Ho ricevuto dalla cortesia del Garante per l’infanzia e l’adolescenza dell’Emilia Romagna la relazione annuale dell’attività svolta. E’ una lettura confortante perché rivela una volontà di comunicare e chiarire che ne fa un piccolo manuale di utile informazione. Purtroppo non sono in grado (o non lo so fare o non è possibile) di inserire il documento in pfd in modo che lo si possa integralmente leggere e mi dispiace perché ci sono parecchie questioni che vorrei avessero la pur piccola diffusione che riesco ad assicurare con questo blog.
Una però non la voglio perdere.
Si tratta di un allegato con un documento che risale allo scorso anno e, a conclusione di una documentatissima analisi che ricopio, insiste sulla necessità che la dichiarazione di nascita sia fatta entro tre giorni dall’evento e questo per qualsiasi bambino a prescindere dalla nazionalità dei genitori.
Ma tanto per i sans papier non basta. Occorre prima una modifica di legge (e non sto a ripetere ciò che ho tante volte scritto e rinvio al tag anagrafe e al mio pezzo del 17 giugno dove è possibile legge la proposta di legge che, se fosse approvata, risolverebbe il problema).
Se ci fossero parlamentari e responsabili politici competenti e attenti alla tutela dovuta ai soggetti contrattualmente deboli qual è il garante dell’Emilia Romagna … ma è inutile continuare.
Se ci sono battano un colpo.
Documento del Garante per l’infanzia e l’adolescenza dell’Emilia Romagna (pag. 77)
Dichiarazione di nascita e convenzione diritti dei fanciulli Bologna, 19 luglio 2012
Il vecchio e abrogato Ordinamento dello stato civile (r.d. 9 luglio 1939 n. 1238) prevedeva nell’art. 67 che la dichiarazione di nascita fosse fatta nei dieci giorni successivi al parto dal padre o dalla madre, o dall’ostetrica o da qualsiasi persona che avesse assistito al parto (art. 70). Nel caso di neonati figli di ignoti (o di madre che non voleva essere nominata) la dichiarazione veniva fatta dall’ostetrica e l’ufficiale di stato civile imponeva al bambino nome e cognome (art.71).
Il vigente Regolamento “per la revisione e la semplificazione” dell’Ordinamento dello stato civile, emanato con d.p.r. 3 novembre 2000 n. 396 in attuazione della l. 15 maggio 1997 n. 127, conserva il vecchio termine di dieci giorni e introduce in alternativa il più breve termine di tre giorni quando la dichiarazione è fatta “presso la direzione sanitaria dell’ospedale o della casa di cura in cui è avvenuta la nascita”. In tal caso essa può contenere anche il riconoscimento contestuale del figlio naturale (art. 30 comma 4).
A questo proposito si osserva che il vecchio termine di dieci giorni, riprodotto nell’art. 30 delle nuove disposizioni, appare in netto contrasto con il dettato dell’art. 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo, ratificata dall’Italia con la legge 27.5.1991 n. 176, il quale dispone che il fanciullo sia “registrato immediatamente al momento della nascita”, e che da allora abbia diritto al nome e alla cittadinanza”.
Benché anteriore, la norma convenzionale è stata del tutto ignorata dal d.p.r. 3 novembre 2000 n. 396, che per di più ha previsto per i genitori anche la facoltà di dichiarare la nascita entro dieci giorni nel proprio comune di residenza benché diverso dal comune di nascita.
Tali disposizioni devono essere disapplicate, perché contrastano con l’art. 7 della Convenzione e con la legge di ratifica, che fonte normativa superiore al regolamento. Deve perciò ritenersi applicabile attualmente soltanto il più breve termine di tre giorni previsto come alternativo dall’art. 30 del regolamento, in quanto in armonia con il dettato della Convenzione e rispettoso del diritto del fanciullo ad avere al più presto un nome e uno status. Le direzioni sanitarie dei centri di nascita e delle case di cura con reparti ostetrici devono tutte attrezzarsi perché sia sempre possibile rispettare il termine predetto, anche in caso di nascita in prossimità con giorni festivi.
Un ulteriore problema si può presentare all’atto delle dimissioni della puerpera. Se infatti la dichiarazione di nascita con contestuale riconoscimento non è stata ancora effettuata, il neonato non può esserle affidato e non può lasciare il centro di nascita o la casa di cura. Manca ancora infatti lo stato di filiazione, ed il bambino, privo di nome e di identità, dal punto di vista giuridico sarebbe affidato ad un estraneo. Se la puerpera non provvede al riconoscimento e si allontana, occorre che la dichiarazione di nascita sia fatta dall’ostetrica entro il terzo giorno, con immediata segnalazione al procuratore della repubblica presso il tribunale per i minorenni.
Sarà così possibile la nomina di tutore che rappresenti legalmente il neonato e possa agire in suo nomee per suo conto nel procedimento di adottabilità o in ogni altra esigenza. In ogni caso, la puerpera ha diritto di chiedere al tribunale per i minorenni un termine per provvedere al riconoscimento, e in tal caso il tribunale può sospendere il procedimento per un periodo massimo di due mesi (art. 11 l. 1983 n. 184 e 149 n. 2001).
Va ricordato infine che sul piano della responsabilità civile, fino a che del neonato non sia dichiarata la nascita e non si sia provveduto al riconoscimento o alla nomina di un tutore, la direzione sanitaria dell’ospedale o della casa di cura potrebbe essere chiamate a rispondere ai sensi dell’art. 402 cod. civile dei danni subiti dal minore o della sua scomparsa.