Emmanuel e Kant
Emmanuel aveva dieci anni quando lasciò il Ghana, il paese dove era nato e dove viveva con la nonna, per raggiungere i genitori emigrati in Italia.
Qui ha frequentato le nostre scuole fino al liceo ed ora è iscritto al corso universitario di fisioterapista. Parla un perfetto italiano: “Ho imparato l’italiano in sei mesi, dice. Veramente le mie maestre dicevano in tre ma erano troppo ottimiste. Mi hanno aiutato i compagni di scuola che frequentavo anche nel tempo libero e gli amici della chiesa dove partecipavo alla scuola domenicale. Conoscere il twi e l’inglese mi ha aiutato perché – e sembra soppesare ogni parola che pronuncia – mi sono subito confrontato con diversi sistemi linguistici; il mio non è stato un apprendimento passivo”.
Non ricorda alcuna difficoltà nell’inserimento se non qualche imbarazzo al liceo dove la sua presenza assolutamente minoritaria era inevitabilmente visibile.
Mi rendo conto che ha frequentato un liceo dove anch’io ho insegnato e ci mettiamo a chiacchierare del comune luogo di esperienza scolastica. Mi dice: “Mi sarebbe piaciuto studiare filosofia ma ho scelto un percorso che, oltre ad appassionarmi mi offrirà maggiori opportunità di lavoro”. Mi viene spontaneo chiedergli quali filosofi gli siano risultati più interessanti e fra i nomi che mi propone spunta Kant, la grande scoperta dei miei interessi giovanili. E così mi trovo in una situazione surreale che solo vent’anni fa non avrei potuto immaginare: un ragazzo ghanese e una pensionata italiana condividono un interesse filosofico e ne parlano.
Siamo coinvolti entrambi in un mondo nuovo che ci interroga e non sappiamo cosa ci offrirà in un futuro ormai prossimo.
Emmanuel sa quello che non gli offrirà al termine degli studi: difficilmente allora avrà già acquisito la cittadinanza italiana, per cui pure ha fatto domanda, e non potrà quindi accedere ai concorsi per un lavoro nel sistema sanitario pubblico.
Commenta: “Sono entrato in una facoltà a numero chiuso superando, alla pari con tutti gli altri, un difficile esame. Quando ne uscirò verrò discriminato. Perché?”