16 luglio 2010 – I tempi non si scelgono – 3

I tempi non si scelgono
In essi si vive e si muore –3

Le nuove, minacciose Eve.
Concludevo la puntata precedente con un richiamo alla chiesa cattolica che i giorni trascorsi hanno reso particolarmente pregnante.
Il 15 luglio é uscito infatti un documento pontificio che fa capo alla Congregazione della Dottrina della fede, un’ampia riscrittura delle “Normae de delictis gravioribus” del maggio 2001, la cui sintesi si può leggere ne L’Osservatore romano del 16 luglio.
Non ho esaminato il documento nella sua interezza, forse lo farò, forse no, se non ne avrò il tempo, ma l’articolo pubblicato da L’Osservatore Romano che oggi illustra quel documento non può essere attribuito alla mia malignità (mi capita spesso di essere accusata di questo e altro).
L’articolo, di cui il link rende possibile la lettura, si conclude con una frase sconcertante che riporto integralmente:
 

’A completamento di questa breve rassegna sulle principali novità contenute nelle “Norme” il direttore della Sala Stampa della Santa Sede si sofferma anche sugli aggiornamenti che si riferiscono a delitti di altra natura e spiega che “in realtà anche in questi casi non si tratta tanto di determinazioni nuove nella sostanza, quanto di inserimento di normative già vigenti, così da ottenere una normativa complessiva più ordinata e organica sui “delitti più gravi” riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede”: i delitti contro la fede, per i quali sono normalmente competenti gli Ordinari, ma la Congregazione diventa competente in caso di appello; la registrazione e divulgazione compiute maliziosamente delle confessioni sacramentali e l’ordinazione delle donne’.

Quindi – per la mia realtà di genere – posso essere occasione di un delitto contro la fede, di un robusto confronto criminoso con Dio, dato che la fede a Dio si riferisce. O no? Se non fossi abituata a riflettere, se non avessi un convinto rispetto per la fede mia e altrui mi prenderebbe un attacco di onnipotenza.

Giustizia o diritto canonico?.
Ne fa riferimento anche un comunicato di ‘Noi siamo chiesa’ che così dice:

’Per ultimo perché infilare in questo testo (art.5) la scomunica latae sententiae  a chi procede alla “sacra ordinazione di una donna” (e naturalmente per la donna che la riceve)? Mi sembra una posizione difensiva ed anche arrogante. Sembra  scritta solo  per essere revocata tra qualche anno.’

A me sembra un’affermazione che sottovaluta la portata del problema (delitti contro la fede scriveva l’Osservatore romano, cui sono obbligata ad attribuire la cura nell’esattezza terminologica. O non dovrei?) ma il comunicato porta la stessa data del documento vaticano, 15 luglio. De supporre che sia stato scritto ‘a caldo’ (non solo e non tanto evidentemente per le temperature torride di questi giorni).
Spero che ‘Noi siamo chiesa’ torni a pronunciarsi più puntualmente in proposito.
Lo stesso documento però fa un’osservazione importante su un problema che a me sta particolarmente a cuore. Riporto la citazione:


’Ma la grave debolezza strutturale del testo è data ancora una volta dal problema del rapporto con la giurisdizione civile. Incredibili dictu nulla si dice nel nuovo documento, nonostante i mesi caldissimi su questa tematica. C’è solo una dichiarazione del padre Lombardi – a mio giudizio molto sulla difensiva- che giustifica questa assenza perché si tratta di norme canoniche in sé complete e distinte da quelle degli Stati. Ma è appunto questa separatezza la causa principale dell’ormai ben conosciuto sistema di privilegio per il clero e di abbandono della tutela delle vittime !’

La considerazione della violenza sessuale come reato contro la persona e non contro la pubblica morale è un portato recente della cultura laica, non certo del catechismo cattolico, né può essere di conforto il costume – tutto catechistico – che vuole pietà, considerazione, assistenza per le vittime ma svicola dal problema dei diritti negati, che fanno parte di un contratto sociale che ci appartiene come cittadine e cittadini non come belanti pecorelle.
Chi volesse leggere integralmente il documento (spero non l’ultimo) di Noi siamo chiesa può farlo da qui.

Ad majorem Dei gloriam.
Recentemente a Udine si è svolto un convegno dal tema ‘Il percorso di fine vita: aspetti scientifici e bioetici’. Il livello del convegno era diseguale e spesso un po’ poverello, ma mi ha profondamente turbato l’intervento di una neuropsichiatra che si é proposta, in quanto donna, come colei cui sarebbe spettata la mozione dei sentimenti.
Se io mi rivolgo ad una neuropsichiatra mi interesso della sua competenza, non dei suoi sentimenti né di quelli che la signora intendeva suscitare.
Non bastando questa gaffe, si è premurata di giustificare la sua riflessione sul ‘fine vita’ affermandosi cattolica (e io che faccio se vado da un/una neuropsichiatra? Gli/le chiedo il certificato di battesimo o la laurea specialistica?), fornita di un fratello prete e di una sorella suora. Così ha ficcato nel calderone anche il familismo e tutti siano rimasti infelici e scontenti o almeno tanto è capitato a me.

Così il mondo associativo, che ha in larga parte (non nella sua totalità) perso il senso di responsabilità che gli appartiene in quanto parte della società civile, si è ripiegato sull’assistenza (spesso offerta in modo esemplare, altre volte no) che ha assunto importanza anche per aspetti trascurati della quotidianità (e tanta più ne assumerà quando diventerà anche luogo riparatore dei guasti della prossima manovra finanziaria). Ora quel mondo è ammirato e può offrire ai politici che lo praticano un comodo e persino rispettabile palcoscenico.
Qualche sostegno finanziario e l’opportunità di un voto di scambio.
Non è mafia (o ‘drangheta o camorra), non ce n’é bisogno basta il bon ton nuova maniera per cui tu non mi rompi le scatole con richieste che, se le praticassi, mi renderebbero impopolare e io ti finanzio la sala per riunioni, il convegno che vorrai promuovere, al minimo ti assicuro un articolo visibile sulla stampa locale  ecc. ecc.
Ad majorem Dei gloriam si diceva un tempo.
E se a Dio aggiungiamo il politico di turno o l’aspirante tale i conti tornano.
Gli spazi per un ragionamento collettivo sono diventati nicchie, naturalmente povere.
Io cerco di praticarle e per quel che posso, di darne notizia, sperando che altri si unisca per consentire o dissentire.
I commenti alla fine di ogni pezzo sono fatti per questo.  
(fine)

16 Luglio 2010Permalink