25 marzo 2013 – Silenzi che soffocano

 Dallo scorso anno il primo giorno di ogni mese pubblico un mio calendario dove segno alcune date che voglio ricordare. Può capitare che durante il mese ci siano avvenimenti nuovi che aggiungo a futura memoria. 
Per una singolare coincidenza quando il 13 marzo ho aggiunto la notizia dell’elezione di papa Francesco ho rivisto questa nota: “13 marzo 1983 – assassinio di Marianella Garcia Villas in Salvador” che mi ha rinviato subito al 24 marzo 1980: “assassinio di mons. Romero”.
Per chi volesse conoscere il legame che unisce due salvadoregni, uccisi a tre anni di distanza per gli stessi motivi, segnalo il bel libro di Bimbi e La Valle ‘Marianella e i suoi fratelli’.
Ieri davo per scontato che il papa sudamericano ricordasse mons. Romero nel 33mo anniversario della morte. Così non è stato.
Alle delusione di è aggiunta la preoccupazione e la luce di speranza nata dai gesti nuovo e sorprendenti di papa Francesco si è affievolita.

Perciò voglio riportare le parole con cui mons. Romero si rivolgeva ai militari del suo paese:
“Vorrei fare un appello in maniera speciale agli uomini dell’esercito, e in concreto alla base della guardia nazionale, della polizia, dei quartieri generali.
Fratelli, voi appartenete come noi al popolo, voi però uccidete i vostri fratelli contadini. Di fronte all’ordine di uccidere dato da un uomo, è la Legge di Dio che deve prevalere, e quella legge dice: TU NON UCCIDERAI. Un soldato non e’ costretto ad obbedire ad un ordine che va contro la Legge di Dio. Una legge immorale non deve essere rispettata. Ora è tempo che recuperiate la vostra coscienza e che obbediscano alle proprie coscienze piuttosto che all’ordine del peccato. La Chiesa che difende i Diritti di Dio, della legge di Dio, della dignità umana, della persona, non può starsene in silenzio davanti a tanto abominio. Vogliamo che il Governo prenda sul serio che le riforme non serviranno a niente se devono essere imbevute di tanto sangue. In nome di Dio, in nome del Popolo che soffre, i cui lamenti crescenti salgono al cielo ogni giorno più forti, io vi supplico, io vi chiedo, io vi ordino: fermate la repressione!” 

E infine, per un’opportuna contestualizzazione, aggiungo il testo di un articolo dell’amico giornalista Luigi Sandri, pubblicato oggi sul quotidiano Il Trentino.

“ Continua ad essere segno di contraddizione, nella Chiesa cattolica romana, monsignor Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo salvadoregno assassinato come ieri, il 24 marzo 1980. La sua vicenda è esemplare per comprendere luci e ombre della Chiesa romana negli ultimi decenni.

     Egli nel 1977 fu promosso ad arcivescovo di San Salvador, la capitale del paese centro-americano, perché era considerato – e lo era – un prelato “conservatore”, e dunque ben voluto dal regime al potere. Sennonché, pochi giorni dopo la sua nomina, gli squadroni della morte (bande protette dal governo) assassinarono p. Rutilio Grande, un sacerdote tutto dedito a coscientizzare la povera gente, e che Romero stimava. Vegliando su quel corpo, l’arcivescovo ebbe come una intuizione profetica: quella di dover essere la voce dei senza voce, il difensore dei poveri. E, con grande meraviglia di coloro che lo conoscevano come sacerdote  “spiritualista” e avversario della teologia della liberazione, andò esponendosi sempre più nella causa scelta.

     Si allarmarono non solo i latifondisti e l’esercito salvadoregno, ma anche quasi tutti gli altri vescovi del paese, in maggioranza alleati alle tesi del regime; e, infine, anche il Vaticano. In udienza da papa Wojtyla, Romero fu praticamente rimproverato, e giudicato “imprudente” dal pontefice; ma, pur denunciando alcune violenze dei gruppi rivoluzionari che si opponevano al regime, egli attaccò pubblicamente il governo che, non facendo giuste riforme sociali, portava la gente alla disperazione. Infine, il 23 marzo 1980, nella sua omelia domenicale nella cattedrale, egli si rivolse direttamente ai soldati che, obbedendo agli ordini, uccidevano spietatamente contadini che rivendicavano soltanto i loro diritti. Affermò, Romero: “La legge di Dio dice ‘non uccidere’. Nessun soldato deve obbedire ad una legge immorale. In nome di Dio e in nome di questo popolo sofferente vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!”.

     L’indomani, mentre celebrava la messa in una piccola cappella, e stava proprio levando il calice, un killer prezzolato dalla giunta militare gli sparò, e lo uccise sul colpo. Ai suoi funerali – ci fu moltissima gente, e i soldati spararono, facendo altre vittime – la maggior parte degli altri vescovi salvadoregni non partecipò, ritenendo Romero una “testa calda”, uno che era andato a cercarsi guai. Lo stesso pensò una parte importante della Curia romana, anche se Giovanni Paolo II, visitando El Salvador nel 1983 volle pregare sulla tomba dell’arcivescovo.

     Wojtyla e Ratzinger non affrettarono la causa di beatificazione di Romero, per quanto in America latina molti lo invochino come un santo. Giovedì scorso, uscendo dall’udienza con il papa, l’argentino Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la pace 1980, ha riferito che Francesco considera Romero “uno dei profeti e martiri del nostro tempo”. Ieri, però, malgrado le attese di molti, Bergoglio non ha ricordato l’anniversario del martirio di Romero”.

25 Marzo 2013Permalink