’articolo 2 parla di “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Quindi non solo doveri, ma  addirittura inderogabili, cioè doveri che nessuno ha il potere di cancellare in alcun modo. Doveri che caratterizzano trasversalmente tutto il nostro vivere collettivo, come ci ricordano i tre aggettivi, “politica, economica e sociale”»

Mi sembrano indicazioni sufficienti per delineare – in chi ha parola –l’obiettivo di  un quadro di solidarietà che intenda rendere visibili in  bambini invisibili  (come si sta facendo per le mamme dal nome negato).  Ma tutto è inutile.

In Parlamento la proposta 3048 (che, con tutte le insufficienze del caso, se approvata renderebbe al nato  anonimo  almeno il diritto di un’esistenza riconosciuta) resta pressoché ignorata e prevale invece -con la visibilità propria di un’azione politica seriamente intrapresa  una precisa scelta del pd, espressa pubblicamente dal segretario – per il ddl  che modifica la legge sulla cittadinanza del 1992 introducendo lo jus scholae.
Giusto obiettivo, a fronte del quale  resta ben fermo, quasi una beffa,   il no al certificato di nascita ai nati in Italia figli di migranti irregolari.
Giustamente nel comunicato stampa che vi ho già inviato il consigliere reginale Honsell afferma:
«L’Italia di fatto non rientra ancora nel novero di quei paesi che hanno raggiunto il target 16.9 degli Obiettivi sostenibili 2030 dell’ONU:
“fornire identità giuridica per tutti, inclusa la registrazione delle nascite” »

Ho  citato il consigliere regionale Honsell che  è riuscito a porre la questione della registrazione dell’atto di nascita dei figli dei sans papier all’interno di un dibattito in sede istituzionale.
Sperare che vada in porto è un dovere che sembra un azzardo (certamente il rifiuto dell’associazionismo organizzato a farsi carico  del problema non aiuta un reale tentativo di risolverlo) ma io non posso che contare sul fatto che  – comunque sia – questo impegno assicuri visibilità a ciò che si vuole occultare con ampia determinazione.
Sarà già un passo avanti

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2022/05/31/il-doppio-cognome-o-di-un-solo-genitore-a-tutti-i-nuovi-nati_51df6d3c-3160-44ec-8633-9dcaa67c1bc7.html

https://www.rainews.it/articoli/2022/05/cognome-dei-2-genitori-al-figlio-consulta-una-legge-per-evitare-danni-alla-funzione-identitaria–fd5f1082-7348-4f7f-9be6-7c8f9cbe85b8.html

Doppio cognome ai figli, da oggi c’è anche quello della madre (avvenire.it)

https://www.fanpage.it/politica/doppio-cognome-ai-figli-le-motivazioni-dellla-consulta-ora-una-legge-per-evitare-moltiplicazione/

Aggiungo anche il comunicato di Honsell citato sopra:

“Oggi (martedì 24 maggio) in Commissione Immigrazione del Consiglio Regionale si sono svolte le audizioni della proposta di Legge Nazionale n. 16, presentata da #OpenSinistraFVG, volta a ristabilire il diritto assoluto di ogni nata/o in Italia alla registrazione del loro nome alla nascita anche se figli di immigrati irregolari. Attualmente vige ancora la normativa del 2009 che nega questo diritto fondamentale sancito dal recepimento della Convenzione ONU del 1991 da parte dell’Italia. Questo autentico vulnus normativo che nega i diritti dei più deboli, i bambini, è compensato da una circolare ministeriale ‘interpretativa’ il cui utilizzo è legato alla buona volontà degli uffici di stato civile dei Comuni. L’Italia quindi di fatto non rientra ancora nel novero di quei paesi che hanno raggiunto il target 16.9 degli Obiettivi Sostenibili 2030 dell’ONU.

Il dibattito in aula ha dimostrato scarsa consapevolezza della problematica da parte di alcuni sindaci che hanno voluto fraintendere la norma parlando di ricongiungimento familiare, come il Sindaco di Monfalcone. Il tema riguarda invece i diritti fondamentali dell’individuo come giustamente hanno sottolineato i rappresentanti dell’associazione di Medicina delle Migrazioni e dell’ANUSCA, l’Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e d’Anagrafe. Ancora una volta la visione ideologica di alcuni esponenti non ha permesso di riconoscere il problema, che nulla a che fare con le norme sull’immigrazione, o sull’iscrizione all’anagrafe ma solo sul rispetto della Carta dei diritti del Fanciullo: il diritto ad avere un nome alla nascita, anche se i genitori sono irregolari.

Come Open Sinistra FVG proporremo degli emendamenti al nostro testo per scongiurare qualsiasi ulteriore fraintendimento su questa norma di civiltà, che è stata riconosciuta dallo stesso Ministero ancorché con una circolare”: così si è espresso il consigliere regionale #FurioHonsell.

1 Giugno 2022Permalink

31 marzo 2022 – Sintetizzo alcune documentazioni che ho raccolto nel mio blog nei giorni precedenti e nel 2020

Per correttezza riporto i link anche alle pagine del mio blog, oltre che alle fonti.

30  marzo 2022  Da Il Mulino  12 marzo:
Le chiese in Ucraina e la sfida della pace ?                        di Adalberto Mainardi
https://www.rivistailmulino.it/a/le-chiese-in-ucraina-e-la-sfida-della-pace
https://diariealtro.it/?p=7895

Da Il Foglio  29 marzo 2022  Quella di Putin è la prima dichiarazione di guerra ufficiale all’omosessualità                di  Adriano  Sofri
https://www.ilfoglio.it/piccola-posta/2022/03/29/news/quella-di-putin-e-la-prima-dichiarazione-di-guerra-ufficiale-all-omosessualita–3853885/
https://diariealtro.it/?p=7893

Avevo sfiorato l’argomento (in un contesto evidentemente diverso ) nel 2020 e riporto quanto scritto nel mio blog:

« 13 giugno 2020   Quanto i vescovi non dicono il vero
Provo a scrivere le mie sempre più sconsolate considerazioni in merito all’intreccio pericoloso e per me inaccettabile sulle motivazioni con cui i Vescovi italiani si oppongono alla proposta di legge
“ … contrasto dell’omofobia e della transfobia  nonché delle altre discriminazioni riferite all’identità sessuale” (C 107) .
I vescovi non attaccano frontalmente la proposta, la aggirano affermando –  che “non si riscontra alcun vuoto normativo o lacune – che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni»..
https://diariealtro.it/?p=7334

L’affermazione precedente non è vera:  la violenza omofobica è sempre presente e documentata  e il vuoto normativo c’è:  ci sono nati in Italia cui viene negato per legge il nome e l’identità riconosciuta.
E anche questa (a mio parere) è violenza.

Le “nuove disposizioni” che chiedo da anni (devo dire in un clima di sconsolante isolamento quale spetta a una vecchia pensionata)  riguardano l’abrogazione dell’art. 1 comma 22 lettera  G della legge 94/2009 (“Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”) . Tale norma , imponendo la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione dell’atto di nascita di un figlio  in Italia ,  può  ridurre  genitori non comunitari irregolari a uno stato di paura tale da  indurli a  non registrare  la nascita di un loro bambino per non scoprire la loro condizione.
Esiste una circolare che consente ciò che la legge nega  ma è ben chiaro che non si può chiedere ai migranti di destreggiarsi fra leggi e circolari. Inoltre la circolare che porta il n. 19/2009 (Ministero dell’interno) NON è in alcun  modo diffusa.
Mentre preciso che l’abrogazione di cui ho scritto non comporta onere di spesa ed è sostanzialmente  la ripresentazione  del testo della cd legge Turco Napolitano, segnalo che ho ottenuto dalla consapevole cortesia del direttore della   Caritas  Italiana una informazione importante che mi ha consentito di proporre in un mio pubblico intervento, trascritto anche nel sito equal uniud diritto antidiscriminatorio dell’Università di Udine lo scorso gennaio.

Copio:
« Il dr. Forti, questo il suo nome, ha scritto ribadendo l’iscrizione alla nascita come diritto costituzionalmente garantito ma testimoniando nel contempo il fatto che l’efficacia della circolare non è assoluta.
Leggo  e trascrivo: “Ad oggi purtroppo non tutte la anagrafi seguono pedissequamente la citata circolare che stabilisce: Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – dello stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto».

 

 

 

31 Marzo 2022Permalink

31 gennaio 2020 – Fra la Spagna e la Bosnia: antiche tragedie d’Europa

Božidar Stanišic,  nato a Visoko in Bosnia nel 1956, è laureato in filosofia e ha lavorato come insegnante fino al 1992, quando è fuggito dalla guerra civile scoppiata nel suo Paese. Si trasferisce in Italia, dove ancora vive con la famiglia. Nel 1993 pubblica I buchi neri di Sarajevo (MGS Press); negli anni successivi pubblica tre raccolte di poesie Primavera a Zugliano, Non-poesie, Metamorfosi di finestre, successivamente la raccolta di racconti intitolata Tre racconti. È presente con un testo nell’antologia della narrativa bosniaco-erzegovese del Novecento Racconti dalla Bosnia, a cura di G. Scotti. Riprende la produzione in prosa con Bon Voyage, Il cane alato e altri racconti. Nel 2011 pubblica il libro per ragazzi La cicala e la piccola formica, nel 2012 Piccolo, rosso e altri racconti. Diverse prose e poesie sono sparse in numerose antologie italiane e straniere. Alcuni suoi racconti, saggi e poesie sono tradotti in francese, inglese, sloveno, albanese, giapponese e cinese
In occasione della  giornata della memoria mi ha inviato questo suo scritto che mi fa piacere ospitare in Diariealtro.

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Autunno-a-Toledo-208006

 

31 Gennaio 2021Permalink

8 novembre 2020. Fra Trump e la Repubblica italiana – Un elemento significativo di solidale vicinanza – Prima Puntata

Ho deciso anch’io un mio contributo all’occupatore della Casa Bianca negli USA.
Lo fanno tutti, perché io non dovrei?

Tanto più che la mia memoria è estranea alla raccolta  delle espressioni retoriche che riempiono le pagine dei nostri quotidiani, si avvale del blog Diariealtro da cui ricopio un testo che risale a due anni fa o quasi.  Ne riporto il passo che debitamente linkato può permettere di ascoltare i pianti di bambini che il già presidente ora  asserragliato alla Casa Bianca aveva provocato.
In Italia noi abbiamo invece scelto una precisa categoria di bambini per metterli al rischio di non esistere ma nulla ci vieta di proseguire nell’eroico precorso   …  questo alla prossima puntata che sarà proprio prossima.

 

27 dicembre 2018 .  Un bambino muore solo                       [Nota 1]

Usa, bimbo di 8 anni muore in un centro per l’immigrazione al confine col Messico                                                                                                                                             [Nota 2]
Ignote le cause del decesso del bambino proveniente dal Guatemala, il secondo morto sotto custodia americana nel giro di un mese di Redazione Online
Morto in un centro per l’immigrazione la Vigilia di Natale al confine con il Messico.
Aveva la febbre, questo si sa, ma ignote ancora sono le cause della morte di un bambino di otto anni, un piccolo migrante proveniente dal Guatemala che era stato preso in custodia dalle autorità americane.
Ed è la seconda morte nel giro di un mese: l’8 dicembre si era spenta per disidratazione e fame una bambina, sempre del Guatemala, di sette anni, Jakelin Caal.

Pro memoria

I bambini ‘sotto custodia americana’ furono strappati ai loro genitori arrestati
(e imprigionati) per aver varcato illegalmente con i loro figli la frontiera che separa gli USA dal Messico.
Così un piccolo bambino è stato condannato a morire solo mentre i suoi genitori si trovavano in carcere.
“ Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Il grido di Cristo in croce gli appartiene di diritto se a Dio mio sostituiamo ‘papà”.
Chi in un simile momento potrebbe spiegare a un piccolo sofferente fino alla morte che il suo papà non l’ha abbandonato ma che è stato rapito un tizio di nome Trump?
La registrazione dei pianti dei bambini, strappati ai genitori, si può dal link in nota                                                                                                                               [Nota 3]

In Italia credo non ci sia consentito rifugiarci nella condanna a Trump (la sua decisione di sottrarre i bambini ai genitori risulterebbe riconducibile a un’iniziativa personale ma pur sempre presidenziale) dimenticando che in Italia abbiamo costruito con legge  una analoga possibilità che ammicca ai violenti più timidi del già presidenti suscitandone penso piaceri inenarrabili

[Nota 1]   Per leggere integralmente l’articolo del 27 dicembre 2018
https://diariealtro.it/?p=6321

[Nota 2]
https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_25/usa-bimbo-8-anni-muore-un-centro-l-immigrazione-confine-col-messico-e9d57040-0874-11e9-9efd-ce3c5bf3dd59.shtml

[Nota 3]        https://www.youtube.com/watch?v=y05743HMrWM

A suo tempo ho registrato questi pianti  dal TG2000, notiziario di TV2000 che così si presenta oggi.
“L’attuale direttore della testata è Vincenzo Morgante.  È edito dalla società Rete Blu S.p.A., controllata dalla Conferenza Episcopale Italiana. Il TG2000 è particolarmente attento ai temi riguardanti l’attività pastorale della chiesa cattolica e del Papa”.

 

 

8 Novembre 2020Permalink

9 ottobre 2020 _ Quando la letteratura guarda avanti, molto avanti

Quando la letteratura è testimonianza

BOCCACCIO DECAMERON Giornata sesta novella decima.
Frate Cipolla è un religioso dell’ordine di Sant’Antonio, congregazione nota al tempo del Boccaccio per i frequenti traffici di reliquie sacre e, più in generale, per un’avidità senza scrupoli.
Dioneo racconta che Frate Cipolla si reca a Certaldo, patria di Boccaccio tra l’altro, a riscuotere le offerte dei fedeli, truffandoli . Ha con sé “una delle penne dell’Agnol Gabriello” . [NOTA 1]

Ero rimasta al Medio Evo ma occorre andare aventi e registrare l’evoluzione della truffa dal denaro, al successo politico.
Con sollievo segnalo una importante, documentata riflessione del biblista Alberto Maggi.
Alberto Maggi “Santi e imbalsamati: la riflessione sulla fine della vita” [NOTA 2]

Le reliquie hanno voce, una voce che si ascolta.                                  [NOTA 3]
Convenienza invece vuole che i “senza voce” non trovino chi parla per loro , anzi la legge impedisce che qualcuno lo possa fare

“Dimmi un caso” – La truffa ingenua e la truffa oscena

Quando qualcuno segnala il rischio che un nato in Italia resti senza ogni riconoscimento giuridico (rischio fatto norma dalla legge 94 del 2009 – art. 1 comma 22 lettera g – che lo trasforma in possibilità) la risposta è “ma non è possibile! Ma sai di qualcuno cui è successo?” e fin qui siamo all’ingenuità .. . forse indifferenza indotta, forse ma possibile.
E’ certamente ben accolta dalla pigrizia dei mezzi di informazione che hanno scelto (tutti o giù di lì) di commentare comunicati e di no n affaticarsi nella ricerca e nell’inchiesta.
Lo fanno strizzando l’occhio a chi si trova eletto nelle istituzioni e dimentico del significato etico che può avere esservi “senza vincolo di mandato” .
Quando però la domanda è posta da chi dirige rispettabili e riconosciute organizzazioni intese al rispetto dei diritti dei migranti .. eh no, allora no.
La truffa esce da ogni ingenuità possibile e diventa oscena e per me (almeno per me) fonte di dubbi che solo aver pensato mi turba e mi preoccupa.
Lo ripeto da anni . Nel 2011 un periodico genovese ne pubblicò un articolo a mia firma.
Si trova nel mio blog diariealtro “15 marzo 2011 – quaderni de Il Gallo, periodico genovese”                                                                                                                               [NOTA 4]

Oggi ne parla un articolo del piccolo periodico Ho un sogno nel suo recentissimo numero 261 .
HUS ha seguito costantemente il problema e costantemente ne ha dato notizia   [NOTA 5]

Parecchi mesi fa un piccolo gruppo amante del teatro si è organizzato attorno al tema e ne ha fatto uno spettacolo che è stato il primo strumento di informazione diffusa sul problema negato finora dalle associazioni operanti in regione e riconosciute come importanti e rispettabili perché lo sono ma l’oscurità della lacuna resta.

Sono state utili coperture al silenzio della politica. Perché?

Un piccolo gruppo coraggioso ha dato aria a un ambiente che si voleva soffocante.
Lo spettacolo rappresentato il 3 e il 5 agosto (rispettivamente nella sala della comunità di San Domenico e al teatro San Giorgio, il 25 settembre è stato rappresentato nella sala Madrassi di via Gemona (sempre a Udine) .
L’ultima rappresentazione ha fatto parte degli eventi del Festival dello sviluppo sostenibile dell’università di Udine: Gli eventi di Uniud dal 25 settembre al 6 ottobre.
L’evento sarà registrato e successivamente reso disponibile sul canale YouTube “Play Uniud”
                                                                                                                               NOTA 6]

[NOTA 1]

https://linux.studenti.polito.it/static_resources/liberliber/biblioteca/b/boccaccio/decameron/html/06.htm#10

[NOTA 2]

https://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.com/2020/10/alberto-maggi-santi-e-imbalsamati-la.html?m=1#more

[NOTA 3]

https://www.nextquotidiano.it/salvini-rosario-di-medjugorie-contro-il-coronavirus/

[NOTA 4]

https://diariealtro.it/?p=673

[NOTA  5]

HUS ottobre

[NOTA  6]

https://www.udine20.it/festival-dello-sviluppo-sostenibile-gli-eventi-di-uniud-dal-25-settembre-al-6-ottobre/

9 Ottobre 2020Permalink

16 agosto 2020 – Ismet Mujezinović, il dramma di un autoritratto di   Božidar Stanišić

Presentazione
Božidar Stanišić, oggi cittadino italiano, ci offre l’opportunità di conoscere storia e cultura di un paese che non  c’è più.
Ai migranti che sono approdati nel nostro paese in cerca di pace (Božidar è arrivato con la sua famiglia nel 1992) abbiamo offerto (o forse imposto) la nostra cultura e la sua memoria, ma abbiamo ignorato la memoria che ognuno di loro porta con sé.
In questo blog si può leggere, il 31 luglio la segnalazione in video di un messaggio di pace di te ex combattenti della Bosnia Erzegovina per risalire al 
22 novembre 2014 con un suo ricordo del poeta Crnjanski.
Nel link in calce a questo e ad altri scritti si trovano anche altri indizi che sostengono una, almeno mia, volontà di condivisione delle nostre memorie 

   Autoritratto con medaglia d’onore 

Cinquant’anni fa Ismet Mujezinović (Tuzla, 1907-1984) portava a termine il suo “Autoritratto con medaglia d’onore”. Uno sguardo alla vita e all’opera di uno dei più grandi pittori bosniaci e jugoslavi del Novecento

La Bosnia, giorni lontani… Le riproduzioni di dipinti e disegni di Ismet Mujezinović dedicati alla lotta partigiana erano presenti in tutti i libri di testo per le scuole elementari e superiori. “Con i suoi quadri ha dato un grande contributo alla Rivoluzione, alla Jugoslavia e allo sviluppo del socialismo…”. C’era scritto così oppure sto solo immaginando, dopo tutto quello che è accaduto lì, in quel paese che non c’è più?

Ismet, vita e opere

La monografia “Ismet Mujezinović” (1985), scritta dal professor Ibrahim Krzović, è il primo grande studio dedicato all’opera di Mujezinović in cui sono analizzate tutte le fasi del suo sviluppo artistico, i suoi punti di vista sull’arte, il suo rapporto con la società e con se stesso. E naturalmente, il suo percorso di vita: gli anni liceali, trascorsi nella sua città natale, Tuzla; gli studi all’Accademia di Belle Arti di Zagabria; la prima mostra personale organizzata a Belgrado nel 1930; il breve periodo viennese e un più lungo soggiorno di studio a Parigi; il ritorno in patria nel 1933; il periodo trascorso a Spalato, dove collabora con Meštrović alla realizzazione delle cariatidi destinate al Monumento al milite ignoto sul monte Avala; l’arrivo a Sarajevo dove con un gruppo di artisti fonda Collegium Artisticum ed esegue quadri su commissione per una famiglia di Spalato; il matrimonio con l’insegnante Marija Sisarić; poi la partecipazione alla Lotta popolare di liberazione (NOB), a cui aderisce subito, fin dai primi giorni della resistenza alle forze di occupazione; la perdita di molte sue opere (tra 1000 e 2000); il ritorno a Sarajevo dopo la guerra; la decisione di diventare un artista indipendente e di tornare nella sua natia Tuzla dove, fino all’ultimo respiro, ha lasciato tracce non solo con le sue interpretazioni pittoriche dei temi legati alla guerra, ma anche con il suo impegno per far progredire la cultura, l’arte e l’istruzione. Lo so, questo riassunto su vita e opere di un pittore di cui andrebbero fieri anche i paesi con un patrimonio artistico molto più importante di quello della Bosnia Erzegovina è troppo breve e scarno.

Autoritratto con medaglia d’onore

Ho visto Mujezinović solo una volta. Molto tempo fa, quando facevo il servizio militare a Tuzla, nella primavera del 1979. Un’immagine lontana: un palco montato nella piazza centrale della città, tutto rivestito di rosso e decorato con bandiere; ad un certo punto arrivano vari presidenti: il presidente del municipio, quello del Comitato cittadino della Lega dei comunisti, quello della Lega socialista del popolo lavoratore, quello dell’Organizzazione della gioventù jugoslava, etc. Dopo di loro sul palco salgono i combattenti distintisi nella Lotta popolare di liberazione. Un’immagine lontana, ma chiara: i combattenti stanno dietro i rappresentanti del Partito e delle autorità locali; una quinta scenica composta da volti silenziosi. No, Ismet non ha parlato. Hanno parlato quelli che nessuno ricorda più. (C’è una certa giustizia nella relazione tra storia dell’arte e storia della politica: “gli artisti” della politica vengono facilmente cancellati dalla memoria con la semplice, ma impietosa gomma del tempo.) Ismet è sceso dal palco allo stesso modo in cui vi è salito: senza fretta, smagrito, ripiegato su se stesso, con barba e capelli ormai bianchi.

A quel tempo non conoscevo il suo “Autoritratto con medaglia d’onore”, olio su tela (170×100 cm). L’ho visto per la prima volta in quella monografia, di cui ho scritto una recensione. Su quale giornale? Non mi ricordo più…

Ismet ha realizzato anche alcuni quadri monumentali dedicati alle grandi battaglie della Seconda guerra mondiale: la battaglia della Sutjeska, quella della Neretva e quella per la liberazione di Jajce. Impressionato dall’ostinazione dei suoi commilitoni nel non voler lasciare indietro nessun compagno ferito, Mujezinović nelle sue opere ha affrontato anche questo tema, così come molti altri temi che hanno contrassegnato la sua esperienza di guerra. E lo ha fatto con uno sguardo schietto sulla realtà e sull’altro, uno sguardo influenzato in modo determinante dal suo soggiorno a Parigi e dalla sua amicizia con i pittori che non esitarono ad affrontare temi sociali e a dedicarsi alla ricerca di una propria gamma di colori. Nelle opere di Ismet il pathos e la monumentalità non sono imposti dal socialrealismo, bensì sinceri.

Un capitolo a sé meriterebbe la mano di questo maestro del disegno (il figlio di Ismet, Ismar Mujezinović, anch’egli pittore, nonché compositore e scrittore, racconta che suo padre era in grado di realizzare un disegno in grande formato in una ventina di minuti…).

Ognuno di noi, visitatori occasionali del campo delle arti figurative, tende a scegliere e ricordare meglio certe opere di un artista piuttosto che altre. Tra le opere di Mujezinović ve n’è una che mi colpisce particolarmente, un dipinto intitolato “Meša e Darka”, realizzato in quell’ormai lontano periodo post-bellico in cui Meša Selimović cadde in disgrazia a causa della sua decisione di separarsi dalla sua prima moglie. Di tutte le porte delle case degli “amici” Selimović trovò aperta solo quella dell’appartamento di Marija e Ismet a Sarajevo. Quel dipinto mostra due volti preoccupati, stanchi. Darka ha appoggiato la testa sulla spalla di Meša, lui ha uno sguardo assente, chissà dove sono volati i suoi pensieri. Tuttavia, lo sfondo del dipinto è azzurro, sembra l’azzurro di un mare lontano sfiorato dalla luce del sole. Una luce debole, che si sforza di penetrare attraverso il sipario del cielo, ma pur sempre una luce…

I visitatori del centro storico di Tuzla non possono non imbattersi in due statue di bronzo raffiguranti Meša e Ismet. Quella porta che Ismet aveva aperto ai suoi amici, abbandonati da tutti, è solo uno dei dettagli che ci portano a pensare che il credo di Ismet fosse simile a quello di Auguste Rodin: essere uomo prima ancora di essere artista.

“Autoritratto con medaglia d’onore” è, a mio avviso, l’opera più drammatica di Mujezinović. Non so se nella storia della pittura degli slavi meridionali esista un altro esempio di autoritratto la cui esecuzione si è protratta per così tanto tempo come nel caso di questa opera. Mujezinović iniziò a realizzare questo quadro nel 1966 e l’ultimo colpo di pennello lo diede nel 1970. Furono anni turbolenti nella Jugoslavia del dopoguerra, contrassegnati dai dissidi ai vertici del partito, dalle proteste studentesche, dal dilagare del nazionalismo… Sembra che questi eventi avessero rallentato Mujezinović nell’esecuzione dell’autoritratto, spingendolo a mettere in discussione il passato, il presente e, soprattutto, gli ideali della Rivoluzione. Ma una cosa è certa: Mujezinović era uno di quei sostenitori della Rivoluzione che dopo la guerra non rinunciarono ad ascoltare la propria coscienza e la ragione, per non parlare dell’onestà e dell’umiltà.

Quell’autoritratto mostra Ismet in piedi accanto a una cassetta portacolori aperta, su un tappeto color rosso, lo stesso rosso della bandiera di quel paese per il quale Mujezinović aveva combattuto da partigiano; indossa semplici pantaloni da lavoro, è a petto nudo; la tavolozza in una mano e il pennello nell’altra. Con lo sguardo fisso… verso cosa? Verso l’orizzonte che i partigiani sognavano, ma che, una volta conquistata la libertà, cominciò ad oscurarsi?

In una delle brevi lettere che mi ha recentemente mandato, Samir Sufi, curatore della Galleria internazionale del ritratto di Tuzla, ha spiegato che “questo è uno dei pochi quadri in cui Mujezinović, un disegnatore e pittore straordinario, ha rappresentato in modo suggestivo solo gli occhi; lo sguardo è velato, torbido (ma ciononostante si vede tutto). A causa della sua esperienza passata, non era in grado di vedere chiaramente il futuro che, ora possiamo affermarlo tranquillamente, era incerto […] Durante la guerra Tito e Mujezinović erano commilitoni e grandi amici; Ismet aveva il grado di maggiore e aveva partecipato a tutte le offensive. Alcune persone, presenti in quell’occasione, hanno raccontato che Ismet, dopo un po’ di tempo, aveva scritto una lettera a Tito in cui lo aveva messo in guardia da una nuova recrudescenza del nazionalismo sul territorio dell’ex Jugoslavia…”.

Il bianco del petto nudo di Ismet è in netto contrasto con lo sfondo blu scuro. Sul lato sinistro del petto è appesa una medaglia d’onore; un rivolo di sangue scende lungo il corpo dell’artista ed ex partigiano. Tutte le grandi opere d’arte sono definite dal tempo in cui sono nate. Ed è per questo che Ismet ci appare in questo modo anche oggi, come se volesse dire: “Cos’altro dovrei aggiungere? Non basta che io stia qui davanti a voi, col mio sangue e quello dei miei compagni morti?”. Sì, le grandi opere d’arte hanno una voce, che non è mai patetica.

Mi ricordai di quell’autoritratto di Mujezinović in quell’ormai lontano novembre del 1990 quando i tre popoli costituenti della Bosnia Erzegovina, scegliendo di votare per i partiti nazionalisti alle prime elezioni democratiche, aprirono la prima pagina di una lunga storia di divisioni e discordie. Dei risultati di quella vittoria di Pirro sul socialismo jugoslavo “godiamo” ancora oggi. Ma questa è un’altra storia, una storia lunga, troppo lunga.

Ismet, Tuzla, Bosnia, ex Jugoslavia

Mujezinović era impegnato anche in ambito sociale; altruista, convinto che il bene pubblico sia più importante di qualsiasi interesse privato. L’attuale collezione della Galleria internazionale del ritratto di Tuzla è frutto dell’impegno di Mevludin Ekmečić e Ismet Mujezinović. Su loro iniziativa, nel 1964 molti artisti dell’ex Jugoslavia donarono le loro opere alla Galleria del ritratto jugoslavo, successivamente denominata Galleria internazionale del ritratto. Ancora oggi l’attenzione della Galleria è focalizzata sull’analisi e la presentazione di un importante genere artistico, quello appunto del ritratto. Oggi la Galleria ospita una raccolta di oltre 5000 opere dei più grandi pittori dell’ex Jugoslavia, di cui oltre 2000 opere di Mujezinović, e rappresenta quindi una vera e propria pinacoteca. Mujezinović fu anche uno dei fondatori – secondo molti il più meritevole – dell’Università di Tuzla, istituita nel 1976.

Nel 2013 la Commissione per la salvaguardia dei monumenti nazionali della Bosnia Erzegovina ha classificato come monumenti nazionali due collezioni del patrimonio della Galleria di Tuzla: la collezione “Tito nelle opere degli artisti figurativi jugoslavi” e la collezione “Ismet Mujezinović”.

Oggi la città di Tuzla è l’unica custode e promotrice dell’opera di Mujezinović. Solo a Tuzla si è celebrato il 110° anniversario della nascita dell’artista. Sarajevo, un’altra città amata da Ismet, sembra essere lontana, troppo lontana da Tuzla. Per non parlare di altre città della regione. Tuttavia, l’importante è che la Galleria di Tuzla sia visitata da numerose scolaresche. Il percorso della ricezione dell’arte è lungo. Qui non ci sono scorciatoie. L’arte – come anche la letteratura secondo Kiš – agisce in modo sotterraneo. E riesce, sempre, a raggiungere un certo numero di persone.

Per concludere, una raccomandazione ai viaggiatori europei che decidono di visitare i Balcani (esclusi quelli che pensano che per raggiungere i Balcani debbano lasciare il territorio europeo): visitate la Galleria internazionale del ritratto di Tuzla  . Nella collezione permanente della Galleria sono esposte 35 opere di Mujezinović. (Oltre che a Tuzla, le opere di Mujezinović – disegni, acquerelli, grafiche e dipinti – realizzate nel periodo compreso tra il 1925 e il 1984, sono presenti in numerosi musei, gallerie d’arte ed edifici pubblici in tutta la regione, nonché in alcune collezioni private.) Per visitare la casa di Mujezinović a Tuzla è sufficiente avvisare in anticipo i responsabili della struttura. Se poi il Covid 19 dovesse continuare a rappresentare un ostacolo al vostro desiderio di viaggiare, potete sempre viaggiare in rete: a breve dovrebbe essere disponibile una visita virtuale della Galleria.

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Ismet-Mujezinovic-il-dramma-di-un-autoritratto-202384

https://www.balcanicaucaso.org/Autori/(author)/Bo%C5%BEidar%20Stani%C5%A1i%C4%87

16 Agosto 2020Permalink

26 aprile 2020 – I diritti sono convenienti, non solo giusti

Ricopio un recente articolo di Nadia Urbinati, attualmente docente di Teoria politica nel Department of Political Science, Columbia University di New York

17 Aprile 2020  La pandemia e gli invisibili delle città: la convenienza dei diritti  di Nadia Urbinati

La città democratica antica era come una cipolla: con strati di libertà, di subordinazione e di servitù. Sopra stavano i cittadini maschi autoctoni e sovrani. Poi venivano le donne autoctone assoggettate al governo patriarcale degli uomini. Sotto erano i semi-visibili (gli immigrati liberi, lavoratori e commercianti). Sotto ancora, gli invisibili, gli schiavi (catturati nelle guerre o comprati). La libertà era dei liberi e implicava una pletora di dominio di chi libero non era. Riposava su un dualismo radicale per cui il libero era nominato in negativo, come non servo.
Il servo marcava i confini di quell’antica libertà, che non si applicava all’universalità degli esseri umani semplicemente, senza aggettivi e appartenenze etniche.
La civiltà democratica che noi celebriamo, spesso con fastidioso orgoglio e nella quale ci identifichiamo per varie ragioni, laiche e religiose, riposa su una concezione universale del diritto primario che fa dell’uguaglianza una semplice relazione giuridica e politica. Le nostre democrazie, innestate sulla sovranità e i confini degli Stati galleggiano su questo mare universalista, che è ad un tempo il loro alimento e il loro limite. Non si da una definizione legittima del diritto umano come diritto che appartiene ad un gruppo di uguali per ragioni di cultura e appartenenza nazionale. Questa è la premessa della nostra civiltà del diritto che nei secoli ha reinterpretato la politica, la vita privata e pubblica, la cultura e l’etica.
Questa civiltà del diritto è messa a repentaglio ogni volta che una società vive e accetta di vivere del servizio di invisibili. Lo si vede nell’Italia del Covid19. I cittadini (soprattutto quelli che possono) stanno protetti in casa : #iorestoacasa. Ma per farlo hanno bisogno di molti servizi. Oggi hanno quindi la possibilità di capire quanto sia perniciosa la politica dell’immigrazione clandestina sulla quale i governi, soprattutto quello precedente, hanno mietuto consensi. Lo ha spiegato ieri Tito Boeri su questo giornale: senza far emergere gli illegali e i clandestini, senza dare loro la regolarizzazione che gli consente di lavorare in sicurezza in agricoltura , chi sta in casa non sta sicuro, il virus “si è diffuso nella case occupate e poi nei centri di accoglienza. Accorpati dal decreto Salvini, facilitano il contagio”.
Scopriamo con questa pandemia che la cultura dei diritti non è solo un bel fiore all’occhiello di un Occidente, pretestuoso e spesso imperiale. La cultura dei diritti, l’inclusione universale che implica, è anche “utile”.
L’utilità dell’inclusione dei lavoratori clandestini nella rete dei diritti di trattamento e di sicurezza sociale; l’utilità di avviare una sanatoria che equipari tutti i residenti ai cittadini, e renda i clandestini legali: questa è la condizione affinché chi sta in casa per ripararsi al virus possa approvvigionarsi di prodotti agricoli e sentirsi sicuro. Il paradosso delle ideologia nazional-populiste che dicono di escludere dal godimento dei diritti gli “altri” per meglio garantire “noi” è di gettare le condizioni per rendere vana la sicurezza del diritto a tutti. La rivolta contro la cultura dei diritti è indicativa di una visione etnocentrica illiberale che si dimostra controproducente proprio per coloro che sono dichiarati privilegiati. I diritti sono convenienti, non solo giusti.
Una comunità a buccia di cipolla che sovrappone i visibili nel diritto ai semivisibili residenti regolari senza cittadinanza, e agli invisibili, questa società stratificata ineguale è tremendamente ingiusta e anche pericolosa. “Prima gli italiani” è uno slogan poco perspicace perché il coronavirus rende i non liberi e gli invisibili un rischio incalcolabile.

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/04/17/news/coronavirus_la_pandemia_e_gli_invisibili_delle_citta_la_convenienza_dei_diritti-254318565/

 

26 Aprile 2020Permalink

3 aprile 2020 – Portiamo il cibo a tavola, ma abbiamo fame

Coronavirus, l’appello dei braccianti “invisibili” agli italiani:
Portiamo il cibo a tavola, ma abbiamo fame”
Non può fermarsi la filiera alimentare, proprio come il sistema sanitario. Neppure in tempi di coronavirus. Ma c’è un dramma che si sta consumando nelle nostre campagne, una crisi che l’epidemia rischia di peggiorare. Complice anche la piaga del caporalato. Con le restrizioni imposte dall’emergenza, molti lavoratori – spesso stranieri – sono rimasti senza lavoro. E ora chiedono aiuto. Con un appello alla generosità degli italiani. Chiedono di ricevere aiuti attraverso la piattaforma per donazioni gratuite GoFundMe.
E scrivono un testo – dal titolo “Portiamo il cibo a tavola ma abbiamo fame” – per descrivere la loro condizione.

“Siamo Paola, Abdul, Michele, Mamy, Patrizia e tanti altri braccianti invisibili, zappatori dimenticati e raccoglitori derelitti della frutta e della verdura che trovate sulle vostre tavole”, scrivono. “Il nostro sudore è uno degli ingredienti della vostra dieta giornaliera. Ogni mattina ci alziamo all’alba, ci spacchiamo la schiena nei campi per tutto il giorno e torniamo la notte a dormire nei nostri tuguri, nelle nostre baracche e nei casolari fatiscenti.
Oggi, abbiamo bisogno di voi e della vostra generosità. Siamo degli esseri umani, con uno stomaco quasi sempre vuoto, e non solo braccia da sfruttare”. E quindi chiedono una donazione “per portare cibo e diritti sulle nostre tavole”. E spiegano: “Ci dicono, giustamente e con ragione, di stare chiusi in casa per sconfiggere questo nemico invisibile. Ma se noi non usciamo non faremo mangiare tante persone tra cui i medici e infermieri in trincea. Lavoriamo senza guanti, senza mascherine e senza distanziamento. Per molti di noi non ci sono sussidi, congedi o cassa integrazione”.

Negli ultimi giorni, la Flai Cgil, Terra e Slow Food hanno chiesto di regolarizzare i braccianti stranieri per proteggerli dal caporalato e dal coronavirus. Un dramma su cui anche il governo sta riflettendo.

https://www.repubblica.it/politica/2020/04/03/news/coronavirus_agricoltura_braccianti-253065050/?ref=RHPPTP-BH-I253053124-C8-P1-S2.4-T1

3 Aprile 2020Permalink

2 marzo 2020 – A proposito di covid 19 (alias corona virus)

Cerco informazioni su ciò che si può fare e non fare in Friuli Venezia Giulia e mi imbatto nel sito della protezione civile che propone un interessante commento all’ordinanza del 24 febbraio, firmata dal ministro della salute e dal governatore della regione.        [link in calce]
Il commento, evidentemente per dare più incisività alla lettura, è strutturato in forma di intervista e contiene una domanda e risposta interessanti, capaci di offrire chiarezza all’uso del linguaggio anche se quel linguaggio appartiene al ‘governatore’ della regione, assicurato nei media nell’esprimere la sua opinione per il ruolo che è suo anche ordinanza a prescindere.

Il passaggio dell’intervista che ho richiamato sopra non fa rifermento al governatore ma pone un problema per me di grande interesse.

«Domanda: Le attività economiche, agricole, produttive commerciali e di servizio rientrano nell’ordinanza per il contenimento e prevenzione di COVID-19?
Risposta: Le attività economiche, agricole, produttive commerciali e di servizio non rientrano nell’ordinanza per il contenimento e prevenzione di COVID-19, ivi compresi i pubblici esercizi e le mense. »

Le parole chiave per proseguire «non rientrano nell’ordinanza».

Quindi ciò che non rientra nell’ordinanza non ha significato né persuasivo né, tantomeno, prescrittivo.

Invece.
Il 29 febbraio ho ricordato nel mio blog alcune parole del presidente Fedriga, come diffuse dai sistemi di informazione.  Trascrivo di nuovo:                                                                  [collegamento in calce]

Udine, 24 feb. -«I migranti irregolari che venissero rintracciati sul territorio del Friuli Venezia Giulia verranno messi in quarantena in via precauzionale come richiesto dalla Regione Friuli Venezia Giulia».
Lo ha dichiarato il governatore Massimiliano Fedriga a margine di un incontro con i sindaci della Regione a Udine. Questa richiesta « ha ricevuto l’ok dal Governo» ha aggiunto il presidente del FVG.
Ho cercato l’evocato ok del governo e non l’ho trovato.

Mi sono chiesta allora la congruità nell’uso della parola ‘irregolari’ che non sono solidi geometrici mal costruiti ma esseri umani.
La parola ‘irregolari’ nell’ordinanza non c’è .
Indica una definizione burocratica appiccicata a categoria che quella definizione crea e che si annida in un modulo.
Non è nemmeno il timbro di un codice sul corpo, già noto nell’Europa del secolo breve, un riferimento visibile che i migranti irregolari si portino addosso come la campanella che nel Medio Evo suonava dal collo dei lebbrosi che, cacciati dalla città perché portatori di contagio, non dovevano essere avvicinati.
E’ una parola che il mio blog ha tante volte citato a proposito dei genitori dissuasi dalla paura indotta da quella parola a registrare la dichiarazione di nascita in Italia di un loro figlio, immeritevole del certificato di nascita, per essere appunto figlio di una persona ‘irregolare’.

Il governatore del FVG ha una visione olistica del problema

E in nome di questa visione il Presidente Fedriga si è impegnato, con l’appoggio di tutta la maggioranza che lo sostiene, a chiudere alla diffusione di un testo che, se noto, avrebbe potuto richiamare concetti precisi, il loro uso, il rischio della contrapposizione che si faccia ‘parola d’odio’, veicolata dal lessico più consueto e non per questo meno efficace.
In quadro culturalmente devastato dalla forza ammorbante del pregiudizio l’odio trova il terreno per diffondersi – e diventare se possibile operativo – anche nella banalità della vita di tutti i giorni.

Chi ha paura di una signora quasi novantenne, pur se senatrice a vita?
Ecco il documento che aveva impaurito il Presidente governatore e la sua maggioranza.
Il documento, sotto forma di mozione, era stato presentato dal consigliere regionale Furio Honsell il 19 febbraio dello scorso anno per essere respinto nella seduta N° 83 del 26 giugno scorso.

Mozione 55 Sulla necessità di completare l’iter e approvare al più presto il Ddl nazionale S. 362

VISTO il Disegno di legge nazionale S. 362 “Istituzione di una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”, presentato in data 14 maggio 2018;
APPURATO che il suddetto disegno di legge non ha ancora iniziato l’esame presso la prima Commissione permanente a cui è stato assegnato in data 26 giugno 2018;
RAVVISATO che recentemente l’ODIHR (Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo), istituito dall’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), ente che si occupa di censire gli hate crimes in diversi Paesi del mondo, ha aggiornato i dati relativi al censimento dei crimini d’odio, intolleranza o razzismo, perpetrati in Italia nel 2017, rilevando che i crimini sono aumentati di circa il 30% rispetto al 2016 e quasi del 60% rispetto al 2013;
CONSIDERATO che i suddetti dati, su stessa specificazione dell’ODIHR, potrebbero rappresentare una stima a ribasso in quanto basata su crimini riconosciuti come tali dallo Stato italiano, il quale riconosce quali crimini d’odio i reati previsti dalla legge Mancino del 1993, che però si limita a punire l’odio razziale;
RILEVATO che il Codice Penale italiano non prevede una definizione di “crimine d’odio” e di conseguenza una legislazione specifica dedicata ai crimini d’odio verso altre categorie a rischio come ad esempio persone con disabilità, LGBTQ o appartenenti a minoranze, quale che sia la connotazione;
ATTESO che numerosi sono i casi di cronaca che testimoniano crimini d’odio perpetrati anche nel territorio regionale;
Tutto ciò premesso
impegna la Giunta regionale
1. ad attivarsi con le Presidenze di Camera e Senato e con la Presidenza del Consiglio affinché si inizi al più presto l’esame del Disegno di Legge citato al fine di velocizzare e rendere il più possibile condiviso il testo della legge e l’iter di approvazione;
2. ad attivare politiche di sensibilizzazione e promozione sul territorio regionale anticipando in tal modo i contenuti e il senso della proposta legislativa della senatrice Segre, con la finalità di ribadire e rafforzare la tradizione di civiltà e apertura della nostra comunità regionale

Link:
https://www.protezionecivile.fvg.it/it/la-protezione-civile/eventi/ordinanza-coronavirus-e-criteri-interpretativi

Collegamento a diariealtro del 29 febbraio:
https://diariealtro.it/?p=7138

 

2 Marzo 2020Permalink

29 febbraio 2020 – L’irregolarità burocraticamente definita non è un virus.

Ho scritto questa pagina, l’ho ribaltata, poi volevo lasciar perdere. Poi ho sentito otto e mezzo ed è emerso confuso il problema dell’informazione. E poiché c’è un fatto di informazione che mi turba molto non butto via niente e provo ad andare avanti.
Sento la necessità di dire una mia considerazione con cui ritengo di aver colto (se così è) un segnale di pericolo, il pericolo – in una circostanza definita – dell’irrazionalità impaurita che può essere facilmente condotta a esiti pericolosi per una convivenza decente e sicura. E temo che spesso questa deriva non sia casuale ma voluta e imposta.
Un gruppo di persone coinvolto nella paura indotta può essere utile perché facile da dominare. Temo infatti il rischio di abusi e scorrettezze sostenute da parole usate come arma contro gruppi di persone artatamente classificate per farsene, e fare per ognuno che accetti questa scelta, un nemico da combattere.

Da una settimana una Ordinanza che ho già diffuso, firmata dal Ministro della Salute e dal Presidente della Regione FVG, impone una serie di comportamenti che mi sembra sia necessario seguire in maniera uniforme non solo come opportune misure di prevenzione ma anche per non creare confusione in un momento particolarmente inopportuno.
La settimana scorsa, ad esempio, abbiamo immediatamente sospeso uno spettacolo che doveva svolgersi lunedì 24 nella sala conviviale della comunità di San Domenico e ora attendiamo di conoscere l’eventuale revoca o modifica dell’Ordinanza per considerare il da farsi.
È evidente che l’Ordinanza non può occuparsi d’altro che dei luoghi in cui il contagio può manifestarsi, dell’identificazione di persone la cui storia recente può aver messo in situazioni a rischio di contagio e delle misure igieniche di difesa di sé e degli altri .
Credevo che questi fossero i punti focali da tenere sempre in considerazione e in questo quadro si colloca una considerazione riportata dalla stampa: « E su proposta del governatore del Fvg, il ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio, nella riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi confinanti in programma martedì 25 febbraio, proporrà alle autorità slovene di avviare controlli di prevenzione sui passeggeri dello scalo aeroportuale di Lubiana». Si vociferava infatti di scarsi controlli in quell’aeroporto.

Fin qui tutto bene ma la fantasia del “governatore” del FVG è andata ben oltre e ha introdotto un elemento di rischio conclamato che è difficile da collocare in un quadro logico: la categoria dei migranti irregolari che sarebbero, in quanto tali, da ridursi in quarantena, sebbene quel termine non compaia in nessun punto dell’Ordinanza.
Copio un comunicato da tgcom24 che si ripete identico, trasmesso dall’agenzia askanews.

Udine, 24 feb. -«I migranti irregolari che venissero rintracciati sul territorio del Friuli Venezia Giulia verranno messi in quarantena in via precauzionale come richiesto dalla Regione Friuli Venezia Giulia». Lo ha dichiarato il governatore Massimiliano Fedriga a margine di un incontro con i sindaci della Regione a Udine. Questa richiesta « ha ricevuto l’ok dal Governo» ha aggiunto il presidente del FVG. (link 1 e 2 in calce)

Quale il senso, quale lo scopo?
Mi viene in mente che la parola quarantena evoca il contagio o almeno il rischio dello stesso e, associata all’irregolarità del migrante, può contribuire a creare un’aura di oscura paura e la paura si affida al respingimento come fosse un elemento per sé liberatore da intrusi pericolosi..
Se mai qualcuno glielo chiederà spero che il ‘governatore’ abbia spiegazioni più ragionevoli e che si mantengano nei limiti della ordinanza almeno finché c’è.

Però già successo qualche cosa di molto serio..
La dichiarazione che ho trascritto è stata letta senza contestualizzazione alcuna. Non è stato detto che quell’affermazione non faceva parte dell’Ordinanza né sottolineato che l’irregolarità non è un fatto fisico (è ridicolo scriverlo ma nel caos dominante non si sa mai) ma una caratteristica burocratica che non appartiene alle persone e viene loro attribuita al massimo della convenzionalità.
E purtroppo il fatto di essere letta alla TV ha dato a quella notizia un connotato di autorevole certezza finale: gli immigrati sono i nuovi untori e gli irregolari lo sono in forma così vistosa da meritare una definizione propria
.
(link 1) https://www.tgcom24.mediaset.it/politica/coronavirus-fedriga-friuli-v-g-migranti-irregolari-in-quarantena_15264721-202002a.shtml
(link 2) http://www.askanews.it/cronaca/2020/02/24/coronavirus-fedriga-migranti-irregolari-in-quarantena-pn_20200224_00231/

29 Febbraio 2020Permalink